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Old 14-03-2008, 20:32   #61
naitsirhC
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Gela, il giudice che li ha condannati:
"Adesso non ho tempo". Inutili i richiami del Csm

Otto anni per scrivere una sentenza, boss liberi

La scarcerazione di Salvatore Riina, terzogenito di Totò Riina
MILANO - Due mafiosi condannati otto anni fa a 24 anni di reclusione ciascuno, la moglie del boss Piddu Madonia condannata a 8 anni di reclusione e altri quattro favoreggiatori di Cosa nostra condannati a pene minori, sono liberi da 6 anni perché il giudice che emise la sentenza, Edi Pinatto non ne ha ancora scritto le motivazioni. È un record, s'intende negativo, della giustizia italiana che ancora oggi rimane tale e che fa gridare allo scandalo il sindaco di Gela, Rosario Crocetta, che si è rivolto al ministero della Giustizia: "Non si può - dice - consentire che in uno Stato democratico basato sul diritto, lo Stato condanni ed un magistrato, a distanza di quasi otto anni non depositi una sentenza per cui un intero clan mafioso è in libertà e gira tranquillo per la mia città".

Edi Pinatto, 42 anni, da sette, da quando ha lasciato Gela, è pubblico ministero alla procura di Milano. La sua stanza è al quinto piano, la numero 512 e lui è quasi sempre presente, non si è mai assentato eppure, nonostante siano trascorsi esattamente 7 anni, 8 mesi e 18 giorni, non è riuscito a scrivere le motivazioni di quella condanna. "Perché vuole sapere di questa sentenza? Io non posso parlare di cose di lavoro con i giornalisti", è la sua prima reazione. E quando obiettiamo che non si tratta di rivelare segreti relativi ad inchieste in corso e che chiediamo di sapere perché tanto ritardo, Pinatto abbassa il volume della radio che trasmette brani di musica jazz e risponde serafico: "Guardi, io non posso proprio dire nulla, se vuole ne parliamo dopo, quando finirò di scrivere la sentenza".

Ma intanto sa che quei due mafiosi condannati, così come la moglie del boss Piddu Madonia, sono liberi? "Sì lo so, ma non è la prima volta, non sono il solo a metterci tanto tempo. Le scriverò fra alcuni mesi, appena smaltirò questi fascicoli che lei vede sul mio tavolo, e solo allora potremmo parlarne. Adesso mi lasci lavorare".

La storia di questo processo, uno dei più lunghi della storia giudiziaria italiana, comincia nel dicembre del 1998, quando i carabinieri del Ros arrestano una cinquantina di mafiosi in tutta la Sicilia, tutti favoreggiatori e uomini di Bernardo Provenzano. Tra questi Giuseppe Lombardo, Carmelo Barbieri, Maria Stella Madonia e Giovanna Santoro, rispettivamente sorella e moglie del boss della Cupola, Piddu Madonia da anni in carcere dove sta scontando una serie di ergastoli.

Il troncone nisseno, per competenza, passa al tribunale di Gela ed Edi Pinatto presiede la sezione che processerà i quattro imputati eccellenti, considerati esponenti di primo piano di Cosa nostra. Il 22 maggio del 2000, in tempi brevissimi, arriva la sentenza di primo grado. Edi Pinatto condanna Lombardo e Barbieri a 24 anni di reclusione ciascuno, Maria Stella Madonia a 10, Giovanna Santoro ad 8 ed altri a pene minori. Il magistrato avrebbe dovuto pubblicare i motivi della sentenza tre mesi dopo il pronunciamento. Non lo ha ancora fatto. Così nel 2002 tutti i condannati sono stati scarcerati per scadenza dei termini di custodia cautelare.

Pinatto nel frattempo aveva ottenuto il trasferimento dal Tribunale di Gela alla procura di Milano dove attualmente lavora. Ma anche a Milano Edi Pinatto si è fatto la fama di "giudice lento" tanto da essere stato sollecitato dal capo del suo ufficio che gli ha contestato, per iscritto, il suo "basso rendimento" nelle inchieste milanesi di cui è titolare.

Il presidente del Tribunale di Gela, Raimondo Genco ha segnalato da tempo la vicenda della sentenza fantasma al Csm ed al ministero della Giustizia. Convocato dal Csm nel giugno del 2004, Pinatto tentò di giustificarsi in qualche modo: "È certamente un caso scandaloso - ammise - ma non è il solo, ve ne sono altri". In quell'occasione Pinatto venne "condannato" dal Csm a due anni di perdita di anzianità. Ma delle motivazioni, anche in seguito, nessuna traccia. Due anni dopo venne nuovamente convocato per lo stesso motivo. "La pervicacia dell'omissione dell'incolpato - disse il rappresentante dell'accusa al Csm - è anche denegata giustizia" e una "stasi incredibile".

L'accusa chiese alla sezione disciplinare del Csm di erogare la massima sanzione prima della rimozione, ma Pinatto se la cavò con altri due mesi di perdita di anzianità. Tutti i suoi colleghi pensavano che avrebbe provveduto, invece tutto è fermo, come otto anni fa. E i mafiosi? "Stanno qua, girano tranquilli per la città e - dice un investigatore di Gela - continuano a fare i mafiosi".

di FRANCESCO VIVIANO
(11 marzo 2008)

http://www.repubblica.it/2008/02/sez...tml?ref=search
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Old 22-03-2008, 11:32   #62
naitsirhC
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La cattiva giustizia paga 56 mln

Di di Claudia Morelli

Cinquantasei milioni e oltre di cattiva giustizia. Ecco il conto salato che finora è gravato sulle casse dello stato per la lentezza dei processi civili e penali.
Senza contare le altre somme spese per i processi amministrativo e tributario. I dati aggiornatissimi del ministero della giustizia, che ItaliaOggi è in grado di rappresentare, hanno fatto il punto sulle somme sborsate dal 2002, anno nel quale si è attiva l'erogazione degli indennizzi sulla base della legge Pinto che, come è noto, per evitare il crescere del contenzioso presso la Corte dei diritti dell'uomo contro l'Italia, ha istituito un meccanismo di equo risarcimento per i processi che superino la ragionevole durata. Come le tabelle evidenziano, alle cifra di 56 milioni di euro ne va aggiunta un'altra, pari a oltre 15 milioni di euro derivante dalle procedure di pignoramento attivate nei confronti del ministero della giustizia che non ha ottemperato ai decreti di condanna. I dati testimoniano un incremento esponenziale delle cifre sborsate da via Arenula e Corti di appello dal 2002 al 2007. Si è partiti con un esborso di circa 1milioni e 200 mila euro fino a raggiungere la ragguardevole cifra di 56.340.246 euro nel 2007. L'anno che ha visto il ministero mettere mano al portafoglio per l'esborso complessivo più consistente è stato il 2006 in cui sono state pagati 17.946.000 euro. Non solo. Le difficoltà di pagamento dell'amministrazione giudiziaria sono confermate dalla crescita esponenziale delle procedure esecutive, precetti e pignoramenti, e dall'importo sempre crescente delle ordinanze di assegnazione. Se nel 2002 la procedure avviate sono state 117 nel 2002 sono lievitate a 1.814, con un picco di 1.883 nel 2004. Di conseguenza sono cresciuti anche gli importi, peraltro non comprensivi degli oneri accessori e delle spese relative al precetto e al pignoramento, che ammontano a un totale di 15 milioni e mezzo. Il mal funzionamento della giustizia, così, si conferma sempre più causa di diseconomie sempre più consistenti per le casse dello stato, oltre a far scivolare l'Italia sempre più in basso nelle classifiche internazionali sulla competitività dei paesi. In epoca di campagna elettorale, a programmi degli schieramenti già presentati, c'è da chiedersi se l'obiettivo sempre riproposto, a destra come a sinistra, della riduzione dei tempi processuali sia solo una formula di maniera o sia frutto di un reale e fattivo convincimento dell'impellenza del risultato. Altrimenti sempre di più chi di giustizia ferisce di giustizia perisce.


http://it.biz.yahoo.com/12032008/246...ga-56-mln.html
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Old 01-05-2008, 15:16   #63
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Giustizia lenta, torna libera la banda del tombino

Il processo non è iniziato e sono scaduti i termini per la custodia cautelare, quattordici romeni e un moldavo oggi scarcerati

Scarcerati perché scaduti i termini di custodia cautelare. E da oggi la banda di specializzata in furti e spaccate con il tombino sarà di nuovo libera di scorrazzare per il Veneto saccheggiando negozi e abitazioni. È questo per ora l'amaro epilogo dell'operazione messa a segno lo scorso 24 ottobre dagli investigatori della squadra mobile di Padova agli ordini di Marco Calì, e coordinata dal pubblico ministero Roberto Lombardi.

Erano stati arrestati in quindici, quattordici rumeni e un moldavo. Altri otto nei due mesi successivi. Sei quelli ancora ricercati, quaranta i denunciati. Alla banda, che aveva il suo quartiere generale a Padova e il luogo di ritrovo in una bar vicino alla stazione (il New bar), sono attribuiti più di settanta furti in appartamenti e negozi di mezzo Veneto. Molti dei quali anche nell'Alta padovana. Come i furti di febbraio dello scorso anno a San Martino di Lupari. O le successive due spaccate nella profumeria Limoni di Camposampiero (16.900 euro di bottino). Uomini e donne senza scrupoli che agivano in gruppi alleandosi anche solo per portare a termine un unico colpo, e poi si scioglievano, salvo magari ricomporsi per un'altra spaccata. I primi quindici arrestati ad ottobre dello scorso anno oggi saranno tutti rimessi in libertà. La legge è chiara: ci sono dei limiti di tempo alla carcerazione preventiva. In assenza di un provvedimento giudiziale, recita l'articolo 303 codice di procedura penale, chi ha commesso reati contro il patrimonio, come i romeni arrestati, non può stare in carcere più di sei mesi prima di una sentenza definitiva di condanna. Salvo proroga. Che però sarebbe possibile solo se le indagini fossero ancora in corso. Non è questo il caso. A tutti gli imputati, infatti, è già stato notificato l'avviso di conclusione delle indagini (415 bis). Pertanto, essendo passati sei mesi (24 ottobre-24 aprile), oggi saranno tutti scarcerati.

Fra di loro, al telefono, si chiamavano "ragazzi". Avevano inventato un gergo per non farsi comprendere: i poliziotti erano diventati "coccodrilli", la refurtiva "il morto". La loro specialità erano i furti nelle abitazioni (si portavano dietro anche anestetici a pronto effetto da utilizzare per evitare imprevisti con i residenti loro vittime), ma anche in negozi (si sono guadagnati il soprannome di "banda del tombino" per la consuetudine di farsi strada all'interno dei locali fracassandone le vetrate con un tombino) e furti d'auto. In quattro mesi hanno messo a segno più di settanta colpi. Il loro schema di lavoro aveva un che di seriale. Sceglievano un posto, in una notte effettuavano più di un furto, e poi si ritrovavano a Padova. Al New Bar, che fra loro, al telefono, chiamavano "Pasvante", nome di un locale pubblico di Tecuci, piccolo paese della Romania da dove provengono la maggior parte di loro. Al bar, decidevano come spartirsi il bottino e spedire la merce rubata in Romania. L'"export" era garantito da alcune donne del gruppo, che avevano il compito di trovare nascondigli "puliti" e piazzare la merce. Oggi tornerà in libertà anche la più agguerrita di tutte, Alina, di soli diciannove anni. L'unica rappresentante del gentil sesso ad essere finita in prigione assieme ai suoi connazionali uomini.
Giovanna Frigo



http://www.gazzettino.it/VisualizzaA...-4-24&Pagina=2




In un colpo solo, il Nordest si ritrova meno sicuro. Per decorrenza dei termini della custodia cautelare, oggi ritornano in libertà 15 dei 29 romeni e moldavi arrestati lo scorso ottobre dalla polizia. Una banda vera e propria, tant'è che viene contestato loro l'associazione per delinquere finalizzata ai furti e alla ricettazione. Ma la Giustizia è lenta, così non essendo nemmeno stata celebrata l'udienza preliminare, i sei mesi della detenzione preventiva sono scaduti. E allora al Gip non è rimasto altro che firmare i provvedimenti di scarcerazione con la disposizione di misure alternative, come l'obbligo di firma o di dimora. Ma ve l'immaginate 15 criminali che già stavano pianificando la fuga all'estero rimanersene tranquilli a casa in attesa del processo? Così, quei "predatori" che avevano messo a segno quasi un centinaio di furti e spaccate con il tombino seminando danni in tutto il Nordest, ritornano liberi. Il pubblico ministero Roberto Lombardi non avrebbe potuto chiedere la proroga perché le indagini le ha chiuse, il Gip non ha avuto il tempo di fissare l'udienza. Chi ha sbagliato, sempre che effettivamente ci sia stato un errore, spetterà ad altri deciderlo, eventualmente al ministero della Giustizia.

Come le cavallette dovevano portar via tutto quel che potevano per poi cambiare zona. Emigrare in Germania, in Francia, in Spagna, in Svizzera. A marzo erano talmente tanti che avevano dovuto dirottare i nuovi arrivati a Milano e Roma. "No, tu devi andare da un'altra parte, lo so che siete in tanti e avete da fare... Siete un grande gruppo" la frase che era stata intercettata a febbraio del 2007 dagli investigatori della Squadra mobile di Padova che stavano lavorando sulla impennata di "spaccate" in tutta la provincia. Dopo otto mesi di duro lavoro, gli agenti diretti dal dottor Marco Calì, all'alba del 24 ottobre quel "gruppo" lo avevano stroncato eseguendo quindici delle ventinove ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal giudice per le indagini preliminari Cristina Cavaggion. Cinquantaquattro le persone indagate complessivamente, tutte romene, 47 i furti per i quali erano stati scoperti gli autori anche se quelli compiuti dovevano essere almeno il doppio.

Due erano le tecniche utilizzate dai banditi. Passare al setaccio strade e abitazioni saccheggiando auto parcheggiate, garage e abitazioni, con in tasca bombolette spray di narcotico, oppure rubare le macchine per poi usarle nelle "spaccate" sfondando le vetrate dei negozi con le stesse auto o i tombini. La banda aveva la base in città, al New Bar, ribattezzato Pasvante perché ai ladri ricordava il loro locale preferito di Galati, ma si muoveva in tutto il Nordest.

Mentre l'indagine muoveva i suoi primi passi, alcuni dei componenti della banda erano stati arrestati un po' in tutte le province. A Camposampiero la Mobile padovana aveva bloccato un commando dopo il secondo assalto alla profumeria Limoni, a Rovigo gli agenti diretti dal dottor Leo Sciamanna in un colpo solo avevano stretto le manette ai polsi del nucleo che aveva compiuto il saccheggio di sette negozi in una sola settimana. Altri malviventi erano stati catturati in differenti circostanze, soltanto che ritornavano rapidamente in libertà dopo aver patteggiato la pena o aver subito condanne minime. Intanto il gruppo si era allargato e aveva cominciato ad ampliare gli orizzonti. E dopo i furti la nuova frontiera era stata la prostituzione, che però a Padova è in mano agli albanesi. Per questo il 18 marzo del 2007 Mihai Tecuta (nella foto), uno dei capi dell'associazione, era stato preso di mira all'Arcella da un sicario che aveva tentato di ucciderlo scaricandogli un caricatore di pistola riuscendo, però, solo a ferirlo. Gli investigatori padovani si erano resi conto che stavano ricostruendo uno dei più grossi gruppi criminali stranieri. Attraverso il Servizio centrale operativo del ministero i poliziotti avevano così aperto un canale per lo scambio di informazioni con i colleghi romeni. Sul tavolo del pubblico ministero Lombardi erano arrivate decine e decine di dati fin quando il sostituto procuratore aveva tirato le somme e aveva chiesto al giudice per le indagini preliminari le 29 misure cautelari che erano state subito disposte. In 277 pagine di ordinanza si racchiudevano mesi di sacrifici per gli investigatori che sono andati a stanare i banditi pure nei rifugi sotto le tangenziali. Quattro romeni erano stati inseguiti fino al casello di Milano e arrestati al momento di pagare il pedaggio. Stavano scappando in Svizzera.

Egle Luca Cocco


http://www.gazzettino.it/VisualizzaA...-4-24&Pagina=5
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Old 01-05-2008, 15:18   #64
naitsirhC
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Chi sbaglia paga Esclusi i magistrati

C'era voluto un anno di indagini per individuare i componenti della banda che aveva un sistema semplicissimo: sradicava i tombini dalle strade e con quelli infrangeva le vetrine dei negozi. Più di cento colpi nel solo Nordest: profumerie, abbigliamento, telefonini; ma anche abitazioni. Razziavano in fretta, come le cavallette non lasciavano nemmeno un filo d'erba: «Portiamo via tutto quello che possiamo, poi cambiamo zona», riferisce un'intercettazione telefonica. E il pm ha raccolto ogni cosa in 277 pagine di ordinanza di rinvio a giudizio. Non si è capito bene cosa sia accaduto, forse l'ordinanza è arrivata tardi, forse il giudice dell'udienza preliminare non ha fatto in tempo. Eppure i due hanno avuto sei mesi per far tutto. Il risultato è che domani non si saprà più dove cercare i 15 detenuti ( e i 54 indagati). Questo mentre si parla di sicurezza e di immigrazione romena.Da noi non cambia mai niente. Abbiamo appena finito d'indignarci per il magistrato che ha impiegato otto anni per scrivere le motivazioni della sentenza di condanna ai mafiosi del clan Madonia. Nel frattempo, i mafiosi erano tornati in libertà. Non gli hanno nemmeno sospeso le funzioni e lo stipendio. Come alla signora giudice del Tribunale di Vicenza che, assente per malattia, era impegnata in regate attorno al mondo. Certo per Padova si è trattato di un disguido, ma qualcuno dovrà pure avere la responsabilità della scarcerazione di massa. È vero: sono state fatte leggi che hanno ristretto i tempi di prescrizioni, annullato reati, fabbricato indulti; tutte cose delle quali i magistrati non hanno colpe. Ma è anche vero che vicende come quella padovana sono purtroppo frequenti e, forse, sono possibili perché qualcuno non ha fatto sino in fondo il suo dovere. Se un magistrato sbaglia non avviene nulla. Non c'è ricordo di un magistrato radiato. Probabilmente è toccato in passato a qualcuno che ha ucciso la moglie per gelosia e gli hanno dato l'ergastolo. Persino quelli trovati con le mani nel sacco se la cavano con le dimissioni e se ne vanno tranquillamente in pensione. Anche quell'alto magistrato che aveva ritirato la mazzetta per un famoso processo e che disse di aver appena buttato centinaia di milioni in un cassonetto svizzero. Perché nel paese degli orologi a cucù i tempi della giustizia sono scanditi dall'uccellino. Quel signore oggi è un ex magistrato in pensione. Gli stipendi e le pensioni dei magistrati sono equiparati a quelli dei parlamentari.Bisogna intervenire. Non si tratta soltanto di certezza della pena, i tempi della giustizia sono esasperanti: si fissano cause civili tra quindici anni! Un'anziana signora in lite per un appartamento si è vista fissare l'udienza nel 2013. Lei va verso i cento anni, l'ha presa come un augurio d'eternità. Al magistrato che sbaglia non accade niente. Da qualche tempo ispettori del ministero fanno controlli sui ritardi nei depositi dei provvedimenti, ma i termini previsti sono "ordinatori" non "perentori". Tutto rimane provvisorio, anche il tempo. Mai visto un magistrato punito perché ha depositato una sentenza colpevolmente in ritardo. L'autogestione della magistratura non funziona nè a livello centrale (Csm) nè a livello locale (il presidente di Tribunale può intervenire).Sicuramente la maggior parte dei magistrati lavora con onestà intellettuale e coraggio e nei tempi previsti. Ma a difendere le mele marce, alla fine si getta via il cesto. Coraggio: chi sbaglia deve pagare. È vero o non è vero che "la legge è uguale per tutti"?

Edoardo Pittalis
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Old 08-09-2008, 21:02   #65
naitsirhC
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http://www.tg5.mediaset.it/cronaca/a...colo7880.shtml


Gli rubano la moto, la giustizia lo beffa

Gli costò un occhio della testa. 35 milioni delle vecchie lire, nel 2001. Ma il sogno di una moto di grande cilindrata, durò solo 10 giorni, il tempo che qualcuno la rubasse prim'ancora che fosse assicurata contro il furto. Così, quando dopo un anno e mezzo la polizia piemontese ha ritrovato il veicolo con tanto di presunto ladro ancora in sella, Roberto Simmi, titolare di un'osteria nel quartiere Trastevere, a Roma, ha creduto di recuperare almeno parte del patrimonio. Invece no: secondo il giudice al legittimo proprietario spettano solo il motore e il carter, il resto al ladro, che negli anni ha abbellito la moto. Roberto attende solo la restituzione della moto, intanto sequestrata. Solo che in tribunale il ladro sostiene di aver apportato numerose e costosissime modifiche, e dopo una lunga battaglia legale il giudice da ragione al malvivente. In sostanza secondo il giudice, di tutta la moto soltanto le due parti meccaniche sono riconducibili al signor Simmi, perché presentano il numero di telaio, il resto potrebbe essere stato cambiato dal ladro, quindi resta a lui. Roberto rinuncia a riavere il motore, ma non è finita, perché non solo ci sono da pagare 3mila di parcelle agli avvocati, ci sono da pagare anche 5 anni di deposito giudiziario della moto. Insomma, aver ritrovato la moto rubatagli, rischia di costare a Roberto quasi 8mila euro.
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Old 09-09-2008, 02:26   #66
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Gli rubano la moto, la giustizia lo beffa

Gli costò un occhio della testa. 35 milioni delle vecchie lire, nel 2001. Ma il sogno di una moto di grande cilindrata, durò solo 10 giorni, il tempo che qualcuno la rubasse prim'ancora che fosse assicurata contro il furto. Così, quando dopo un anno e mezzo la polizia piemontese ha ritrovato il veicolo con tanto di presunto ladro ancora in sella, Roberto Simmi, titolare di un'osteria nel quartiere Trastevere, a Roma, ha creduto di recuperare almeno parte del patrimonio. Invece no: secondo il giudice al legittimo proprietario spettano solo il motore e il carter, il resto al ladro, che negli anni ha abbellito la moto. Roberto attende solo la restituzione della moto, intanto sequestrata. Solo che in tribunale il ladro sostiene di aver apportato numerose e costosissime modifiche, e dopo una lunga battaglia legale il giudice da ragione al malvivente. In sostanza secondo il giudice, di tutta la moto soltanto le due parti meccaniche sono riconducibili al signor Simmi, perché presentano il numero di telaio, il resto potrebbe essere stato cambiato dal ladro, quindi resta a lui. Roberto rinuncia a riavere il motore, ma non è finita, perché non solo ci sono da pagare 3mila di parcelle agli avvocati, ci sono da pagare anche 5 anni di deposito giudiziario della moto. Insomma, aver ritrovato la moto rubatagli, rischia di costare a Roberto quasi 8mila euro.


Ma dai, questo articolo e' una burla , non e' possibile
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Old 13-09-2008, 22:20   #67
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Processo lumaca...

Dagli arresti per l'accusa di riciclaggio, del giugno 1992, al giudizio in appello, arrivato ad aprile 2008, sono passati 16 anni. Tutto prescritto, ma la vera beffa giudiziaria sta nel modo con cui il codice di "procedura della vita" ha battuto sul tempo quello penale: tra testimoni, imputati e difensori sono 13 le persone decedute. La vicenda, raccontata dal Corriere della Sera, riguarda il cosiddetto ''processo del casinò di Montecarlo''.

Il caso nasce dall'intreccio tra alcuni narcotrafficanti turchi arrestati nel 1991 e una presunta organizzazione dedita al riciclaggio in cui era coinvolta, per gli inquirenti, anche un'amica del principe Ranieri, Maddalena Motto, responsabile dell'ufficio Fidi del Casinò di Montecarlo. Secondo gli inquirenti, i giocatori venivano finanziati attraverso un meccanismo che permetteva di creare una provvista di denaro pulito destinato ai trafficanti.

Il dibattimento di primo grado è iniziato nel 2002 dopo un pellegrinaggio giudiziario tra Milano, Sanremo, Torino e ritorno nel capoluogo lombardo con cambio di ipotesi accusatoria in associazione per delinquere. Dopo 50 udienze, il Tribunale ha assolto gli imputati nel gennaio del 2006.

L'appello, sollecitato dall' accusa, si è instaurato nell'aprile del 2008 ma ormai mancavano due degli indagati iniziali, dieci testimoni e un avvocato. Tutti deceduti. In seguito alle dichiarazioni del principale imputato, Umberto Orio, la Corte d'appello ha annullato l'assoluzione trovandosi però costretta a decretare il proscioglimento per prescrizione. Gli imputati superstiti, forse sfiniti dall'iter processuale, hanno così rinunciato a ricorrere per ottenere nuovamente l'assoluzione.

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Old 18-10-2008, 11:50   #68
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Csm rimuove magistrato di Napoli
Avrebbe ottenuto regali e favori da indagati

(ANSA) - ROMA, 17 OTT - Eugenio Polcari, 47 anni, giudice del tribunale di Napoli, e' stato rimosso dall'ordine giudiziario dalla sezione disciplinare del Csm. Polcari avrebbe tenuto, quando era pretore di Thiene e poi giudice a Vicenza, 'comportamenti gravemente lesivi dei doveri di correttezza e di imparzialita', con ripetute strumentalizzazioni della pubblica funzione rivestita'. Avrebbe intrattenuto rapporti con persone coinvolte in processi da cui avrebbe accettato regali e vantaggi economici.


http://www.ansa.it/site/notizie/awnp...117272748.html
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Old 18-10-2008, 12:05   #69
Ser21
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Sarà che io di Caselli non ho una buona opinione ma a me sembra che Grasso abbia fatto decisamente meglio...
grasso ha evitato di firamre l'accusa contro cuffaro di associazione mafiosa.
2 pm si sn dimessi da pool per protesta.
l'accusa firmata è stata favoreggiametno aggravato.
capisci la sottile differenza ?
questi sono veri errori giudiziari,in malafede.
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Old 18-10-2008, 12:13   #70
ConteZero
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Grasso è considerato uno che ha fatto molto poco, il minimo perché non si dicesse che non faceva nulla.
Non è tipicamente un intrallazzatore, ma probabilmente è più interessato alla carriera (e quindi ad evitare di scatenare terremoti o scontentare i potenti) che ad usare "il massimo" delle sue risorse.
__________________
A casa ho almeno sette PC, in firma non ci stanno
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Old 18-10-2008, 13:51   #71
Ser21
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Grasso è considerato uno che ha fatto molto poco, il minimo perché non si dicesse che non faceva nulla.
Non è tipicamente un intrallazzatore, ma probabilmente è più interessato alla carriera (e quindi ad evitare di scatenare terremoti o scontentare i potenti) che ad usare "il massimo" delle sue risorse.
Quoto,la penso come te,non voleva pestare i piedi al potente di turno...
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