Perplexity nei guai in Giappone: due editori chiedono un risarcimento di 2,2 miliardi di yen

Perplexity nei guai in Giappone: due editori chiedono un risarcimento di 2,2 miliardi di yen

I due principali gruppi editoriali giapponesi, Nikkei e Asahi Shimbun, hanno avviato una causa contro il motore di ricerca AI Perplexity per violazione del copyright, chiedendo danni per 2,2 miliardi di yen ciascuno e la rimozione dei contenuti archiviati senza autorizzazione

di pubblicata il , alle 11:44 nel canale Web
Perplexity
 

I due grandi gruppi editoriali giapponesi, Nikkei e Asahi Shimbun, hanno annunciato di aver intentato una causa contro Perplexity, motore di ricerca basato su intelligenza artificiale, accusandolo di aver violato i diritti d'autore. Le due società hanno comunicato di aver depositato congiuntamente l’azione legale presso un tribunale di Tokyo, sottolineando come l’azienda statunitense avrebbe copiato e archiviato senza consenso contenuti giornalistici dai loro server, aggirando sistemi di protezione tecnica appositamente predisposti.

In un comunicato, Nikkei ha accusato Perplexity di un comportamento assimilabile a un vero e proprio “free riding” su larga scala, cioè uno sfruttamento sistematico del lavoro giornalistico altrui senza alcun compenso. «Se non controllata – hanno dichiarato i due editori – questa situazione rischia di minare le fondamenta del giornalismo, impegnato a trasmettere i fatti in maniera accurata».

I due editori sostengono inoltre che il servizio avrebbe attribuito in modo errato informazioni a loro articoli, danneggiando seriamente la credibilità delle testate giornalistiche. Ognuna delle due compagnie chiede risarcimenti pari a 2,2 miliardi di yen (circa 15 milioni di dollari) e la cancellazione dei contenuti già acquisiti.

Perplexity, che al momento non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, si trova già sotto i riflettori della stampa giapponese: anche il quotidiano Yomiuri aveva intrapreso una battaglia legale simile, segnalando un crescente malcontento tra gli editori locali nei confronti dell’uso dei loro contenuti da parte di piattaforme di intelligenza artificiale.

Anche oltreoceano il fenomeno si sta ampliando. Rupert Murdoch, attraverso il gruppo Dow Jones e il New York Post, ha accusato Perplexity di sottrarre utenti e ricavi agli editori, offrendo risposte che utilizzano contenuti giornalistici senza reindirizzare gli utenti ai siti originali. Nei mesi passati la BBC ha inviato una lettera di “cease and desist” chiedendo alla società di cessare l’utilizzo dei propri materiali per l’addestramento del modello, iniziativa già intrapresa da testate come il New York Times e Condé Nast.

Perplexity conta oggi oltre 30 milioni di utenti, prevalentemente negli Stati Uniti, sta cercando di avvicinarsi al mondo editoriale con la proposta di accordi commerciali e modelli di revenue sharing. Intese già siglate con testate come Time, Fortune e Der Spiegel prevedono una remunerazione agli editori nel caso in cui i contenuti vengano citati tra le fonti generate dal sistema. Il modello di business della società si basa prevalentemente su abbonamenti, con i vertici che tentano di costruire nuove linee di collaborazione dopo le crescenti tensioni con l’industria dell’informazione: proprio ieri è stato annunciato il nuovo abbonamento Comet Plus che propone un nuovo modello di revenue sharing con gli editori. Ne abbiamo parlato qui: Perplexity lancia Comet Plus: il nuovo abbonamento a 5 dollari al mese con l'80% agli editori.

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