Olivetti Programma 101 compie 60 anni: quando l'Italia anticipò la Silicon Valley
Sessant'anni fa, nel 1965, Olivetti presentava al mondo la Programma 101, la prima calcolatrice programmabile della storia e, di fatto, il primo personal computer. Nata a Ivrea dal genio di Pier Giorgio Perotto e del suo team, la "Perottina" stupì la NASA e Steve Jobs, ma passò inosservata in Italia.
di Manolo De Agostini pubblicata il 15 Ottobre 2025, alle 10:01 nel canale SistemiOlivetti
Il 15 ottobre 1965, alla Business Equipment Manufacturers Association Show (BEMA) di New York, Olivetti presentava un dispositivo destinato a cambiare per sempre la storia dell'informatica: la Programma 101, o più affettuosamente "Perottina". Una macchina bianca e compatta, grande poco più di una telescrivente, che introduceva un concetto allora rivoluzionario: un computer da scrivania, semplice, programmabile, pensato per chiunque.
Il progetto nacque tre anni prima a Ivrea, nel laboratorio guidato dall'ingegnere torinese Pier Giorgio Perotto (classe 1930), insieme a Giovanni De Sandre (deceduto quest'anno), Gastone Garziera e Giancarlo Toppi. L'obiettivo era audace: creare una macchina elettronica che non richiedesse specialisti, ma fosse utilizzabile anche da impiegati e piccoli imprenditori. Una visione "umanista" dell'informatica, coerente con la filosofia di Adriano Olivetti.

A differenza dei giganteschi mainframe dell'epoca, la Programma 101 pesava "solo" 35 chilogrammi e occupava lo spazio di una comune scrivania. Integrava una stampante a rullo da 30 colonne, una memoria interna magnetostrittiva - basata su vibrazioni torsionali di un filo d'acciaio armonico – e un dispositivo di lettura/registrazione per la cosiddetta cartolina magnetica, un supporto esterno flessibile che precorreva di oltre un decennio il floppy disk.
Questa memoria magnetostrittiva, detta anche "a linea di ritardo", rappresentava una soluzione brillante: più economica e compatta delle costose memorie a nuclei di ferrite. Ogni ciclo di 2,2 millisecondi consentiva la memorizzazione di circa 240 caratteri, rendendo la macchina adatta a gestire operazioni logiche e aritmetiche in sequenza.
All'interno trovavano posto circa 900 micromoduli transistorizzati per un totale di 6.000 componenti elettronici, organizzati in un'architettura completamente progettata in Italia. Il brevetto di questa tecnologia - "Program Controlled Electronic Computer" - fu depositato nel 1965 a nome di Perotto e De Sandre (US 3.495.222), mentre la tecnica dei micromoduli fu brevettata con Eduardo Ecclesia (US 3.478.251).
Il vero colpo di genio fu la cartolina magnetica. Un piccolo rettangolo di plastica flessibile, rivestito di materiale magnetico, che permetteva di salvare programmi e dati, rileggerli, modificarli e portarli con sé. Aveva una capacità equivalente a circa 480 caratteri e costituiva una forma primitiva ma concreta di memoria di massa personale.
La NASA la utilizzò durante le missioni Apollo per eseguire calcoli orbitale e simulazioni di traiettoria, mentre i sommergibili Polaris ne sfruttarono le capacità di calcolo per la navigazione.
Per la parte estetica, Perotto si affidò al giovane architetto Mario Bellini, preferendolo a nomi più affermati come Ettore Sottsass o Marco Zanuso. Bellini comprese l'importanza di rendere la tecnologia accessibile anche visivamente, con linee pulite e un design "umano".
La scocca definitiva della P101 divenne un capolavoro di design industriale esposto nei musei di tutto il mondo. Steve Jobs, negli anni Ottanta, rimase profondamente influenzato dalla filosofia estetica di Bellini: dopo averlo ascoltato all'International Design Conference di Aspen nel 1983, lo contattò più volte per coinvolgerlo in Apple, senza però riuscirci. Ma l'impronta della scuola di Ivrea resterà indelebile nel DNA del marchio californiano.
Non tutti però videro il buono che c'era nella P101: nel 1966, durante una presentazione interna, il dirigente Dr. Galassi disse: "Non faremo mai budget con la P101". Altri però ne video il potenziale, fino a copiarla: la Hewlett-Packard realizzò un prodotto che violava alcuni brevetti dalla P101, e alla fine accettò di pagare royality per quasi un milione di dollari alla Olivetti.
Oggi, a sessant'anni dalla presentazione, la "Perottina" continua a rappresentare una pagina luminosa della storia tecnologica italiana: un esempio di come l'ingegno e la visione possano nascere anche lontano dalle Silicon Valley, ma anche una testimonianza di come un patrimonio del Paese possa essere distrutto da scelte miopi e avvenimenti tristi, come la scomparsa di Olivetti e Mario Tchou, che hanno segnato la direzione e il futuro dell'azienda.










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20 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoSe solo non ci avessero messo lo zampino gli americani, che è ben altra cosa
Ni
Olivetti ce la siamo sfasciata da soli
In itaglia il raccomandato con le mazzette ha sempre la precedenza e se uno fa qualcosa di buono fuori dalle amicizie politiche arrivano sempre quelli che ci vogliono mangiare sopra
Chi è venuto dopo non ha fatto altro che proseguire in quella direzione, smantellando passo dopo passo ciò che restava di quell’impulso riformatore. L’Italia industriale capace di innovare, rischiare e includere è stata sostituita da un modello in cui il profitto a breve termine e la speculazione finanziaria hanno preso il sopravvento sulla costruzione di valore reale.
In questo quadro, l’esperienza di Adriano Olivetti rappresenta un’altra grande occasione perduta, ma di natura tutta interna alla nostra responsabilità nazionale. Olivetti non subì pressioni esterne: fu l’Italia stessa a non comprendere e a non sostenere la sua visione. Eppure, quella visione era straordinaria. Olivetti aveva immaginato un’impresa come comunità: un luogo dove tecnologia, cultura e giustizia sociale potessero coesistere. L’azienda non era solo un motore economico, ma un laboratorio di civiltà, in cui i lavoratori venivano considerati persone, non ingranaggi di un meccanismo produttivo.
Questa concezione era antitetica rispetto al modello dominante di oggi, che misura il valore di un’impresa unicamente sulla base dei rendimenti e dei compensi dei vertici. Allora si cercava un equilibrio tra capitale e dignità del lavoro; oggi assistiamo a una divaricazione crescente, con dirigenti che guadagnano centinaia di volte più dei loro dipendenti, in un contesto in cui il lavoro viene sempre più svalutato e precarizzato.
Mattei e Olivetti rappresentavano due strade diverse ma convergenti: la costruzione di un Paese moderno, giusto e indipendente. Entrambi furono interrotti — l’uno dall’esterno, l’altro dall’interno — e con loro si è interrotta anche la possibilità di un modello alternativo di sviluppo, fondato non sulla rendita e sulla subordinazione, ma sull’intelligenza, sulla responsabilità e sulla coesione sociale.
Olivetti ce la siamo sfasciata da soli
In itaglia il raccomandato con le mazzette ha sempre la precedenza e se uno fa qualcosa di buono fuori dalle amicizie politiche arrivano sempre quelli che ci vogliono mangiare sopra
In realtà dopo la morte di Adriano il ramo informatico doveva passare sotto un'azienda americana e la Perottina si salvò solo grazie al fatto che venne classificata come una calcolatrice e non un calcolatore.
Che poi i figli di Adriano non abbiano capito (o comunque abbiano preferito il vil denaro), questa è un'altra storia.
competenze e idee fuori dal comune
prodotti eccellenti e accessibili
e olivetti un imprenditore visionario, unico e irripetibile nel suo genere, il dipendente al centro dell'azienda
se nel reparto marketing ci fosse stato Jobs a questo punto ci saremmo noi e non apple in cima a tutto
competenze e idee fuori dal comune
prodotti eccellenti e accessibili
e olivetti un imprenditore visionario, unico e irripetibile nel suo genere, il dipendente al centro dell'azienda
...
Proprio questo ha spaventato tutta l'altra classe imprenditoriale e non solo.
Cosa pretendiamo da un popolo che punta solo su social,fig@,calcio e aperitivo figo da postare sui social?
Come i cinesi hanno dato l'oppio per controllarli e ai russi la vodka a noi hanno dato le cose sopra citate.
Cosa pretendiamo da un popolo che punta solo su social,fig@,calcio e aperitivo figo da postare sui social?
Come i cinesi hanno dato l'oppio per controllarli e ai russi la vodka a noi hanno dato le cose sopra citate.
Beh, d'altra parte lo dicevano già gli antichi romani "panem et circenses"
Che poi i figli di Adriano non abbiano capito (o comunque abbiano preferito il vil denaro), questa è un'altra storia.
Certamente ci furono pressioni americane per la cessione della sezione mainframe, ma arrivarono a Ivrea tramite esponenti politici italiani che dagli USA prendevano le mazzette
Il problema è tutto lì, i politici italiani facevano gli interessi solo del proprio portafoglio a discapito degli interessi italiani
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