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Old 28-07-2005, 17:40   #141
zerothehero
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Originariamente inviato da Banus
Il problema è che il regime in genere contempla anche la cosidetta "polizia di stato" con il compito di persuadere i cittadini reticenti a seguire il regime... a questo punto puoi indire una elezione con tutti i candidati che vuoi e poi "persuadere" a votare l'attuale capo del governo. In Africa è una situazione usuale...
si, è più una caratteristica peculiare dei regimi fascisti(invenzione italiana ), quello di usare i provvedimenti amministrativi/di polizia (prefetto ad es.), scavalcando la magistratura per colpire il singolo..poi viene usata largamente anche altrove..per questo insisto..la democrazia non è solo elezione..anzi è più importante in una democrazia l'aspetto "liberale" che quello democratico, imho.

Dire quindi in iran hanno votato->democrazia è un errore..perchè anche con Napoleone c'erano i plebisciti e le "elezioni", ma sancivano e legittimavano decisione già prese da altre parti...anche Saddam faceva le elezioni..
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Ultima modifica di zerothehero : 28-07-2005 alle 17:42.
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Old 28-07-2005, 18:23   #142
-kurgan-
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Originariamente inviato da cprintf
E' come se da noi avessimo votato Bertin*tti o R*uti presidente...
perchè metti sempre gli asterischi in mezzo ai nomi? seriamente, è fastidioso, ostacola la lettura di quello che vuoi scrivere.
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Old 28-07-2005, 20:58   #143
von Clausewitz
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Originariamente inviato da cprintf
E come fai a dire che la dichiarazione della supremazia religiosa è una cosa sbagliata? Solo perchè da noi non è così allora gli altri sbagliano?

Se le loro credenze/tradizioni sono quelle...finchè non cambiano cultura hanno tutte le ragioni di imporre le regole che vogliono in casa propria.
insomma tu ti lanci in improbabili previsioni monetarie in cui pronostichi attingendo ai soliti siti fregnacciari la morte del dollaro qui o la borsa del petrolio iraniano in euro là, ma in realtà queste tue futuristiche e alquanto improbabili previsioni, nascodono una tua sotterranea simpatia per la ""democrazia" dei "turbanti"
ma perchè non provi l'esperienza di com'è vivere lì, magari solo per qualche mese?
allora sentiresti che non è velluto
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Old 28-07-2005, 21:18   #144
von Clausewitz
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Originariamente inviato da yossarian
non si tratta di visione paneconomica o marxisteggiante; basta vedere quanti e quali connubi ci siano tra politici e lobby economiche o singole società, per rendersi conto di chi detti, nella realtà, le scelte di questa o quella amministrazione; questo non vale, ovviamente, solo negli USA. Diciamo che loro, allo stato attuale, hanno anche la forza per imporre le loro scelte al resto del mondo; altri governi, se si trovassero nelle stesse condizioni, farebbero altrettanto (lo ha fatto l'URSS, lo sta iniziando a fare la Cina)
questa è la solita lettura della storia in chiave economicistica che in Italia fa ancora un certo numero di proseliti
una lettura della storia di stampo marxista, che in quanto marxista non è lecito aspettarsi la cosa più importante del discorso storico, intendendo la storia come scienza degli accadimenti umani: la verità
ma si sa, il comunista di ieri come quello di oggi e forse anche quello di domani, che non ha imparato la lezione della storia, continua a non preoccuparsi troppo della verità, a considerarla alla stregua di un optional, da attingere solo quando gli fa comodo
ops sto andando ot, scusandomi per questa piccola disgressione sulla storiografia marxista, yos, ti volevo contestare il tuo concetto di forza come quella USA che impone le sue scelte al resto del mondo
è un concetto che tui contesto alla radice, facendoti un piccolo esempio:
ai tempi della guerra feredda la piccola e disabitata islanda era un paese molto importante dal punto di vista strategico nello scacchiere della guerra fredda, eppure nulla ostava al fatto che una libera scelta del parlamento islandese deliberasse l'indesiderabilità delle forze USA ivi presenti, perchè queste sedutqa stante se ne andassero, così come è successo nella francia gaullista nel 1967, francia che pure era il paese che più doveva agli USA per la sua liberazione e rinascita
dimostrami il contrario
in questo caso più che di forza imposta che genera imperialismo, parlerei di forza egemone che genera supremazia, sono due concetti diversi
von Clausewitz è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 28-07-2005, 23:22   #145
yossarian
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Originariamente inviato da von Clausewitz
questa è la solita lettura della storia in chiave economicistica che in Italia fa ancora un certo numero di proseliti
una lettura della storia di stampo marxista, che in quanto marxista non è lecito aspettarsi la cosa più importante del discorso storico, intendendo la storia come scienza degli accadimenti umani: la verità
ma si sa, il comunista di ieri come quello di oggi e forse anche quello di domani, che non ha imparato la lezione della storia, continua a non preoccuparsi troppo della verità, a considerarla alla stregua di un optional, da attingere solo quando gli fa comodo
ops sto andando ot, scusandomi per questa piccola disgressione sulla storiografia marxista, yos, ti volevo contestare il tuo concetto di forza come quella USA che impone le sue scelte al resto del mondo
è un concetto che tui contesto alla radice, facendoti un piccolo esempio:
ai tempi della guerra feredda la piccola e disabitata islanda era un paese molto importante dal punto di vista strategico nello scacchiere della guerra fredda, eppure nulla ostava al fatto che una libera scelta del parlamento islandese deliberasse l'indesiderabilità delle forze USA ivi presenti, perchè queste sedutqa stante se ne andassero, così come è successo nella francia gaullista nel 1967, francia che pure era il paese che più doveva agli USA per la sua liberazione e rinascita
dimostrami il contrario
in questo caso più che di forza imposta che genera imperialismo, parlerei di forza egemone che genera supremazia, sono due concetti diversi
innanzitutto, ben ritrovato

vedi, Fabio, considerare la verità dei processi storici avulsa dal contesto economico equivale a considerare una non verità e a prendere in esame un'interpretazione distorta e sconnessa dei fatti; inoltre, sembra che quest'interpretazione faccia molti proseliti non solo in Italia, ma anche in Francia, in Inghilterra e negli stessi USA.
Detto questo, veniamo all'Islanda; si tratta di un paese completamente smilitarizzato, non dotato neppure di un proprio esercito e che, dal 1949, fa comunque parte della NATO; quindi, di fatto, è un alleato degli USA sin da prima dell'inizio vero e proprio della guerra fredda. E tu sai cosa contempla l'articolo 5 del codice della NATO; motivo per cui, l'Islanda non poteva essere oggetto di un attacco da parte di forze "straniere" senza scatenare una reazione militare da parte degli altri paesi aderenti al trattato.
Per quanto riguarda la Francia, discorso analogo; nella NATO dal 1949, anche se nel 1969 ne esce militarmente (decisione che stava maturando dal 1966); quindi, quando nel 1967, il governo De Gaulle chiede agli USA di ritirare le truppe, da parte americana non si fanno difficoltà di sorta. Si tratta pur sempre di paesi alleati che, finchè rimangono all'interno del trattato nord atlantico, non corrono il rischio di finire in orbita sovietica. Anche se si votasse il ritiro delle basi USA dall'Italia, non penso che gli americani farebbero storie. Inoltre si tratta di paesi europei che, secondo l'etica USA, persino secondo quella dei neocon, vanno considerati nell'ambito di un rapporto paritario.
Discorso diverso, invece, per quanto riguarda paesi non europei e i cui governi, per varie ragioni, non possono essere considerati "amici" (e qui, Robert Kagan, con i suoi scritti, insegna); e tra le varie ragioni, quelle economiche occupano un posto preponderante.
Venendo all'attualità, la "verità" sui motivi della guerra in Iraq, mettendo da parte motivazioni di carattere economico, continua a sfuggirmi. Portare la democrazia? Sappiamo che è una palla; se si voleva eliminare un feroce dittatore non lo si teneva in piedi tutti questi anni, finanziandolo e fornendogli tecnologie, sia durante l'ascesa al potere, sia durante la guerra con l'Iran e sia durante la guerra del '91 (c'erano almeno 24 società USA che, durante la prima guerra del golfo, facevano affari con Saddam, fornendogli, per lo più, sistemi elettronici a scopo militare, tra cui Bechtel, Unisys e HP, e la cosa è proseguita anche durante l'embargo). Inoltre, perchè utilizzare come mezzo una guerra, che avrebbe causato morti anche tra i militari USA, e non ricorrere alla vecchia cara guerriglia addestrata e finanziata, con colpo di stato finale (che poi era, essenzialmente, l'idea di Powell)? Per due motivi: perchè in passato il sistema, in alcuni casi non aveva funzionato e il nuovo gruppo di potere si era rivoltato contro i suoi benefattori (v. talebani); perchè per fare una cosa del genere occorreva troppo tempo; e quest'ultimo, evidentemente, mancava e non certo perchè si voleva porre fine al più presto alle sofferenze del popolo irakeno.

Sull'ultimo periodo, infine, è sbagliato parlare di politica estera USA in termini generici, in quanto non esiste continuità, ad esempio, tra la gestione Clinton e quella di G.W.Bush; anzi, ad essere pignoli, la gestione di Bush jr. si discosta persino da quella del padre, assumendo, a tutti gli effetti, i toni di una politica neocolonialista, perfettamente allineata alle teorie di Kagan e Cooper: controllo delle risorse=controllo dei mercati=controllo delle economie nazionali

Ultima modifica di yossarian : 29-07-2005 alle 09:31.
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Old 29-07-2005, 07:17   #146
flisi71
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Originariamente inviato da von Clausewitz
...
facendoti un piccolo esempio:
ai tempi della guerra feredda la piccola e disabitata islanda era un paese molto importante dal punto di vista strategico nello scacchiere della guerra fredda, eppure nulla ostava al fatto che una libera scelta del parlamento islandese deliberasse l'indesiderabilità delle forze USA ivi presenti, perchè queste sedutqa stante se ne andassero,
...

Ciao Fabio e bentornato.

L'esempio da te portato è sbagliato, perchè è sempre esistita la base aerea di Keflavik, visto che l'isola era un nodo importante del GIUK-gap per impedire l'accesso all'oceano Atlantico alle forze sovietiche.
Ancora adesso è operativa, come ho trovato il sito in pochissimi secondi.

http://www.naskef.navy.mil/template5.asp?PageID=51



Ciao

Federico
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FORZA GAIA !!
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Old 29-07-2005, 11:27   #147
yossarian
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Originariamente inviato da flisi71
Ciao Fabio e bentornato.

L'esempio da te portato è sbagliato, perchè è sempre esistita la base aerea di Keflavik, visto che l'isola era un nodo importante del GIUK-gap per impedire l'accesso all'oceano Atlantico alle forze sovietiche.
Ancora adesso è operativa, come ho trovato il sito in pochissimi secondi.

http://www.naskef.navy.mil/template5.asp?PageID=51



Ciao

Federico
se è per questo, dal 1994, fino al 21 dicembre 2004, il 774° gruppo dell'Air Force americana è stato di stanza a Istres, a nord di Marsiglia. Quindi, come dicevo nel post precedente, l'appartenenza della Francia all'alleanza atlantica, oltre a impedire un'invasione o un attacco scevro di ritorsioni, permette agli USA di servirsi, all'occorrenza, delle basi francesi
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Old 29-07-2005, 12:51   #148
zerothehero
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Originariamente inviato da yossarian
innanzitutto, ben ritrovato


Venendo all'attualità, la "verità" sui motivi della guerra in Iraq, mettendo da parte motivazioni di carattere economico, continua a sfuggirmi. Portare la democrazia? Sappiamo che è una palla; se si voleva eliminare un feroce dittatore non lo si teneva in piedi tutti questi anni, finanziandolo e fornendogli tecnologie, sia durante l'ascesa al potere, sia durante la guerra con l'Iran e sia durante la guerra del '91 (c'erano almeno 24 società USA che, durante la prima guerra del golfo, facevano affari con Saddam, fornendogli, per lo più, sistemi elettronici a scopo militare, tra cui Bechtel, Unisys e HP, e la cosa è proseguita anche durante l'embargo). Inoltre, perchè utilizzare come mezzo una guerra, che avrebbe causato morti anche tra i militari USA, e non ricorrere alla vecchia cara guerriglia addestrata e finanziata, con colpo di stato finale (che poi era, essenzialmente, l'idea di Powell)? Per due motivi: perchè in passato il sistema, in alcuni casi non aveva funzionato e il nuovo gruppo di potere si era rivoltato contro i suoi benefattori (v. talebani); perchè per fare una cosa del genere occorreva troppo tempo; e quest'ultimo, evidentemente, mancava e non certo perchè si voleva porre fine al più presto alle sofferenze del popolo irakeno.

Sull'ultimo periodo, infine, è sbagliato parlare di politica estera USA in termini generici, in quanto non esiste continuità, ad esempio, tra la gestione Clinton e quella di G.W.Bush; anzi, ad essere pignoli, la gestione di Bush jr. si discosta persino da quella del padre, assumendo, a tutti gli effetti, i toni di una politica neocolonialista, perfettamente allineata alle teorie di Kagan e Cooper: controllo delle risorse=controllo dei mercati=controllo delle economie nazionali
Pecunia non olet...anche noi italiani facevamo affari nel periodo dell'embargo con il colonnello Gheddafi, ma non siamo certo responsabili dell'ascesa politica di questa persona...lo stesso in Iran dove l'Eni fa affari con gli Ayatollah iraniani..persino le banche svizzere riciclavano il denaro degli ebrei tedeschi e polacchi saccheggiato da Hitler..
GLi affari li si fa sempre e comunque e gli ostacoli politici degli embarghi vengono al fin fine scavalcati e superati.
Ma sono gli interessi economici, è l'economia somma struttura da cui si desume il comportamento politico sovrastrutturale? secondo me no.
Se fosse così, la politica americana sarebbe univoca a prescindere dall'orientamento politico o dalle diverse amministrazioni in quanto sovrastrutturale alla vera realtà "determinatrice": la pura economia; ecco quindi che la politica in realtà sarebbe secondo la teoria "pan-economica" semplice maschera di interessi "pecuniari".
Ma non è così: i repubblicani tradizionalisti sono molto diversi dai neo-conservatori di Bush figlio, come i democratici sono diversi nella politica estera dai repubblicani(- intervististi dei democratici)
La guerra irakena è spiegabile quindi non per gli interessi economici ma per la politica neo-conservatrice il cui manifesto è il seguente
http://www.newamericancentury.org/st...principles.htm ; la nuova dottrina neo-con è la guerra preventiva, dal momento che la dottrina del contenimento e dell'equilibrio bipolare garantito dall'arma atomica non è più efficace (i terroristi amano morire, così dicono).
Di fronte all'11 settembre, Bush e il suo enturage prende a pretesto le le weapon of mass descruction per eliminare un nemico dell'america
("we need to strengthen our ties to democratic allies and to challenge regimes hostile to our interests and values"; che comunque era stato efficacemente "contenuto" con l'embargo e le no-fly zone (oltre a tutelare, parzialmente curdi e sciiti).
E qui viene il bello: se la politica è sovrastrutturale si può ipotizzare che i democratici di Al-gore (qualora avessero vinto le elezioni con un centinaio di voti in più e la corte suprema si fosse comportata in modo diverso) avrebbero anch'essi attaccato l'Iraq..è un ipotesi credibile?
Non può essere falsificata, ma i democratici avrebbero attaccato l'Afghanistan, ma non l'Iraq dal momento che la politica democratica si sarebbe avvalsa della "fictio" (finzione) multipolare dell'onu..non trovando consenso non avrebbero attaccato quel paese e avrebbero usato le truppe in altri luoghi (waziristan e afghanistan, suppongo.)
Prendiamo Bush padre che è un repubblicano di quelli tradizionali e non neo-con..nel '91 rispetto scrupolosamente il mandato ONU e preferì in ossequio a questo non eliminare Saddam (oltre al fatto che temeva gli sciiti)...secondo la teoria pan-economica avrebbe dovuto farlo, perchè Saddam non avrebbe ovviamente fatto affari con le aziende americane.
Ecco quindi che io rovescio la teoria pan-economica e dico..sono le dottrine politiche delle amministrazioni americane a determinare la politica americana e di riflesso la realtà globale, almeno finchè non arriverà un nuovo concorrente (Cina?)..poi è evidente che le dottrine politiche tendono a portare vantaggi economici..quindi di fronte alla caduta dei talebani e l'ingresso del nuovo governo verranno favoriti non gli argentini, i russi, i francesi o i tedeschi ma le imprese americane..
La teoria marxisteggiante o pan-economica non spiega imho il terrorismo che è un fenomeno ideologico e culturale..il paradigma del terrorismo come fonte di risposta da parte di oppressi infatti è smentibile considerando che buona parte dei terroristi fanno parte della borghesia benestante dei paesi islamici..così come i brigatisti erano persone istruite e colte.
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Ultima modifica di zerothehero : 29-07-2005 alle 12:55.
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Old 29-07-2005, 14:05   #149
yossarian
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Originariamente inviato da zerothehero
Pecunia non olet...anche noi italiani facevamo affari nel periodo dell'embargo con il colonnello Gheddafi, ma non siamo certo responsabili dell'ascesa politica di questa persona...lo stesso in Iran dove l'Eni fa affari con gli Ayatollah iraniani..persino le banche svizzere riciclavano il denaro degli ebrei tedeschi e polacchi saccheggiato da Hitler..
GLi affari li si fa sempre e comunque e gli ostacoli politici degli embarghi vengono al fin fine scavalcati e superati.
un conto è limitarsi a fare affari, un altro è favorire l'ascesa di qualcuno; ti ricordo i frequenti viaggi amichevoli di Rumsfeld in Iraq, sia per trattare affari privati che per concordare strategie politiche e militari. Che poi qualcosa si sia rotto nell'idillio tra USA e Saddam è più che evidente; e comunque è successo ben dopo la sua ascesa al potere, la guerra combattuta per conto nostro contro l'Iran di Khomeini, in cui usò per la prima volta, e con la nostra approvazione, quei gas nervini che avrebbe riutilizzato in seguito contro sciiti e kurdi, (tanto che furono proprio gli USA a impedire la condanna dell'Iraq in sede ONU, nel 1984, per l'utilizzo del sarin trasformando la richiesta di incriminazione del regime irakeno, in una molto più generica mozione di condanna dell'utilizzo di armi chimiche, senza specificare da parte di chi e in quale contesto)

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Originariamente inviato da zerothehero
Ma sono gli interessi economici, è l'economia somma struttura da cui si desume il comportamento politico sovrastrutturale? secondo me no.
Se fosse così, la politica americana sarebbe univoca a prescindere dall'orientamento politico o dalle diverse amministrazioni in quanto sovrastrutturale alla vera realtà "determinatrice": la pura economia; ecco quindi che la politica in realtà sarebbe secondo la teoria "pan-economica" semplice maschera di interessi "pecuniari".
Ma non è così: i repubblicani tradizionalisti sono molto diversi dai neo-conservatori di Bush figlio, come i democratici sono diversi nella politica estera dai repubblicani(- intervististi dei democratici)
La guerra irakena è spiegabile quindi non per gli interessi economici ma per la politica neo-conservatrice il cui manifesto è il seguente
http://www.newamericancentury.org/st...principles.htm ; la nuova dottrina neo-con è la guerra preventiva, dal momento che la dottrina del contenimento e dell'equilibrio bipolare garantito dall'arma atomica non è più efficace (i terroristi amano morire, così dicono).
ma assolutamente no: dietro ogni gruppo di potere politico si celano interessi economici di natura diversa; è evidente che l'attuale amministrazione sia composta di elementi che hanno tutti, chi più, chi meno, interessi economici forti, ed è altrettanto evodente che si stia perseguendo il soddisfacimento di questi interessi privati. Qualche dato? Il maggior esportatore di petrolio irakeno è la Chevron che, guarda caso, è la stessa che dovrebbe rientrare, con l'acquisizione di UNOCAL, nel progetto del gasdotto e dell'oleodotto afghano; un caso? Forse, però casualmente, ad avere interessi in quella compagnia c'è l'attuale segretario di stato. Altro caso; la Bechtel ha ottenuto gli appalti per la ricostruzione delle linee elettriche e telefoniche irakene; sempre casualmente, dietro la Bechtel c'è Rumsfeld; e ancora: la società che ha ottenuto, di gran lunga, il maggior numero di appalti per la ricoatruzione dell'Iraq è la Hulliburton; e stranamente, gli interessi della Hulliburton coincidono con quelli di Cheney. Inoltre, nel '91, dopo la guerra contro l'Iraq, sempre la Halliburton, all'epoca piccola compagnia, ottenne appalti a iosa per la ricostruzione di Iraq e Q8 che le permisero di risollevarsi e di allargare a dismisura il giro d'affari. Altra coincidenza: l'incremento di truppe fornite da agenzie private, decuplicate rispetto al '91 e la strategia, proposta da Rumsfeld, di guerra utilizzando truppe "leggere"; sembrerà strano, ma una delle società più importanti di "security" che fornisce militari di appoggio all'esercito USA è uno dei "fiori all'occhiello" di Rumsfeld stesso.
Poi, volendo, sio potrebbe proseguire con le privatizzazioni delle industrie irakene (geniale idea di Wolfowitz, che avrebbe voluto privatizzare anche l'industria dell'estrazione del petrolio e ci sarebbe riuscito se ad opporsi non fossero state le stesse compagnie petrolifere che hanno giudicato la cosa poco conveniente).
Inoltre, a proposito del manifesto neocon e della guerra preventiva, ti consiglio di leggere altri scritti di Kagan e Cooper (vicino al governo Blair), per capire bene cosa si nasconda dietro al principio della guerra preventiva. Potresti scoprire che l'aspirazione è quella di creare una nuova epoca coloniale, favorita dal processo di globalizzazione dei mercati. E non mi risulta che, durante il periodo coloniale, si andasse alla ricerca di nuove terre per motivazioni dettate dalla politica. Infine, il manifesto stesso che hai citato (e che conosco da almeno un paio di anni), non parla di mantenimento di equilibri, ma fa chiaro riferimento ad una potenza egemone.

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Originariamente inviato da zerothehero
Di fronte all'11 settembre, Bush e il suo enturage prende a pretesto le le weapon of mass descruction per eliminare un nemico dell'america
("we need to strengthen our ties to democratic allies and to challenge regimes hostile to our interests and values"; che comunque era stato efficacemente "contenuto" con l'embargo e le no-fly zone (oltre a tutelare, parzialmente curdi e sciiti).
certo, un nemico dell'America, ma nemico su quali basi? Perchè finanziava il terrorismo palestinese contro israele? La stessa CIA, in entrambi i rapporti relativi all'Iraq e alla presunta presenza di WDM, non parla dell'Iraq come di una minaccia per gli USA; quindi, la minaccia non veniva da un possibile attacco terroristico o di altra natura, ma da qualcosa di ben diverso. Forse dal fatto che Saddam preferiva fare affari con russi, francesi e persino cinesi?
E, guarda un po', proprio quando il Venezuela decide di chiudere i rubinetti nei confronti degli USA .

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Originariamente inviato da zerothehero
E qui viene il bello: se la politica è sovrastrutturale si può ipotizzare che i democratici di Al-gore (qualora avessero vinto le elezioni con un centinaio di voti in più e la corte suprema si fosse comportata in modo diverso) avrebbero anch'essi attaccato l'Iraq..è un ipotesi credibile?
Non può essere falsificata, ma i democratici avrebbero attaccato l'Afghanistan, ma non l'Iraq dal momento che la politica democratica si sarebbe avvalsa della "fictio" (finzione) multipolare dell'onu..non trovando consenso non avrebbero attaccato quel paese e avrebbero usato le truppe in altri luoghi (waziristan e afghanistan, suppongo.)
probabile; ma non mi risulta che nel governo Gore ci sarebbero stati personaggi come Rumsfeld, Cheney o Condoleezza Rice (che equivale a dire Bechtel, Halliburton e Chevron), per non parlare di altri (se avessi tempo posterei l'elenco completo). Ergo, la cosa non dimostra un bel niente, se non che dietro un diverso gruppo di potere si celano interessi, anche economici, di natura diversa.

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Originariamente inviato da zerothehero
Prendiamo Bush padre che è un repubblicano di quelli tradizionali e non neo-con..nel '91 rispetto scrupolosamente il mandato ONU e preferì in ossequio a questo non eliminare Saddam (oltre al fatto che temeva gli sciiti)...secondo la teoria pan-economica avrebbe dovuto farlo, perchè Saddam non avrebbe ovviamente fatto affari con le aziende americane.

dopo il '91 Saddam ha continuato a fare affari con società americane (e non solo); inoltre, la guerra del '91 era nata come guerra di liberazione del Q8 e non come guerra di occupazione dell'Iraq e, se per la prima c'era l'approvazione dell'ONU, per la seconda non l'avrebbero mai avuta. Ci sono delle regole internazionali che anche il paese più potente del mondo deve rispettare; certo, adesso, con la scusa della guerra preventiva, basta costruire un bel castello di prove, anche dichiaratamente false, per intervenire dove e come si vuole. Ottima soluzione per bypassare le convenzioni internazionali. Anche questo dovrebbe far capire che c'è un punto di rottura tra questa amministrazione e le precedenti (e non certo perchè questa è più forte o più capace di altre).

Inoltre, e devo tornare a ripetermi, la teoria che tu definisci pan-economica non prevede affatto che si persegueno gli intenti di tutte le società o le multinazionali che hanno sede in un determinato stato, ma solo di quelle che stanno dietro al gruppo politico al potere, di quelle che ne hanno finaziato e favorito l'ascesa, nonchè la campagna elettorale e di quelle, eventuali, in cui hanno interessi diretti esponenti del governo stesso. La situazione italiana non presenta niente di diverso, poichè si sa benissimo quali sono gli interessi economici che muovono in cdx, come sono noti quelli relativi al csx (FIAT ti dice niente?).

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Originariamente inviato da zerothehero
Ecco quindi che io rovescio la teoria pan-economica e dico..sono le dottrine politiche delle amministrazioni americane a determinare la politica americana e di riflesso la realtà globale, almeno finchè non arriverà un nuovo concorrente (Cina?)..poi è evidente che le dottrine politiche tendono a portare vantaggi economici..quindi di fronte alla caduta dei talebani e l'ingresso del nuovo governo verranno favoriti non gli argentini, i russi, i francesi o i tedeschi ma le imprese americane..
a parte il fatto che il nuovo concorrente è già arrivato da un pezzo (ed è difficile non accorgersene), ma, comunque, il tuo discorso non ha rivoltato un bel niente, in quanto il tuo principio di dottrina pan-economica è troppo lineare e ideale; la realtà è molto più contorta e bieca. Non sono infrequenti i casi in cui un determinato gruppo di potere va contro, neppure tanto velatamente, agli interessi di gruppi economici o società ben precise, anche appartenenti al proprio stesso paese; questo fenomeno, la teoria della prevalenza della politica sull'economia, non è assolutamente in grado di spiegarlo, mewntre lo spiega bene quella della prevalenza dell'economia: sfavorisco te per favorire qualcun altro che opera nel tuo stesso settore ma è mio "amico".

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Originariamente inviato da zerothehero
La teoria marxisteggiante o pan-economica non spiega imho il terrorismo che è un fenomeno ideologico e culturale..il paradigma del terrorismo come fonte di risposta da parte di oppressi infatti è smentibile considerando che buona parte dei terroristi fanno parte della borghesia benestante dei paesi islamici..così come i brigatisti erano persone istruite e colte.
non vedo perchè non dovrebbe spiegarlo; chi ha mai detto che a fare attentati siano necessariamente dei morti di fame? Quelli che subiscono i maggiori influssi di un "lavaggio di testa ideologico" sono proprio gli intellettuali, provenienti da famiglie benestanti. La povertà crea odio, invidia, sentimenti forti, che come tutti i sentimenti forti, possono essere facilmente manovrati e indirizzati. Ma un conto è la violenza del disperato che si fa saltare in aria nel mercato di Gerusalemme, un altro è quello di chi progetta e pensa in grande. Solo che, per stimolare l'intellettuale, si ha bisogno di creare le condizioni adatte. Quando l'Italia era indecisa se entrare o meno nella prima guerra mondiale, è stato determinante proprio il peso degli inetellettuali, studenti, scrittori e via dicendo, a far pendere la bilancia dal lato della guerra; però c'era lo stimolo giusto: bisognava liberare il suolo italiano dall'invasore. Adesso, la situazione non è per niente differente; da un lato c'è il disperato che si fa saltare in aria per garantire un futuro alla sua famiglia (grazie ai soldi datigli da chi finanzia quella forma di terrorismo); dall'altro ci sono soggetti benestanti, con un buon livello culturale, che lottano (o sono convinti di farlo, perchè qualcuno dice loro che è così), per la libertà del proprio paese.
Che poi dietro ad entrambi ci siano altri soggetti i cui scopi sono del tutto differenti, questo è un altro discorso.

Per poter confutare la teoria che definisci pan-economica, dovresti essere in grado di dimostrare che le tempistiche di intervento in Afghanistan e in Iraq, che hanno determinato il provvidenziale rovesciamento di situazioni sfavorevoli a gruppi economici USA (nei cui interessi sono coinvolti alti esponenti del governo Bush, ma su questo particolare sorvolo per non infierire ), sono da imputare ad un mero meccanismo di casualità e non ad un ben preciso calcolo. Prove a supporto della mia tesi ce ne sono tante; mi piacerebbe vedere, tra una settimana, quando tornerò da una breve vacanza, prove a supporto della tesi contraria (non si è intervenuti per ragioni economiche ma i vantaggi economici sono stati consequenziali)

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Old 29-07-2005, 17:39   #150
zerothehero
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un conto è limitarsi a fare affari, un altro è favorire l'ascesa di qualcuno; ti ricordo i frequenti viaggi amichevoli di Rumsfeld in Iraq, sia per trattare affari privati che per concordare strategie politiche e militari. Che poi qualcosa si sia rotto nell'idillio tra USA e Saddam è più che evidente; e comunque è successo ben dopo la sua ascesa al potere, la guerra combattuta per conto nostro contro l'Iran di Khomeini, in cui usò per la prima volta, e con la nostra approvazione, quei gas nervini che avrebbe riutilizzato in seguito contro sciiti e kurdi, (tanto che furono proprio gli USA a impedire la condanna dell'Iraq in sede ONU, nel 1984, per l'utilizzo del sarin trasformando la richiesta di incriminazione del regime irakeno, in una molto più generica mozione di condanna dell'utilizzo di armi chimiche, senza specificare da parte di chi e in quale contesto)
Nessuna ascesa di nessuno..saddam è salito nel '79 al potere mi pare, dopo aver fatto il colpo di stato contro Kassem. E' stato poi finanziato dagli U.S.A. con vari prestiti agevolati, ma anche dal Kuwait, dall'Arabia Saudita e da un bel pò di paesi arabi..d'altronde Saddam era un buon cliente, noi gli vendevam o gli incrociatori, che poi furono bloccati a causa dell'embargo.
Ha ricevuto se non sbaglio anche la cittadinanza onoraria di qualche città americana (Detroit?), che adesso non ricordo..ma non è questo il problema..se poi si è messo, strangolato dal debito contratto con i paesi arabi, a fare guerra con il kuwait e a minacciare indirettamente l'Arabia Saudita, come poteva rimanere amico degli americani, in una zona che cmq deve rimanere stabile e che è area strategica fondamentale per quel paese?...non c'è proprio nulla di strano.

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ma assolutamente no: dietro ogni gruppo di potere politico si celano interessi economici di natura diversa; è evidente che l'attuale amministrazione sia composta di elementi che hanno tutti, chi più, chi meno, interessi economici forti, ed è altrettanto evodente che si stia perseguendo il soddisfacimento di questi interessi privati. Qualche dato? Il maggior esportatore di petrolio irakeno è la Chevron che, guarda caso, è la stessa che dovrebbe rientrare, con l'acquisizione di UNOCAL, nel progetto del gasdotto e dell'oleodotto afghano; un caso? Forse, però casualmente, ad avere interessi in quella compagnia c'è l'attuale segretario di stato. Altro caso; la Bechtel ha ottenuto gli appalti per la ricostruzione delle linee elettriche e telefoniche irakene; sempre casualmente, dietro la Bechtel c'è Rumsfeld; e ancora: la società che ha ottenuto, di gran lunga, il maggior numero di appalti per la ricoatruzione dell'Iraq è la Hulliburton; e stranamente, gli interessi della Hulliburton coincidono con quelli di Cheney. Inoltre, nel '91, dopo la guerra contro l'Iraq, sempre la Halliburton, all'epoca piccola compagnia, ottenne appalti a iosa per la ricostruzione di Iraq e Q8 che le permisero di risollevarsi e di allargare a dismisura il giro d'affari. Altra coincidenza: l'incremento di truppe fornite da agenzie private, decuplicate rispetto al '91 e la strategia, proposta da Rumsfeld, di guerra utilizzando truppe "leggere"; sembrerà strano, ma una delle società più importanti di "security" che fornisce militari di appoggio all'esercito USA è uno dei "fiori all'occhiello" di Rumsfeld stesso.
Poi, volendo, sio potrebbe proseguire con le privatizzazioni delle industrie irakene (geniale idea di Wolfowitz, che avrebbe voluto privatizzare anche l'industria dell'estrazione del petrolio e ci sarebbe riuscito se ad opporsi non fossero state le stesse compagnie petrolifere che hanno giudicato la cosa poco conveniente).
Inoltre, a proposito del manifesto neocon e della guerra preventiva, ti consiglio di leggere altri scritti di Kagan e Cooper (vicino al governo Blair), per capire bene cosa si nasconda dietro al principio della guerra preventiva. Potresti scoprire che l'aspirazione è quella di creare una nuova epoca coloniale, favorita dal processo di globalizzazione dei mercati. E non mi risulta che, durante il periodo coloniale, si andasse alla ricerca di nuove terre per motivazioni dettate dalla politica. Infine, il manifesto stesso che hai citato (e che conosco da almeno un paio di anni), non parla di mantenimento di equilibri, ma fa chiaro riferimento ad una potenza egemone.
A mio parere non si può proprio parlare di colonialismo americano, l'america ha bisogno di mercati aperti e globalizzati, non di un controllo territoriale che è fondamento strategico del colonialismo. Il colonialismo è stato espressione più dei paesi europei che degli U.S.A.
Tutto quello che tu dici su gli interessi petroliferi dei neo-con..bè queste persone si sono tutte dimesse dai propi incarichi prima di ricoprire le loro cariche politiche.
Non c'è nessun occultamento dietro la politica della guerra preventiva..il principio è chiaro: si attacca prima chi minaccia la sicurezza americana, magari insieme alla "coalition of willing" (coalizione dei volenterosi) dal momento che la vecchia dottrina del contenimento con le armi atomica di fronte ai terroristi è inefficace. Il pretesto è questo ed è questo principio che va contrastato.
Il fatto che gli appalti siano andati ad aziende americane, cosa dovrebbe significare? Secondo te gli appalti dovevano essere attribuiti ad aziende "europee" magari contrarie alla guerra? e per quale motivo?.
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certo, un nemico dell'America, ma nemico su quali basi? Perchè finanziava il terrorismo palestinese contro israele? La stessa CIA, in entrambi i rapporti relativi all'Iraq e alla presunta presenza di WDM, non parla dell'Iraq come di una minaccia per gli USA; quindi, la minaccia non veniva da un possibile attacco terroristico o di altra natura, ma da qualcosa di ben diverso. Forse dal fatto che Saddam preferiva fare affari con russi, francesi e persino cinesi?
E, guarda un po', proprio quando il Venezuela decide di chiudere i rubinetti nei confronti degli USA .
Risposto sopra..nemico dell'america per la guerra del golfo...e per il conto in sospeso tra Bush figlio nei confronti di una questione considerata "irrisolta" dall'amministrazione.
Con Chavez c'è "qualche" attrito ma alla fine gli interessi monetari sono quelli e si compongono.


Quote:
dopo il '91 Saddam ha continuato a fare affari con società americane (e non solo); inoltre, la guerra del '91 era nata come guerra di liberazione del Q8 e non come guerra di occupazione dell'Iraq e, se per la prima c'era l'approvazione dell'ONU, per la seconda non l'avrebbero mai avuta. Ci sono delle regole internazionali che anche il paese più potente del mondo deve rispettare; certo, adesso, con la scusa della guerra preventiva, basta costruire un bel castello di prove, anche dichiaratamente false, per intervenire dove e come si vuole. Ottima soluzione per bypassare le convenzioni internazionali. Anche questo dovrebbe far capire che c'è un punto di rottura tra questa amministrazione e le precedenti (e non certo perchè questa è più forte o più capace di altre).
Si, certo..Bush rispettò il mandato dell'ONU che chiedeva la liberazione dell'Kuwait e non autorizzava la deposizione del dittatore..ma sai benissimo che poco dopo la fine di desert storm ci furono delle rivolte degli sciiti e dei curdi..sarebbe bastato quello come "casus belli" per appoggiare le rivolte e spodestrare Saddam...perchè Bush padre non lo fece? eppure anche lui aveva le mani in pasta in alcune aziende petrolifere.
Il motivo per cui non lo spodestò era la diversa dottrina politica, le diverse condizioni e valutazioni e quindi il diverso atteggiamento in politica estera...quindi le tutto quell'insieme di valori e dottrine interpretative della realtà che determinano l'azione politica e i diversi atteggiamenti della varie amministrazioni.
Altrimenti facendo altri voli pindarici potrei dire "perchè Clinton non si limitò solo al desert fox e non invase l'Iraq? dubiti che non sia stato cmq finanziato dalle imprese petrolifere americane ?"

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Inoltre, e devo tornare a ripetermi, la teoria che tu definisci pan-economica non prevede affatto che si persegueno gli intenti di tutte le società o le multinazionali che hanno sede in un determinato stato, ma solo di quelle che stanno dietro al gruppo politico al potere, di quelle che ne hanno finaziato e favorito l'ascesa, nonchè la campagna elettorale e di quelle, eventuali, in cui hanno interessi diretti esponenti del governo stesso. La situazione italiana non presenta niente di diverso, poichè si sa benissimo quali sono gli interessi economici che muovono in cdx, come sono noti quelli relativi al csx (FIAT ti dice niente?).
Mi dice, mi dice.. , ma non tutta la politica economica ha seguito gli interessi delle lobby.

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a parte il fatto che il nuovo concorrente è già arrivato da un pezzo (ed è difficile non accorgersene), ma, comunque, il tuo discorso non ha rivoltato un bel niente, in quanto il tuo principio di dottrina pan-economica è troppo lineare e ideale; la realtà è molto più contorta e bieca. Non sono infrequenti i casi in cui un determinato gruppo di potere va contro, neppure tanto velatamente, agli interessi di gruppi economici o società ben precise, anche appartenenti al proprio stesso paese; questo fenomeno, la teoria della prevalenza della politica sull'economia, non è assolutamente in grado di spiegarlo, mewntre lo spiega bene quella della prevalenza dell'economia: sfavorisco te per favorire qualcun altro che opera nel tuo stesso settore ma è mio "amico".
Ma non dico che ci non ci siano interessi economici o altro, lobby o gruppi di pressione che influenzano la politica, dico che teorizzare alla fin fine che il terrorismo sia un paravento di interessi economici americani mi pare poco credibile.
Sulla Cina, ancora non c'è un equilibrio bipolare o una spartizione del mondo modello Urss-Usa..ancora ci vuole tempo..finora gli U.S.A. mantengono saldamente il controllo sul pacifico (e Taiwan), e in medio oriente...passerà ancora un pò di tempo prima che la Cina arrivi al livello americano.


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non vedo perchè non dovrebbe spiegarlo; chi ha mai detto che a fare attentati siano necessariamente dei morti di fame? Quelli che subiscono i maggiori influssi di un "lavaggio di testa ideologico" sono proprio gli intellettuali, provenienti da famiglie benestanti. La povertà crea odio, invidia, sentimenti forti, che come tutti i sentimenti forti, possono essere facilmente manovrati e indirizzati. Ma un conto è la violenza del disperato che si fa saltare in aria nel mercato di Gerusalemme, un altro è quello di chi progetta e pensa in grande. Solo che, per stimolare l'intellettuale, si ha bisogno di creare le condizioni adatte. Quando l'Italia era indecisa se entrare o meno nella prima guerra mondiale, è stato determinante proprio il peso degli inetellettuali, studenti, scrittori e via dicendo, a far pendere la bilancia dal lato della guerra; però c'era lo stimolo giusto: bisognava liberare il suolo italiano dall'invasore. Adesso, la situazione non è per niente differente; da un lato c'è il disperato che si fa saltare in aria per garantire un futuro alla sua famiglia (grazie ai soldi datigli da chi finanzia quella forma di terrorismo); dall'altro ci sono soggetti benestanti, con un buon livello culturale, che lottano (o sono convinti di farlo, perchè qualcuno dice loro che è così), per la libertà del proprio paese.
Che poi dietro ad entrambi ci siano altri soggetti i cui scopi sono del tutto differenti, questo è un altro discorso.
Son d'accordo..il contrasto con il tuo pensiero sta nell'ultima parte: non vedo nulla dietro il fenomeno terrorista, vedo il fenomeno, come si presenta.

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Per poter confutare la teoria che definisci pan-economica, dovresti essere in grado di dimostrare che le tempistiche di intervento in Afghanistan e in Iraq, che hanno determinato il provvidenziale rovesciamento di situazioni sfavorevoli a gruppi economici USA (nei cui interessi sono coinvolti alti esponenti del governo Bush, ma su questo particolare sorvolo per non infierire ), sono da imputare ad un mero meccanismo di casualità e non ad un ben preciso calcolo. Prove a supporto della mia tesi ce ne sono tante; mi piacerebbe vedere, tra una settimana, quando tornerò da una breve vacanza, prove a supporto della tesi contraria (non si è intervenuti per ragioni economiche ma i vantaggi economici sono stati consequenziali)
Occhio che parto anch'io a breve e poi iniziano gli esami...quindi non avrò più tempo per rispondere.
Ti rispondo, secondo me confondi le cause con gli effetti: se gli interessi economici da soli avessero mosso la politica americana in Afghanistan e In Iraq,
1) Saddam con il "casus belli" della protezione degli sciiti e dei curdi avrebbe potuto essere spodestato..Bush padre era stato a capo di aziende petrolifere e avrebbe avuto un guadagno ad impossessarsi delle riserve "irakene"..non lo fece per la diversa dottrina politica, diversa da quella neo-conservatrice.
Lascia perdere la legalità internazionale..non è in grado di fermare l'azione politica americana..prima il rispetto della legalità era garantito dallo scontro gigante sovietico e dalla minaccia atomica.
Perchè hanno dovuto aspettare così tanto tempo per attaccare? Lo si faceva prima.
2) Il rovesciamento dei talebani è partito temporalmente neanche un mese dopo l'11 settembre...vi sono state cause politiche per il rovesciamente di quel regime..poi conseguentemente una volta che è sopraggiunto il nuovo governo, secondo te a chi davano gli appalti? alla Bridas o alle aziende americane? E' una sorta di spoiling system "economico"..dopo l'azione politica si favorisco gli appalti delle aziende amiche, cosa c'è di anomalo?
Non si parlava affatto di destituire i talebani prima dell'11 settembre, la causa della destituzione che tu puoi considerare anche sbagliato è evidentamente motivata dalla tempistica immediatamente successiva l'11 settembre 2001.
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Old 29-07-2005, 18:23   #151
easyand
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se è per questo, dal 1994, fino al 21 dicembre 2004, il 774° gruppo dell'Air Force americana è stato di stanza a Istres, a nord di Marsiglia. Quindi, come dicevo nel post precedente, l'appartenenza della Francia all'alleanza atlantica, oltre a impedire un'invasione o un attacco scevro di ritorsioni, permette agli USA di servirsi, all'occorrenza, delle basi francesi
OT (ma neanche tanto)

ricordo che anche se la francia è nella NATO non ha mai firmato nulla di ufficiale che attesta la sua presenza nell' organizazione, inoltre il 774th Expeditionary Air Base Group di Istres non è un unità da combattimeto, ma di supporto, istituita non in ambito NATO, ma con un accordo ta USA e francia per le operazioni sui balcani, Keflavik invece ospita un unità da combattimento (caccia F15), in francia non è stato mai ospitato nessun gruppo da combattimento americano, te tantomeno unità terrestri.
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Old 29-07-2005, 21:31   #152
yossarian
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Nessuna ascesa di nessuno..saddam è salito nel '79 al potere mi pare, dopo aver fatto il colpo di stato contro Kassem. E' stato poi finanziato dagli U.S.A. con vari prestiti agevolati, ma anche dal Kuwait, dall'Arabia Saudita e da un bel pò di paesi arabi..d'altronde Saddam era un buon cliente, noi gli vendevam o gli incrociatori, che poi furono bloccati a causa dell'embargo.
Ha ricevuto se non sbaglio anche la cittadinanza onoraria di qualche città americana (Detroit?), che adesso non ricordo..ma non è questo il problema..se poi si è messo, strangolato dal debito contratto con i paesi arabi, a fare guerra con il kuwait e a minacciare indirettamente l'Arabia Saudita, come poteva rimanere amico degli americani, in una zona che cmq deve rimanere stabile e che è area strategica fondamentale per quel paese?...non c'è proprio nulla di strano.
strangolato per fare una guerra organizzata chissà da chi? Sai che dopo la guerra con l'Iran Saddam stava aspettando che gli USA e i loro alleati (compresi Q8 e Arabia Saudita) si muovessero per azzerargli il debito contratto? E sai qual è stata l'intepretazione che si celava dietro all'affermazione: il Q8 mi spetta di diritto perchè geograficamente appartiene all'Iraq? Molto semplice: mi ripago delle spese di una guerra fatta per voi

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A mio parere non si può proprio parlare di colonialismo americano, l'america ha bisogno di mercati aperti e globalizzati, non di un controllo territoriale che è fondamento strategico del colonialismo. Il colonialismo è stato espressione più dei paesi europei che degli U.S.A.
Tutto quello che tu dici su gli interessi petroliferi dei neo-con..bè queste persone si sono tutte dimesse dai propi incarichi prima di ricoprire le loro cariche politiche.
Non c'è nessun occultamento dietro la politica della guerra preventiva..il principio è chiaro: si attacca prima chi minaccia la sicurezza americana, magari insieme alla "coalition of willing" (coalizione dei volenterosi) dal momento che la vecchia dottrina del contenimento con le armi atomica di fronte ai terroristi è inefficace. Il pretesto è questo ed è questo principio che va contrastato.
Il fatto che gli appalti siano andati ad aziende americane, cosa dovrebbe significare? Secondo te gli appalti dovevano essere attribuiti ad aziende "europee" magari contrarie alla guerra? e per quale motivo?.
il controllo territoriale è difficile da ottenere; infatti, lo stesso Cooper, sostiene che il neocolonialismo non deve basarsi su di esso: è dispendioso e antieconomico; più facile controllare i mercati; ma per controllare i mercati, si devono controllare le risorse; bisogna essere in grado di "fare i prezzi": solo così è possibile controllare le economie degli altri paesi. In tempi non sospetti, feci una previsione fin troppo semplice, basandomi su quella che tu definisci teoria pan-economica: non appena si metteranno le mani sul petrolio irakeno il prezzo andrà alle stelle. E questo non a causa della guerra o delle incertezze del mercato. Lo scorso anno, nonostante tutte le chiacchiere fatte, la domanda è risultata inferiore all'offerta e il prezzo è salito lo stesso. A cosa è servito? Semplice, a far fare affari d'oro alle compagnie petrolifere e rallentare lo sviluppo dell'economia cinese. Elementare esempio di controllo delle economie attraverso il controllo delle risorse.
In quanto agli esponenti dell'attuale governo USA, certo che ufficialmente si sono dimessi dai loro incarichi; guarda caso, però, a beneficiare dei contratti, sono state proprio le società nei cui organici figuravano questi tizi (non aziende americane qualunque). Un caso? Secondo te, evidentemente, si; per me, assolutamente no.

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Risposto sopra..nemico dell'america per la guerra del golfo...e per il conto in sospeso tra Bush figlio nei confronti di una questione considerata "irrisolta" dall'amministrazione.
Con Chavez c'è "qualche" attrito ma alla fine gli interessi monetari sono quelli e si compongono.
nemico dell'America o nemico dell'amministrazione Bush? Nemico per la guerra del golfo del '91 o perchè aveva aperto i mercati a russi e cinesi e aveva intenzione di uscire dall'area del dollaro? Nemico delle compagnie USA o di Rumsfeld, a cui aveva promesso il contratto per la costruzione di un oleodotto che raggiungesse la Giordania, salvo poi cambiare bandiera?
Tu sostieni che la guerra in Iraq non si è fatta per il petrolio, però non porti prove a supporto della tua tesi, salvo un'interpretazione che mette la politica in primo piano e le scelte economiche consequenziali ad essa; anche Rumsfeld sostiene che si è andati in iraq per ragioni diverse dal petrolio; peccato che un documento degli archivi della Bechtel sostenga esattamente il contrario e fa riferimento al periodo in cui (1983), proprio la Bechtel era in trattative con Saddam per la costruzione dell'oleodotto di Aqaba.
Per quanto riguarda Chavez, ormai ha cambiato bandiera; quindi c'è poco da comporre: infatti, il Venezuela è considerato uno degli paesi a rischio dall'amministrazione USA (chissà cosa inventeranno ).

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Si, certo..Bush rispettò il mandato dell'ONU che chiedeva la liberazione dell'Kuwait e non autorizzava la deposizione del dittatore..ma sai benissimo che poco dopo la fine di desert storm ci furono delle rivolte degli sciiti e dei curdi..sarebbe bastato quello come "casus belli" per appoggiare le rivolte e spodestrare Saddam...perchè Bush padre non lo fece? eppure anche lui aveva le mani in pasta in alcune aziende petrolifere.
Il motivo per cui non lo spodestò era la diversa dottrina politica, le diverse condizioni e valutazioni e quindi il diverso atteggiamento in politica estera...quindi le tutto quell'insieme di valori e dottrine interpretative della realtà che determinano l'azione politica e i diversi atteggiamenti della varie amministrazioni.
Altrimenti facendo altri voli pindarici potrei dire "perchè Clinton non si limitò solo al desert fox e non invase l'Iraq? dubiti che non sia stato cmq finanziato dalle imprese petrolifere americane ?"
perchè Saddam faceva ancora comodo; per sostituirlo si doveva trovare, in tempi brevi, un sostituto che fosse pro USA e tenesse a freno i fondamentalismi. Appoggiare sciiti e curdi? Certo, come no, soprattutto sapendo che dietro la rivolta dei primi c'era l'Iran e dietro quella dei secondi la Russia. Appoggiare gli sciiti significava lasciare l'Iraq, con annessi e connessi, in mano agli ayatollah e appoggiare i curdi voleva dire consegnarlo definitivamente ai russi. Ottime prospettive davvero
Altro che diverse scelte politiche; si trattava di scelte del tutte....interessate.
Clinton aveva le mani in pasta con altre lobby; non con quelle del petrolio e, tanto meno, interessi diretti in quel settore.

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Mi dice, mi dice.. , ma non tutta la politica economica ha seguito gli interessi delle lobby.

non tutta la politica economica segue gli interessi delle stesse lobby; cambiando gli attori si cambiano gli interessi

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Ma non dico che ci non ci siano interessi economici o altro, lobby o gruppi di pressione che influenzano la politica, dico che teorizzare alla fin fine che il terrorismo sia un paravento di interessi economici americani mi pare poco credibile.
Sulla Cina, ancora non c'è un equilibrio bipolare o una spartizione del mondo modello Urss-Usa..ancora ci vuole tempo..finora gli U.S.A. mantengono saldamente il controllo sul pacifico (e Taiwan), e in medio oriente...passerà ancora un pò di tempo prima che la Cina arrivi al livello americano.

non solo americani; il terrorismo fa parte di una guerra non convenzionale combattuta tra gruppi di potere che si battono per il possesso delle stesse risorse.
La Cina ha già messo le mani su Nigeria, Sudan, Venezuela, Iran, ha messo piede in Iraq e in Arabia Saudita, ha tentato l'acquisizione di Yukos e Yugansk e sta trattando quella di Unocal; ha messo gli occhi su Taiwan ed è di ieri la notizia che Asus ha intenzione di spostare l'intera produzione in Cina.
Questo è solo un piccolo assaggio di ciò che si sta prospettando.

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Son d'accordo..il contrasto con il tuo pensiero sta nell'ultima parte: non vedo nulla dietro il fenomeno terrorista, vedo il fenomeno, come si presenta.

continuo a non vedere alcun contrasto; il terrorismo non è qualcosa di fine a sé stesso; così come l'odio e il fondamentalismo non sono nulla se qualcuno non si prende la briga di organizzarli e indirizzarli; e questo qualcuno, se lo fa, ha uno scopo ben preciso (che non è la distruzione degli USA o dell'occidente)

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Occhio che parto anch'io a breve e poi iniziano gli esami...quindi non avrò più tempo per rispondere.
Ti rispondo, secondo me confondi le cause con gli effetti: se gli interessi economici da soli avessero mosso la politica americana in Afghanistan e In Iraq,
1) Saddam con il "casus belli" della protezione degli sciiti e dei curdi avrebbe potuto essere spodestato..Bush padre era stato a capo di aziende petrolifere e avrebbe avuto un guadagno ad impossessarsi delle riserve "irakene"..non lo fece per la diversa dottrina politica, diversa da quella neo-conservatrice.
Lascia perdere la legalità internazionale..non è in grado di fermare l'azione politica americana..prima il rispetto della legalità era garantito dallo scontro gigante sovietico e dalla minaccia atomica.
Perchè hanno dovuto aspettare così tanto tempo per attaccare? Lo si faceva prima.
2) Il rovesciamento dei talebani è partito temporalmente neanche un mese dopo l'11 settembre...vi sono state cause politiche per il rovesciamente di quel regime..poi conseguentemente una volta che è sopraggiunto il nuovo governo, secondo te a chi davano gli appalti? alla Bridas o alle aziende americane? E' una sorta di spoiling system "economico"..dopo l'azione politica si favorisco gli appalti delle aziende amiche, cosa c'è di anomalo?
Non si parlava affatto di destituire i talebani prima dell'11 settembre, la causa della destituzione che tu puoi considerare anche sbagliato è evidentamente motivata dalla tempistica immediatamente successiva l'11 settembre 2001.
1) ti ho già risposto prima: va bene la no fly zone; molto meno l'aiuto ai ribelli, che siano curdi o sciiti. E poi, insisti ancora con le aziende americane ; quest'amministrazione non sta favorendo le aziende USA in senso lato ma solo alcune di esse (guarda caso sempre le stesse ).
2) certo, e fino al 29 luglio 2001 (poco più di un mese prima dell'attentato al WTC), sono proseguite le trattative segrete con i talebani, volte ad ottenere non certo l'estradizione di bin Laden. La guerra in Afghanistan era stata pianificata già prima dell'11/9; mancava solo il movente (che qualcuno ha pensato di fornire su un piatto d'argento).
Perchè pensi che i talebani hanno sempre smentito il coinvolgimento di bin Laden nell'11/9? E per quale motivo, lo stesso bin Laden, nei primi due video in cui è comparso, dopo l'11/9, non ha mai rivendicato l'attentato e ha aspettato, per farlo, il dicembre 2001, a regime talebano destituito da quasi due mesi? Dietro non c'è stata alcuna motivazione politica e niente di quello che succede è casuale.
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Old 30-07-2005, 12:49   #153
zerothehero
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strangolato per fare una guerra organizzata chissà da chi? Sai che dopo la guerra con l'Iran Saddam stava aspettando che gli USA e i loro alleati (compresi Q8 e Arabia Saudita) si muovessero per azzerargli il debito contratto? E sai qual è stata l'intepretazione che si celava dietro all'affermazione: il Q8 mi spetta di diritto perchè geograficamente appartiene all'Iraq? Molto semplice: mi ripago delle spese di una guerra fatta per voi
Bene, ho perso tutte le mie risposte con un tasto
Perchè gli U.S.A. avrebbero dovuto azzerargli il debito?
GLi U.S.A. e i paesi arabi tra cui il Kuwait finanziarono il riarmo irakeno, armi che furono acquistate in percentuale dai seguenti paesi.
57%: Russia
13%: Francia
12%: Cina
1%: U.S.A
<1%: Gran Bretagna.
Certo che poi a Reagan e ai sunniti non dispiacque affatto che l'Iraq "laico" muovesse guerra contro l'Iran teocratico, con finalità di contenimento..ma nessuno ha puntato la pistola sulla tempia di Saddam per scatenare la guerra contro gli sciiti iraniani; diciamo che le l'amministrazione americana ha usato le "naturali" tendenze espansionistiche della dittatura baathista e di Saddam (che si era autoproclamato "Saladino" ) per un proprio interesse.
Nel 91 Saddam, strangolato dai debiti e dai prestiti che lui aveva con mezzo globo pensò di rifarsi invadendo un paese sovrano, che lui considerava alla stregua di una sua provincia. Pensava di avere le spalle protette dall'alleanza americana, ma gli U.S.A. certamente non potevano ignorare la richiesta di aiuto da parte dell'Arabia Saudita, suo alleato strategico che temeva il violento espansionismo irakeno nel golfo..a questo aggiungici che non è tollerabile che un dittatore si metta a spadroneggiare in un'area strategica per l'america e i suoi alleati mediorientali. Siamo d'accordo con questo?


Quote:
il controllo territoriale è difficile da ottenere; infatti, lo stesso Cooper, sostiene che il neocolonialismo non deve basarsi su di esso: è dispendioso e antieconomico; più facile controllare i mercati; ma per controllare i mercati, si devono controllare le risorse; bisogna essere in grado di "fare i prezzi": solo così è possibile controllare le economie degli altri paesi. In tempi non sospetti, feci una previsione fin troppo semplice, basandomi su quella che tu definisci teoria pan-economica: non appena si metteranno le mani sul petrolio irakeno il prezzo andrà alle stelle. E questo non a causa della guerra o delle incertezze del mercato. Lo scorso anno, nonostante tutte le chiacchiere fatte, la domanda è risultata inferiore all'offerta e il prezzo è salito lo stesso. A cosa è servito? Semplice, a far fare affari d'oro alle compagnie petrolifere e rallentare lo sviluppo dell'economia cinese. Elementare esempio di controllo delle economie attraverso il controllo delle risorse.
In quanto agli esponenti dell'attuale governo USA, certo che ufficialmente si sono dimessi dai loro incarichi; guarda caso, però, a beneficiare dei contratti, sono state proprio le società nei cui organici figuravano questi tizi (non aziende americane qualunque). Un caso? Secondo te, evidentemente, si; per me, assolutamente no.
Il colonialismo si basa sul controllo territoriale, e sul controllo delle materie prime...ma sono elementi più da colonialismo "classico" del vecchio "commonwealth" "imperiale" inglese, non di quello americano..
L'america è potente non per il controllo delle materie prime che compra nelle borse a basso prezzo ma per la fortissima competitività delle imprese, per l'etica del lavoro, per gli investimenti in tecnologia e non ultimo per la particolare contigenza internazionale di una realtà globalizzata, originatasi a seguito del crollo, grazie alla politica, del blocco comunista.
C'è poi un controllo in alcune aree strategiche per mantenere la stabilità di zone fondamentali per l'america (medio-oriente, pacifico etc.) e garantire una sorta di pax-americana, utile ai commerci e agli interscambi economici.
I prezzi delle materie prime non sono spiegabili dalla semplice dinamica di domanda-offerta, altrimenti come spieghiamo le quotazioni delle imprese legate alla "new economy" prima dello scoppio della bolla speculativa nel 2001? la si spiega con le speculazion finanziarie...esiste un mercato finanziario che mediante le speculazioni influisce grandemente sul prezzo delle materie prime..a questo vanno aggiunte le valutazioni delle analisti che tendenzialmente prevedono nel futuro un continuo aumento della domanda a causa della corsa di USA (+3%) e Cina (+9%) e di ottime performance da parte di un mondo che cresce a ritmi sostenti..a queste considerazioni e fenomeni speculativi che influenzano i prezzi si innestano gli aspetti contingenti di forte destabilizzazione da parte di paesi produttori causate sia dalla cronica instabilità di quei paesi che dal terrorismo.
L'america quale controllo ha sui prezzi? Può servirsi delle riserve strategiche e ha in mano l'Afghanistan (che non ha petrolio) e L'Iraq che ha una capacità produttiva minimale (non influisce sulla quantità prodotta a livello mondiale in modo significativo). La capacità produttiva irakena (funestata anche da impianti obsoleti e dall'embargo) è addirittura inferiore al periodo pre-guerra e continuamente sabotata dai terroristi, se l'america aveva l'intenzione di mettere le mani sul petrolio irakeno, per influenzare i prezzi, gli è andata male, caro Yossarian.
L'unico modo per sviluppare la teoria dell'intervento americano per far aumentare i profitti delle imprese americane è che gli Stati Uniti (o meglio l'amministrazione legata ai magnati petroliferi)abbiano scientificamente ridotto la produzione irakena ai minimi termini e che abbiano favorito il terrorismo nel medio-oriente per aumentare l'instabilità e i prezzi.
E' credibile? io penso di no..

Tornando all primato economia->politica..è tutto da dimostrare.
Il fatto che gli appalti sulla fornitura di petrolio siano stati attribuiti alle aziende americane che erano precedentemente amministrate da personalità di spicco dell'amministrazione Bush, è ascrivibile ad una banale fenomeno causalistico dello "spoil system" in specie "economica"...come il politico una volta vinte le elezione distribuisce quote di potere ad amici e parenti (portaborse etc), lo stesso ha fatto questa amministrazione preferendo attribuire gli appalti ad aziende americane che erano in qualche modo collegate a loro..ma quei due paesi sono stati invasi a seguito della loro dottrina politica neo-conservatrice e gli interventi sono stati teorizzati poco dopo l'11 settembre e non prima, questo dicono gli analisti politici.
Rispondo solo a queste cose, non ho tempo per ri-rispondere alle altre tue contestazioni dato che ho perso i testi , cmq più o meno o sintetizzato gli argomenti principali
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Old 30-07-2005, 13:16   #154
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2) movente (che qualcuno ha pensato di fornire su un piatto d'argento).
Perchè pensi che i talebani hanno sempre smentito il coinvolgimento di bin Laden nell'11/9? E per quale motivo, lo stesso bin Laden, nei primi due video in cui è comparso, dopo l'11/9, non ha mai rivendicato l'attentato e ha aspettato, per farlo, il dicembre 2001, a regime talebano destituito da quasi due mesi? Dietro non c'è stata alcuna motivazione politica e niente di quello che succede è casuale.
Rispondo anche qui..
Neanche in Spagna c'è stata una rivendicazione, forse per ingenerare caos..ma c'è davvero poco dubbio sul fatto che la matrice degli attentati sia dei terroristi islamici.
Bin Laden in un video (ma ne abbiamo già discusso) che per molti è stato girato prima dell'11 settembre parla fornendo dei dettagli che nessuno poteva conoscere a meno di non essere un organizzatore o quantomeno un finanziatore(il fatto che alcuni terroristi non conoscessero di compiere un'azione suicida e il particolare che secondo le sue valutazione, contrastate da altri terrorististi che le torri sarebbero dovute crollare a causa della elevata temperatura sprigionata dal combustibile). Certo Bin Laden potrebbe essere un millantatore e un imbroglione..ma non credo.
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Old 31-07-2005, 23:01   #155
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innanzitutto, ben ritrovato
grazie

Quote:
vedi, Fabio, considerare la verità dei processi storici avulsa dal contesto economico equivale a considerare una non verità e a prendere in esame un'interpretazione distorta e sconnessa dei fatti; inoltre, sembra che quest'interpretazione faccia molti proseliti non solo in Italia, ma anche in Francia, in Inghilterra e negli stessi USA.
non sto dicendo di considerarla avulsa dal contesto economico in cui si svolge, solo di non sopravvalutare il suo ruolo sino addirittura farne il principale motore se non nello svolgimento degli avvenimenti storico-politici
se la storia è scienza di fatti e di cause che stanno dietro questi fatti, l'importante è non assumere aprioristicamente una causa per leggere quei fatti, ma giudicare volta per volta tenendo conto di tutte le implicazioni
allora, per fare un esempio, che una compagnia petrolifera peraltro nemmeno fra le più grandi come l'UNOCAL abbia in qualche modo condizionato la politica estera americana per costruire (ah già perchè ancora non l'hanno ancora costruito) un oleodotto in una delle zone più sperdute, impervie, desolate, pericolate, povere, ai margini di tutte le civilizazioni sin qui conosciute, come l'afghanistan, il ventre molle dell'asia, non è che non è credibile, ma non sta proprio in piedi
sulla storiografia hai omesso di citare quella tedesca e per il resto basta non far passare per storici "opinionisti" come noam chomsky o gore vidal, per vedere che la cerchia si restringe alquanto

Quote:
Detto questo, veniamo all'Islanda; si tratta di un paese completamente smilitarizzato, non dotato neppure di un proprio esercito e che, dal 1949, fa comunque parte della NATO; quindi, di fatto, è un alleato degli USA sin da prima dell'inizio vero e proprio della guerra fredda. E tu sai cosa contempla l'articolo 5 del codice della NATO; motivo per cui, l'Islanda non poteva essere oggetto di un attacco da parte di forze "straniere" senza scatenare una reazione militare da parte degli altri paesi aderenti al trattato.
Per quanto riguarda la Francia, discorso analogo; nella NATO dal 1949, anche se nel 1969 ne esce militarmente (decisione che stava maturando dal 1966); quindi, quando nel 1967, il governo De Gaulle chiede agli USA di ritirare le truppe, da parte americana non si fanno difficoltà di sorta. Si tratta pur sempre di paesi alleati che, finchè rimangono all'interno del trattato nord atlantico, non corrono il rischio di finire in orbita sovietica. Anche se si votasse il ritiro delle basi USA dall'Italia, non penso che gli americani farebbero storie. Inoltre si tratta di paesi europei che, secondo l'etica USA, persino secondo quella dei neocon, vanno considerati nell'ambito di un rapporto paritario.
un moment, tu hai parlato d'imposizione della forza e hai fatto un equiparazione fra i due blocchi
per me questa equiparazione è improponibile perchè il blocco orientale era "prigioniero" dell'URSS, mentre quello occidentale era si a guida americana, ma con una sua dialettica interna e per certi versi delle politiche estere differenziate e le libertà fondamentali interne preservate
d'altro canto l'america si doveva prendere responsabilità e far carico di compiti che sarebbero dovuto spettare agli europei, solo perchè questi erano riluttanti a farsene carico ma l'aiuto americano suppliva in maniera adeguata e soprattutto faceva comodo
cmq non solo per me l'equiparazione è improponibile, ma lo era anche per Raymond Aron, visto che l'esempio dell'islanda l'ho tratto dalle sue riflessioni in merito


Quote:
Discorso diverso, invece, per quanto riguarda paesi non europei e i cui governi, per varie ragioni, non possono essere considerati "amici" (e qui, Robert Kagan, con i suoi scritti, insegna); e tra le varie ragioni, quelle economiche occupano un posto preponderante.
Venendo all'attualità, la "verità" sui motivi della guerra in Iraq, mettendo da parte motivazioni di carattere economico, continua a sfuggirmi. Portare la democrazia? Sappiamo che è una palla; se si voleva eliminare un feroce dittatore non lo si teneva in piedi tutti questi anni, finanziandolo e fornendogli tecnologie, sia durante l'ascesa al potere, sia durante la guerra con l'Iran e sia durante la guerra del '91 (c'erano almeno 24 società USA che, durante la prima guerra del golfo, facevano affari con Saddam, fornendogli, per lo più, sistemi elettronici a scopo militare, tra cui Bechtel, Unisys e HP, e la cosa è proseguita anche durante l'embargo). Inoltre, perchè utilizzare come mezzo una guerra, che avrebbe causato morti anche tra i militari USA, e non ricorrere alla vecchia cara guerriglia addestrata e finanziata, con colpo di stato finale (che poi era, essenzialmente, l'idea di Powell)? Per due motivi: perchè in passato il sistema, in alcuni casi non aveva funzionato e il nuovo gruppo di potere si era rivoltato contro i suoi benefattori (v. talebani); perchè per fare una cosa del genere occorreva troppo tempo; e quest'ultimo, evidentemente, mancava e non certo perchè si voleva porre fine al più presto alle sofferenze del popolo irakeno.

Sull'ultimo periodo, infine, è sbagliato parlare di politica estera USA in termini generici, in quanto non esiste continuità, ad esempio, tra la gestione Clinton e quella di G.W.Bush; anzi, ad essere pignoli, la gestione di Bush jr. si discosta persino da quella del padre, assumendo, a tutti gli effetti, i toni di una politica neocolonialista, perfettamente allineata alle teorie di Kagan e Cooper: controllo delle risorse=controllo dei mercati=controllo delle economie nazionali
guarda ti posto un opinione e alcune riflessioni di uno che ha molto "peso" in queste faccende, dall'archivio del corriere della sera di qualche giorno fa, mi paiono interessanti



NTERVISTA A KISSINGER

Dottor Kissinger, che cosa ci insegnano le bombe di Londra?

«La guerra al terrorismo non può essere efficace nel senso di prevenire qualsiasi attacco. Per fare un attacco di questo genere sono occorse cinque persone, ma probabilmente settimane di preparazione. Non penso che la guerra al terrorismo si possa misurare in base alla possibilità di evitare ogni attentato. Credo peraltro che gli attacchi di Londra segnino una sconfitta della guerra al terrorismo, perché hanno portato per la seconda volta la guerra in Europa (dopo le bombe di Madrid dell' 11 marzo 2004), e l' hanno portata in un Paese che non è ambiguo nel reagire agli attacchi sul suo territorio. Ma credo anche che quest' azione avrà il risultato di ridurre notevolmente le risorse che i terroristi hanno all' interno dell' Inghilterra, quali che siano, e probabilmente obbligherà gli europei ad avere un atteggiamento più coerente, almeno nei confronti degli atti terroristici in Europa».

Gli attentati di Londra sono collegati all' Iraq?

«Gli attacchi al World Trade Center sono avvenuti prima dell' Iraq. In effetti assai prima dell' Iraq c' è stata tutta una serie di attacchi agli Stati Uniti. E ci sono stati atti di terrorismo in Indonesia, Tunisia, Marocco, tutti senza collegamento alcuno con l' Iraq. L' Iraq senza dubbio ha contribuito al reclutamento, ma il conflitto di fondo va ben al di là dell' Iraq».
Che cosa dovremmo fare con l' Iraq ora?

«Ho appoggiato la decisione di intraprendere un' azione militare contro l' Iraq per le seguenti ragioni: non capivo come si potesse pensare di fare la guerra al terrorismo e lasciare intatto un governo che aveva il più grande esercito della regione, le maggiori entrate potenziali per il petrolio e le maggiori risorse per appoggiare il terrorismo, e che con la sua stessa esistenza dimostrava simbolicamente che si potevano sfidare gli Stati Uniti con 17 violazioni di un ordine di sospensione delle ostilità stabilito dall' Onu; inoltre credo, come Clinton, Bush, e tutti i funzionari dell' intelligence che ho incontrato, che abbiano avuto armi di distruzione di massa. Non condividevo l' opinione che dopo la vittoria ci si potesse comportare in maniera analoga a quel che si era fatto con l' occupazione della Germania. Ritenevo che l' occupazione della Germania e del Giappone fosse avvenuta in Paesi con una struttura e una storia nazionale coerenti. Non pensavo che l' Iraq fosse una nazione nel senso che si attribuiva ai Paesi europei o al Giappone. E per questa ragione, avrei preferito il metodo di indurre qualcuno ad arrendersi e a formare un governo, e poi creare un qualche tipo di struttura Onu in cui forze dell' Onu proteggessero i confini e aiutassero questo governo nella fase di crisi, piuttosto che vedere gli Stati Uniti assumersi la responsabilità di ricostruire il Paese in forme democratiche. Dato che è stata scelta l' altra via, ora credo sia indispensabile portarla al successo».

C' è stato un mucchio di retorica da parte dell' amministrazione Bush sulla democrazia e le riforme nel mondo arabo. Non siamo troppo idealisti?

«Per gli Stati Uniti è importante sostenere qualcosa di diverso dalla mera dimostrazione di forza. Sono d' accordo in questo. Sarei più cauto sulla capacità di mettere in atto a breve termine la cosa come programma dell' amministrazione. E sarei ancora più cauto nell' andare a coinvolgerci nelle questioni particolari dei diversi Paesi a cui abbiamo la tendenza a tenere lezioni. Sono quindi d' accordo sull' idea, e sull' atteggiamento, ma è importante tenere a mente che dobbiamo anche appoggiare la stabilità. È difficile farlo in tutti i Paesi, ma nel caso dell' Iran sembrerebbe possibile, anche se si potrebbe dire che, storicamente, i tentativi di forzare la democrazia durante l' amministrazione Carter hanno prodotto l' ayatollah Khomeini, o hanno contribuito a produrlo. Così la linea da seguire deve essere tracciata con molta attenzione».

Che cosa pensa dell' attuale linea politica che cerca di fermare l'arricchimento dell' uranio in Iran attraverso negoziati?

«Sono d' accordo sul fatto che dobbiamo cercare di fermarli e probabilmente, come tattica, è molto utile lasciare che siano gli europei a condurre il negoziato e limitarci a sostenerli. Ma il fatto è che, in un futuro relativamente prossimo, dovremo decidere se questi negoziati stiano funzionando o se non siano semplicemente un modo di legittimare la prosecuzione del loro programma. Ciò darà adito ad accese discussioni. Poi dovremo decidere, assieme ai nostri alleati, che misure prendere, e dovremo affrontare la questione di quel che siamo disposti a fare per impedire che in Iran si costruiscano armi nucleari. L' Iran ci porterà probabilmente a superare il punto fino al quale la politica di non proliferazione aveva senso, oltre il quale si vivrà in un mondo fatto di molti centri nucleari. E ci dovremmo chiedere come sarebbe il mondo se le bombe di Londra fossero state atomiche e avessero ucciso 100.000 persone».

Ho ragione a pensare che non è del tutto contrario ad attuare qualche tipo di intervento militare?

«Non sono contrario all' idea, ma penso che debba essere considerata con molta attenzione».Sarebbe un bel problema. «Non lo sto consigliando, ma, d' altro canto, è una faccenda seria permettere che nel mondo si moltiplichino centri di detenzione di armi nucleari senza limitazioni. Non consiglio un intervento militare, ma neanche lo escludo».

Bernard GwertzmanCouncil on Foreign Relationswww.cfr.org(Traduzione di Maria Sepa) Scenari La vita EUROPEO Henry Alfred Kissinger (nella foto con Mao) nasce nel 1923 a Fürth, Germania AMERICANO Trasferitosi negli Usa nel 1938 per sfuggire alle leggi razziali, nel 1968 diventa consigliere di Nixon e, dal ' 73 al ' 77, Segretario di Stato NOBEL Nel 1973 gli accordi con i nordvietnamiti gli valgono il Nobel per la Pace COERENZA NELLA LOTTA AL TERRORISMO Gli ultimi attentati avranno il risultato di ridurre le risorse che i terroristi hanno all' interno della Gran Bretagna e probabilmente obbligheranno gli europei ad avere un atteggiamento più coerente LA DEMOCRAZIA CONTRO LA FORZA Nel mondo arabo per gli Usa è importante sostenere qualcosa di diverso dalla mera dimostrazione di forza. Sono d' accordo con Bush. Sono più cauto sulla capacità di mettere in atto questo programma a breve
Gwertzman Bernard
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Old 31-07-2005, 23:02   #156
von Clausewitz
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Ciao Fabio e bentornato.

L'esempio da te portato è sbagliato, perchè è sempre esistita la base aerea di Keflavik, visto che l'isola era un nodo importante del GIUK-gap per impedire l'accesso all'oceano Atlantico alle forze sovietiche.
Ancora adesso è operativa, come ho trovato il sito in pochissimi secondi.

http://www.naskef.navy.mil/template5.asp?PageID=51



Ciao

Federico
Ciao Federico, ti ritrovo con piacere
forse mi son spiegato male è l'esempio francese poteva dar luogo ad equivoci
volevo dire che il parlamento islandese se avesse voluto avrebbe potuto deliberare il non gradimento delle forze americane di stanza nel suo territorio, non che l'abbia poi fatto effettivamente
gli americani avrebbero tolto il disturbo nell'evenienza senza problemi così come accaduto in francia, nonostante l'importanza strategica dell'islanda e il suo scarso "peso" politico come soggetto internazionale
d'altronde mi limito a fare una citazione sulle riflessioni di Raymond Aron in merito alle differenze sostanziali esistenti allora fra i due blocchi contrapposti


edit, maledetta tastiera

Ultima modifica di von Clausewitz : 31-07-2005 alle 23:12.
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Old 01-08-2005, 14:27   #157
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TEHERAN - L'Iran ha comunicato ufficialmente all'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) a Vienna la sua decisione di riprendere l'attività di conversione dell'uranio in un impianto nella città di Isfahan. Lo ha detto all'agenzia Irna il rappresentante permanente iraniano presso l'Aiea, Mohammad Mehdi Akhunzadeh. "La lettera è stata consegnata alcuni minuti fa", ha detto Akhunzadeh, rifiutando di rivelare altri particolari, e quindi anche i tempi previsti per la rimessa in funzione del sito di Isfahan. In precedenza, tuttavia, un "responsabile iraniano" citato dall'agenzia degli studenti Isna aveva previsto che all'impianto sarebbero stati tolti i sigilli già questa sera, alla presenza di ispettori dell'Aiea condotti a Isfahan da Teheran, dove sono in attesa.
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Old 07-08-2005, 15:15   #158
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Bene, ho perso tutte le mie risposte con un tasto
Perchè gli U.S.A. avrebbero dovuto azzerargli il debito?
GLi U.S.A. e i paesi arabi tra cui il Kuwait finanziarono il riarmo irakeno, armi che furono acquistate in percentuale dai seguenti paesi.
57%: Russia
13%: Francia
12%: Cina
1%: U.S.A
<1%: Gran Bretagna.
Certo che poi a Reagan e ai sunniti non dispiacque affatto che l'Iraq "laico" muovesse guerra contro l'Iran teocratico, con finalità di contenimento..ma nessuno ha puntato la pistola sulla tempia di Saddam per scatenare la guerra contro gli sciiti iraniani; diciamo che le l'amministrazione americana ha usato le "naturali" tendenze espansionistiche della dittatura baathista e di Saddam (che si era autoproclamato "Saladino" ) per un proprio interesse.
Nel 91 Saddam, strangolato dai debiti e dai prestiti che lui aveva con mezzo globo pensò di rifarsi invadendo un paese sovrano, che lui considerava alla stregua di una sua provincia. Pensava di avere le spalle protette dall'alleanza americana, ma gli U.S.A. certamente non potevano ignorare la richiesta di aiuto da parte dell'Arabia Saudita, suo alleato strategico che temeva il violento espansionismo irakeno nel golfo..a questo aggiungici che non è tollerabile che un dittatore si metta a spadroneggiare in un'area strategica per l'america e i suoi alleati mediorientali. Siamo d'accordo con questo?

si certo, come no: una guerra fatta da Saddam, per sua iniziativa e senza sponsor.

Rumsfeld backed Saddam even after chemical attacks
By Andrew Buncombe in Washington
24 December 2003
Fresh controversy about Donald Rumsfeld's personal dealings with Saddam Hussein was provoked yesterday by new documents that reveal he went to Iraq to show America's support for the regime despite its use of chemical weapons.
The formerly secret documents reveal the Defence Secretary travelled to Baghdad 20 years ago to assure Iraq that America's condemnation of its use of chemical weapons was made "strictly" in principle.
The criticism in no way changed Washington's wish to support Iraq in its war against Iran and "to improve bi-lateral relations ... at a pace of Iraq's choosing".
Earlier this year, Mr Rumsfeld and other members of the Bush administration regularly cited Saddam's willingness to use chemical weapons against his own people as evidence of the threat presented to the rest of the world.
Senior officials presented the attacks against the Kurds - particularly the notorious attack in Halabja in 1988 - as a justification for the invasion and the ousting of Saddam.
But the newly declassified documents reveal that 20 years ago America's position was different and that the administration of President Ronald Reagan was concerned about maintaining good relations with Iraq despite evidence of Saddam's "almost daily" use of chemical weapons against Iranian troops and Kurdish rebels.
In March 1984, under international pressure, America condemned Iraq's use of such chemical weapons. But realising that Baghdad had been upset, Secretary of State George Schultz asked Mr Rumsfeld to travel to Iraq as a special envoy to meet Saddam's Foreign Minister, Tariq Aziz, and smooth matters over.
In a briefing memo to Mr Rumsfeld, Mr Shultz wrote that he had met Iraqi officials in Washington to stress that America's interests remained "in (1) preventing an Iranian victory and (2) continuing to improve bilateral relations with Iraq".
The memo adds: "This message bears reinforcing during your discussions."
Exactly what Mr Rumsfeld, who at the time did not hold government office, told Mr Aziz on 26 March 1984, remains unclear and minutes from the meeting remain classified. No one from Mr Rumsfeld's office was available to comment yesterday.
It was not Mr Rumsfeld's first visit to Iraq. Four months earlier, in December 1983, he had visited Saddam and was photographed shaking hands with the dictator. When news of this visit was revealed last year, Mr Rumsfeld claimed he had "cautioned" Saddam to stop using chemical weapons.
When documents about the meeting disclosed he had said no such thing, a spokesman for Mr Rumsfeld said he had raised the issue with Mr Aziz.
America's relationship with Iraq at a time when Saddam was using chemical weapons is well-documented but rarely reported.
During the war with Iran, America provided combat assistance to Iraq that included intelligence on Iranian deployments and bomb-damage assessments. In 1987-88 American warships destroyed Iranian oil platforms in the Gulf and broke the blockade of Iraqi shipping lanes.
Tom Blanton, the director of the National Security Archive, a non-profit group that obtained the documents, told The New York Times: "Saddam had chemical weapons in the 1980s and it didn't make any difference to US policy. The embrace of Saddam and what it emboldened him to do should caution us as Americans that we have to look closely at all our murky alliances."
Last night, Danny Muller, a spokesman for the anti-war group Voices in the Wilderness, said the documents revealed America's "blatant hypocrisy". He added: "This is not an isolated event. Continuing administrations have said 'we will do business'. I am surprised that Donald Rumsfeld does not resign right now."

e ancora

April 9, 2003
CounterPunch Special Report
Secret Bechtel Documents Reveal:
Yes, It Is About Oil
By DAVID LINDORFF
.... One particularly revealing 1983 memo, declassified for the first time in February by the National Archives, concerns a trip by Rumsfeld to Iraq. Acting as a special White House "peace envoy" allegedly to discuss with Hussein and then foreign minister Tarik Aziz the bloody war between Iran and Iraq, Rumsfeld turns out according to this memo to have been talking not about that war, but about Bechtel's proposed Aqaba pipeline.
In his memo to Secretary of State George Schultz reporting on the meeting with Hussein, Rumsfeld talks at length about the pipeline discussion, but makes no mention of having discussed either the war or charges that Hussein's army was using chemical weapons against the Iranians.
The intense focus of Rumsfeld, Schultz (a former president of Bechtel), Cheney and other Reagan officials, in concert with Bechtel, on the pipeline, reads like an abbreviated, or mini "Pentagon Papers," laying the groundwork for a collapse in relations between the U.S. and Iraq, and eventually to
war. The documents also cast Bechtel's current position as one of two top candidates for the lucrative contract to "rebuild Iraq" in a troubling light.


inoltre, l'utilizzo dei gas nella guerra contro l'Iran (1983), avvenne solo dopo che Saddam aveva ricevuto l'autorizzazione da Reagan e, come ho già scritto prima, furono proprio gli USA, in sede ONU, a impedire che l'Iraq fosse condannato per l'utilizzo di armi chimiche nel 1984.

Inoltre, in merito al Q8, non sdi trattava solo di ignorare le richieste di aiuto dell'arabia saudita, ma anche e soprattutto, di tutelare i propri interessi in quel paese (anche alla luce del fatto che, nel frattempo, i rapporti tra USA e Saddam si erano piuttosto raffreddati e quest'ultimo aveva manifestato "spiccate simpatie" per la Russia.

Infine, siamo d'accordo sul fatto che si tratti di un'area strategica: ma un'area strategica per quali motivi?

Quote:
Originariamente inviato da zerothehero
Il colonialismo si basa sul controllo territoriale, e sul controllo delle materie prime...ma sono elementi più da colonialismo "classico" del vecchio "commonwealth" "imperiale" inglese, non di quello americano..
L'america è potente non per il controllo delle materie prime che compra nelle borse a basso prezzo ma per la fortissima competitività delle imprese, per l'etica del lavoro, per gli investimenti in tecnologia e non ultimo per la particolare contigenza internazionale di una realtà globalizzata, originatasi a seguito del crollo, grazie alla politica, del blocco comunista.
C'è poi un controllo in alcune aree strategiche per mantenere la stabilità di zone fondamentali per l'america (medio-oriente, pacifico etc.) e garantire una sorta di pax-americana, utile ai commerci e agli interscambi economici.
I prezzi delle materie prime non sono spiegabili dalla semplice dinamica di domanda-offerta, altrimenti come spieghiamo le quotazioni delle imprese legate alla "new economy" prima dello scoppio della bolla speculativa nel 2001? la si spiega con le speculazion finanziarie...esiste un mercato finanziario che mediante le speculazioni influisce grandemente sul prezzo delle materie prime..a questo vanno aggiunte le valutazioni delle analisti che tendenzialmente prevedono nel futuro un continuo aumento della domanda a causa della corsa di USA (+3%) e Cina (+9%) e di ottime performance da parte di un mondo che cresce a ritmi sostenti..a queste considerazioni e fenomeni speculativi che influenzano i prezzi si innestano gli aspetti contingenti di forte destabilizzazione da parte di paesi produttori causate sia dalla cronica instabilità di quei paesi che dal terrorismo.
L'america quale controllo ha sui prezzi? Può servirsi delle riserve strategiche e ha in mano l'Afghanistan (che non ha petrolio) e L'Iraq che ha una capacità produttiva minimale (non influisce sulla quantità prodotta a livello mondiale in modo significativo). La capacità produttiva irakena (funestata anche da impianti obsoleti e dall'embargo) è addirittura inferiore al periodo pre-guerra e continuamente sabotata dai terroristi, se l'america aveva l'intenzione di mettere le mani sul petrolio irakeno, per influenzare i prezzi, gli è andata male, caro Yossarian.
L'unico modo per sviluppare la teoria dell'intervento americano per far aumentare i profitti delle imprese americane è che gli Stati Uniti (o meglio l'amministrazione legata ai magnati petroliferi)abbiano scientificamente ridotto la produzione irakena ai minimi termini e che abbiano favorito il terrorismo nel medio-oriente per aumentare l'instabilità e i prezzi.
E' credibile? io penso di no..
forse non te ne sei accorto, ma le caratteristiche del neocolonialismo stanno cambiando radicalmente, come rilevato da un gran numero di società che fanno analisi di politica economica a livello globale; se una volta era sufficiente acquistare a basso costo dai paesi produttori, la nuova friontiera delle politiche coloniali prevede il controllo diretto delle risorse e delle industrie dei paesi occupati, che può passare attraverso la privatizzazione (cosa avvenuta in Iraq, anche se non per l'estrazione del petrolio, ma solo per il rifiuto delle stesse compagnie petrolifere, che però controllano direttamente la raffinazione e il trasporto, oppure attraverso il controllo dei governi o delle società locali che si occupano di estrazione e lavorazione delle risorse: in quest'ottica, l'Afghanistan è emblematico: sia Karzai che Khalilzad erano due consiglieri proprio della Unocal e, di conseguenza, due soggetti con le mani in pasta nell'industria della produzione di energia).
I due periodi in neretto del tuo post, sono stati evidenziati perchè in aperta contraddizione: da un lato sostieni che l'interesse degli USA sia quello di pacificare aree di interese strategico (interesse strategico che, se non è dovuto al controllo delle risorse, non si capisce bene da cosa sia dettato), dall'altro sostieni che proprio quelle aree sono le più instabili. A questo punto si dovrebbe concludere che gli USA non siano in grado di portare avanti una politica di controllo di quelle regioni, oppure che ci siano forti interessi a destabilizzare porprio quelle aree (e qui continuo a ripetere la solita domanda: per quale motivo le aree di maggiore interesse strategico coincidono, stranamente, con quelle con il maggior quantitativo di risorse energetiche del pianeta? Ovvio che non si tratta solo di interesse di tipo strategico-militare; ci sono altre aree, almeno altrettanto importanti, che non presentano gli stessi problemi di instabilità; quindi, non vedo altre spiegazioni).
Che non sia la legge della domanda e dell'offerta a fare i prezzi, credo proprio che sia lapalissiano e non intendo ripetere considerazioni già fatte in più di un'occasione. Le analisi "in prospettiva" lasciano il tempo che trovano: non c'è alcuna logica nell'aumentare oggi il prezzo di un bene, in base alla prospettiva che tra 10 anni la domanda di quel bene potrebbe (ipotetico) superare l'offerta.
Quale controllo ha l'America sui prezzi? Il cointrollo concesso dalle contrattazioni sui future effettuate al Nymex e all'IPE, su cui stanno indagando già diverse procure.
Per quanto riguarda l'Iraq, nel caso la cosa non ti sia nota, si tratta del Paese che, secondo le stime, ha le riserve che, al ritmo di produzione attuale, dovrebbero durare più a lungo in assoluto (circa il dippio di quelle dell'Arabia Saudita); e stiamo parlando solo delle riserve "note", poichè è molto probabile che il sottosuolo irakeno contenga molto più petrolio di quanto ci è attualmente dato di sapere. L'Afghanistan, invece, ha riserve di gas per oltre 5 trilioni di "barili", ha modeste quantità di petrolio, e costituisce il punto di passaggio privilegiato per collegare i giacimenti di petrolio e di gas dei paesi dell'ex unione sovietica con la penisola araba, l'India e la Cina.
Non mi risulta affatto, quindi, che l'aver messo le mani su Afghanistan e Iraq non sia servito ad incrementare gli affari. Non è affatto casuale che, nel 2004, le compagnie petrolifere abbiano fatto registrare utili senza precedenti.

Quote:
Originariamente inviato da zerothehero
Tornando all primato economia->politica..è tutto da dimostrare.
Il fatto che gli appalti sulla fornitura di petrolio siano stati attribuiti alle aziende americane che erano precedentemente amministrate da personalità di spicco dell'amministrazione Bush, è ascrivibile ad una banale fenomeno causalistico dello "spoil system" in specie "economica"...come il politico una volta vinte le elezione distribuisce quote di potere ad amici e parenti (portaborse etc), lo stesso ha fatto questa amministrazione preferendo attribuire gli appalti ad aziende americane che erano in qualche modo collegate a loro..ma quei due paesi sono stati invasi a seguito della loro dottrina politica neo-conservatrice e gli interventi sono stati teorizzati poco dopo l'11 settembre e non prima, questo dicono gli analisti politici.
Rispondo solo a queste cose, non ho tempo per ri-rispondere alle altre tue contestazioni dato che ho perso i testi , cmq più o meno o sintetizzato gli argomenti principali
non credo proprio che sia così; l'interesse per l'Iraq era già evidente ben prima dell'11/9, per quanto riguarda l'Afghanistan, posto la seguente inchiesta di Le Monde (forse l'ho già fatto)

PETROLIO, GEOPOLITICA E TERRORISMO
La storia segreta dei negoziati tra Washington e i taliban


Il 5 dicembre 2001, le diverse fazioni afghane hanno raggiunto a Bonn un accordo che ha avuto la benedizione delle Nazioni unite, della comunità internazionale e degli Stati uniti. Se tutti hanno insistito nel sottolineare il risultato «miracoloso» della conferenza di Bonn, poco si è detto dell'inteso lavoro diplomatico che l'ha preceduta: viste le circostanze, sarebbe stato impossibile riunire intorno a un tavolo e mettere d'accordo i gruppi antagonisti senza alcun incontro preparatorio. I contatti erano in realtà già stati avviati da tempo. E i piani, che sarebbero stati proposti dopo l'11 settembre, sono oggetto di discussione da più di tre anni...

Pierre Abramovici
Il ritiro dei sovietici, il 15 febbraio 1989, non ha comportato il ritorno alla pace in Afghanistan. Ma è vero che gli Stati uniti, dopo aver fatto la guerra avvalendosi delle varie fazioni afghane per il tramite dei servizi segreti pakistani - l'Inter Services Intelligence (Isi) - si sono a quel punto disinteressati della faccenda. Vincent Cannistraro, ex membro della Central Intelligence Agency (Cia) e del Consiglio di sicurezza nazionale statunitense, su questo punto concorda con il generale pakistano Hamid Gul, ex capo dell'Isi e fondamentalista radicale, che ha definito «un crimine» la partenza degli americani: «quando l'Armata rossa si è ritirata, gli Stati uniti avevano ormai raggiunto i propri obiettivi. E che hanno fatto?
Se ne sono tornati a casa. Hanno abbandonato l'Afghanistan a se stesso e alle sue sole risorse, senza realizzare nulla di quanto avrebbero avuto l'obbligo di fare per aiutare il paese nella ricostruzione e nel ripristino della stabilità. (...) Hanno lasciato un vuoto enorme (1)». Peraltro, è per colmare questo vuoto che è entrata in scena l'Organizzazione delle nazioni unite (Onu), che da allora non ha più lasciato l'Afghanistan. L'Afghanistan diventa ufficialmente una Repubblica islamica il 28 aprile 1992. L'indomani giungono a Kabul i primi visitatori: il premier pakistano Nawaz Sharif, accompagnato tra l'altro dal suo capo di stato maggiore e dal principe Turki Al Faysal, capo dell'intelligence saudita e protettore di Osama bin Laden, che allora si trovava ancora in Arabia saudita, dopo il suo ritorno dalla guerra contro i sovietici.
Lo stesso giorno, il comandante Massud farà il suo ingresso a Kabul e avrà inizio una battaglia che lascerà la città in rovine.
Il 28 giugno l'islamista moderato Burhanuddin Rabbani (fondatore, nel 1962, del primo partito islamista afghano, il Jamiat-i-Islami) è designato capo del governo. I combattimenti proseguono, interrotti da tregue sotto l'egida (generalmente) dell'Iran, del Pakistan o dell'Arabia saudita. Nel gennaio 1994 l'Onu, che ha nominato Mahmud Mestiri inviato speciale per l'Afghanistan, stabilisce tre obiettivi: primo, mantenere una presenza sul posto; secondo, convincere i paesi che operano sottobanco a porre fine alle loro ingerenze; terzo, ottenere la liberazione dell'ex presidente Mohamed Najibullah, che si era rifugiato in un edificio delle Nazioni unite (2). Si parla inoltre di stabilizzare il paese istituendo un'assemblea (shura) e convocando eventuali elezioni. La missione naufragherà nel 1995, ma le Nazioni unite manterranno come obiettivo permanente la lotta contro le ingerenze esterne e la convocazione di assemblee locali di ogni tipo, sempre con l'obiettivo della pace. Gli Stati uniti, accusati di aver «mollato» l'Afghanistan, in realtà dimostrano ben presto un rinnovato interesse per questo paese, in ragione della sua prossimità al mar Caspio, considerato il nuovo eldorado degli idrocarburi. Fin dal giugno 1990, emergendo da una giungla di compagnie petrolifere venute da ogni dove, la Chevron si installa nel Kazakistan, all'epoca ancora sovietico. Le grandi compagnie si lanciano in un'intensa attività di lobbying, reclutando ogni sorta di consulenti. Tra questi figura, oltre a Richard Cheney, già segretario alla difesa di George Bush senior e futuro vicepresidente di Bush junior, un altro noto personaggio, senz'altro il più attivo di tutti: Zbigniew Brzezinski, ex consigliere alla sicurezza nazionale del presidente James Carter e consulente dell'Amoco, che sarà a lungo il mentore di Madeleine Albright, nominata segretario di stato dal presidente William Clinton nel 1997.
L'Unocal e i «giovanotti un po' focosi» Dal canto suo, e per le stesse ragioni, il Pentagono ha già incominciato a insediarsi nelle ex repubbliche sovietiche, che possiedono riserve di idrocarburi capaci, in prospettiva, di ridurre la dipendenza energetica degli Stati uniti dai paesi del Golfo. Fin dal 1996, nell'ambito di preparativi a interventi «umanitari» (il cui reale significato è piuttosto vago), gli Stati uniti firmano una serie di accordi con l'Uzbekistan, il paese più potente della regione, e poi con il Kazakistan e il Kirghisistan, e danno vita a quello che viene definito Central Asia Batallion (Centrasbat). Nel 1997 e nel 1998 questi tre paesi organizzano esercitazioni militari comuni, e inviano soldati (in particolare uzbeki) ad addestrarsi a Fort Bragg, presso il centro di formazione delle forze speciali americane. Dal canto loro i russi, preoccupati per gli sviluppi di questa cooperazione militare ai loro confini, inviano fin dal 1998 i loro osservatori.
Due compagnie petrolifere si contendono un ambizioso progetto di gasdotto che dovrebbe attraversare l'Afghanistan, il Turkmenistan e il Pakistan. «L'unico percorso possibile», ha affermato, davanti a una commissione della Camera dei rappresentanti americana, John J. Maresca, vicepresidente internazionale della Unocal, la dodicesima compagnia americana, in concorrenza con la società argentina Bridas (3). Tenuto conto dell'entità degli investimenti, il progetto necessita sia dell'accordo del presidente del Turkmenistan, Saparmurat Niyazov, sia di quello del primo ministro del Pakistan, Benazir Bhutto. L'operazione va in porto il 16 marzo 1995. E, dopo un'intensa campagna di lobbying portata avanti su iniziativa delle autorità americane, il 21 ottobre dello stesso anno il presidente turkmeno firma un accordo con la Unocal (4) per la costruzione del gasdotto afghano - che a questo punto assume un carattere centrale.
Ma prima di tutto occorre assicurare la stabilità dell'Afghanistan.
Nel gennaio 1995, mentre la guerra infuria, compaiono in forze i primi combattenti taliban, «inventati» di sana pianta dall'Isi pakistano e finanziati forse dalla Cia e dall'Arabia saudita. Si dice addirittura che la Unocal e la sua associata saudita Delta Oil abbiano avuto un ruolo non indifferente nell'«acquisto» dei comandanti locali (5), la cui unica funzione apparente era quella di garantire la sicurezza in Afghanistan.
Il 26 settembre 1996 i taliban conquistano Kabul. Michael Bearden, responsabile della Cia sul territorio afghano durante la guerra contro i sovietici (e attualmente voce ufficiosa della Cia) ricorda lo stato d'animo che regnava allora tra gli americani: «Questi giovanotti [i taliban] non erano poi tanto male. Erano forse un po' focosi, ma erano sempre meglio della guerra civile. Avevano assunto il controllo di tutto il territorio tra il Pakistan e i giacimenti di gas del Turkmenistan. Noi pensavamo che fosse una buona cosa, perché avremmo potuto costruire uno gasdotto attraverso l'Afghanistan e far affluire il gas e le fonti energetiche al nuovo mercato, con la soddisfazione di tutti (6)». Il vicepresidente della Unocal Chris Taggart non dissimula in alcun modo il sostegno offerto ai taliban. Definisce la loro avanzata «uno sviluppo positivo» e considera il loro insediamento al potere «suscettibile di favorire il progetto» di gasdotto, tanto che prospetta addirittura il riconoscimento dei taliban da parte di Washington (7). Le sue informazioni sono inesatte, ma poco importa: siamo alla luna di miele tra Washington e gli «studenti di teologia». Per il gas e il petrolio tutto fa brodo. Tanto che nel novembre 1997 la Unocal invita una delegazione di taliban negli Stati uniti e ai primi di dicembre apre un centro di formazione presso l'Università di Omaha (nel Nebraska), per istruire 137 afgani nel campo delle tecniche di costruzione degli oleodotti.
Ma dato che la situazione politica e militare non accenna a migliorare, qualcuno a Washington incomincia a considerare il sostegno offerto ai taliban e al progetto di gasdotto un errore politico. È il caso, in particolare, del sottosegretario di stato Strobe Talbott, che il 21 luglio 1997 avverte: «La regione rischia di trasformarsi in un vivaio di terroristi, un terreno di coltura dell'estremismo politico e religioso, che potrebbe diventare teatro di una vera e propria guerra (8).» C'è infatti un elemento importante che interferisce negli affari interni afghani e nei rapporti di Kabul con il resto del mondo: la presenza di Osama bin Laden, arrivato dal Sudan in cerca di un rifugio. Il 22 febbraio 1998, bin Laden fonda, a partire dall'Afghanistan e con il sostegno del taliban, il Fronte internazionale islamico e emette una fatwa che autorizza gli attentati contro gli interessi e i cittadini americani.
In occasione di una sua visita a Kabul, il 16 aprile 1998, William Richardson, rappresentante americano alle Nazioni unite, affronta la questione bin Laden con i taliban. Questi ultimi cercano di minimizzare e, secondo l'ambasciatore in Pakistan Tom Simons, gli rispondono che «bin Laden non possiede l'autorità religiosa per lanciare una fatwa, e dunque non dovrebbe rappresentare un problema per voi».
Ma l'8 agosto 1998, le ambasciate americane di Dar-es-Salam e Nairobi sono distrutte da cariche esplosive che provocano 224 morti, fra cui 13 americani. Gli Stati uniti rispondono lanciando 70 missili Cruise contro l'Afghanistan e, sia pur marginalmente, contro il Sudan.
A questo punto, il capo di Al Qaeda diventa il loro nemico pubblico numero uno. Curiosamente, tuttavia, aspetteranno più di sei mesi prima di spiccare contro di lui un mandato di arresto internazionale.
Il fatto è che, non potendolo catturare, sperano di negoziare con i taliban la sua espulsione sotto altri cieli. Ma gli attentati dell'agosto 1998 hanno ormai fatto almeno una vittima collaterale: il progetto di gasdotto afghano, al quale la Unocal dichiara pubblicamente di rinunciare.
Nel 1997 si è costituito un organismo denominato «Gruppo 6 + 2», che comprende i sei paesi vicini all'Afghanistan (l'Iran, il Pakistan, la Cina, l'Uzbekistan, il Tagikistan e il Turkmenistan), più la Russia e gli Stati uniti, sotto la supervisione dell'Onu e del suo inviato speciale per l'Afghanistan, Lakhdar Brahimi, un diplomatico algerino di grande esperienza, designato a ricoprire questa carica nel luglio 1998. Dopo l'insuccesso, sia militare che politico, delle missioni precedenti, l'organizzazione internazionale è tornata a svolgere un ruolo fondamentale nella regione.
Nel corso del 1998 si sviluppano numerose iniziative diplomatiche.
Il 12 marzo 1999, dopo l'Iran, anche gli Stati uniti avvicinano la Russia sulla questione afghana. Karl Inderfurth, sottosegretario di stato per l'Asia, si reca a Mosca. Come appare evidente, le posizioni russa e americana non sono molto distanti, anche rispetto al ruolo che attribuiscono a Tehran: «L'Iran è un paese vicino [all'Afghanistan] e può contribuire a condurre a buon fine questo conflitto. Pensiamo che Tehran possa giocare un ruolo positivo, mentre il gruppo 6+2 potrebbe fornire una struttura» - dichiara Karl Indefurth. E aggiunge: «Per quanto la cosa possa apparire paradossale, l'Afghanistan è una parte del mondo in cui russi e americani possono lavorare insieme per trovare una soluzione» al conflitto. Al quale però i russi partecipano in maniera attiva, sostenendo apertamente l'Alleanza del Nord! Sempre nel 1998 appaiono i primi riferimenti alle attuali preoccupazioni, e in particolare alle iniziative di talune fazioni vicine ai sostenitori dell'ex re Zahir Shah, rovesciato nel 1973, in esilio a Roma. In un suo rapporto al Consiglio di sicurezza, il segretario generale dell'Onu Kofi Annan si compiace del «metodo informale della Loya Jirgah (Grande Assemblea), praticato da tempo in Afghanistan per risolvere le controversie e preconizzato da alcuni dirigenti delle fazioni afghane non belligeranti». E suggerisce di incoraggiare «la missione speciale delle Nazioni unite in Afghanistan a intrattenere gli utili contatti che ha avviato con quei dirigenti (9)». Sempre sotto l'egida dell'Onu vengono intraprese altre iniziative diplomatiche - come la riunione dei 21 paesi «che esercitano un'influenza in Afghanistan (10)».
Il nuovo gioco diplomatico intorno all'Afghanistan ha inizio con la riunione plenaria del gruppo 6 + 2 che si svolge il 19 luglio 1999 a Tashkent, in Uzbekistan. Per la prima volta, i rappresentanti dei taliban e i membri dell'Alleanza del Nord si ritrovano intorno a uno stesso tavolo. Ma i taliban, che controllano il 90% del territorio afghano, contestano la rappresentatività dell'Alleanza del Nord.
La riunione fallisce. Ma, a partire da questo momento, gran parte delle iniziative diplomatiche passerà per il Gruppo 6 + 2. Pur continuando a insistere per ottenere dai taliban la consegna del capo di Al Qaeda, Washington intrattiene tuttavia ogni sorta di contatti e incoraggia vari meccanismi volti alla ricerca di una soluzione politica. Ed è con la sua benedizione che ha luogo a Roma, dal 22 al 25 novembre 1999, una riunione organizzata su iniziativa dell'ex re Zahir Shah allo scopo di promuovere la Loya Jirgah. Nel frattempo, il 15 settembre, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite aveva votato una risoluzione che esigeva dai taliban l'estradizione di Osama bin Laden, comminando al contempo alcune limitate sanzioni.
Osama, tra Cia e Fbi Il 18 gennaio 2000 un diplomatico spagnolo, Francesc Vendrell, prende il posto di Brahimi, l'inviato speciale delle Nazioni unite che, deluso per la mancanza di risultati, aveva dato le dimissioni. Due giorni dopo, Karl Inderfurth si reca a Islamabad per incontrare il nuovo uomo forte del Pakistan, il generale Pervez Musharraf. E si intrattiene inoltre con due dignitari taliban, a cui rivolge sempre la solita richiesta - la consegna di bin Laden - prospettando in cambio la regolarizzazione dei rapporti tra Kabul e la comunità internazionale.
Sebbene sostenga pubblicamente il contrario, Washington considera ancora i taliban - denunciati dal mondo intero per la loro politica di oppressione delle donne, le loro violazioni dei diritti umani e la protezione che continuano a garantire a bin Laden - i propri interlocutori. Il 27 settembre il viceministro degli esteri dei taliban, Abdur Rahmin Zahid, tiene addirittura una conferenza a Washington, in una sala del Middle East Institute; e in quell'occasione invoca ancora una volta il riconoscimento politico del suo regime, lasciando intendere che in tal caso la faccenda di bin Laden potrebbe essere risolta (11).
Il 30 settembre 2000, su iniziativa iraniana, si apre a Cipro un nuovo negoziato. Vi si nota la presenza dei sostenitori dell'ex «macellaio di Kabul», l'estremista islamista Gulbuddin Hekmatyar, già sostenuto dagli americani e dai sauditi contro i sovietici, che ha trovano rifugio in Iran. In quest'occasione, l'Alleanza del Nord avvia, in particolare, i contatti con i delegati di Roma, che si presentano dietro lo stemma dell'ex re Zahir Shah. Il 6 aprile 2001, questi contatti daranno come risultato una prima riunione comune tra il «processo di Roma», favorevole a una Loya Jirgah sotto gli auspici dell'ex re, e il «processo di Cipro», diretto dagli iraniani. Benché in disaccordo con i filo-iraniani, le altre fazioni accettano di fissare un nuovo incontro. E da allora non hanno più cessato di discutere.
Il 3 novembre 2000, Francesc Vendrell annuncia pubblicamente che le due fazioni - i taliban e l'Alleanza del Nord - hanno studiato insieme un progetto di pace sotto l'egida del Gruppo 6+2 (12). Questo periodo coincide con un irrigidimento dei taliban, dovuto essenzialmente alle sanzioni internazionali; e in primavera la tensione esplode nella spettacolare distruzione dei Buddha giganti di Bamiyan. Nel frattempo, il Gruppo 6+2 ha avviato una nuova fase - che, a quanto credono gli americani, dovrebbe essere quella finale. Viene creato discretamente un sotto-gruppo «di livello 2», ritenuto più efficace, costituito da diplomatici ed esperti di nomina il più possibile recente nella regione e diretto sottobanco dalle cancellerie dei rispettivi delegati. Alle riunioni, che si tengono a Berlino, partecipano solo gli Stati uniti, la Russia, l'Iran e il Pakistan.
Tra i delegati figurano Robert Oackley, ex ambasciatore americano e lobbyista della Unocal (13); Naiz Naik, ex ministro degli esteri del Pakistan, specializzato in incontri ufficiosi difficili per conto del suo paese; Tom Simons, ex ambasciatore americano, ultimo negoziatore ufficiale nei contatti con i taliban; un ex inviato speciale russo in Afghanistan, Nikolaj Kozyrev, e Saeed Rajai Khorassani, già rappresentante iraniano all'Onu.
Nel novembre 2000 e nel marzo 2001, in occasione delle due prime riunioni preparatorie di un negoziato diretto tra taliban e Alleanza del Nord, i partecipanti discutono di un impegno politico che dovrebbe consentire ai taliban di uscire dal vicolo cieco. Secondo Naik, «parlando di impegno volevamo rispondere a ciò che avrebbero potuto dirci a proposito del loro comportamento, di ciò che hanno veramente in mente sul piano internazionale, di un governo allargato, dei diritti umani, e via dicendo. Poi dovevamo discutere con loro, e cercare di far loro presente che qualora avessero fatto quelle cose, a poco a poco avrebbero potuto ricevere il "jackpot" - ossia una qualche forma di contropartita da parte della comunità internazionale». Secondo i pakistani presenti alla riunione, se i taliban avessero acconsentito a cambiare atteggiamento sulla questione dei diritti umani «entro due o tre anni», e se avessero accettato un governo di transizione con l'Alleanza del Nord, avrebbero potuto beneficiare di massicci aiuti internazionali, finanziari e tecnici, per la completa ricostruzione del paese. «Naturalmente - assicura Naik - pensavamo innanzitutto al ripristino della pace e della stabilità, e solo in seconda istanza al gasdotto; e forse avremmo potuto convincere i taliban che, una volta risolte tutte quelle questioni, dopo l'insediamento di un governo allargato e l'avvio della costruzione del gasdotto, sarebbero arrivati i miliardi di dollari delle commissioni. E allora, naturalmente, avrebbero potuto contare su una contropartita.» Il «jackpot», per l'appunto. In preda alla loro ossessione, gli americani continuano ad insistere per la consegna di bin Laden. Secondo Tom Simons, «se loro [i taliban] consegnassero bin Laden, o se avviassero negoziati seri, noi saremmo pronti a dare il via a un serio piano di ricostruzione». La faccenda sta tanto più a cuore al Dipartimento di stato di Washington, in quanto l'amministrazione è cambiata e i petrolieri sono ora super-rappresentati al governo, a cominciare dallo stesso presidente George W. Bush.
I nuovi negoziati con i taliban sono affidati a Christina Rocca, divenuta sottosegretario di stato per l'Asia del sud, che conosce bene l'Afghanistan per essersene occupata tra il 1982 e il 1987...
dall'interno della Cia.
Fin dal 12 febbraio, l'ambasciatore americano presso le Nazioni unite assicura che, su richiesta di Francesc Vendrell, gli Stati uniti cercheranno di sviluppare con i taliban un dialogo «continuo», su basi «umanitarie» (14). Gli americani sono talmente certi del futuro dei negoziati che il Dipartimento di stato blocca l'inchiesta del Federal Bureau of Investigation (Fbi) sull'eventuale coinvolgimento di bin Laden (e dei suoi complici taliban) nell'attentato contro la nave da guerra americana Uss Cole a Aden (nello Yemen) nell'ottobre 2000. Arriveranno addirittura a far espellere dallo Yemen, il 5 luglio, John O'Neil, soprannominato «il signor bin Laden» dell'Fbi, per impedirgli di portare avanti le indagini (15).
Guerra inevitabile prima dell'11 settembre?
La terza riunione avrà luogo, sempre a Berlino, tra il 17 e il 21 luglio, alla presenza del rappresentante taliban, il ministro degli esteri Mullah Mutawakil, e del rappresentante dell'Alleanza del Nord, il ministro degli esteri Abdullah Abdullah. In precedenza, ai primi di luglio, si era svolta a Weston Park, nei pressi di Londra, una riunione discreta dei 21 paesi «che hanno influenza in Afghanistan».
La soluzione di compromesso, incentrata sull'ex re Zahir Shah, era stata approvata, in particolare, dai rappresentanti dell'Alleanza del Nord. Secondo Naiz Naik, «dovevamo dire ai taliban che, qualora non avessero voluto collaborare, avevamo l'opzione del re Zahir Shah».
Per tutta la diplomazia mondiale, quest'ultimo personaggio era oramai l'opzione di ricambio. Purtroppo però tutto questo bel piano va in fumo. La prima ragione del rifiuto dei taliban è la presenza di Francesc Vendrell, che rappresenta le Nazioni Unite, responsabili delle sanzioni internazionali contro di loro. Inoltre, li si voleva costringerli a discutere con interlocutori che essi ricusavano. Secondo Naiz Naik, è a questo punto che Tom Simons parla di un'«opzione militare aperta» contro l'Afghanistan, che dovrebbe prendere le mosse dall'Uzbekistan e dal Tagikistan.
Una scelta geostrategica plausibile, dato che notoriamente questi paesi sono legati agli Stati uniti da accordi di cooperazione militare.
Ma quanto alla questione di fondo, è stata davvero profferita una minaccia così precisa? L'ambasciatore Tom Simons lo contesta, con due argomenti: innanzitutto, non era presente in via ufficiale, né aveva un mandato per profferire minacce (ma se i taliban erano venuti, come pensare che si siano spostati per incontrare delegati ufficiosi, senza contatti con il Dipartimento di stato?). In secondo luogo, Simons sostiene di essersi limitato a dichiarare che gli americani avrebbero esaminato le prove relative all'Uss Cole, e di aver aggiunto: «Se accerteremo che dietro a tutto questo c'era bin Laden, potete contare su un'azione militare».
Ma anche qui si potrebbe osservare che ancora il 5 luglio gli americani, convinti della presenza dei taliban al negoziato, non cercavano affatto le prove relative al caso dell'Uss Cole.
Comunque sia, i membri della delegazione pakistana riferiscono questi discorsi, esagerati o meno, al loro ministero e soprattutto ai servizi segreti. I quali, com'è facile immaginare, ne informano a loro volta i taliban. Alla fine di luglio, a Islamabad e in particolare negli ambienti militari serpeggiano insistenti voci di guerra. Secondo una fonte ufficiosa del Ministero degli esteri francese, non è da escludere che i servizi segreti pakistani, esagerando le parole di Tom Simons, abbiano cercato di fare pressione sui taliban per ottenere l'espulsione del miliardario saudita.
Un'ultima volta, il 29 luglio, Christina Rocca discute senza successo con l'ambasciatore taliban in Pakistan. È la fine dei negoziati. L'Fbi si accinge a questo punto a ricercare attivamente le prove contro bin Laden.
C'è un'ipotesi inquietante che continua ad affacciarsi alla mente di molti. E se bin Laden, convinto che gli americani preparassero effettivamente la guerra, avesse voluto tirare per primo? In ogni caso, l'11 settembre le torri del World Trade Center sono distrutte ad opera di commandos attivati non prima della metà d'agosto. Tre giorni dopo, Unocal annuncia in un comunicato che non intende revocare la propria decisione di congelare il progetto di gasdotto, e rifiuta di negoziare con i taliban, anticipando così la caduta del regime di Kabul e il cambiamento politico. Un mese dopo, gli Stati uniti danno il via ai bombardamenti; il Tagikistan e l'Uzbekistan «accettano» di fornire basi militari alle forze armate anglo-americane; la Russia promette «spontaneamente» agli Stati uniti tutto l'aiuto necessario per la lotta contro il terrorismo e le fazioni anti-taliban finiscono per mettersi d'accordo. Tutto questo nel giro di due mesi! Il 27 novembre, il segretario americano all'energia, Spencer Abraham, accompagnato da un'équipe del Dipartimento per l'energia, si reca a Novossibirsk, in Russia, per promuovere il completamento e l'apertura dell'oleodotto del Caspian Pipeline Consortium (Cpc): un collegamento del costo di 2,5 miliardi di dollari, per conto di 8 compagnie tra cui la Chevron, la Texaco e la ExxonMobil. Come dichiara Spencer Abraham, si apre così una nuova fase nei rapporti tra Russia e Stati uniti (16). Ancora un'avanzata americana nel vasto complesso petrolifero dell'ex Unione sovietica.
Nello stesso momento, come risultato della riunione di Bonn viene designato il nuovo capo del governo afghano ad interim, nella persona di Hamid Karzai. Il quale, come si apprende in quest'occasione, all'epoca dei negoziati per il gasdotto afghano era stato consulente per conto della Unocal (17). Il signor Brzezinski non potrà che compiacersene!


note:

* Giornalista. Autore di Un rocher bien occupé, Editions du Seuil, Parigi, settembre 2001.

(1) Dal programma di France 3 «Pièces à conviction», 18 ottobre 2001.

(2) L'ex presidente Najibullah finirà assassinato in maniera atroce, dopo l'irruzione dei taliban nei locali dell'Onu.

(3) John J. Maresca, Vice President, International Relations, Unocal Corporation, Us House of Representatives. Committee on International Relations, Subcommittee on Asia And The Pacific, 12 febbraio 1998.

(4) Associata alla saudita Delta Oil.

(5) Olivier Roy, «Sharia e gasdotto, la ricetta dei talebani», Le Monde diplomatique/il manifesto, novembre 1996.

(6) «Pièces à conviction», op. cit.
(7) Financial Times, Londra, 3 ottobre 1996.

(8) Strobe Talbott, US Policy toward Central Asia and the Caucasus, The Central Asia Institute, Montana (Stati Uniti), 21 luglio 1997.

(9) Consiglio di Sicurezza, S/Prst/1998-1922, New York, 14 luglio 1998.

(10) Germania, Arabia saudita, Cina, Egitto, Stati uniti, Russia, Francia, India, Italia, Giappone, Kazakistan, Kirghisistan, Uzbekistan, Pakistan, Olanda, Iran, Gran Bretagna, Svezia, Tagikistan, Turkmenistan e Turchia, oltre all'Organizzazione della conferenza islamica.

(11) Upi, 27 settembre 2000.

(12) Consiglio di sicurezza, 3 novembre 2000.

(13) Sarà sostituito nel marzo 2001 da Karl Inderfurth.

(14) Nancy Soderberg, Missione degli Stati uniti presso le Nazioni Unite, New York, 12 febbraio 2001.

(15) Deluso, alla fine di agosto del 2001, O'Neil si ritira dall'Fbi e assume le funzioni di capo della sicurezza del World Trade Center, dove troverà la morte l'11 settembre.

(16) Us Department of Energy, Washington, 27 novembre 2001.

(17) «Le nouveau président est un proche des Américains» («Il nuovo presidente è vicino agli americani»), Le Monde, 5 dicembre 2001.
(Traduzione di E. H.)


da qui si evince chiaramente che le ipotesi di guerra in Afghanistan erano già state ventilate ben prima dell'11/9; inoltre, se da un lato l'amministrazione USA sembre ossessionata dall'idea dell'estradizione di bin Laden dall'Afghanistan, dall'altro impedisce, fino alla fine di luglio del 2001, all'FBI di indagare sulle eventuali responsabilità di mr. bin nell'attentìtato all'USS Cole, sempre nella speranza che ciò possa portare alla favorevole conclusione delle trattative con i talebani per la realizzazione del gasdotto.
L'ultima parte, riguarda i nuovi piani per la costruzione del gasdotto e, guarda caso, questa volta, a beneficiare dell'opera sarebbe, ancora una volta, la Chevron.
Se poi andiamo ad analizzare le attuali aree di crisi, si scopre che, guarda caso, tra di esse figurano Sudan e Mauritania (ma tu guarda la combinazione).
Se il primato dell'economia sulla politica è tutto da dimostrare, discorso analogo vale per quello della politica sull'economia, a supporto del quale non mi pare siano stati portati documenti, ma solo teorie personali, facilmente smontabili anche a livello di fatti contingenti.

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yossarian
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Originariamente inviato da zerothehero
Rispondo anche qui..
Neanche in Spagna c'è stata una rivendicazione, forse per ingenerare caos..ma c'è davvero poco dubbio sul fatto che la matrice degli attentati sia dei terroristi islamici.
Bin Laden in un video (ma ne abbiamo già discusso) che per molti è stato girato prima dell'11 settembre parla fornendo dei dettagli che nessuno poteva conoscere a meno di non essere un organizzatore o quantomeno un finanziatore(il fatto che alcuni terroristi non conoscessero di compiere un'azione suicida e il particolare che secondo le sue valutazione, contrastate da altri terrorististi che le torri sarebbero dovute crollare a causa della elevata temperatura sprigionata dal combustibile). Certo Bin Laden potrebbe essere un millantatore e un imbroglione..ma non credo.

discorso completamente diverso; cerco di chiarire meglio il concetto (prescindendo dal fatto che nessuno degli attentati attribuiti al sedicente gruppo denominato al qaeda sia mai stato rivendicato da un membro del suddetto gruppo). L'11/9 è stato rivendicato, al contrario di Madrid, ma solo alla terza o quarta uscita televisiva di mr bin e non prima e solo ad operazioni concluse in Afghanistan. E la cosa è quanto meno sospetta, nel momento in cui la si consideri una dichiarazione di guerra. Al contrario, invece, all'intenzione di distruggere i buddha di Bamian, da parte dei talebani, era stato dato, stranamente, ampio risalto ben prima dell'attentato.
In quanto alle dichiarazioni di bin Laden, purtroppo, nessuno è in grado di confermarle o di smentirle, visto che i diretti interessati sono tutti morti nell'attentato. Si tratta di dichiarazioni che chiunque avrebbe potuto fare, anche non essendo a conoscenza di fatti specifici.
Infine, per quanto riguarda il crollo dovuto al calore, si potrebbe supporre che mr bin fosse a conoscenza di notizie alla portata di pochi eletti dell'estabilishment USA; informazioni riservate, ottenute in seguito al lavoro di una commissione tecnica che si occupò di analizzare il WTC in seguito all'attentato del '93.
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Old 07-08-2005, 16:26   #160
yossarian
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Originariamente inviato da von Clausewitz

non sto dicendo di considerarla avulsa dal contesto economico in cui si svolge, solo di non sopravvalutare il suo ruolo sino addirittura farne il principale motore se non nello svolgimento degli avvenimenti storico-politici
se la storia è scienza di fatti e di cause che stanno dietro questi fatti, l'importante è non assumere aprioristicamente una causa per leggere quei fatti, ma giudicare volta per volta tenendo conto di tutte le implicazioni
allora, per fare un esempio, che una compagnia petrolifera peraltro nemmeno fra le più grandi come l'UNOCAL abbia in qualche modo condizionato la politica estera americana per costruire (ah già perchè ancora non l'hanno ancora costruito) un oleodotto in una delle zone più sperdute, impervie, desolate, pericolate, povere, ai margini di tutte le civilizazioni sin qui conosciute, come l'afghanistan, il ventre molle dell'asia, non è che non è credibile, ma non sta proprio in piedi
sulla storiografia hai omesso di citare quella tedesca e per il resto basta non far passare per storici "opinionisti" come noam chomsky o gore vidal, per vedere che la cerchia si restringe alquanto
la mia analisi si basa solo ed esclusivamente su dati di fatto; su ricostruzioni mai smentite o confutate da chicchessia e su documenti usciti da archivi di organizzazioni "ufficilai" o di enti governativi, oppure di società private, implicate nelle varie vicende. Per questo motivo, li ritengo altamente attendibili.
Veniamo al caso Afghanistan: si tratta della via più diretta per collegare i giacimenti di petrolio e gas delle ex repubbliche sovietiche alla penisola araba, all'India e alla Cina. La Unocal è società relativamente piccola, ma piuttosto ben rappresentata (Karzai, Khalilzad e lo stesso Kissinger, da te citato, sono consiglieri proprio della Unocal). Inoltre, l'Afghanistan stesso dispone di notevoli risorse di gas e di un modesto quantitativo di petrolio.
Il motivo per cui il gasdotto non sia ancora stato costruito è presto detto: il progetto USA prevedeva l'utilizzo di fondi stanziati dalla comunità internazionale per la ricostruzione dell'Afghanistan in seguito alla guerra civile che ha portato al potere i talebani (l'idea del gasdotto nasce proprio a cavallo tra il 1994 e il 1995); tali finanziamenti non sono mai arrivati, se non in minima parte e limitatamente al settore agricolo; questo a causa dell'instabilità dell'area (in cui ancora adesso si combatte): ciò ha fatto in modo che la Unocal, ufficialmente, si sia ritirata dal progetto, anche se le trattative sono proseguite fino alla fine di luglio del 2001 e il progetto ha ripreso vita nel 2002 dopo l'insediamento di Karzai (strana scelta ) alla presidenza del nuovo Afghanistan (e dopo l'invio di Khalilzad in Afghanistan, appena 9 giorni dopo l'insediamento di Karzai alla presidenza).
Inoltre, allo stato attuale, della realizzazione del progetto dovrebbero beneficiare altre compagnie, tra cui Chevron e Exxon in primo luogo.
L'interesse non è relativo agli affari della Unocal, ma per un progetto relativo ad un'area in cui, entro il 2010 (o giù di li) è previsto il raddoppio delle richieste di gas e petrolio da parte delle nuove economie emergenti; la Unocal era solo il cavallo di troia adatto ad entrare nell'affare, poichè ad essa sono legati uomini di fiducia degli USA nati in Afghanistan.
Né Chomsky né Vidal sono tra i miei "storiografi" di riferimento

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Originariamente inviato da von Clausewitz



un moment, tu hai parlato d'imposizione della forza e hai fatto un equiparazione fra i due blocchi
per me questa equiparazione è improponibile perchè il blocco orientale era "prigioniero" dell'URSS, mentre quello occidentale era si a guida americana, ma con una sua dialettica interna e per certi versi delle politiche estere differenziate e le libertà fondamentali interne preservate
d'altro canto l'america si doveva prendere responsabilità e far carico di compiti che sarebbero dovuto spettare agli europei, solo perchè questi erano riluttanti a farsene carico ma l'aiuto americano suppliva in maniera adeguata e soprattutto faceva comodo
cmq non solo per me l'equiparazione è improponibile, ma lo era anche per Raymond Aron, visto che l'esempio dell'islanda l'ho tratto dalle sue riflessioni in merito
sul fatto che il paragone sia, per moltio aspetti, improponibile, trova d'accordo anche me; però non dimenticare che nel quadro degli accordi NATO è previsto anche quello che regola le comunicazioni tra servizi segreti, voluto dall'NSA; in quest'ultimo, le posizioni sono alquanto sbilanciate: da un lato abbiamo paesi come gli USA, la Gran Bretagna, il Canada, che hanno un rapporto quasi paritario tra di loro, dall'altro ci sono paesi come l'Italia, la Germania, il Giappone e di cui faceva parte anche la Francia, che sono in posizione subordinata rispetto agli USA. Questo accordo, regolato da uno speciale protocollo, prevede una vera e propria rinunacia alla sovranità nazionale in materia di intelligence, con l'obbligo di fornire agli USA copia di tutte le informazioni reperite e il diritto di supervisione americana sul personale scelto. Questo genere di accordi, denunciati anche dalla Germania nel 1980, furono uno dei principali motivi di attrito tra USA e Francia, quando De Gaulle, il 7/3/1966, si scagliò apertamente contro questo protocollo.

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Originariamente inviato da von Clausewitz


guarda ti posto un opinione e alcune riflessioni di uno che ha molto "peso" in queste faccende, dall'archivio del corriere della sera di qualche giorno fa, mi paiono interessanti



NTERVISTA A KISSINGER

Dottor Kissinger, che cosa ci insegnano le bombe di Londra?

«La guerra al terrorismo non può essere efficace nel senso di prevenire qualsiasi attacco. Per fare un attacco di questo genere sono occorse cinque persone, ma probabilmente settimane di preparazione. Non penso che la guerra al terrorismo si possa misurare in base alla possibilità di evitare ogni attentato. Credo peraltro che gli attacchi di Londra segnino una sconfitta della guerra al terrorismo, perché hanno portato per la seconda volta la guerra in Europa (dopo le bombe di Madrid dell' 11 marzo 2004), e l' hanno portata in un Paese che non è ambiguo nel reagire agli attacchi sul suo territorio. Ma credo anche che quest' azione avrà il risultato di ridurre notevolmente le risorse che i terroristi hanno all' interno dell' Inghilterra, quali che siano, e probabilmente obbligherà gli europei ad avere un atteggiamento più coerente, almeno nei confronti degli atti terroristici in Europa».

Gli attentati di Londra sono collegati all' Iraq?

«Gli attacchi al World Trade Center sono avvenuti prima dell' Iraq. In effetti assai prima dell' Iraq c' è stata tutta una serie di attacchi agli Stati Uniti. E ci sono stati atti di terrorismo in Indonesia, Tunisia, Marocco, tutti senza collegamento alcuno con l' Iraq. L' Iraq senza dubbio ha contribuito al reclutamento, ma il conflitto di fondo va ben al di là dell' Iraq».
Che cosa dovremmo fare con l' Iraq ora?

«Ho appoggiato la decisione di intraprendere un' azione militare contro l' Iraq per le seguenti ragioni: non capivo come si potesse pensare di fare la guerra al terrorismo e lasciare intatto un governo che aveva il più grande esercito della regione, le maggiori entrate potenziali per il petrolio e le maggiori risorse per appoggiare il terrorismo, e che con la sua stessa esistenza dimostrava simbolicamente che si potevano sfidare gli Stati Uniti con 17 violazioni di un ordine di sospensione delle ostilità stabilito dall' Onu; inoltre credo, come Clinton, Bush, e tutti i funzionari dell' intelligence che ho incontrato, che abbiano avuto armi di distruzione di massa. Non condividevo l' opinione che dopo la vittoria ci si potesse comportare in maniera analoga a quel che si era fatto con l' occupazione della Germania. Ritenevo che l' occupazione della Germania e del Giappone fosse avvenuta in Paesi con una struttura e una storia nazionale coerenti. Non pensavo che l' Iraq fosse una nazione nel senso che si attribuiva ai Paesi europei o al Giappone. E per questa ragione, avrei preferito il metodo di indurre qualcuno ad arrendersi e a formare un governo, e poi creare un qualche tipo di struttura Onu in cui forze dell' Onu proteggessero i confini e aiutassero questo governo nella fase di crisi, piuttosto che vedere gli Stati Uniti assumersi la responsabilità di ricostruire il Paese in forme democratiche. Dato che è stata scelta l' altra via, ora credo sia indispensabile portarla al successo».

C' è stato un mucchio di retorica da parte dell' amministrazione Bush sulla democrazia e le riforme nel mondo arabo. Non siamo troppo idealisti?

«Per gli Stati Uniti è importante sostenere qualcosa di diverso dalla mera dimostrazione di forza. Sono d' accordo in questo. Sarei più cauto sulla capacità di mettere in atto a breve termine la cosa come programma dell' amministrazione. E sarei ancora più cauto nell' andare a coinvolgerci nelle questioni particolari dei diversi Paesi a cui abbiamo la tendenza a tenere lezioni. Sono quindi d' accordo sull' idea, e sull' atteggiamento, ma è importante tenere a mente che dobbiamo anche appoggiare la stabilità. È difficile farlo in tutti i Paesi, ma nel caso dell' Iran sembrerebbe possibile, anche se si potrebbe dire che, storicamente, i tentativi di forzare la democrazia durante l' amministrazione Carter hanno prodotto l' ayatollah Khomeini, o hanno contribuito a produrlo. Così la linea da seguire deve essere tracciata con molta attenzione».

Che cosa pensa dell' attuale linea politica che cerca di fermare l'arricchimento dell' uranio in Iran attraverso negoziati?

«Sono d' accordo sul fatto che dobbiamo cercare di fermarli e probabilmente, come tattica, è molto utile lasciare che siano gli europei a condurre il negoziato e limitarci a sostenerli. Ma il fatto è che, in un futuro relativamente prossimo, dovremo decidere se questi negoziati stiano funzionando o se non siano semplicemente un modo di legittimare la prosecuzione del loro programma. Ciò darà adito ad accese discussioni. Poi dovremo decidere, assieme ai nostri alleati, che misure prendere, e dovremo affrontare la questione di quel che siamo disposti a fare per impedire che in Iran si costruiscano armi nucleari. L' Iran ci porterà probabilmente a superare il punto fino al quale la politica di non proliferazione aveva senso, oltre il quale si vivrà in un mondo fatto di molti centri nucleari. E ci dovremmo chiedere come sarebbe il mondo se le bombe di Londra fossero state atomiche e avessero ucciso 100.000 persone».

Ho ragione a pensare che non è del tutto contrario ad attuare qualche tipo di intervento militare?

«Non sono contrario all' idea, ma penso che debba essere considerata con molta attenzione».Sarebbe un bel problema. «Non lo sto consigliando, ma, d' altro canto, è una faccenda seria permettere che nel mondo si moltiplichino centri di detenzione di armi nucleari senza limitazioni. Non consiglio un intervento militare, ma neanche lo escludo».

Bernard GwertzmanCouncil on Foreign Relationswww.cfr.org(Traduzione di Maria Sepa) Scenari La vita EUROPEO Henry Alfred Kissinger (nella foto con Mao) nasce nel 1923 a Fürth, Germania AMERICANO Trasferitosi negli Usa nel 1938 per sfuggire alle leggi razziali, nel 1968 diventa consigliere di Nixon e, dal ' 73 al ' 77, Segretario di Stato NOBEL Nel 1973 gli accordi con i nordvietnamiti gli valgono il Nobel per la Pace COERENZA NELLA LOTTA AL TERRORISMO Gli ultimi attentati avranno il risultato di ridurre le risorse che i terroristi hanno all' interno della Gran Bretagna e probabilmente obbligheranno gli europei ad avere un atteggiamento più coerente LA DEMOCRAZIA CONTRO LA FORZA Nel mondo arabo per gli Usa è importante sostenere qualcosa di diverso dalla mera dimostrazione di forza. Sono d' accordo con Bush. Sono più cauto sulla capacità di mettere in atto questo programma a breve
Gwertzman Bernard
intervista di sicuro interesse, ma su cui si possono muovere vdelle obiezioni: innanzitutto, la CIA non è mai stata d'accordo sul fatto che l'Iraq, dopo la prima guerra del golfo, fosse in posesso di WDM; inoltre, la stessa CIA parla di potenziale bellico ridotto ad 1/3 rispetto al 1991; questo difficilmente faceva dell'Iraq il paese con l'esercito più potente in quell'area. Inoltre, come detto prima, Kissinger ha non pochi interessi nella "politica del petrolio", essendo consulente di alcune compagnie petrolifere (tra cui la Unocal); infine, Kissinger fu l'ideatore, tra il 1969 e il 1974, del documento denominato NSSM-200 (declassificato, da segretissimo, solo all'inizio degli anni '90); quindi è normale che non parli di interessi di natura diversa dal "pacificare l'area in questione". Questo non vuol dire che tali interessi non ci siano.
Documenti segreti, ormai declassificati, provenienti dall'archivio della Bechtel, parlano di interessi prettamenmte economici, risalenti, addirittura, al 1983, anno del primo viaggio ufficiale di Rumsfeld in Iraq.
Che poi, dietro agli attentati di NYC, Madrid e Londra non ci sia la situazione irakena (o, meglio, non solo quella), è un dato di fatto incontrovertibile. Anche io sono sicuro che un eventuale ritiro dall'Iraq non sarebbe sufficiente a risovere il problema terrorismo; ma questo solo perchè l'Iraq non è l'unico paese oggetto della lotta per la conquista delle risorse del pianeta.

Ultima modifica di yossarian : 08-08-2005 alle 20:40.
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