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Intel Panther Lake: i processori per i notebook del 2026
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Old 20-03-2006, 11:40   #101
Ewigen
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UGANDA 20/3/2006 9.02
PRESIDENTE MUSEVENI MINACCIA INTERVENTO NELL’EST CONTRO RIBELLI LRA

“Se loro (i ribelli dell’Lra) attaccano una qualsiasi parte dell’Uganda, li inseguiremo in Congo con o senza autorizzazione”: così il presidente ugandese Yoweri Museveni, in un’intervista rilasciata al Sunday Vision (l’edizione domenicale del quotidiano filo-governativo New Vision), è tornato ieri a minacciare un intervento armato nell’est del Congo, abbandonato nel 2003 dalle truppe ugandesi dispiegate nella ‘prima guerra mondiale africana’. “In base alla legge internazionale, noi abbiamo il diritto di difenderci da soli. Questo è quello che abbiamo detto ed è molto semplice” ha aggiunto Museveni. L’esercito ugandese è in stato d’allerta dalla settimana scorsa dopo aver ottenuto informazioni secondo cui il capo e fondatore dell’Esercito di resistenza del Signore (Lord’s resistance army, Lra), Joseph Kony, avrebbe lasciato il suo rifugio segreto in Sud Sudan martedì scorso per raggiungere il suo vice nell’estremo nord est del Congo e più precisamente nel parco del Garamba, dove si troverebbe anche il numero due del movimento, Vincent Otti. Sono alcuni mesi, a partire dalla prima apparizione nell’est congolese del Lra nel settembre 2005, che Kampala ciclicamente torna a minacciare un intervento o chiede di poter inseguire i ribelli di Kony oltre frontiera. Finora sia il governo di Kinshasa sia la Missione Onu in Congo (Monuc) si sono sempre opposti alla possibilità di un intervento ugandese nell’est dell’ex-Zaire.[MZ]
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Old 20-03-2006, 22:38   #102
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 20/3/2006 21.24
LUBANGA IN AULA, CORTE PENALE INTERNAZIONALE APRE PRIMO PROCESSO

Si è svolta oggi presso la Camera numero 1 della Corte Penale internazionale (Cpi) dell’Aja la prima udienza del processo contro Thomas Lubanga Dylo, il capo del gruppo armato Unione dei patrioti congolesi (Upc), attivo per anni in Ituri, la turbolenta provincia nord-orientale della Repubblica Democratica del Congo. L’udienza pubblica di oggi - precisa in una nota il tribunale permanente istituito dalle Nazioni Unite per giudicare i crimini di genocidio, di guerra e contro l'umanità - è servita a verificare l’identità di Lubanga e contestargli formalmente le accuse mosse nei suoi confronti. "Io sono Thomas Lubanga Dyilo nato il 29 dicembre 1960. Sono politico di professione. Siamo stati informati dei nostri diritti", ha risposto Lubanga, rivolgendosi in francese al presidente del tribunale. L’avvocato di Lubanga, il belga Jean Flamme, ha depositato una richiesta di proroga della possibilità di ricorrere in appello contro il mandato d’arresto internazionale spiccato contro il congolese il 10 febbraio scorso e ha chiesto inoltre di conoscere le ragioni dell’arresto del suo assistito nel marzo del 2003 da parte delle autorità congolesi che lo hanno trattenuto per un anno senza mai contestargli formalmente alcun reato. Una nuova udienza, in cui verranno confermate le accuse mosse al capo ribelle congolese, è stata fissata per il 27 giugno prossimo. Nel primo processo della Cpi dalla sua creazione, Lubanga dovrà rispondere dei crimini di guerra, inclusi l’arruolamento di minori, che gli vengono imputati per una serie di azioni compiute coi suoi uomini tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003. Capo dell’Unione patrioti congolesi (Upc), uno dei principali gruppi armati attivi nella provincia nord orientale congolese dell’Ituri, Lubanga era stato arrestato a Kinshasa il 20 marzo 2005, a neanche un mese di distanza dall’uccisione in Ituri di nove caschi blu bengalesi. L’Upc ha sempre smentito di essere coinvolto in quell’incidente e nel corso dell’anno trascorso in carcere Lubanga si è sempre definito “un prigioniero della Monuc (l’acronimo con cui viene indicata la Missione Onu in Congo) e della Comunità internazionale”. L’Ituri è ricco di risorse minerarie, in particolare di oro e di possibili giacimenti petroliferi; da anni le bande armate ribelli (e i loro sponsor locali o internazionali) se ne contendono il controllo. Secondo l’Onu, durante la guerra del 1998-2003, gli scontri tra gruppi armati in questa provincia hanno provocato 50.000 vittime e mezzo milione di sfollati.
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Old 22-03-2006, 21:48   #103
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 22/3/2006 16.17
ELEZIONI: CHIESTA PROROGA ISCRIZIONE CANDIDATI, MARCIA OPPOSIZIONE A KINSHASA

L’ex-capo ribelle Azarias Ruberwa, uno dei quattro vice-presidenti della Repubblica democratica del Congo, ha chiesto la proroga dei termini di iscrizione dei candidati alle elezioni del 18 giugno, dopo un incontro col segretario generale dell’Onu Kofi Annan, in visita in questi giorni a Kinshasa. “Il lasso di tempo di 13 o 14 giorni non è stato realista. Come possiamo andare alle urne con appena una cinquantina di candidati registrati alla vigilia della scadenza dei tempi previsti quando sono in palio 500 seggi parlamentari?” ha detto Ruberwa. L’ex-dirigente della Coalizione democratica congolese (Rdc-Goma, ribellione filoruandese già attiva nell’est) non ha tuttavia chiarito se parteciperà o meno alla consultazione, dopo averne minacciato il boicottaggio se non saranno riconosciuti come territori amministrativi le aree di Minenbwe, Bunyakiri e Kasha, abitati in prevalenza da Banyamulengue di origine ruandese. “Dipenderà dalle discussioni ancora in corso in seno al governo” ha precisato. Intanto nella mattinata migliaia di giovani sostenitori del principale partito di opposizione, l’Unione per la democrazia e il progresso sociale’ (Udps) di Etienne Tshisekedi, sono scesi in piazza nella capitale marciando verso la sede della missione Onu in ex-Zaire (Monuc) a cui hanno consegnato un dossier contenente le loro richieste per potere prendere parte alle elezioni: dopo avere boicottato fino al dicembre scorso il processo elettorale, l’Udps chiede la riapertura degli uffici preposti alla registrazione degli aventi diritto al voto – finora respinta - il ristabilimento di un clima politico favorevole al regolare svolgimento della chiamata al voto e la soppressione di una lista di partiti di una formazione dissidente che utilizza la stessa sigla del loro movimento. La Commissione elettorale indipendente (Cei) ha registrato finora una sessantina di candidature depositate in tutto il paese per le legislative e nove per le presidenziali.

CIAD 22/3/2006 13.41
GOVERNO ANNUNCIA DISTRUZIONE BASE 'GOLPISTI' NELL’EST, RIBELLI SMENTISCONO

La massiccia offensiva lanciata dall’esercito ciadiano contro i ribelli nell’est del paese avrebbe portato allo smantellamento di una base dove si sarebbero rifugiati alcuni degli autori del colpo di Stato che il governo ha dichiarato di avere sventato la scorsa settimana: in una nota ufficiale difusa da N’Djamena, l’esecutivo del presidente Idriss Deby ha riferito che dopo il fallito golpe del 14 marzo, alcuni responsabili dell’azione si sarebbero riuniti insieme ad altri ribelli nella località di Hadjar Marfain, alla frontiera col Sudan, “per riorganizzarsi e attaccare le forze governative”. La risposta del governo “ha consentito la distruzione totale della base di Hadjar Marfain e l’arresto di sette ufficiali ribelli”; un bilancio ufficiale dei combattimenti non è stato reso noto ma alcune fonti locali parlano di una quarantina di soldati feriti e due blindati messi fuori uso. Opposta la versione di uno dei gruppi anti-governativi presenti nell’est, la sedicente ‘Alleanza nazionale per la resistenza’ (Anr), secondo cui il governo avrebbe invece subito “una pesante sconfitta” che avrebbe comportato anche la cattura di oltre un centinaio di militari e la confisca di una ventina di veicoli. Il fallito golpe ha portato nei giorni scorsi all’arresto di diverse decine di ufficiali e soldati dell’esercito regolare accusati di avere partecipato al complotto per uccidere Deby.
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Old 25-03-2006, 11:17   #104
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SUDAN 25/3/2006 10.20
ONU ACCELERA PREPARATIVI PER INVIO ‘CASCHI BLU’ IN DARFUR

Il Consiglio di sicurezza Onu ha adottato all’unanimità la risoluzione 1663 per accelerare l’invio dei ‘caschi blu’ nella regione occidentale del Darfur, in sostituzione dei circa 7.000 soldati dell’Unione Africana (Ua), incapaci, finora, di fermare le violenze contro i civili. Nel documento i 15 danno tempo fino al 24 aprile al segretario generale, Kofi Annan, per "predisporre una gamma di opzioni relativa a un'operazione delle Nazioni Unite in Darfur". Per facilitare le procedure il Consiglio ha anche deciso di estendere per altri sei mesi, fino al 24 settembre, il mandato della missione Onu già presente in Sudan (Unmis) a cui è stato chiesto di “intensificare gli sforzi” e di “fare pieno uso del suo mandato attuale” contro i ribelli nordugandesi dello Lra, presenti in Sudan, e le altre milizie che minacciano la popolazione civile. All’inizio della settimana, il coordinatore delle operazioni umanitarie delle Nazioni Unite, Jan Egeland, aveva avvertito che la situazione in Darfur continua ad aggravarsi, reiterando al governo di Khartoum l’invito ad accettare la nuova forza di interposizione “perché la comunità internazionale non è in grado di equipaggiare le forze dell’Ua come dovrebbe”. Finora, tuttavia, il presidente Omar el-Beshir ha fermamente respinto questa possibilità accusando a più riprese gli Stati Uniti e i loro alleati di volere agire con il preciso obiettivo di appropriarsi delle risorse petrolifere sudanesi.


REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 24/3/2006 22.08
L’EX GRUPPO RIBELLE RCD SI PRESENTA ALLE ELEZIONI

La Coalizione democratica congolese (Rdc), l’ex gruppo ribelle filoruandese integrato nel governo di transizione, ha annunciato questa sera la sua partecipazione alle elezioni generali che inizieranno il prossimo 18 giugno. Azarias Ruberwa, leader del Rcd e uno dei quattro vicepresidenti congolesi, presenterà ufficialmente la sua candidatura alle elezioni presidenziali nei prossimi giorni. Nelle scorse settimane Ruberwa aveva minacciato di lasciare le istituzioni di transizione se non fossero stati riconosciuti come circoscrizioni elettorali i territori di Minenbwe, Bunyakiri e Kasha (situate nel Kivu sotto l’amministrazione del Rdc), zone a forte presenza banyamulenge (congolesi d’origine ruandese). L’Rcd aveva inoltre chiesto il prolungamento delle operazioni di registrazione dei candidati, istanza soddisfatta ieri concedendo ulteriori 10 ore di tempo agli aspiranti al Parlamento e alla carica di presidente. In vista delle elezioni congolesi, il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato ieri l’invio di “una forza di dissuasione” che, sotto il comando della Germania, darò supportò alle forze della missione delle Nazioni Unite in Congo (Monuc). Questo contingente sarà “molto ridotto” e sarà dispiegato pochi giorni prima le elezioni.
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Old 28-03-2006, 11:42   #105
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SUDAN 28/3/2006 11.05
SUD SUDAN: GOVERNO INVITA RIFUGIATI IN UGANDA A RIENTRARE, “NIENTE RISCHI”

Il Sud Sudan è ormai pacificato e i rifugiati possono rientrare senza temere per la propria sicurezza, nonostante due recenti attacchi contro uffici dell’Onu nella regione: lo ha detto il ministro degli Interni di Khartoum, Aleu Avieny Aleu, sostenendo che sui circa 200.000 sudanesi riparati in Uganda non peserebbe più la minaccia dei ribelli nordugandesi dell’Esercito di resistenza del signore (Lra). “Non causeranno problemi al vostro ritorno, non deve essere questa la ragione per non tornare alle vostre case. Sarete protetti” ha aggiunto Aleu. Il ministro ha firmato un accordo con le autorità di Kampala e l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Acnur/Unhcr) per organizzare il primo rimpatrio volontario di profughi sudanesi riparati in Uganda. “Siamo pronti per l’operazione. I camion partiranno tra il 3 e il 4 aprile. Ma dobbiamo ancora assicurarci che le cose siano migliorate sul terreno” ha riferito il responsabile delle operazioni dell’Acnur/Unhcr per il Sudan, Jean-Marie Fakhouri. Secondo il funzionario l’attacco sferrato a metà mese contro l’ufficio Onu a Yei, in cui è rimasta uccisa una guardia, sarebbe opera di banditi; sembra invece più probabile che nell’altro assalto contro una base Onu a Yambio, il 19 marzo scorso, concluso con il ferimento di due ‘caschi blu’ originari del Bangladesh, possano essere coinvolti elementi dello Lra. Il rimpatrio dei profughi sudanesi fuggiti nella Repubblica Centrafricana è iniziato a febbraio, mentre è stato posticipato per ragioni di sicurezza quello dalla Repubblica democratica del Congo.
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Old 01-04-2006, 00:53   #106
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CIAD 31/3/2006 18.55
DENUNCIATO RECLUTAMENTO CIVILI SUDANESI IN CAMPI PROFUGHI

Uomini e adolescenti sudanesi nei campi profughi in Ciad vengono reclutati, anche con la forza, per essere coinvolti nei combattimenti che imperversano nell’area di confine: lo denuncia l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Acnur/Unhcr), che ha condotto un’indagine nei campi di Treguine, Bredjing e Farchana, situati tra Areche e Adré, sul confine tra Ciad e Sudan. Tra il 17 e il 19 marzo scorso, approfittando dell’assenza di parte del personale, uomini armati avrebbero convinto o costretto a lasciare i campi alcune centinaia di uomini tra i 15 e 36 anni. “Ancora non siamo in grado di dire chi sia responsabile di questi arruolamenti, ma abbiamo la testimonianza di rifugiati tornati indietro che hanno detto di essere stati presi e portati in campi di addestrato al confine con il Darfur” ha detto il portavoce dell’Unhcr da Ginevra. Non è chiaro su quale fronte dovrebbero essere impegnati, nelle intenzioni dei loro ‘rapitori’, i profughi sudanesi: se nel conflitto in Darfur o dall’altra parte del confine, dove anche in queste ore sono stati segnalati violenti scontri tra ribelli del Ciad e soldati governativi. Già nelle settimane scorse erano stati denunciati dall’Unhcr simili episodi nel campo di Kounoungou, nei pressi di Guereda. L’Alto Commissariato ha duramente condannato il reclutamento di rifugiati sudanesi chiedendo a tutte la parti coinvolte di cessare immediatamente tali attività che violano le leggi internazionali.
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Old 04-04-2006, 22:35   #107
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 4/4/2006 9.41
VIOLAZIONI DIRITTI UMANI, PROCURATORE CORTE AJA A KINSHASA

Con l’obiettivo di raccogliere prove e materiali utili all’inchiesta per crimini di guerra contro un ex-capo ribelle, il procuratore della Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja, Luis Moreno Ocampo, è arrivato a Kinshasa. L’inchiesta per violazioni dei diritti umani nella Repubblica Democratica del Congo – il Tribunale ha competenza per crimini di guerra, contro l’umanità e genocidio – riguarda “diversi crimini compiuti da numerosi gruppi armati nella regione dell’Ituri”, la provincia nord-orientale dove secondo stime Onu, tra il 1999 e il 2004, sono state uccise circa 50.000 persone e oltre mezzo milione sfollate. Uno degli obiettivi della visita del procuratore, si apprende da un comunicato, “è di prevenire ulteriori violazioni nella regione” e “porre fine all’impunità”. Finora è stato portato davanti alla corte soltanto Thomas Lubanga, capo dell’Unione patrioti congolesi (Upc), una milizia sostenuta prima dall’Uganda e poi dal Rwanda nelle battaglia per lo sfruttamento delle ricche risorse minerarie dell’Ituri, vero motivo degli scontri a sfondo etnico tra le comunità Hema e Lendu. Lo scorso 20 marzo, nella prima udienza della Cpi – unico tribunale penale mondiale, istituito con il Trattato di Roma del 2002 – Lubanga è stato incriminato per crimini di guerra, incluso l’arruolamento di minori, che gli vengono imputati per una serie di azioni compiute coi suoi uomini tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003; Ocampo aveva in precedenza dichiarato che intende ampliare i capi di imputazione contro di lui. Le altre due inchieste aperte finora dalla Corte riguardano il conflitto in nord Uganda e nella regione del Darfur in Sudan.


SUDAN 4/4/2006 17.24
NUOVA POLEMICA TRA SOTTOSEGRETARIO ONU E KHARTOUM

Il sottosegretario dell’Onu con delega agli affari umanitari, Jan Egeland, è tornato ad accusare il governo sudanese di ostruzionismo e oggi ha fatto sapere che le autorità di Khartoum non gli hanno concesso il permesso di sorvolare il Darfur (la regione occidentale del Sudan) per raggiungere l’est del Ciad, dove da oltre 3 anni vivono quasi 200.000 profughi sudanesi. “Abbiamo deciso di cancellare la visita in Ciad dopo che il ministero degli Esteri ci ha informato che il governo non ci avrebbe concesso i permessi per sorvolare il territorio sudanese” ha detto Egeland alla stampa internazionale da Rumbek, una della principali città del Sud Sudan dove si trovava oggi in visita. Parlando con alcuni giornalisti presenti a Rumbek, il sottosegretario dell’Onu ha poi sottolineato che il divieto di sorvolo è una conseguenza del deteriorarsi delle relazioni tra le Nazioni Unite e il governo di Khartoum causato dalla possibilità che il Palazzo di Vetro invii una missione di pace internazionale in Darfur. Nelle ultime 24 ore, Egeland e Khartoum sono già state protagoniste di un acceso botta e risposta: il funzionario dell’Onu ha accusato il governo di avergli impedito di recarsi in Darfur, mentre l’esecutivo sudanese ha negato di aver ostacolato la missione del sottosegretario.


UGANDA 4/4/2006 18.08
APERTO PROCESSO PER TRADIMENTO A CAPO OPPOSIZIONE

Il principale esponente dell’opposizione ugandese, Kizza Besigye, si è dichiarato oggi “non colpevole” nel processo per tradimento che si è aperto all’Alta Corte di Kampala. Anche i 22 co-imputati, tutti influenti esponenti del partito antigovernativo Forum per il cambiamento democratico (Fdc) hanno rigettato le accuse mosse e che li avrebbero visti, “tra il 2001 e il 2004”, impegnati a organizzare un “complotto per rovesciare il governo”. L’accusa ha depositato una lista con i nomi di una sessantina di testimoni che dovrebbero confermare e consegnare prove per suffragare i reati contestati agli imputati. Proprio la prima di queste testimonianze, però, ha bloccato oggi il processo che è stato aggiornato a domani. Il teste infatti, una donna Acholi (nord dell’Uganda), non parlava inglese e quindi il tribunale ha aggiornato la seduta per trovare un interprete. Besigye, sconfitto alle presidenziali dello scorso febbraio dal presidente in carica Yoweri Museveni, è stato arrestato a poche settimane dalle elezioni e chiamato a rispondere di almeno 4 procedimenti giudiziari avviati nei suoi confronti. Già assolto dall’accusa di stupro depositata come quella di tradimento di fronte alla giustizia civile, il capo dell’opposizione deve rispondere anche di “terrorismo” e “possesso di armi da fuoco” di fronte a una corte marziale. Secondo la Corte Suprema ugandese però i tribunali militari non hanno la giurisdizione necessaria a giudicare Besigye.
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Old 05-04-2006, 21:50   #108
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AFRICA 5/4/2006 6.32
ERITREA-SUDAN: MIGLIORANO LE RELAZIONI DIPLOMATICHE

I governi di Eritrea e Sudan hanno nominato gli ambasciatori che dovranno essere inviati nelle rispettive capitali, facendo segnare un nuovo passo avanti sulla strada della normalizzazione delle relazioni diplomatiche, dopo anni di accuse e sfiducia reciproca; lo ha reso noto il ministro dell’Informazione eritreo, Ali Abdu. Le relazioni tra i due paesi sono entrate in crisi a partire dal 1994, da quando cioè i due governi hanno cominciato ad accusarsi a vicenda di fornire appoggio alle rispettive ribellioni interne. Negli ultimi quattro anni le polemiche tra Khartoum ed Asmara avevano ripreso nuovo vigore, col governo sudanese che accusava l’Eritrea di fornire sostegno ai ribelli attivi in Darfur (la regione occidentale sudanese teatro di una guerra civile dal febbraio 2003) e ai movimenti dell’etnia Beja impegnati in azioni antigovernative nell’est del Sudan. Asmara ha sempre smentito qualsiasi appoggio militare alle ribellioni del paese confinante, pur riconoscendo il proprio sostegno politico alle rivendicazioni che le popolazioni nere sudanesi avanzano al governo di Khartoum.


REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 5/4/2006 11.42
CORTE PENALE INTERNAZIONALE, NUOVI MANDATI D’ARRESTO ALL’ORIZZONTE

Quello di Thomas Lubanga è “il nostro primo caso, ma non certo l’ultimo”: lo ha detto ieri sera, durante una conferenza stampa tenuta a Kinshasa, il procuratore capo della Corte penale internazionale (Cpi), Luis Moreno Ocampo, il quale ha poi annunciato nuovi mandati d’arresto nei confronti di altri responsabili di crimini contro l’umanità commessi nella Repubblica Democratica del Congo. “Nel corso del 2006, ci saranno altri casi. Probabilmente nei prossimi mesi, decideremo di perseguire legalmente un altro capo di un altro gruppo armato attivo in Ituri”, ha detto Ocampo ai giornalisti presenti alla conferenza stampa organizzata ieri nella capitale congolese prima della sua partenza per l’Europa. “Un terzo procedimento – ha aggiunto – sarà probabilmente avviato nel 2007 e dovrebbe riguardare coloro che hanno finanziato o rifornito di armi i gruppi attivi in Kivu (est del paese) o in Katanga (sud-est del Congo)”. L’inchiesta per violazioni dei diritti umani nella Repubblica Democratica del Congo avviata dalla Cpi – il Tribunale ha competenza per crimini di guerra, contro l’umanità e genocidio – riguarda “diversi crimini compiuti da numerosi gruppi armati prevalentemente nella regione dell’Ituri”, la provincia nord-orientale dove secondo stime Onu, tra il 1999 e il 2004, sono state uccise circa 50.000 persone e oltre mezzo milione sono state costrette a sfollare. Finora è stato portato davanti alla Corte soltanto Thomas Lubanga, capo dell’Unione patrioti congolesi (Upc), una milizia sostenuta prima dall’Uganda e poi dal Rwanda nelle battaglia per lo sfruttamento delle ricche risorse minerarie dell’Ituri, vero motivo degli scontri a sfondo etnico tra le comunità Hema e Lendu. Lo scorso 20 marzo, nella prima udienza della Cpi – unico tribunale penale mondiale, istituito con il Trattato di Roma del 2002 – Lubanga è stato incriminato per crimini di guerra, incluso l’arruolamento di minori, che gli vengono imputati per una serie di azioni compiute coi suoi uomini tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003; Ocampo aveva in precedenza dichiarato che intende ampliare i capi di imputazione contro di lui. Le altre due inchieste aperte finora dalla Corte riguardano il conflitto in nord Uganda e nella regione del Darfur in Sudan
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Old 12-04-2006, 23:10   #109
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CIAD 12/4/2006 12.15
INCERTEZZA SU PRESUNTA “CONQUISTA” DEI RIBELLI

Malgrado la mancanza di conferme indipendenti, il governo del Ciad ha affermato oggi di aver ripreso il controllo della città di Mongo, circa 400 chilometri dalla capitale N’Djamena, attaccata ieri dai ribelli del ‘Fronte unito per il cambiamento democratico’ (Fuc) che hanno lanciato un’offensiva forse finale per rovesciare il presidente Idriss Deby a tre settimane dalle elezioni. La città sarebbe “sotto il controllo delle forze governative dalle 19:00 di ieri sera” ha detto il ministro della Difesa Bichara Issa Djadallah all’agenzia ‘Afp’. “È falso, una parte delle nostre forze si trova ancora a Mongo” ha ribattuto un portavoce dei ribelli. Secondo l’esponente governativo, “elicotteri dell’esercito hanno attaccato le posizioni dei ribelli nella zona di Bitikine”, circa 60 chilometri a ovest di Mongo. I ribelli sarebbero stati dispersi e l’esercito – sempre stando al ministro – “li sta inseguendo”. Secondo fonti locali, il Fuc – che riunisce formazione armate diverse determinate a estromettere dal potere il presidente Deby – starebbe avanzando verso nord in direzione di Ati, la principale città che si trova a metà strada tra N’Djamena e Abeché, città orientale a circa 700 chilometri dalla capitale. Tra domenica e ieri, le forze anti-governative hanno attaccato una postazione dell’esercito nel sud e occupato la località di Koukou nell’est del paese.
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CIAD 13/4/2006 17.28

Le truppe governative avrebbero respinto l’attacco dei ribelli a N'djamena e la situazione in città sarebbe calma e completamente sotto controllo: dopo il presidente Deby, è stato il ministro dell’Amministrazione territoriale, Mahamat Ali Abdallah, a confermare la “vittoria” dell’esercito regolare. Parlando ai giornalisti davanti all’Assemblea nazionale - dove stamani erano arrivati i ribelli del Fronte per il cambiamento democratico (Fuc), dopo essere entrati all’alba dai sobborghi nell’est e del nord della capitale – il ministro ha detto: “Ci sono centinaia di morti tra ribelli uccisi e grandi quantità di materiali bellici sequestrati”; notizie difficilmente verificabili in modo indipendente. L’esponente governativo –secondo il racconto del corrispondente dell’agenzia ‘Afp’ – era circondato da ingenti misure di sicurezza mentre sull’asfalto “giacevano i corpi una decina di ribelli morti o feriti”. Abdallah ha apertamente accusato il governo del Sudan di avere orchestrato l’attacco dei ribelli del Fuc, che stanno cercando di rovesciare il presidente Deby. Stessa decisa accusa è giunta dal ministro degli Esteri di N’Djamena, Ahmat Allami, dal Cairo, dove si trova in visita diplomatica: “Come abbiamo più volte ripetuto – ha detto - è in corso un attacco pianificato di Khartoum contro il Ciad. Quello che abbiamo vissuto nelle ultime 72 ore è il risultato della politica di aggressione del Sudan contro il nostro paese”. Allami ha accusato il governo del presidente sudanese Omar Hassan el Beshir di servirsi dei ribelli ciadiani come di “carne da cannone”, in violazione degli accordi sottoscritti dai due paesi a Tripoli l’8 febbraio scorso, in cui si sono impegnati a non interferire l’uno degli affari interni dell’altro. Dalla presidenza di turno austriaca dell’Unione Europea, intanto, è arrivato una netta condanna degli attacchi e una richiesta ai dirigenti politici regionali di contribuire al ritorno alla calma “il più presto possibile”. Ad Addis Abeba, il consiglio per la pace e la sicurezza dell’Unione Africana, ha convocato una riunione d’urgenza per discutere della crisi in Ciad.
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Old 15-04-2006, 22:49   #111
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SUDAN 15/4/2006 9.21
KHARTOUM CONVOCA AMBASCIATORE CIAD

Il Ministero degli Esteri sudanese ha annunciato di aver convocato l’ambasciatore ciadiano in Sudan per chiedere “spiegazioni” delle dichiarazioni riguardo alla rottura delle relazioni diplomatiche tra Ciad e Sudan fatte ieri dal presidente ciadiano Idriss Deby. Lo riferisce l’agenzia di stampa ufficiale, Suna, citando il portavoce del ministero degli Esteri sudanese, l’ambasciatore Jamal Mohamed Ibarhim. Secondo alcuni organi d’informazione internazionale, che citano la stessa agenzia Suna, il governo di Khartoum avrebbe già provveduto ad espellere l’ambasciatore ciadiano. Il portavoce del ministero degli Esteri ha comunque ribadito che il Sudan “intende rispettare pienamente i regolamenti regionali e internazionali per preservare relazioni di buon vicinato con i paesi confinanti” e ha sottolineato che Khartoum “non ha niente a che fare con i problemi interni ciadiani”. L’ambasciatore Ibarhim ha poi ricordato, a sostegno dell’estraneità sudanese nelle turbolenze ciadiane, i recenti rapporti dell’Unione Africana. Lo scorso febbraio, il capo della missione militare dell’Unione Africana (Ua) in Darfur, Baba Gana Kingibe, aveva precisato che le indagini compiute da un’apposita commissione di verifica sull’attacco lanciato dai ribelli anti-Deby contro la città di frontiera di Adré (lo scorso dicembre) “non hanno consentito di raccogliere prove del supporto delle autorità sudanesi ai ribelli ciadiani”. Proprio dall’attacco ad Adre, che il governo ciadiano considera organizzato e orchestrato dal Sudan, le relazioni tra Ciad e Sudan sono andate costantemente deteriorando.

CIAD 15/4/2006 11.25
TORNA LA NORMALITÀ DOPO “L’AVVENTURA SUICIDA” DEI RIBELLI

“N’djamena è definitivamente tornata a vivere i suoi ritmi normali. Oggi uffici e scuole hanno ripreso a funzionare normalmente e la presenza dei militari sembra addirittura minore rispetto a quella solita”: così una fonte della MISNA contattata in città descrive il clima che si respira nella capitale ciadiana, teatro giovedì scorso di scontri tra i soldati regolari e un gruppo di ribelli che intendeva rovesciare il presidente Idriss Deby. “La gente continua a discutere di quello che è successo e sa bene che la partita non è conclusa, anche perché tutti qui si sono accorti che tra i ribelli entrati in città nei giorni scorsi non c’erano i militari ciadiani della stessa etnia del presidente che gli hanno voltato le spalle e che per lui rappresentano la principale minaccia” aggiunge la fonte che ha chiesto di restare anonima per motivi di sicurezza. Secondo informazioni raccolte dalla MISNA, contattando varie fonti in punti diversi di N’djamena, quella dei ribelli sarebbe stata una ”avventura suicida”. “I cosiddetti ribelli erano tutti giovanissimi provenienti dalle zone rurali del paese. Sono entrati in città a piedi, armati solo di armi leggere” dice alla MISNA il signor Mawata responsabile della Caritas Ciad, confermando le informazioni raccolte ieri secondo cui gli assalitori entrati giovedì nella capitale non conoscevano la città, le sue strade e neanche gli obiettivi della loro operazione, al punto che hanno dato l’assalto al palazzo del parlamento, pensando di essere di fronte alla residenza del presidente. Anche altre fonti della MISNA hanno sottolineato la precarietà della forze ribelli entrate a N’djamena e la totale assenza, nell’attacco di giovedì, degli elementi dello Scud, il gruppo ribelle nato nei mesi scorsi e in cui sono confluiti esponenti di spicco dell’esercito ciadiano (numerosi generali e i responsabili della guardia personale del presidente Deby) e dello stesso partito di governo, tutti comunque figure di primo piano della etnia del capo di Stato. Ma oggi a N’djamena si discuter molto anche del ruolo giocato in questi giorni dai militari francesi, fortemente criticati per l’appoggio logistico e informativo fornito all’esercito regolare ciadiano. In una lettera aperta, una coalizione di organizzazioni non governative (ong) locali e associazioni della società civile (tra cui il Comitato cattolico contro la fame e per lo sviluppo, Ccfd) chiede alla Francia di cessare di appoggiare il governo Deby e di sostenere invece con urgenza una conferenza per il Dialogo nazionale, che coinvolga tutti i protagonisti della vita politica e sociale del paese in modo da trovare una soluzione comune “al degrado della situazione politica e di sicurezza” che da mesi si registra su tutto il territorio ciadiano. Sulla stampa locale invece si comincia ad accusare apertamente Parigi di “neo-colonialismo” e di intromissione in questioni interne ciadiane, sottolineando come il sostegno francese a Deby violi lo stesso accordo difensivo tra Francia e Ciad (risalente al 1972) che prevede un intervento dei militari d’oltralpe solo in caso di aggressione esterna. Tuttavia sembrano ormai prive di fondamento le informazioni (circolate su parte della stampa ciadiana nelle ultime 48 ore) riguardo a un intervento armato dell’aviazione francese a fianco dei militari governativi, con bombardamenti che avrebbero colpito anche alcuni civili. Il bilancio dei combattimenti per le strade di N’djamena di giovedì scorso resta ancora uno dei principali interrogativi da sciogliere. Per il momento continuano a circolare solo le cifre ufficiali fornite ieri dal governo ciadiano: oltre 550 vittime (una trentina di militari governativi e quasi 520 ribelli), facendo riferimento ai combattimenti avvenuti a N’djamena e ad Adrè, la principale cittadina dell’est del paese prima di arrivare al confine col Sudan. Nei bilanci ufficiali manca qualsiasi riferimento alle vittime civili degli scontri: “Vi assicuro che ce ne sono state. Ho visto con i miei occhi il cadavere di un nostro vicino, ucciso da un razzo che ha colpito la sua abitazione” dice alla MISNA una fonte contattata in uno dei quartieri periferici di N’djamena maggiormente interessato dai combattimenti. Altre fonti contattate dalla nostra agenzia ritengono invece che i civili morti nelle sparatorie tra ribelli e militari governativi non siano “più di due o tre”.
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Old 16-04-2006, 14:14   #112
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CIAD Preoccupazione internazionale per il divampare del conflitto
e per il pericolo di coinvolgimento del Sudan
Centinaia di morti nella battaglia a N'Djamena
I rifugiati del Darfur minacciati di espulsione

N'DIAMENA, 15.
C'è fortissima preoccupazione nella comunità internazionale per il pericolo che divampi ulteriormente la guerra civile in Ciad e che si possa innescare un nuovo conflitto africano con il coinvolgimento del Sudan. Il Governo di Khartoum è accusato dal Presidente ciadiano Idriss Deby di appoggiare i militari ribelli ciadiani del "Fronte unito per il cambiamento" (Fuc) che giovedì hanno sferrato un'offensiva, respinta dopo duri combattimenti, contro la capitale N'Djamena. Le conseguenze dei combattimenti sono state pesantissime soprattutto per i civili, come testimoniato dall'organizzazione umanitaria "Medici senza frontiere", il cui personale ha raggiunto l'ospedale generale di N'Djamena per portare aiuto ai medici locali impegnati a curare i feriti. Secondo uno dei chirurghi di "Msf", Pierre Gielis, "la maggior parte dei feriti è molto giovane, abbiamo curato molte ragazzine e persino un bimbo di tre anni".
Sempre giovedì, un'altra sanguinosa battaglia è stata ingaggiata nei pressi della città orientale di Acra, vicino al confine con la regione occidentale sudanese del Darfur, a sua volta teatro da tre anni di un conflitto civile che ha innescato una spaventosa crisi umanitaria, con oltre due milioni di profughi, compresi più di duecentomila rifugiati in territorio ciadiano. I ribelli hanno altresì sostenuto di aver circondato le città di Bardai e Zaouarkè, anch'esse a ridosso del confine sudanese.
Proprio la condizione dei rifugiati del Darfur in Ciad minaccia di peggiorare ulteriormente, dopo la rottura delle relazioni diplomatiche tra N'Djanema e Khartoum e la chiusura della frontiera decisa da Deby e seguita da un analogo provvedimento preso dalla Repubblica Centroafricana che ieri ha a sua volta chiuso il confine con il Sudan. "Entro la fine di giugno - ha avvertito Deby - la comunità internazionale deve trovare un'altra soluzione per il Darfur, oppure trovare un altro Paese che ospiti i rifugiati", sottintendendo un provvedimento di espulsione dei profughi che avrebbe conseguenze potenzialmente devastanti.
Dopo gli scontri di giovedì, che hanno provocato centinaia di morti, sia secondo i bilanci forniti dal Governo ciadiano sia stando alle notizie giunte dalle organizzazioni umanitarie che operano in Ciad, i movimenti militari sono continuati anche ieri. Secondo fonti citate dalla Misna, l'agenzia internazionale delle Congregazioni missionarie, truppe governative ed equipaggiamenti sono stati trasportati a bordo di un apparecchio dell'aviazione francese e di un aereo militare ciadiano, da N'Djamena all'aeroporto di Sarh, circa 500 chilometri a Sud-Est della capitale e distante un centinaio di chilometri dal confine con la Repubblica Centroafricana. In precedenza, fonti del Ministero della difesa francese avevano ammesso che nell'ambito del "sostegno logistico" della Francia al Ciad, una quarantina di militari ciadiani e un quantitativo di armi leggere sono stati trasportati tra giovedì e venerdì nel Sud-Est del Paese da mezzi aerei francesi. La Francia, ex Paese coloniale, mantiene in Ciad, dove vivono circa 1.500 civili francesi e 300 cittadini di altri Paesi europei, un sostanzioso dispositivo militare, con 1.200 soldati appoggiati da mezzi aerei.
Ufficialmente i militari ciadiani sono stati dispiegati a Djoli per prevenire possibili attacchi dei ribelli nella regione, ricca di risorse petrolifere. Il bacino del Doba è infatti il punto d'origine di un grande oleodotto gestito da un consorzio internazionale, in prevalenza statunitense, che dal 2003 trasporta il petrolio ciadiano fino al porto camerunese di Kribi. Il Governo di N'Djamena ha minacciato di fermare l'oleodotto, che trasporta circa 170.000 barili di petrolio al giorno, per ritorsione alle decisioni della Banca mondiale che ha sospeso i finanziamenti, accusando il Ciad di non rispettare gli accordi in base ai quali una parte delle rendite del petrolio va impiegata nella costruzione di infrastrutture sociali e sanitarie nel Paese.

(©L'Osservatore Romano - 16 Aprile 2006)
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Old 17-04-2006, 21:35   #113
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17 aprile 2006 14.32
AFRICA
CIAD: GOVERNO ACCUSA SUDAN
PREPARARE NUOVO ATTACCO RIBELLI

Il ministro degli Esteri del Ciad, Ahmat Allami, è tornato a puntare il dito contro il Sudan, accusandolo di essere impegnato nella creazione di una nuova milizia dei ribelli ciadiani del Fuc, il Fronte Unito per il Cambiamento deciso a rovesciare il presidente Idriss Deby Itno, per poi lanciarli ancora contro il Paese confinante in un ulteriore attacco, dopo il fallito assalto della settimana scorsa alla capitale, n'Djamena. "Dall'altra parte della Frontiera sono in corso preparativi", ha denunciato Allami. "I sudanesi stanno rifornmando un'altra volta un esercito insurrezionale. Si stanno preparando a un nuovo massacro", ha aggiunto. Sabato Deby aveva rotto le relazioni diplomatiche con Khartoum, e ieri era stata ritirata la delegazione dal tavolo delle trattative di pacificazione della regione occidentale sudanese del Darfur, in corso in Nigeria. Secondo le autorità di N'Djamena, gli avversari punterebbero in realtà a impadronirsi dei loro giacimenti d'idrocarburi, e per questo starebbero tra l'altro sfruttando la crisi nel Darfur per poter destabilizzare l'intera regione, e alimentare così le incursioni del Fuc.[Avvenire]
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Old 17-04-2006, 22:22   #114
ivanao
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Ultima modifica di ivanao : 04-04-2010 alle 16:37.
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Old 18-04-2006, 18:01   #115
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UGANDA 18/4/2006 18.27
NORD: ANNUNCIATO SGOMBERO PARZIALE CAMPI PER SFOLLATI

Non sembrerebbe ancora iniziato lo sgombero annunciato oggi dall’esercito di una parte dei campi per sfollati che da 20 anni ospitano oltre 1,5 milioni di civili nei distretti del nord Uganda, dove la popolazione è stata costretta a cercare riparo in grandi accampamenti per fuggire alle violenze del sedicente Esercito di liberazione del signore (Lord’s resistance army, Lra). Citato da un quotidiano locale, un portavoce delle forze ugandesi ha detto che l’esercito ritiene migliorate le condizioni tanto da poter smobilitare i campi di accoglienza e rimandare a casa circa 250.000 civili nelle regioni abitate dalle comunità Lango e Teso. “Al momento non risulta che la gente abbia iniziato a tornare nei propri villaggi” ha detto alla MISNA monsignor John Baptist Odama, arcivescovo di Gulu – principale città del nord – uno dei promotori delle iniziative di pace e di dialogo tra governo e ribelli. “La popolazione di queste terre da due decenni chiede la fine della guerra e la possibilità di rientrare nelle proprie case, abbandonando una volta per tutte i campi per sfollati, dove i civili sono stati ‘disumanizzati’ dalle condizioni di vita abominevoli” dice ancora Odama. Che ammette però: “Qualcosa è cambiato, soprattutto nei distretti di Gulu e Kitgum, dove è possibile muoversi sulle principali strade senza temere un’imboscata dei ribelli, anche se non si può parlare ancora di diffusa sicurezza”. Altre fonti locali contattate dalla MISNA confermano che tra i Lango – nella zona di Lira – gran parte degli sfollati non è ancora pronta per il ritorno nei villaggi d’origine; tra i Teso, invece, restano forti timori per le aggressioni e i furti di bestiame dei karimojong, pastori armati conosciuti per le loro violente razzie di mandrie nell’est dell’Uganda. “Museveni è stato spesso accusato di non attivarsi abbastanza a favore degli sfollati del nord – aggiunge una fonte religiosa contattata nella capitale Kampala – e non appare ancora chiaro se a questo annuncio di mandare a casa gli sfollati seguiranno davvero anche i fatti”. L’esercito si sarebbe dichiarato pronto a consegnare sementi, strumenti agricoli e cibo per sei mesi a ogni famiglia. “Occorre dare ai civili una possibilità concreta: in Sudan i rientri dei profughi sono avvenuti dopo la firma dell’accordo di pace, speriamo che ciò possa accadere anche qui” conclude l’interlocutore. Finora il lungo negoziato con i ribelli dello Lra non ha dato esito: è comunque parere diffuso, in Uganda, che i miliziani si siano indeboliti e probabilmente frammentati in sottogruppi ancora attivi tra il nord del Paese e i confinanti Sudan e Repubblica Democratica del Congo; i comandanti dello Lra – ritenuti tra l’altro responsabili dal 1986 di arruolamenti forzati di bambini e ragazzi - sono ricercati dalla Corte penale internazionale dell’Aja per gravi violazioni dei diritti umani.


CIAD 18/4/2006 12.44
N’DJAMENA: TRA LA GENTE CRESCE RISENTIMENTO CONTRO FRANCESI
Altro, Standard

“La situazione in città è calma anche se sta cominciando a serpeggiare una forte intolleranza nei confronti dei francesi da parte della popolazione locale”: lo dice alla MISNA una fonte contattata a N’djamena che per ragioni di sicurezza ha chiesto di restare anonima, precisando che “gran parte della popolazione vede nei movimenti ribelli nati negli ultimi mesi l’unica possibilità di cambiamento reale nel paese. Alcuni li vedono addirittura come dei liberatori, ma quasi tutti sono infastiditi dall’intromissione dei francesi, giudicati i principali responsabili della respinta dei ribelli del Fronte unito per il cambiamento (Fuc)”. Fonti vicine al governo di N’djamena hanno confermato alla MISNA il ruolo determinante giocato dalle truppe francesi (presenti nel quadro dell’operazione ‘Sparviero’) nel respingere l’attacco lanciato la scorsa settimana contro la capitale, ma hanno anche smentito seccamente le voci (sempre più ricorrenti a N’djamena, contribuendo a scaldare i toni anti-francesi) che vedrebbero i militari di Parigi responsabili della morte di civili in seguito ad alcuni bombardamenti aerei. “Non c’è stato assolutamente nessun intervento armato che potrebbe aver causato la morte di civili” dice alla MISNA la fonte governativa che ha chiesto di restare anonima. “I francesi – continua – sono stati fondamentali per tre ragioni: hanno riparato i carri armati sabotati dai militari che nei mesi scorsi avevano disertato, hanno fornito preziose informazioni sui movimenti delle colonne ribelli con foto e ricognizioni aeree e soprattutto hanno riportato con la loro aviazione le truppe governative a N’djamena”. Altre fonti contattate dalla MISNA in città confermano l’importanza del ruolo giocato dai francesi nel difendere N’djamena, visto che mercoledì scorso, quando cominciarono a circolare le prime informazioni certe sulla presenza dei ribelli alle porte della capitale, il grosso dell’esercito ciadiano si trovava nell’est del paese, dove da mesi sono in corso scaramucce tra ribelli e militari regolari, lasciando la città sostanzialmente “sguarnita”. Secondo queste informazioni, i militari fedeli a Deby sono riusciti a rientrare in tempo nella capitale proprio grazie all’aiuto dei francesi, che hanno aviotrasportato le truppe dall’est e che hanno guidato i convogli via terra attraverso le strade non controllate dalla ribellione. Intanto sia fonti ribelli che governative confermano la diserzione, negli ultimi giorni, di altri importanti esponenti dell’esercito. Secondo le informazioni in circolazione, almeno una decina di alti ufficiali avrebbe lasciato da giovedì la capitale per unirsi ai colleghi (quasi tutti stretti collaboratori di Deby nonché importanti e influenti esponenti del partito di governo e dell’etnia del presidente) che nei mesi scorsi hanno dato vita alle ribellioni orientali. Lo scopo principale di questi gruppi è quello di rovesciare il capo di Stato, mentre quello più immediato è impedire lo svolgimento delle elezioni del prossimo 3 maggio. Fonti militari ciadiane, infine, hanno confermato l’avanzata degli ultimi giorni dei ribelli del Movimento per la democrazia e la giustizia del Ciad (Mdjt), lo storico gruppo ribelle del nord del paese che nell’estate del 2005 aveva firmato un accordo di pace col governo, ma che con la nascita delle nuove ribellioni è tornato in azione. Fonti militari hanno confermato la presa di alcune città da parte del Mdjt, che nei giorni scorsi aveva annunciato di aver circondato le città di Bardai e Zaouarkè. Intanto il governo ciadiano, per bocca del suo ministro degli Esteri Ahmat Allami, ha nuovamente accusato il Sudan (con cui la scorsa settimana ha rotto le relazioni diplomatiche perché avrebbe sostenuto l’attacco dei ribelli del Fuc su N’djamena) di star preparando altri attacchi in territorio ciadiano e di aver avviato la formazione di un nuovo gruppo anti-governativo. Il Sudan continua a smentire qualsiasi coinvolgimento nelle vicende ciadiane degli ultimi mesi.


SUDAN 18/4/2006 9.38
DARFUR: ONU, BLOCCATE SANZIONI CONTRO DIRIGENTI SUDANESI

Sono state bloccate al Consiglio di Sicurezza dal voto di Russia, Cina e Qatar, le sanzioni che avrebbero dovuto colpire 4 esponenti del governo sudanese ritenuti colpevoli di abusi in Darfur e di aver ostacolato i colloqui di pace in corso in Nigeria. Lo riferiscono fonti delle Nazioni Unite, precisando che i due membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Russia e Cina) e l’unico paese arabo che siede nel massimo organo decisionale Onu hanno ritenuto che un’eventuale approvazione avrebbe potuto mettere in crisi i colloqui di pace in corso ad Abuja. Una lista contenente i nomi di 4 alte personalità sudanesi, giudicate passibili di sanzioni per i crimini commessi in Darfur, era stata depositata la settimana scorsa dagli ambasciatori di Stati Uniti e Inghilterra, sulla base delle segnalazioni presentate da un’apposita commissione. I nomi dei 4 sono ancora coperti dal più stretto riserbo. Le sanzioni, il congelamenti di fondi all’estero e l’interdizione ai viaggi all’estero, sono previste dalla risoluzione 1591 approvata lo scorso 29 marzo dal Consiglio di Sicurezza. Commentando il voto di questa notte, l’ambasciatore statunitense ha fatto sapere che è già in preparazione una risoluzione da mettere ai voti e che - salvo utilizzo del diritto di veto da parte di Cina e Russia - potrebbe essere approvata dal Consiglio nelle prossime settimane.
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Old 19-04-2006, 21:53   #116
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CIAD
Il presidente Deby: «Il Ciad rischia la guerra civile»

N'diamena Il presidente del Ciad Idriss Deby ha detto che il suo Paese rischia di scivolare nella guerra civile se non si terranno come previsto le elezioni presidenziali del 3 maggio, in cui lui stesso è candidato. Il presidente ha escluso che il suo governo possa giungere ad un compromesso nella sua disputa con la Banca mondiale che ha congelato le royalties del Ciad sul petrolio. Il Ciad ha minacciato di sospendere la sua produzione di greggio a meno che la Banca mondiale non sblocchi le royalties entro la fine del mese.


SUDAN 19/4/2006 16.51
DARFUR: PER UNIONE AFRICANA NECESSARI 60.000 MILITARI

Servono fino a 60.000 militari, invece degli attuali 7.000 dispiegati dall’Unione africana (Ua), per controllare efficacemente il Darfur, regione sudanese occidentale teatro dal febbraio 2003 di scontri e violenze costate la vita a decine di migliaia di persone: lo ha detto il generale Collins Ihikere, comandante della Missione dell’Unione Africana in Sudan (Amis). Parlando alla stampa da Abuja (Nigeria) - dove da mesi si stanno svolgendo colloqui di pace finora infruttuosi tra ribelli e governo del Sudan - Ihikere ha sottolineato che le truppe schierate in Darfur non sono in grado di coprire un territorio molto esteso, citando l’esempio dei circa 17.000 caschi blu dell’Onu presenti in Liberia, un paese di estensione molto più ridotta. Inviati dall’Ua con il compito di vigilare sul mantenimento degli accordi di cessate-il-fuoco (sistematicamente violato su entrambi i fronti) e proteggere sfollati interni e organismi non governativi (ong), i soldati del contingente africano sono stati più volte accusati di non essere in grado di fermare scontri e violenze contro i civili. Da gennaio scorso era stato concordato in linea di principio un ‘passaggio delle consegne’ dall’Ua all’Onu, per sostituire la missione attuale con un contingente di ‘peacekeepers’; finora però il governo sudanese si è opposto all’iniziativa e il mese scorso l’Unione Africana ha deciso di estendere almeno fino al prossimo 30 settembre l’attuale missione di osservazione militare.



REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 19/4/2006 21.13
PER CACCIA A RIBELLI LRA, KAMPALA CHIEDE PERMESSO DI SCONFINARE IN CONGO

Il governo di Kampala ha chiesto oggi al Consiglio di sicurezza dell’Onu la messa a punto di una strategia comune tra i paesi dei Grandi Laghi per eliminare definitivamente l’Esercito di resistenza del signore (Lord’s resistance army, Lra), i ribelli attivi da un ventennio nel nord del paese. “Occorre combinare gli sforzi, col sostegno della comunità internazionale, per disarmare, catturare i capi terroristi dello Lra su cui pesa un mandato di arresto e trasferirli alla Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja” ha detto il ministro della Difesa, Amama Mbabazi. Il rappresentante del governo ugandese ha chiesto che il “piano d’azione comune” includa “un protocollo d’intesa con la Repubblica democratica del Congo, simile a quello già esistente tra il Sudan e l’Uganda che autorizzi le forze ugandesi ad entrare in territorio congolese per perseguire lo Lra”. Questo tipo di operazioni, secondo Mbabazi, “saranno realizzate con la supervisione di organi internazionali come la Monuc”, la missione Onu in ex-Zaire. Non solo: anche la missione Onu in Sudan (Unmis) dovrà essere autorizzata “ad utilizzare ogni mezzo necessario” per fermare i ribelli. La richiesta di Kampala giunge elle stesso giorno in cui la MISNA ha appreso da fonti congolesi che i circa 100 ribelli nordugandesi rifugiatisi nel parco della Garamba, a ridosso del confine col Sudan, nel fine-settimana avrebbero abbandonato la zona, forse trasportati a bordo di alcuni elicotteri; tra loro ci potrebbe essere sarebbe anche Vincent Otti, il braccio destro del capo indiscusso e fondatore dell’Lra, Joseph Kony, ma la notizia non è stata ancora confermata. Nell’operazione sarebbero coinvolti soldati dell’Esercito di resistenza popolare del Sudan (Spla-m), l’ex-gruppo ribelle ora al potere nella regione meridionale del Sudan, e lo stesso governo ugandese, ma la dinamica dei fatti è ancora tutta da chiarire.
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AFRICA 26/4/2006 20.40
CIAD-SUDAN: L'ONU INVITA A SOLUZIONE NEGOZIATA DELLA CRISI

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha espresso la sua viva preoccupazione per mancanza di sicurezza e l’instabilità politica lungo i confini comuni tra Ciad e Sudan, che negli ultimi mesi si sono accusati a vicenda di sostenere le rispettive ribellioni interne. "Il Consiglio di sicurezza invita al dialogo politico e a una soluzione negoziata della crisi persistente in Ciad": si legge in una dichiarazione del presidente per il mese di aprile del Consiglio, l'ambasciatore cinese Wang Guangya, il quale auspica che i due paesi tengano fede all'accordo raggiunto a Tripoli (Libia) l'8 febbraio scorso grazie alla mediazione del colonnello Muhammar Gheddafi e "si astengano da ogni atto di violazione delle frontiere". Nel condannare l'attacco dei ribelli contro N'Djamena e la città orientale di Adre, il documento "ribadisce che ogni tentativo di ottenere potere con la forza, in conformità alla Dichiarazione algerina del 1999 dell'Organizzazione d'Unità Africana, verrà considerato inaccettabile". Ribadendo "la sovranità, l'indipendenza e l'integrità territoriale di Ciad e Sudan", il testo invita inoltre gli stati confinanti a "cooperare per assicurare la stabilità comune". Preoccupato poi per la situazione dei rifugiati provenienti dalla regione sudanese del Darfur e dalla Repubblica centrafricana e per le centinaia di migliaia di sfollati interni in Ciad, il Consiglio ha infine rivolto un appello "ai paesi donatori affinché stanzino ulteriori risorse per rispondere all'emergenza umanitaria in Sudan e Ciad".

SUDAN 26/4/2006 19.33
DARFUR: UNIONE AFRICANA PRESENTA BOZZA ACCORDO DI PACE

"È tempo di decidere. Basta con i rinvii, basta con le buffonerie, basta con le tattiche dilatorie. Gli occhi del mondo sono su di voi": lo ha detto Salim Ahmed Salim, inviato speciale dell'Unione Africana e capo negoziatore ai colloqui sul Darfur ad Abuja, in Nigeria, presentando alle parti la bozza dell'accordo di pace nella speranza che entrambe lo siglino entro la scadenza fissata al 30 aprile. Rivolgendosi ai delegati del governo di Khartoum e dei due gruppi ribelli del Darfur, la regione teatro di violenze dal 2003, ha aggiunto: "Questo accordo non soddisfa tutte le vostre richieste, ma è… equo per entrambe le parti". L'accordo proposto dall'Ua riguarda i tre temi-chiave della trattativa: sicurezza, distribuzione dei poteri e ripartizione delle risorse economiche. Anche Sam Ibok, capo del gruppo dei mediatori dell'Ua, ha ribadito che "l'accordo non soddisferà quanti vogliono che il 100% delle loro richieste sia esaudito o che sono interessati a ottenere vantaggi per se stessi… È stilato in modo che a un passo ne segua un altro. Innanzitutto Il governo dovrà disarmare i Janjaweed (predoni arabi, ndr), poi seguirà il disarmo delle forze dei ribelli". Se da un lato a frenare un consenso sulla proposta dell'Ua da parte del governo di Khartoum potrebbe essere la sua riluttanza ad ammettere il controllo sui Janjaweed, dall'altro lato – ammette Ibok – alcuni ribelli "potrebbero non vedere un loro futuro se firmassero l'accordo. Finora combattere è stato l'unico stile di vita per molti di loro". Il documento non esaudisce del tutto la richiesta dei ribelli affinché, ai due vicepresidenti attualmente previsti, ne venga affiancato uno in rappresentanza del Darfur; la proposta dell'Ua prevede comunque che venga designato un "assistente presidenziale superiore" proveniente dal Darfur che sarebbe la quarta carica. Finora non sono giunti commenti né da parte del governo sudanese, né da parte dei due gruppi combattenti attivi in Darfur: il Movimento per la giustizia e l'uguaglianza (Jem) e l'Esercito/Movimento di liberazione del Sudan (Sla/m), che in oltre due anni sono giunti al settimo round negoziale, l’ultimo secondo gli auspici dell’Onu e dell’Ua.
[CO]
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Old 27-04-2006, 23:14   #118
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SUDAN 27/4/2006 16.54
DARFUR: COLLOQUI FACCIA A FACCIA TRA GOVERNO E RIBELLI

Dopo un processo di pace di due anni per lo più mediato dall'Unione africana (Ua), i massimi responsabili delle delegazioni presenti al tavolo del negoziato (sia per il governo di Khartoum che per i due gruppi ribelli del Darfur, la regione teatro di violenze dal 2003) potrebbero presto incontrarsi, per la prima volta, faccia a faccia per discutere la bozza di accordo proposta dall'Unione africana (Ua). Lo riportano fonti giornalistiche sudanesi, anticipando che Ali Osman Mohamed Taha, vice presidente sudanese, dovrà incontrare nelle prossime ore Minni Arcua Minnawi, capo indiscusso dell'Esercito/Movimento di liberazione del Sudan (Sla/m). Per rispettare l’impegno preso nel raggiungere un cessate il fuoco entro la fine di aprile, l’Unione Africana recentemente ha presentato alle parti un nuovo accordo di pace realizzato seguendo i suggerimenti emersi nel corso dei negoziati. Un documento che"non soddisfa tutte le vostre richieste, ma è… equo per entrambe le parti" come ha detto Salim Ahmed Salim, inviato speciale dell'Unione Africana e capo negoziatore ai colloqui sul Darfur ad Abuja. “Questo nuovo documento costituisce una buona base per discutere con i ribelli” ha detto Amin Hassan Omar, portavoce ufficiale della delegazione governativa nella prima reazione ufficiale alla bozza. Altre fonti governative, che hanno chiesto di restare anonime, hanno confermato alla stampa locale e internazionale che la bozza di accordo presentata dall’Ua potrebbe garantire sufficienti margini d’intesa in un faccia a faccia tra il vicepresidente sudanese e il capo del principale gruppo armato attivo in Darfur.

DARFUR: ANCHE WASHINGTON EMETTE SANZIONI

Con un ordine esecutivo emesso in serata, il presidente statunitense ha disposto il congelamento dei beni di chiunque sia sospettato “di rappresentare una minaccia al processo di pace per il Darfur (la regione occidentale sudanese teatro dal febbraio 2003 di scontri e violenze) o alla stabilità della regione”. Lo hanno fatto sapere fonti ufficiali della Casa Bianca, spiegando che nella motivazione del decreto, il presidente Usa ha indicato che “il procrastinarsi della violenza nel Darfur pone un’eccezionale e straordinaria”, ma non meglio precisata, “minaccia alla sicurezza nazionale e alla politica estera statunitense”. Oltre a congelare i beni degli interessati, il decreto proibisce anche alle aziende statunitensi di fare affari con i destinatari delle misure restrittive. Di fatto le sanzioni finanziarie ordinate oggi da Bush sembrano andare a rinforzare quelle decise martedì dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nei confronti di 4 sudanesi accusati di crimini di guerra. Nella risoluzione 1676 (approvata con 12 voti favorevoli e le astensioni di Cina, Russia e Qatar), il massimo organo decisionale ha preso provvedimenti (congelamento di beni finanziari all’estero e restrizioni di viaggio) contro il maggiore generale Gaffar Mohammed El Hassan, comandante della regione occidentale dell’aviazione sudanese, Adam Yacub Shant, comandante dell’ Esercito di liberazione del Sudan (Sla-m, uno dei due principali gruppi armati del Darfur), Gabril Abdul Kareem Badri, capo di un’altra formazione armata antigovernativa (il Movimento nazionale per le riforme) e contro Sheikh Musa Hilal, considerato uno dei capi dei ‘Janjaweed’, le milizie arabe accusate di violenze contro la popolazione nera del Darfur con il sostegno dell’esercito sudanese


REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 27/4/2006 9.19
NORD KIVU: SMANTELLATA BASE RIBELLI RUANDESI

Un accampamento dei ribelli ruandesi attivi da oltre 12 anni nell’est della Repubblica democratica del Congo è stato smantellato in un’operazione militare condotta da un migliaio di soldati dell’esercito e della missione di pace dell’Onu nei pressi di Rive, circa 90 chilometri a nord di Goma, capoluogo del Nord Kivu. Lo si apprende da fonti del contingente internazionale (conosciuto come Monuc), secondo cui la base era controllata dai ribelli delle Forze democratiche per la liberazione del Rwanda (Fdlr), composto in gran parte da ex-soldati ruandesi accusati della partecipazione al genocidio del 1994; alcuni miliziani sono stati catturati, insieme a una donna e due bambini mentre si ignora se vi siano state vittime o feriti durante l'operazione. Il presidente delle Fdlr, Ignace Murwanashyaka, è stato arrestato lo scorso 10 aprile a Mannheim, in Germania. L’est dell’ex-Zaire è una delle regioni più instabili del paese e dell’intera regione dei Grandi Laghi a causa della presenza di diversi gruppi armati. Malgrado le elezioni dei prossimi mesi – previste entro fine giugno ma non ancora convocate – in Congo la situazione dei diritti umani continua a essere particolarmente grave. Secondo un rapporto di 64 pagine presentato ieri a Kinshasa dall’organizzazione ‘Watchlist’ sui bambini nei conflitti armati, circa 30.000 ragazzi e ragazze sono rimasti vittime in vario modo di fazioni armate nel periodo tra il 2003 (data ufficiale della fine del conflitto iniziato nel 1998) e il gennaio 2006. “Malgrado segni esterni di miglioramento l’infanzia in Congo continua a patire il peggior trattamento possibile” si legge nel documento, che cita esempi di sfruttamento sessuale, mancato diritto all’istruzione, impossibilità di accesso alle strutture sanitarie e reclutamento di bambini-soldato.



CIAD 27/4/2006 18.41
UA AUSPICA RINVIO ELEZIONI, RIBELLI MINACCIANO NUOVI ATTACCHI

"Non è troppo tardi" per rinviare le elezioni presidenziali del prossimo 3 maggio e accogliere così le richieste dell'opposizione e della società civile che altrimenti boicotteranno il voto, di cui contestano la regolarità dopo le riforme apportate alla Costituzione per consentire al presidente uscente Idriss Deby di aspirare a un terzo mandato consecutivo. Lo ha affermato il consigliere politico della Commissione dell'Unione africana (Ua), Pierre Yéré, a conclusione degli incontri con i quattro ministri del governo, il coordinamento dei partiti d'opposizione e rappresentanti della società civile che hanno avuto luogo durante la missione in Ciad iniziata il 21 aprile. "Pensiamo che la consultazione popolare possa essere prorogata dal momento che ora come ora è un po' azzardato cercare di evitare il dialogo nazionale", ha detto Yéré in aperto riferimento a Deby che ha rifiutato il dialogo interno e lanciato la sua campagna presidenziale nonostante lo scenario di incertezza. Intanto i ribelli del Fronte unito per il cambiamento (Fuc), già autori dell'attacco a N'Djamena dello scorso 13 aprile conclusosi con un bilancio provvisorio di almeno 350 morti, minacciano nuove offensive in vista dell'appuntamento elettorale. Controlliamo l'80% del paese – ha affermato Loana Gong, rappresentante del Fuc – e disponiamo di uomini e armi sufficienti per rovesciare il presidente Deby.
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Old 29-04-2006, 01:05   #119
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 28/4/2006 16.40
KINSHASA PROTESTA PER INCURSIONE MILITARI UGANDESI A CACCIA DI RIBELLI LRA

Il governo congolese ha protestato formalmente con quello ugandese per la presunta incursione che truppe di Kampala avrebbero compiuto nelle ultime 48 ore nella zona di Aba, nel nord est della Repubblica democratica del Congo a ridosso della frontiera col sud Sudan. Lo riferisce la stampa internazionale, citando un comunicato del ministero degli Esteri di Kinsasa, in cui si precisa che una compagnia di soldati ugandesi a bordo di due veicoli corazzati ha attraversato, mercoledì scorso, il confine con il Sud Sudan, dove i militari di Kampala conducono operazioni contro i ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (Lra) in base a un accordo bilaterale. I soldati ugandesi, sempre secondo la nota del ministero congolese, sarebbero entrati in territorio congolese proprio per dare la caccia ad alcuni ribelli del Lra, ma si sarebbero invece scontrati con elementi dell’esercito regolare di Kinshasa; una sparatoria conclusasi con la morte di almeno un militare ugandese. Nella nota il ministero sottolinea come l’Lra rappresenti una minaccia per Uganda, Sudan e Congo, ribadendo però la necessità di condurre operazioni comuni per eliminare i ribelli attivi da vent’anni soprattutto nei distretti settentrionali ugandesi e in quelli meridionali sudanesi, dove si trovano i campi base del gruppo armato. Intanto la Missione delle Nazioni Unite in Congo (Monuc) ha fatto sapere di aver avviato un’indagine per verificare il possibile sconfinamento in territorio congolese di truppe ugandesi.


SUDAN 28/4/2006 17.37
VIOLATO EMBARGO ARMI, ONU VALUTA NUOVE SANZIONI

Dopo aver constatato negli ultimi mesi le persistenti violazioni compiute in Darfur (la regione occidentale del paese teatro dal febbraio 2003 di una guerra interna) sia dal governo di Khartoum sia dai ribelli, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite potrebbe disporre nuove sanzioni. Lo sostiene l’ultimo rapporto di un gruppo di esperti delle Nazioni Unite incaricato di monitorare l’efficacia dell’embargo sulla vendita di armi deciso nel luglio 2004. Nonostante il divieto, paesi africani (tra questi Ciad e probabilmente Eritrea e Libia) e altre regioni del Sudan avrebbero continuato a fornire munizioni e armi alle milizie arabe filo-governative che continuano a perpetrare attacchi contro villaggi e contro i due gruppi dei ribelli, l'Esercito/Movimento di liberazione del Sudan (Sla/m) e il Movimento per la giustizia e l’uguaglianza (Jem). Lo Sla/M, dal canto suo, avrebbe violato il cessate-il-fuoco e cercato di espandere il territorio sotto il suo controllo. Da qui la proposta dei funzionari dell’Onu di estendere l’embargo sulle armi a tutto il Sudan e di imporre sanzioni che colpiscano non tanto i singoli, quanto il governo e i gruppi ribelli che si rendano colpevoli di azioni che ostacolano il processo di pace in corso da due anni. Dal momento, poi, che aerei governativi continuano offensive militari, il Consiglio – si legge nel rapporto – potrebbe imporre a tutti i velivoli governativi il divieto di sorvolare l’intera regione del Darfur.
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SUDAN 28/4/2006 3.19
SI PREPARA IL RIENTRO DEI PROFUGHI DALL’UGANDA

“C’è pace ora in Sud Sudan e abbiamo bisogno dell’aiuto dei rifugiati per ricostruire il nostro paese” ha detto Mula Oliva rappresentate della piccola contea di Kajo Keji (Sud Sudan) parlando ai propri connazionali che per anni hanno vissuto nei campi profughi del nord Uganda e il cui rientro dovrebbe cominciare nei prossimi giorni. Finora sono oltre 12.000 i profughi sudanesi (solo nel distretto nord-ugandese di Moyo) che si sono registrati per far ritorno in patria, secondo le informazioni diffuse dagli uffici Onuche dovrebbero iniziare le operazioni di rimpatrio il 2 maggio prossimo. Nell’ultima settimana si sono intensificati i ‘viaggi di conoscenza’ per incoraggiare i profughi sudanesi a rientrare malgrado la situazione socioeconomica nei territori di origine sia ancora difficile. “La situazione è lontana dall’essere ideale ma se non c’è gente nei villaggi, non possiamo costruire pozzi, nuove scuole, centri medici o costruire strade - ha ribadito ai propri connazionali profughi in Uganda l’amministratore della contesa di Kajo – abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti e tutti sono i benvenuti”.
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