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Old 21-02-2008, 15:57   #1
cprintf
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Jatropa: la pianta per produrre petrolio

A quanto pare questa pianta, che cresce quasi senza acqua, può essere utilizzata per produrre idrocarburi a prezzi molto competitivi.

Secondo voi può essere un business la coltivazione in Italia, tipo al sud? Oppure in casa con una serra?

Se il petrolio continua a crescere dovrebbe diventare conveniente, prima o poi.

Vi giro un po' di link:
http://www.allaguida.it/articolo/jat...petrolio/4468/
http://www.energia-pulita.eu/info-en...etrolio-2.html

Ma soprattutto questo, con un esempio pratico:
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleO...8c&type=Libero
<<
Le suore che coltivano l'elettricità
di Marco Magrini
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31 marzo 2007

MBINGA, TANZANIA. Dal nostro inviato
All'Equatore il sole tramonta alle sei, tutto l'anno. Alla latitudine di Kaja Peric, che è nata in Bosnia da famiglia croata, ma vive nel profondo sud della Tanzania, il sole scompare solo mezz'ora più tardi. Dopodiché,non è detto che ci sia la luce. «Non esiste una rete elettrica nazionale e nelle città qui intorno,i quotidiani blackout possono durare anche otto ore. Ma non nel nostro convento», dice sorella Kaja con un dolce sorriso. «Noi, l'energia ce la coltiviamo nel giardino».
Dietro al convento delle sorelle Vincenziane a Mbinga — un villaggio sperso nel niente della foresta tropicale, non lontano dal Mozambico — più che un giardino, c'è qualche ettaro di coltivazioni. La congregazione, che fa capo al convento di Untermarchtal, in Germania, gestisce in quest'area 18 strutture per circa 300 bambini orfani, sordi e handicappati, grazie a un manipolo di 185 suore (sette delle quali europee): in totale, un bel numero di bocche da sfamare. Ma, insieme a mais e girasoli, le sorelle coltivano per davvero anche l'elettricità.
La Jatropha CurcasKaja, responsabile del progetto, sta facendo crescere dietro al convento 50mila esemplari di Jatropha Curcas. La pianta che potrebbe cambiare, se non i destini del mondo, almeno quelli dell'Africa.
«È davvero miracolosa», assicura Kaja mentre ne accarezza lefoglie,nelbel mezzo di questa scena tropicale che declina tutti i toni del verde. «Abbiamo cominciato due anni fa, partendo dai semi. Semplicemente tagliando i primi rami e innestandoli per terra abbiamo coperto tre ettari. Quest'anno il raccolto sarà ancora modesto. Ma l'anno prossimo avremo raggiunto l'indipendenza energetica».
Sul tetto della chiesa c'è un gigantesco pannello solare fatto a "V" (in onore del San Vincenzo che ispira le azioni delle sorelle) con una croce bianca nel mezzo. «Il sole ci dà l'energia sufficiente per il giorno», spiega Kaja. Per la notte c'è un generatore diesel. Il quale va per adesso a idrocarburi, ma l'anno prossimo andrà a Jatropha.
«Gli esperimenti — assicura sister Kaja — li abbiamo già fatti: basta spremere i semi della pianta per ottenere un olio che, semplicemente filtrato, mette in moto il generatore di elettricità a meraviglia.E pure rispettando l'ambiente». Come tutti gli olivegetali che fanno da biodiesel,la combustione di olio di Jatropha emette poca anidride carbonica e zero anidride solforosa, responsabile delle piogge acide.
«Nel raggio di centinaia di chilometri — sintetizza la sorellamadre Zeituni Kapinga, con vivace orgoglio —siamo leuniche a poter spedire un'email a qualsiasi ora del giorno o della notte».
All'Equatore il sole sorge alle sei, tutto l'anno. Alla latitudine di Livinus Manyanga, che abita ad Arusha, Tanzania del Nord, quasi alle falde del Kilimangiaro, il sole sorge solo un po' più tardi. È in quell'esatto momento che il suo business si mette in moto: quando l'energia fotonica della nostra stella accende la fotosintesi clorifilliana.
Alla Kakute, l'azienda di Manyanga, non ci sono ettari di coltivazioni, ma solo un giardino. «Il mio vivaio è un piccolo centro di ricerca e sviluppo — dice — Il mio compito è quello di propagare la Jatropha in Africa, insegnare a coltivarla e distribuire una nuova ricchezza».
Oggi, in visita alla Kakute c'è la delegazione di una Ong canadese, che ha in animo di propagare la pianta dell'energia nella vicina Repubblica Democratica del Congo. «C'è gente che viene da tutta l'Africa: teniamo dei corsi di una settimana per insegnare a coltivare la pianta e a sfruttarla fino in fondo. Restano tutti a bocca aperta».
Per rudimentale che sia, l'armamentario di Manyanga è impressionante. Prima fa vedere i semi di Jatropha stesi al sole per togliere un po' di umidità. Li mette in una strana macchina manuale (inventata da altri, ma perfezionata dalla Kakute) per la frantumazione: a destra esce l'olio e a sinistra i residui, curiosamente asciutti. Poi prende l'olio e lo mette in una lampada: al contrario del kerosene, brucia senzafare fumo e — pare incredibile — profuma pure. Al che Manyanga raccoglie i residui della macinazione, e li spinge con l'acqua dentro a un serpente di qualche metro, costruito con un grande telo di plastica. «Due chili di semi tritati e cinque litri d'acqua — racconta — producono abbastanza metano per cucinare per tre giorni». Il serpentone è collegato a un pallone appeso al tetto, a sua volta collegato a una cucina a gas. E funziona per davvero. Ma c'è di più.
«Con l'olio di Jatropha si fabbricano saponi, che le donne dei villaggi possono vendere», reclamizza Manyanga. «E i residui della macinazione sono un ottimo fertilizzante ». Non a caso, c'è chi ha battezzato la Jatropha Curcas "l'oro verde del deserto".
Originaria dei Caraibi, la pianta è stata traghettata in giro per il mondo dai marinai portoghesi, che la usavano per costruire delle recinzioni a protezione dei loro insediamenti: la Jatropha ha bisogno di pochissima acqua, le foglie decidue proteggono il terreno dalla desertificazione e, se piantata a pochi centimetri l'una dall'altra, produce una barriera al passaggio degli animali. «In Tanzania —racconta Manyanga — è una pianta ben nota: viene usata per recintare le tombe».
Esperto di meccanica, Manyanga ha lavorato nella birra e neicosmetici, prima di approdare al Center for Agricolture and Technology. «Lì — racconta — mi misi a studiare diversi oli carburanti di origine vegetale e rimasi strabiliato dalla Jatropha »: nessun altra pianta (ad eccezione della palma, che però richiede ingenti quantità di acqua)aveva risultati del genere. Così è nato un mestiere. E una passione. «Negli ultimi anni ho convinto parecchi villaggi, che pure non volevano sentir parlare della "pianta delle tombe", a coltivarla per vendere i semi, il sapone e se possibile l'olio. Non vedo un mezzo migliore per togliere l'Africa dalla povertà».
Le potenzialità ci sono. Un ettaro coltivato a Jatropha produce 1.900 litri di olio, che può essere bruciato da solo o in miscela: la recente decisione della Ue di imporre un 10% di biocarburanti entro il 2020 implica che alle porte dell'Africa sta per aprirsi un nuovo mercato. Lo sa bene l'azienda inglese D1 che, quotata all'Aim di Londra, sta predisponendo ingenti coltivazioni di Jatropha in Indonesia, Sud Africa, Zambia, Swaziland e Australia.
E lo sa bene il Governo indiano, che ha appena incluso la Jatropha nel suo piano strategico per l'indipendenza energetica. Estese coltivazioni di Jatropha per uso combustibile sono in via di crescita in Cina, Filippine, Thailandia e anche in Paesi come il Guatemala, dove la Jatropha è stata usata per secoli per le recinzioni. Infine, a testimonianza di una rivoluzione alle porte, in questi giorni è uscito in Francia un libro eloquente: Jatropha, le meilleur des biocarburants.
All'Equatore la notte è lunga come il giorno, tutto l'anno. Avere l'energia a disposizione fa una bella differenza. Le sorelle Vincenziane lo sanno. E si sentono fortunate.«È nato tutto per caso»,racconta sorella Kaja.
Un giorno, il signor Berndt Wolff dell'azienda tedesca Energiebau, che passava da quelle parti, è andato a trovarle e ha proposto loro di usare il sole e la Jatropha. «Era un'esperimento costoso — spiega Kaja — da 400mila euro: metà ce li ha messi la nostra casamadre e metà il Governo tedesco ». Ma è il solare che è costoso. O il generatore. Certo non la pianta dell'energia, che quasi cresce da sola e vive per 4050 anni.
La Jatropha è velenosa e quindi libera dai dubbi sugli impieghi energetici delle materie prime alimentari, come sta accadendo in Messico con il mais. «Ma soprattutto cresce e prospera in tutta la fascia tropicale — rimarca sorella Kaja— dove si concentra gran parte della povertà del mondo».
Kaja Peric e Livinus Manyanga vivono ai due capi della Tanzania, e non si conoscono. Ma è questione di poco. Fra poco più di un mese voleranno insieme a Harvard. A maggio,nel primo ateneo del mondo, è convocata la cerimonia per il Roy Family Award for Environmental Partnership, consegnato ogni anno a chi si distingue nei progetti di energia alternativa. Fra i vincitori di quest'anno c'è la Energiebau di Wolff, ma ci sono anche le sorelle di Mbinga e la Kakute di Manyanga.E, implicitamente, la Jatropha.
La pianta dell'energia è cresciuta in silenzio per millenni. Ha traversato i mari per secoli. E oggi che sull'era del petrolio si addensano le nubi del riscaldamento climatico, potrebbe diventare la sorgente di una nuova energia per il mondo e di una nuova ricchezza per l'Africa e i tropici. E tutto solo grazie alla fotosintesi.
All'Equatore, domattina alle sei, sorgerà ancora una volta il sole.>>
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Old 21-02-2008, 16:06   #2
Ziosilvio
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Wikipedia dice che questa pianta, secondo Goldman Sachs, è il principale candidato alla produzione di biodiesel.

Questo perché i suoi semi contengono un olio che può essere usato come carburante in un motore diesel.

Il che è molto diverso dal dire che "produce petrolio".

Oltretutto, quanto olio produce, in un anno, un ettaro di terreno coltivato a jatropha?
Se di ettari ce ne vogliono tre per rifornire di energia un convento, mi pare inverosimile il suo sfruttamento su larga scala. Per quello, sarebbe meglio il nucleare.
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Old 21-02-2008, 16:18   #3
cprintf
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Non sono un esperto perciò non so dirti esattamente cosa si riesca a estrarre, di preciso.

Da quello che ho capito la resta per ettaro può variare enormemente:
http://it.wikipedia.org/wiki/Jatropa_curcas
"La resa in frutti della Jatropha è fortemente variabile. Si va da meno di 100 kg per ettaro fino a 10 tonnellate"

http://www.finanzaonline.com/forum/s...=783172&page=4
commento da un utente:
<<Stando a quanto dicono alla D1 Oils, la varietà selvatica ora in produzione, se ben coltivata, dovrebbe arrivare a 1900 litri a ettaro; quella selezionata a 2.700 litri a ettaro; in prospettiva con nuove selezioni si dovrebbe raggiungere la cifra record di 4.000 litri ad ettaro.
Comunque già da ora il prezzo dell'olio di Jatropha è nettamente inferiore agli altri olii vegetali e credo anche al gasolio.>>


Calcola che finora si tratta di una pianta molto naturale: la M*nsanto deve ancora metterci le zampe per renderla ultra-produttiva.

Inoltre le suore la coltivano su tre campi perché non hanno problemi di spazio. Volendo coltivarla in modo concentrato, si può compattare enormemente. Infatti in molte parti del mondo la coltivano così apposta, in modo da formare un muro pressoché invalicabile.
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Old 21-02-2008, 16:19   #4
cprintf
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...potrebbe, ad esempio, essere una buona alternativa alla coltivazione del tabacco. Cosa ne dite?
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Old 21-02-2008, 16:30   #5
Tefnut
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da persona ignorante..

con 1 ettaro quindi ci faccio si e no il carburante per la mia macchina?
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Old 21-02-2008, 16:43   #6
das
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da persona ignorante..

con 1 ettaro quindi ci faccio si e no il carburante per la mia macchina?
no, perchè poi lo dovrai raffinare immagino. Penso che con 10 ettari per un mesetto sei a posto
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Old 21-02-2008, 16:50   #7
cprintf
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A quanto pare dovrebbero arrivare ad una resa da 10000 litri all'ettaro di olio combustibile. Raffinati non so a quanto arrivino, ma per almeno due mesi dovrebbero bastarti! :-)
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Old 21-02-2008, 16:51   #8
Amodio
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Originariamente inviato da das Guarda i messaggi
no, perchè poi lo dovrai raffinare immagino. Penso che con 10 ettari per un mesetto sei a posto
ok per il fabbisogno mondiale annuale,quindi neanche riempire l'australia penso che basti

vabbeh, spero che i petrolieri abbiano buon cuore per permettere la ricerca in altre fonti di energia rinnovabili
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Old 21-02-2008, 16:56   #9
Maverick18
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L'Avatar di Maverick18
 
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A quanto pare questa pianta, che cresce quasi senza acqua, può essere utilizzata per produrre idrocarburi a prezzi molto competitivi.
Non voglio e non credo ad un futuro con ancora petrolio usato come combustile.
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Old 21-02-2008, 17:08   #10
matt22222
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L'Avatar di matt22222
 
Iscritto dal: Sep 2003
Messaggi: 686
io avevo visto per tele che in california (ma va? ) un ricercatore italiano (ma davvero?? ) stava lavorando presso una società per riuscire ad estrarre la benza dalle alghe. questa sarebbe veramente una trovata eccezionale, considerata la quantità di acqua presenta sul pianeta e la velocità con cui le alghe si rigenerano (senza contare che poi se davvero arrvieranno a qualcosa, useranno delle alghe iper-dopate per rendere al massimo )

ciau
matt22222 è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 21-02-2008, 17:09   #11
momo-racing
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Messaggi: 2898
anche perchè per coltivarla o si trovano nuovi terreni da coltivare o si riconvertono coltivazioni, sottraendo spazio a coltivazioni di cibi per produrre biodisel e francamente non mi frega un cazzo di avere il pieno nella macchina se prima non ho il pieno nello stomaco.
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Old 21-02-2008, 17:14   #12
Fil9998
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Messaggi: 11757
'sta pianta è una tragedia economica e politica Kolossale, sputtana i risultati ottenuti in 80 anni di investimenti e manovrepolitiche e sociali:
bisogna subito subito esportare un po' di democrazia ai tropici, prima che sia tardi!
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Old 21-02-2008, 17:17   #13
Necromachine
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Messaggi: 3903
Alla fine non credo che risolverà il problema energetico da sola questa pianta, di sicuro ha senso sfruttarla come una fonte in più di energia alternativa (oltre a tutte le altre rinnovabili come solare, eolico, etc.) qualche punto percentuale sul fabbisogno (penso intorno al 4-5%, proprio una stima ad occhio) potrebbe rosicchiarlo.
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Old 21-02-2008, 17:33   #14
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Le pianteranno in cina.. se non hanno detto castronerie in un documentario di qualche giorno fa come rimedio alle tempeste di sabbia vogliono riempire di alberi una zona grande quanto la francia :\
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Old 21-02-2008, 17:57   #15
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Old 21-02-2008, 18:38   #16
Pancho Villa
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Va beh, è il classico discorso sui biocombustibili.
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Old 22-02-2008, 08:52   #17
bjt2
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Wikipedia dice che questa pianta, secondo Goldman Sachs, è il principale candidato alla produzione di biodiesel.

Questo perché i suoi semi contengono un olio che può essere usato come carburante in un motore diesel.

Il che è molto diverso dal dire che "produce petrolio".

Oltretutto, quanto olio produce, in un anno, un ettaro di terreno coltivato a jatropha?
Se di ettari ce ne vogliono tre per rifornire di energia un convento, mi pare inverosimile il suo sfruttamento su larga scala. Per quello, sarebbe meglio il nucleare.
I tre ettari non sono coltivati tutti a Jatropa... Devono pur mangiare...
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Old 22-02-2008, 10:00   #18
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Non è che ogni energia rinnnovabile che si scopre debba soddisfare da sola il fabbisogno mondiale. Un pò questa pianta, un pò il solare termico, un pò il fotovoltaico, un pò l'eolico un pò l'acool da canna di zucchero, insomma anche ridurre il consumo di petrolio non sarebbe male.
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Old 22-02-2008, 11:07   #19
cprintf
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anche perchè per coltivarla o si trovano nuovi terreni da coltivare o si riconvertono coltivazioni, sottraendo spazio a coltivazioni di cibi per produrre biodisel e francamente non mi frega un cazzo di avere il pieno nella macchina se prima non ho il pieno nello stomaco.
Da quello che ho capito l'habitat naturale per questa pianta è il deserto. Perciò non avrebbe neanche senso convertire le coltivazioni dove ne hai già di classiche (tipo frumento, ad esempio). Si tratterebbe per lo più di usare terreni non agricoli, sfruttando il fatto che questa pianta cresce anche senza particolari cure.

Stiamo parlando di usare pezzi di deserto, alla fine, e di avere anche la riforestazione. In Italia si potrebbe pensare alla Sicilia, per dire.
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Old 22-02-2008, 14:00   #20
Pancho Villa
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Comunque pensate all'Europa e al nord America; la produzione agricola è ben oltre il fabbisogno, si spreca tantissimo cibo. Convertire una parte dei terreni a coltivazioni energetiche è possibile senza "affamare" la popolazione e rilanciare un settore in crisi che (almeno in Europa) si sostiene in gran parte grazie ai sussidi comunitari.
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