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#101 |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2005
Città: Torino
Messaggi: 349
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#102 |
Senior Member
Iscritto dal: Aug 2004
Messaggi: 682
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Misteri della fede.
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Attenzione: il messaggio potrebbe essere ironico... ![]() "L’uso della libertà minaccia da tutte le parti i poteri tradizionali, le autorità costituite...Il popolo è minorenne. La città è malata. Ad altri spetta il compito di curare e di educare. A noi il dovere di reprimere. La repressione è il nostro vaccino! Repressione è civiltà!” |
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#103 |
Senior Member
Iscritto dal: Feb 2002
Città: Este (PD)
Messaggi: 2907
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Ma poi c'è qualche fesso che compera FAstweb solo perchè sponsorizzata da Valentino?
Insomma con tutti i soldi che si sarà pippato il "dottore" non potevano fare pubblicità con persone comuni e abbassare i costi??? Mah sto marketing del testimonial a me pare na strunzata.
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<<La Verità non richiede fede.>> |
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#104 |
Senior Member
Iscritto dal: Feb 2002
Città: Este (PD)
Messaggi: 2907
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MA poi non ho ancora ben capito perchè è stato dichiarato evasore. Da quello che mi diceva la mia ragazza pareva + una sorta di cavillo al quale attaccarsi per far vedere che il fisco italiano ha preso un megaevasore!!!
Qualcuno del settore potrebbe spiegare il discorso in modo semplice?
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<<La Verità non richiede fede.>> |
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#105 |
Senior Member
Iscritto dal: Mar 2001
Città: Salerno
Messaggi: 1170
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Segnalo questa notizia relativa al tema Valentino-pubblicità-tasse.
http://www.gazzetta.it/Motori/Motomo...iryanair.shtml |
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#106 |
Member
Iscritto dal: Jun 2007
Messaggi: 61
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Aggiungo il contributo di Andrea Carinci e Thomas Tassani che affrontano in modo chiaro il problema sulla tassazione Inglese in merito al caso Valentino Rossi.
Londra è una città affascinante. Non sarà un posto esotico come Bahamas, o soleggiato come Monaco, ma è comoda da raggiungere e offre tutto quello che si può desiderare, in termini di vita sociale e divertimenti. Forse è per questo che è diventata la meta privilegiata dei magnati russi, e non solo. Ma, forse, è anche perché nel Regno Unito si possono pagare poche tasse. Le cronache di stampa hanno dato notevole risalto al contenzioso tra il Fisco italiano e Valentino Rossi. La vicenda è così diventata, come sempre più spesso accade nei mass media, argomento da gossip, mentre invece dovrebbe indurre a riflettere sulle nuove modalità di pianificazione fiscale all’interno dell’Unione Europea. In sostanza, perché proprio il Regno Unito? Conviene ancora emigrare in un paradiso fiscale? Nel sistema fiscale italiano, l’imposta sui redditi delle persone fisiche è applicata in modo distinto a seconda che il contribuente sia o meno residente: nel primo caso è tassato sui redditi ovunque prodotti (cosiddetto world wide taxation principle), mentre nel secondo solo su quelli realizzati nel territorio dello Stato. Per sfuggire all’imposizione in Italia, una forma tradizionale quanto rudimentale di pianificazione è rappresentata dallo spostamento della residenza in un paese "a bassa fiscalità". In questo modo, diventano tassabili nel paese originario di residenza (l’Italia) solo i redditi ivi prodotti (1), mentre sfuggono quelli (tutti gli altri) realizzati al di fuori. A questi ultimi, sarà applicabile solo la bassa (oppure nulla) imposizione vigente nel paradiso fiscale di nuova residenza. Un tale espediente risulta però oggi di difficile attuazione per effetto della disciplina, introdotta all’articolo 2, comma 2-bis del Tuir, che, invertito l’onere della prova circa la residenza di un soggetto, ha stabilito che spetta al soggetto trasferito provare che effettivamente il centro dei propri affetti e dei propri affari (nozione sostanziale di residenza) non è più localizzato in Italia bensì nel paradiso fiscale. In difetto di tale prova, difficile da fornire nei trasferimenti fittizi, l’amministrazione finanziaria può continuare a considerare i soggetti residenti e tassarli di conseguenza. Sennonché, questa particolare presunzione opera solo nei casi di trasferimento della residenza verso taluni paesi, caratterizzati da imposizione sui redditi con aliquote particolarmente basse o nulle, espressamente individuati con un decreto ministeriale. (2) Tra questi, non è annoverato il Regno Unito. O è meglio la nebbia di Londra? Quanto detto, non risponde però ancora alla domanda: perché proprio Londra? A prima vista, peraltro, il sistema fiscale britannico non sembra così vantaggioso, se si considera che l’aliquota marginale dell’imposta sui redditi è del 40 per cento: non proprio un’aliquota di favore. Il discorso tuttavia cambia se dall’aliquota si passa a considerare i redditi tassabili, perché la particolarità (o, meglio, la convenienza) del regime britannico sta proprio nella loro individuazione. Fondamentale è la distinzione tra residenti e residenti non domiciliati. Se, per regola generale, i residenti sono soggetti a imposta sui redditi ovunque prodotti, i residenti non domiciliati sono tassati sui soli redditi realizzati nel Regno Unito nonché su quelli prodotti altrove e rimpatriati. (3) Nel caso di residenti non domiciliati, pertanto, i redditi prodotti all’estero e non fatti rifluire nel Regno Unito restano sottratti a tassazione. (4) Per un’integrale soggezione all’imposta sui redditi britannica, insomma, non basta essere residenti nel paese; occorre esservi anche domiciliati. E – semplificando il discorso - se la residenza è relativamente facile da acquisire (ad esempio, con la permanenza per almeno 183 giorni; o con un periodo di permanenza medio di 91 giorni su quattro anni; o con l’acquisto di un’abitazione), anche evitare di prendere il domicilio non risulta poi così complesso: per essere domiciliati nel Regno Unito occorre manifestare (anche su appositi moduli) l’intenzione (animus manendi) di restare nel paese indefinitamente. (5) Diversamente, non si è considerati domiciliati, senza che ciò comprometta la questione della residenza. Appare insomma relativamente semplice acquisire lo status di residente non domiciliato. La convenienza di tale status, tuttavia, si apprezza in particolare per coloro che realizzano ingenti redditi all’estero e che possono evitare di farli confluire nel Regno Unito. E così, discriminando i residenti domiciliati (in primis i cittadini britannici) (6) da quelli non domiciliati, ecco realizzate le condizioni per un regime estremamente appetibile per immigrati facoltosi: un regime, a ben vedere, da vero e proprio paradiso fiscale. (7) Ma il Fisco sta a guardare? La quadratura del cerchio, per colui che intende spostare la propria residenza per ragioni fiscali, sembra realizzata: una sostanziale detassazione dei redditi prodotti, senza che si renda applicabile alcuna disposizione antielusiva. Il gioco non è però così semplice. Il fatto che il Regno Unito non rientri tra i paesi cui è applicabile l’articolo 2 comma 2-bis del Tuir, non significa che il Fisco (italiano) sia privo di strumenti di controllo. Se l’amministrazione finanziaria prova che di fatto, e per almeno 183 giorni nell’anno, il centro principale degli affari e interessi oppure dei rapporti morali, sociali e familiari è situato in Italia, il soggetto può essere considerato fiscalmente residente in Italia, nonostante lo status di residente, non domiciliato, britannico. Il trasferimento di residenza, se fittizio, resta insomma contrastabile. Rimane però il fatto che l’onere della prova incombe qui sul Fisco e ciò, indubbiamente, rende più difficoltoso avversare trasferimenti meramente fittizi di residenza. Ed è per questo, forse, che le nebbie di Londra appaiono preferibili al sole dei Caraibi. Il modo migliore per nascondere qualcosa è lasciarlo in bella mostra sul tavolo; ma se c’è anche la nebbia, è meglio: la nebbia confonde le forme, perché nella nebbia "nessun essere conosce l’altro". (8) Almeno fino al momento in cui l’efficiente funzionario fiscale, riesce, nella nebbia, a penetrare. |
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#107 | |
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Iscritto dal: Jun 2007
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#108 | |
Senior Member
Iscritto dal: Aug 2003
Città: milano
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Meglio fare una specie di arbitrato e accordarsi sulla cifra.. |
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