Tempesta dazi Trump sull'hi-tech: iPhone a 2300 dollari in futuro e AI in frenata? Cosa sta succedendo?

Tempesta dazi Trump sull'hi-tech: iPhone a 2300 dollari in futuro e AI in frenata? Cosa sta succedendo?

La nuova politica protezionistica di Trump colpisce duramente il settore tecnologico, con Apple particolarmente vulnerabile e un possibile rallentamento nello sviluppo dell'intelligenza artificiale globale.

di pubblicata il , alle 08:31 nel canale Telefonia
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Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca porta con sé una nuova ondata di protezionismo che rischia di sconvolgere l'intero ecosistema tecnologico mondiale. Le cifre annunciate fanno tremare i polsi: tariffe fino al 46% sulle importazioni dal Vietnam, 26% dall'India e 34% dalla Cina. Un trittico di nazioni che rappresenta il cuore pulsante della manifattura elettronica globale. Questa nuova offensiva commerciale colpisce proprio quei Paesi verso cui le aziende tecnologiche americane avevano spostato la produzione dopo la prima guerra dei dazi trumpiana del 2018. Quella che doveva essere una strategia di diversificazione per mitigare i rischi geopolitici si è trasformata in un boomerang, lasciando i colossi della Silicon Valley con poche vie d'uscita.

La motivazione ufficiale di queste misure è contrastare quella che Trump definisce "manipolazione valutaria" e "pratiche commerciali sleali" contro gli Stati Uniti. Ma le conseguenze potrebbero essere devastanti per un settore che ha costruito il proprio successo su catene di approvvigionamento globali estremamente ottimizzate.

Il dilemma di Cupertino: quando un iPhone diventa un lusso

Tra i giganti tecnologici, Apple si potrebbe trovare nella posizione più vulnerabile. Nonostante i tentativi di diversificare la produzione dopo il 2018, la mela morsicata dipende ancora in modo critico dall'Asia per l'assemblaggio dei suoi dispositivi. Il 90% degli iPhone venduti globalmente esce dalle fabbriche cinesi di Foxconn e Luxshare, mentre la produzione in India e Vietnam – proprio i Paesi ora nel mirino dei dazi – rappresentava la strategia di diversificazione su cui Tim Cook aveva scommesso.

Gli esperti di Morgan Stanley hanno calcolato che l'impatto finanziario potrebbe superare gli 8,5 miliardi di dollari annui per Apple, equivalenti a circa il 7% dei suoi profitti. Un'analisi dettagliata del Wall Street Journal, basata sui dati di TechInsights, rivela che il costo di produzione di un iPhone 16 Pro da 256GB potrebbe balzare dagli attuali 580 dollari a circa 850 dollari. La matematica è impietosa: per mantenere i margini di profitto, Apple dovrebbe aumentare significativamente i prezzi. L'iPhone 16 Pro Max nella configurazione da 1TB, che oggi costa 1.599 dollari, potrebbe raggiungere la cifra record di 2.300 dollari. Un incremento che trasformerebbe definitivamente questi dispositivi in beni di lusso, inaccessibili per molti consumatori.

L'opzione di riportare la produzione negli Stati Uniti, come auspicato da Trump, si scontra con ostacoli praticamente insormontabili. Come ha sottolineato lo stesso Tim Cook, "in Cina possiamo riempire stadi interi di ingegneri specializzati, negli USA fatichiamo a riempire una sala riunioni". A questo si aggiunge il differenziale di costo: assemblare un iPhone in Cina costa circa 30 dollari in manodopera, contro i 300 dollari stimati per la stessa operazione sul suolo americano.

L'ecosistema tecnologico sotto pressione

Il terremoto non si limita ad Apple. L'intero panorama hi-tech americano risente della nuova politica commerciale. Google, Microsoft, Dell, HP e Lenovo si trovano davanti a scelte difficili: assorbire l'aumento dei costi sacrificando i margini di profitto o trasferirli sui consumatori rischiando di frenare le vendite. Per i produttori di laptop, l'impatto potrebbe tradursi in aumenti del 15-20% sui prezzi finali. Un computer portatile che oggi costa 1.000 euro potrebbe presto essere etichettato a 1.150-1.200 euro. Anche gli smartphone Android di fascia alta potrebbero subire incrementi significativi, superando facilmente la soglia psicologica dei 1.400 euro.

La situazione è particolarmente delicata per aziende come Google e Microsoft, che negli ultimi anni hanno investito pesantemente nello sviluppo di linee hardware proprietarie (Pixel, Surface, Nest) per ridurre la dipendenza da partner esterni. Questi prodotti, tuttavia, vengono assemblati principalmente in Asia e subiranno l'impatto diretto dei nuovi dazi.

Il caso emblematico di Nintendo Switch 2

Un esempio concreto delle ripercussioni immediate di questa politica arriva da Nintendo. Il colosso giapponese dei videogiochi ha recentemente annunciato di aver posticipato l'apertura dei preordini per la nuova console Switch 2 negli Stati Uniti, inizialmente previsti per il 9 aprile. La motivazione? Valutare l'impatto dei dazi del 24% imposti da Trump sulle importazioni dal Giappone.

Sebbene Nintendo abbia confermato che la data di lancio del 5 giugno rimane invariata, questa decisione evidenzia quanto sia concreto il rischio di un aumento significativo dei prezzi. La Switch 2, già annunciata a 450 dollari (un incremento del 50% rispetto ai 300 dollari della prima generazione), potrebbe subire ulteriori rincari, con i giochi che potrebbero arrivare a costare fino a 80 dollari l'uno.

L'intelligenza artificiale rallenta la corsa

Particolarmente preoccupante è l'impatto potenziale sullo sviluppo dell'intelligenza artificiale, il settore su cui le big tech stanno investendo centinaia di miliardi di dollari. Per alimentare modelli come ChatGPT, Gemini o Claude sono necessari enormi data center equipaggiati con hardware specializzato, gran parte del quale viene prodotto in Asia. L'aumento dei costi per l'infrastruttura fisica – dai chip alle schede grafiche, dai sistemi di raffreddamento ai trasformatori – potrebbe rallentare significativamente l'espansione prevista. Gli analisti stimano che i nuovi dazi potrebbero incrementare i costi di costruzione dei data center del 3-5%, una percentuale apparentemente modesta ma che, su investimenti dell'ordine di decine di miliardi, rappresenta un onere considerevole. Microsoft aveva pianificato di investire 80 miliardi di dollari in data center per l'IA nell'anno fiscale in corso. Amazon puntava a superare i 100 miliardi, mentre Google aveva stanziato 75 miliardi in spese infrastrutturali complessive. Cifre che potrebbero essere riviste al ribasso o diluite su periodi più lunghi.

Ancora più ambizioso il progetto Stargate, una joint venture tra OpenAI, Oracle, Softbank e il fondo Mgx degli Emirati Arabi, che prevede investimenti per 500 miliardi di dollari in infrastrutture di calcolo per l'IA. Un piano che potrebbe subire rallentamenti significativi a causa dell'aumento dei costi.

L'unica nota positiva in questo scenario è l'esenzione concessa da Trump ai semiconduttori, componenti cruciali per l'industria tecnologica. Aziende come Nvidia, che utilizza i chip avanzati prodotti dalla taiwanese TSMC, non dovranno pagare i dazi del 32% imposti a Taiwan. Resta però l'incertezza sulla tassa generale all'export del 10%, che potrebbe comunque colpire TSMC e altri produttori chiave.

La risposta europea e il rischio di una guerra commerciale globale

L'Unione Europea non è rimasta a guardare. Bruxelles sta preparando una risposta coordinata, attesa per metà aprile. Il rischio per i consumatori europei è duplice: da un lato, i prodotti tecnologici potrebbero subire aumenti di prezzo anche nel Vecchio Continente, poiché le aziende cercheranno di compensare le perdite sui mercati americani; dall'altro, le imprese europee attive nella filiera dei componenti elettronici potrebbero trovarsi marginalizzate in un mercato sempre più frammentato e protezionistico.

La strategia europea potrebbe differenziarsi da quella americana, puntando non tanto su controdazi quanto su tasse mirate ai servizi digitali offerti dalle big tech USA. Colossi come Meta, Microsoft, Netflix e Amazon, che operano in Europa beneficiando di regimi fiscali vantaggiosi, potrebbero trovarsi a dover contribuire maggiormente alle casse degli Stati membri.

Lo scenario più ottimistico vede i dazi come una mossa tattica di Trump per rafforzare la posizione negoziale americana in vista di futuri accordi commerciali. Ma il rischio concreto è quello di innescare una spirale protezionistica globale che frammenterebbe ulteriormente le catene di approvvigionamento tecnologiche, con conseguenze a lungo termine sulla capacità di innovazione e sui prezzi al consumo. In un'economia sempre più digitalizzata – dove l'elettronica è presente in ogni aspetto della vita quotidiana, dai frigoriferi intelligenti alle automobili connesse – qualsiasi perturbazione nella filiera produttiva si traduce immediatamente in un impatto sui consumatori. E questa volta, gli aumenti di prezzo potrebbero essere solo l'inizio di una trasformazione più profonda e duratura dell'ecosistema tecnologico globale.

93 Commenti
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Ago7207 Aprile 2025, 08:44 #1
Avete fatto un casino incredibile con le valute (e i dazi)

Titolo:
Originariamente inviato da: Redazione di Hardware Upgrade
Tempesta dazi Trump sull'hi-tech: iPhone a 2300 euro in futuro e AI in frenata? Cosa sta succedendo?


Articolo:
Originariamente inviato da: Redazione di Hardware Upgrade
L'iPhone 16 Pro Max nella configurazione da 1TB, che oggi costa 1.599 dollari, potrebbe raggiungere la cifra record di 2.300 dollari.


Non volgio parlare di dazi, in quanto non ne ho le competenze. Ma secondo me stiamo cadendo un po' troppo nel sensazionalistico...

PS
Al di là che Apple aumenterà il prezzo per rientrare di un possibile calo dei margini sul mercato Americano. Un iPhone che dalla Cina o India viene venduto in Europa, non è soggetto a dazi.
alexfri07 Aprile 2025, 08:56 #2
Classico esempio del sassolino che rotola in cima a una montagna e a valle arriva una valanga. Questo succede quando la scuola fallisce, crea piano piano un esercito di asini ignoranti che da grandi diventano quelli delle scie chimiche, rettiliani, sulla luna non ci siamo mai andati ecc, poi votano e vanno al potere altri asini come loro. Pazienza, beata mia nonna che é morta nel 2019 e che finita la ww2 ha visto solo cose positive
Ginopilot07 Aprile 2025, 08:58 #3
Originariamente inviato da: Ago72
Al di là che Apple aumenterà il prezzo per rientrare di un possibile calo dei margini sul mercato Americano. Un iPhone che dalla Cina o India viene venduto in Europa, non è soggetto a dazi.


Solo se non mette piede in usa. Ma vuoi scommettere che per evitare di far crescere troppo il prezzo in usa, spelmeranno il rincaro su tutti i mercati?
peronedj07 Aprile 2025, 08:58 #4
Originariamente inviato da: Ago72
Avete fatto un casino incredibile con le valute (e i dazi)

cut

PS
Al di là che Apple aumenterà il prezzo per rientrare di un possibile calo dei margini sul mercato Americano. Un iPhone che dalla Cina o India viene venduto in Europa, non è soggetto a dazi.


Si ma l'articolo dice anche:

i prodotti tecnologici potrebbero subire aumenti di prezzo anche nel Vecchio Continente, poiché le aziende cercheranno di compensare le perdite sui mercati americani
OUTATIME07 Aprile 2025, 09:01 #5
Originariamente inviato da: Ginopilot
Solo se non mette piede in usa. Ma vuoi scommettere che per evitare di far crescere troppo il prezzo in usa, spelmeranno il rincaro su tutti i mercati?

Ovviamente
AlexSwitch07 Aprile 2025, 09:11 #6
Originariamente inviato da: Ago72
Avete fatto un casino incredibile con le valute (e i dazi)

Titolo:


Articolo:


Non volgio parlare di dazi, in quanto non ne ho le competenze. Ma secondo me stiamo cadendo un po' troppo nel sensazionalistico...

PS
Al di là che Apple aumenterà il prezzo per rientrare di un possibile calo dei margini sul mercato Americano. Un iPhone che dalla Cina o India viene venduto in Europa, non è soggetto a dazi.


Sensazionalismo mica tanto... Tralasciando l'errore veniale di valuta tra articolo e titolo, un iPhone, come un Samsung S2x o un Google Pixel, prodotti in Cina, Vietnam o India arriveranno sugli scaffali americani con un balzello medio del 40%.
Per fortuna che in questa dannata allucinata e allucinante teoria di dazi, quelli sui chip e componenti elettronici sono stati momentaneamente sospesi.
L'aumento reale dei prezzi sul mercato dipenderà da cosa vorranno e potranno fare i produttori e distributori dei beni colpiti: 1) assorbire completamente i dazi, cosa abbastanza improbabile vista l'entità ed anche per il fatto che sei anni fa già fecero una cosa del genere; 2) assorbire una percentuale dei dazi ( 30-40% ) ed il resto scaricarlo sulla clientela, cosa probabile anche se intaccherà in maniera sensibile fatturato ed utili; 3) assorbire una percentuale minima dei dazi ( 10-20% ) ed il resto spalmarlo su tutti i mercati mondiali dove i beni sono distribuiti, cosa abbastanza probabile che permetterebbe di tutelare maggiormente il mercato interno e diluire le perdite in zone economiche non colpite in generale dai dazi e meno soggette ad inflazione.

Proprio per il punto 3) l'Europa potrebbe comunque avere un rialzo dei prezzi di certi prodotti e servizi, al netto di eventuali ritorsioni UE, nel breve/medio periodo.
Notturnia07 Aprile 2025, 09:17 #7
ma.. quella tabella che fa vedere Trump nell'articolo è vera ? se così fosse sarebbe assurdo perchè avrebbe ragione lui ad imporre i dazi
AlexSwitch07 Aprile 2025, 09:20 #8
Originariamente inviato da: Ginopilot
Solo se non mette piede in usa. Ma vuoi scommettere che per evitare di far crescere troppo il prezzo in usa, spelmeranno il rincaro su tutti i mercati?


Molto probabile e non solo per Apple che comunque è tra le aziende USA più esposte.
Parecchio dipenderà dai mercati, da come reagiranno a questa follia, da eventuali ritorsioni e da come sono posizionati.

Mai vista, comunque, una operazione così stupidamente insulsa, ingiustificata ed ingiustificabile in 100 anni di storia dell'economia e del libero mercato.
Una poderosa martellata negli zebedei che non porterà a nulla se non ad un ulteriore rialzo dell'inflazione ( negli USA ) ed erosione di ricchezza reale con conseguenze depressive.
Riky197907 Aprile 2025, 09:21 #9
Stavo ragionando che le ditte cinesi che non vendono negli USA, Huawei è una di queste, potrebbero gioviare molto dei dazi americani dato che manterrebbero invariati i costi non dovendo pagare Trump e quindi avere un vantaggio notevole rispetto a chi deve compensare i dazi.

Xiaomi vende dei prodotti negli USA ma non smartphone, è già in una ottima posizione di mercato in UE se non dovesse assorbire dazi USA sui prodotti aumenterebbe la forbice di prezzo prestazioni rispetto a Samsung Apple Motorola etc.

euscar07 Aprile 2025, 09:28 #10
Il dilemma di Cupertino: quando un iPhone diventa un lusso


Ma non era già un prodotto di lusso? Attualmente 1600 dollari per uno smartphone se li possono permettere in pochi

Per quanto mi riguarda potrebbe anche costare 3000 dollari, che non mi cambia una virgola.

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