Oltre 57 miliardi di dollari: è il valore della criptoeconomia
Le criptovalute attirano un volume di capitali importante, di dimensioni pari al valore di alcune aziende tecnologiche blasonate. A combattere per il podio ci sono Bitcoin, Ripple ed Ethereum, ma il futuro è ben lungi dall'essere tracciato. Una attesa delibera della SEC potrebbe aver l'effetto di far esplodere il mercato, portando gli investimenti in criptovalute alla portata di tutti
di Andrea Bai pubblicato il 16 Maggio 2017 nel canale Web57,6 miliardi di dollari "and counting": è questo il valore della criptoeconomia, e cioè il volume di capitali che gira attorno al mondo delle criptovalute. Una cifra impressionante, se si pensa per comparazione che aziende del calibro di Netflix, Activision-Blizzard, Western Digital, Corning (Gorilla Glass), Micron, Ebay (giusto per citare realtà note agli appassionati di tecnologia) hanno ciascuna un valore di mercato compreso tra i 25 e i 70 miliardi di dollari.
Quando si parla di criptovalute, la prima che balza alla mente è Bitcoin, che in effetti costituisce - al momento in cui scriviamo - più del 49,6% di tutto il giro d'affari citato poco sopra poiché capitalizza circa 28,5 miliardi di dollari con un valore che oscilla attorno ai 1740 dollari. Bitcoin - simbolo XBT - che è protagonista di una crescita impressionante: alla fine dello scorso mese di marzo era scambiato attorno ai 930 dollari, per arrivare nei giorni scorsi a superare i 1870 dollari. Un trend che sembra destinato a portare la criptomoneta, velocemente e probabilmente prima di quanto si potesse pensare, a superare il traguardo dei 2000 dollari. Anche qui, per cercare di dare una dimensione, basta pensare che un'oncia d'oro vale attualmente circa 1230 dollari.
Bitcoin: a tutta velocità verso i 2000$
I Bitcoin nascono come espressione della volontà di trovare una controparte digitale al denaro contante, e cioè un sistema che consenta di effettuare transazioni dirette e non reversibili tra due parti senza la necessità di un intermediario. Ciò implica la necessità di definire un meccanismo di consenso che permetta di validare le transazioni ed evitare fenomeni di "double-spending" (cioè di falsificazione). Nel caso di Bitcoin questo meccanismo è conosciuto con il nome di "Proof-of-Work": le transazioni che avvengono sulla rete Bitcoin vengono raccolte in "blocchi" che sono a loro volta annotati sul pubblico registro delle transazioni. Questo lavoro di creazione dei blocchi e loro annotazione avviene mediante un determinato lavoro crittografico, computazionalmente rilevante, così che sia sconveniente da alterare poiché ogni blocco è collegato al precedente e da esso dipende, in una sorta di catena: l'alterazione di uno dei blocchi già validati andrebbe inevitabilmente a richiedere una nuova riscrittura - e quindi un nuovo lavoro crittografico - di tutti gli elementi successivi.
A guardare l'impennata di cui Bitcoin si è reso protagonista negli ultimi mesi verrebbe da pensare che si possa trattare di una bolla pronta a scoppiare. Effettivamente il futuro sembra essere foriero di nuvole minacciose. La piattaforma Bitcoin soffre infatti di un problema di scalabilità, che già era emerso nei mesi scorsi e le cui proposte di soluzione avevano creato una spaccatura nella community: ad oggi le varie fazioni non hanno ancora trovato un consenso e nel caso la spaccatura risultasse insanabile la blockchain di Bitcoin andrà incontro ad una biforcazione forzata (hard fork). Se ciò dovesse accadere, i due nuovi rami della catena saranno incompatibili ed uno di essi diventerà a tutti gli effetti una nuova criptovaluta. Una situazione di questo tipo potrebbe andare a ripercuotersi in maniera anche piuttosto violenta sul valore dei Bitcoin, ma anche il perdurare dell'incertezza sulla soluzione del problema potrebbe alla lunga avere effetti negativi.
Va però detto che Bitcoin ha già dato prova in passato di saper rialzare la testa davanti a gravi batoste: quando all'inizio del 2014 scoppiò lo scandalo di Mt.Gox (allora uno dei principali servizi di cambio Bitcoin) e dei oltre 850 mila Bitcoin (circa 450 milioni di dollari) frodati agli utenti, la criptovaluta perse in pochi giorni la metà del suo valore, passando da circa 1200 dollari a 600 dollari e nei mesi successivi il trend negativo la portò a toccare i 200 dollari. Da allora, però, la crescita è stata pressoché inarrestabile, vivendo solo alcune fisiologiche pause.
Se in termini di capitalizzazione Bitcoin è saldamente sul podio delle oltre 720 criptovalute esistenti, il secondo posto (e di conseguenza il terzo) è un testa-a-testa fatto di continui sorpassi reciproci tra Ripple ed Ethereum: nel momento in cui scriviamo Ripple vanta 12,6 miliardi di dollari di capitalizzazione (con una crescita del +36% nelle ultime 24 ore ed un valore di 0,33 dollari) ed Ethereum 8,4 miliardi (89,92 dollari), anche se la situazione nelle scorse settimane è cambiata molto spesso e con una rapidità degna di un battito di ciglia.
Laddove Bitcoin è puramente una criptovaluta, Ripple è un protocollo per una rete di transazioni che contiene a sua volta una criptovaluta dallo stesso nome e identificata dal simbolo XRP. Lo scopo di Ripple è sempre quello di superare l'intermediario bancario, andando però a interconnettere anche sistemi di trasferimento differenti e di consentire, per esempio, scambi monetari in qualsiasi valuta, sia crittografica sia reale. Come Bitcoin, il sistema è decentralizzato e opensource e prevede un pubblico registro con meccanismi di consenso, che sono però basati su un principio differente rispetto a quanto accade con Bitcoin.
In un certo senso Ripple può essere considerato per i sistemi transazionali ciò che SMTP è stato per le email: agli albori della tecnologia i vari provider di servizi internet usavano sistemi di invio e ricezione differenti che non potevano interagire tra loro. Per superare l'ostacolo è stato ideato il protocollo SMTP che ha permesso a questi sistemi di inviare e ricevere email tra loro. Un vantaggio di Ripple è la decentralizzazione delle capacità di cambio valute: se un utente vuole vendere i suoi XRP in cambio di dollari (o qualunque altra coppia di valute) lo può fare direttamente sulla rete senza doversi appoggiare, appunto, ad un intermediario.
In un certo senso Ripple può essere considerato per i sistemi transazionali ciò che SMTP è stato per le email
Ripple è interessante in termini, appunto, di rete in grado di connettere vari sistemi transazionali e la sua criptovaluta nativa ha più lo scopo di prevenire abusi del sistema e fornire liquidità interna alla rete che quello effettivamente di trasferimento di valore. Molti istituti bancari (alcuni nomi: UBS, Santander, UniCredit) hanno seguito con attenzione gli sviluppi di Ripple, arrivando anche ad adottarlo per offrire sistemi più semplici e veloci di trasferimento di valore in particolare per offrire ai clienti un'opzione in più per la gestione delle rimesse estere.
E poi c'è Ethereum. Si tratta di un progetto molto interessante, che cerca di offrire una maggior flessibilità d'utilizzo rispetto a Bitcoin in virtù della possibilità di sviluppare ed operare sulla sua blockchain i cosiddetti "Smart Contracts", ovvero contratti automatici che sono in grado di auto-eseguirsi rispettando le clausole in essi contenute, senza la necessità di interventi e supervisioni esterni. In pratica uno smart contract è un programma governato dal codice con cui è stato scritto: ciò significa, in maniera più comprensibile, che nel momento in cui due parti decidono di accettare le clausole di uno smart contract gli effetti della sua esecuzione non sono più legati alla volontà o all'interpretazione delle due parti. E' chiaro che perché tutto funzioni è necessaria la presenza di un sistema che sia di garanzia per la fiducia che le due parti ripongono nello smart contract. Allo stesso modo in cui Bitcoin si pone l'obiettivo di superare l'intermediario di una transazione economica, Ethereum si pone l'obiettivo di superare un intermediario-garante (come potrebbe essere un notaio, per esempio) di un contratto.
Ethereum ha ricevuto particolare attenzione da parte di imprese tecnologiche e finanziarie, con la creazione della Ethereum Enterprise Alliance. Inoltre questa piattaforma si prepara in futuro ad introdurre un aggiornamento del protocollo che va a modificare radicalmente il meccanismo di consenso: non più una Proof of Work (come quella su cui si basa Bitcoin e che, prevedendo calcoli matematici di una certa complessità, richiede un grosso dispendio di energia per poter essere condotta), ma una cosiddetta "Proof of Stake". Per capire di cosa si tratti riportiamo l'analogia usata da Vitalik Buterin, lo sviluppatore russo, padre di tutto il progetto:
" Immaginiamo di avere 100 persone sedute attorno ad un tavolo dove si trovano delle carte diverse, ognuna con un differente storico delle transazioni. Il primo partecipante prende una carta e la firma, poi passa tutto il malloppo di carte al secondo il quale si troverà a fare una scelta simile. Su cosa si basa la scelta? Ognuno sa di ricevere un compenso di 1$ se avrà firmato la storia della transazione che tutti i partecipanti del tavolo avranno firmato. E se firma una carta e dopo ne firma un'altra, la sua casa brucia"
"Stake", perché c'è una posta in gioco (ogni partecipante al meccanismo, infatti, "vincola" una parte dei propri Ether - questo il nome della criptovaluta legata ad Ethereum): un guadagno minimo come incentivo a partecipare al consenso, ma una "punizione grave" (la casa in fiamme) per chi volesse cedere alla tentazione di giocare contro le regole del sistema. Questo meccanismo non richiederebbe impiego di risorse energetiche, se non veramente minime, e risulterebbe più snello da gestire per l'intero sistema. L'implementazione della Proof of Stake non è comunque semplice: trattandosi di un nuovo principio alla base del meccanismo di consenso (cioè ciò su cui si basa la validità e la sicurezza del progetto) è opportuno che non vi siano punti deboli potenzialmente sfruttabili per innescare tentativi di hacking, creando di fatto una blockchain inaffidabile e, quindi, inutile. La Proof of Stake è in sviluppo e definizione da tempo, e lo stesso Buterin ha preferito originariamente non fornire una tabella di marcia specifica per la sua implementazione, dichiarando che sarà implementata "quando pronta". Più recentemente Buterin ha azzardato un vago "entro l'estate", senza tuttavia continuare a dare date precise.
Tuttavia anche Ethereum conta un episodio nebuloso nel proprio passato, che va sotto il nome di "DAO Hack". Il 17 giugno del 2016 un attaccante ha sfruttato un bug presente negli smart contract alla base del funzionamento di The DAO una "organizzazione autonoma decentralizzata" che aveva lo scopo di raccogliere fondi per finanziare progetti e startup nell'ambito degli smart contract. Il bug ha pemesso di creare una DAO "figlia" di proprietà dell'attaccante nella quale sono stati riversati tutti gli Ether in possesso di The DAO pari, al cambio di allora, a circa 60 milioni di dollari. Per via dei meccanismi presenti negli smart contract alla base di The DAO (replicati sulla DAO figlia) non sarebbe stato possibile movimentare questi fondi fino al 14 luglio, offrendo così la possibilità di mettere in atto delle contromisure. L'epilogo è stato l'hard-fork retroattivo del 20 luglio 2016, che ha praticamente "riscritto la storia" invalidando tutte le transazioni successive al blocco in cui è stata registrata la transazione dolosa e restituendo gli Ether ai proprietari. A questo punto la catena si è biforcata e accanto ad Ethereum è nato Ethereum Classic (simbolo ETC) attorno al quale si è condensata la community che ha rigettato l'hard fork, visto come una violazione dei principi base di Ethereum. Attualmente Ethereum Classic ha una capitalizzazione di 563 milioni di dollari, ma la sua adozione non è particolarmente diffusa e anche il suo futuro è abbastanza incerto.
Come detto, ci sono oltre 720 criptovalute in circolazione sulla rete, ma la partita si giocherà molto probabilmente tra queste tre. Anzi, considerando le peculiarità di Ripple, la probabilità è che le due criptovalute di riferimento potranno essere Bitcoin ed Ethereum. E' difficile, se non impossibile, poter ipotizzare ora se prevarrà l'una o l'altra o se troveranno una sorta di equilibrio spartendosi il mercato delle criptovalute (andando magari a rappresentare come importanza, nel campo delle criptovalute, ciò che per le valute fiat è il binomio EUR/USD) anche se i più attenti osservatori di questo nuovo mondo hanno già teorizzato il "flippening", ovvero il travaso di capitali da Bitcoin ad Ethereum.
Il volume di capitali che circola attorno alla criptoeconomia fa comunque capire come le criptovalute non siano più un qualcosa destinato ad uso e consumo dei "nerd", ma dimostra come vi siano interessi economici di particolare rilievo, anche a fronte dell'impegno diretto di molte grandi società. Chiaramente a questo giro d'affari contribuisce anche il crimine, con i Bitcoin che loro malgrado sono divenuti uno strumento purtroppo utile per gli interessi dei cybercriminali.
La delibera della SEC in merito ad un ETF aprirebbe il mercato delle criptovalute e la circolazione di capitali
E' inoltre bene osservare che la Securities and Exchange Commission (l'equivalente statunitense della nostra Consob) sta proprio in questi giorni vagliando la possibilità di autorizzare l'emissione di un ETF (una sorta di fondo comune d'investimento, scambiabile direttamente sulla borsa valori) avente come sottostante i Bitcoin. Già in passato la SEC si era espressa negativamente, l'ultima volta proprio pochi mesi fa, affermando come i Bitcoin fossero ancora troppo poco regolamentati per poter costituire un asset di investimento contrattabile mediante strumenti tradizionali. Da allora le condizioni non sono cambiate, ed è pertanto difficile che la SEC possa pronunciarsi positivamente: quel che è interessante riconoscere, tuttavia, è come uno strumento di questo tipo offrirebbe anche al pubblico più ampio la possibilità di investire o speculare sulla criptovaluta più famosa del mondo usando strumenti d'investimento ordinari e senza doversi districare tra servizi di cambio e wallet, con l'effetto di aprire ulteriormente il mercato e la circolazione di capitali nel mondo delle criptovalute, nonché una maggior consapevolezza della loro esistenza nel pubblico.
109 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoAdesso è impressionante la crescita che ha avuto, peccato che il rapporto costo/beneficio non sia più favorevole o quasi.
bitcoin<> moneta
il bitcoin, per le sue caratteristiche, e' meglio che non venga adottata come moneta.Il risultato potrebbe essere, come e' accaduto per i bond argentini, che intere fasce delle popolazione detentrici della "mopneta" vengano piallate.
L'eccesso di rialzo non e' buono come il contrario.
La lira turca o le azioni della tesla non sono un buon metodo di scambio.
Poi ovviamente esiste chi plaude al telefonino 100Mpixel o al tv 4k... o al bitcoin
http://allarovescia.blogspot.it/2014/03/bitcoin.html
eri troppo avanti gia nel '14
che poi i btc siano migliorabili e alcune critiche sono state mosse/evidenziate anche nell'articolo, è fuor di dubbio, la vera rivoluzione (secondo il modesto parere) risiede nella democratizzazione del denaro ed esclusione di governi o banche (che come la storia ci ha insegnato ripetute volte prendono decisioni sbagliate, che poi inetivabilmente ricadono sulla testa di ognuno di noi) peccato non sia stata implementata anche quella del credito o microcredito, ma diamo tempo al tempo, la prima criptovaluta è del 2009, sono passati solo pochi anni, tra 100 non sapranno neppure cos'è una banconota e le troveranno solo nei musei come reperti archeologichi, gli istituti finanziari che prima avevano combattuto il "nuovo giorno" (alcuni) hanno capito e stanno cambiando poco per volta pelle, purtoppo una vera rivoluzione anche in quel settore è auspicabile, non basta la muta stagionale
Veramente e' l'euro la valuta piu' usata dai delinquenti. Ok se escludiamo dal conteggio dei delinquenti le monarchie del golfo
Detto questo, bitcoin e' uno strumento come un altro per lo scambio di valore e sbaglia il tipo sotto che ha postato il pippone su blogspot, perche' e' pieno di inesattezze e mostra scarsa comprensione dell'argomento.
Intanto bitcoin e' una valuta deflazionaria ( 21 milioni e' il numero massimo di coin che possono esistere ), il che e' un modo per impedire la creazione di bolle come hanno invece fatto le banche ( tramite le banche centrali, di loro proprieta' oltretutto ) e sappiamo bene a quali pericoli ci stanno esponendo tali bolle.
Semmai il problema di bitcoin e' la scarsa scalabilita', ovvero l'avere un tetto massimo di 300.000 transazioni giornaliere e tempi di settling di circa 20 minuti. Te l'immagini che vai su Amazon, compri in bitcoin, e Amazon deve aspettare 20 minuti prima di sapere se tu hai veramente quei soldi o meno.
Ok magari per Amazon puo' funzionare, ma per servizi di micropagamenti sarebbe un dramma.
E chi non ne sa di criptovalute si ferma qui, bollando bitcoin e la blockchain come una bufala. Ecco blockchain...perche' la rivoluzione non e' il token chiamato bitcoin, bensi' quel database distribuito chiamato blockchain.
E infatti sulla blockchain "girano" altre criptovalute, alcune come ethereum che mirano a risolvere i problemi di scalabilita' di bitcoin, ad implementare l'inrfastruttura per gli smart contracts e altre cosine assai interessanti. Non a caso e' ethereum la criptovaluta che sta mostrando la crescita piu' stabile nel lungo periodo.
Insomma, magari non pagheremo in bitcoin tra 10 anni, ma di sicuro faremo uso della blockchain. E non solo come semplice sistema per il settling dei pagamenti https://spellsofgenesis.com/
Eh, un blending perfetto tra mondo reale e virtuale e sistemi di pagamento presenti nell'uno e nell'altro.
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