Microfluidic Processing Unit (MPU), il processore del futuro sarà basato sul DNA?

Svolgere calcoli in modo efficiente usando il DNA e non l'elettronica tradizionale in silicio. Un team della Incheon National University, in Corea del Sud, ha gettato le basi per quello che chiama processore microfluidico.
di Manolo De Agostini pubblicata il 17 Settembre 2021, alle 09:11 nel canale ProcessoriI ricercatori della Incheon National University, in Corea del Sud, affermano di aver creato un processore programmabile che utilizza il DNA, anziché la tradizionale elettronica in silicio, per svolgere i suoi calcoli.
Definito Microfluidic Processing Unit (MPU), o italianizzando "processore microfluidico", questa soluzione al centro di uno studio pubblicato su ACS Nano rappresenta a detta dei suoi inventori un passo avanti in un cammino di lunghissimo termine verso la semplificazione del calcolo tramite il DNA.
Finora era infatti richiesta una laboriosa miscelazione manuale dei filamenti di DNA in un tubo di reazione, mentre la MPU fa tutto in modo automatico, ed è controllabile da un PC o da uno smartphone.
Usando un prototipo ottenuto per mezzo della stampa 3D, i ricercatori sudcoreani sono riusciti a dimostrare come il calcolo tramite il DNA possa occuparsi di complesse operazioni matematiche: più precisamente il prototipo di MPU può svolgere operazioni AND, OR, XOR e NOT, anche se è necessario un PC per la gestione del tutto.
Il team si è tuttavia detto fiducioso che quanto realizzato abbia del potenziale. "La nostra speranza è che le CPU basate sul DNA sostituiranno le CPU elettroniche in futuro", ha affermato Youngjun Song, assistente professore all'INU e autore dello studio, "perché consumano meno energia, e questo aiuterà ad affrontare il riscaldamento globale. Le CPU basate sul DNA forniscono inoltre una piattaforma per calcoli complessi deep learning e modellazione matematica".
Il team di ricercatori dell'INU non è l'unico a considerare il DNA come un materiale adatto all'informatica del futuro: da anni Microsoft e l'Università di Washington stanno lavorando sull'archiviazione digitale sul DNA, tanto da essere riuscite a registrare 200MB di dati su un filamento di DNA.
Ovviamente in ambedue i casi stiamo parlando nuove frontiere della ricerca scientifica, quindi c'è un lungo cammino da affrontare prima che una tecnologia di questo genere possa trasformarsi in qualcosa di realmente applicabile su vasta scala. Però bisogna pur iniziare no?
"La futura ricerca si concentrerà su una soluzione di calcolo tramite il DNA totale", spiegano i ricercatori, "con algoritmi del DNA e sistemi di archiviazione del DNA". Archiviare dati nel DNA senza essere in grado di leggerli e processarli rapidamente servirebbe a poco, quindi è fondamentale non solo creare i singoli "componenti" ma anche una "piattaforma" efficiente affinché l'uso del DNA diventi percorribile in ambito informatico.
Intanto, se volete restare al passo con ciò che offre il mercato delle CPU, vi invitiamo a consultare la guida sui migliori processori dove trovate le migliori proposte suddivise per casi d'uso.
5 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - info50 anni fa era offlimits perchè i soldi e le competenze/mezzi tecnici erano a disposizione di pochi.
Ora per fortuna non è più così e la R&D nel campo è esplosa visto l'importanza del settore.
Naturalmente su 1000 ricerche solo poche raggiungono il mercato in modo più o meno invasivo
Ora per fortuna non è più così e la R&D nel campo è esplosa visto l'importanza del settore.
Naturalmente su 1000 ricerche solo poche raggiungono il mercato in modo più o meno invasivo
No pechè vedo una sorta di bulimica annuncite, da un lato intel con cinque arch subito +10 arch al mese +8 arch alla fine, dall'altro produttori di carote che wow guarda un pò ho la cpu
Non perché una volta composto e scomposto,non credo si possa riutilizzare.
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