Stabilimento Intel in Italia, l'accordo finale potrebbe richiedere alcuni mesi

Secondo un punto de Il Sole 24 Ore, la chiusura del negoziato tra il governo italiano e Intel per la costruzione di una fabbrica nel Nord Italia dovrebbe chiudersi solo tra alcuni mesi: l'impasse dovuto al cambio di esecutivo, nonché altri punti, i nodi da sciogliere.
di Manolo De Agostini pubblicata il 28 Novembre 2022, alle 16:41 nel canale MercatoIntel
Più volte abbiamo parlato dell'annunciato stabilimento di Intel in Italia, tra spiegazioni sul suo ruolo nel piano produttivo europeo del colosso dei chip e voci sulla battaglia tra le diverse regioni per accaparrarselo. Allo stesso tempo, abbiamo sottolineato come occorra chiudere la partita il più velocemente possibile, onde evitare possibili e spiacevoli colpi di scena.
In tal senso vi segnaliamo un interessante articolo apparso su Il Sole 24 Ore in cui si fa il punto sullo stato dell'arte della trattativa tra governo, regioni e Intel. Anzitutto, si parla di un progetto industriale da "quasi 11 miliardi di euro", di cui "più o meno 7 di capex (investimenti) e 4 di opex (spesa operativa)".
L'avvicendamento del governo Draghi con quello Meloni ha visto passare la palla della trattativa dall'ex ministro dell'Innovazione tecnologica Vittorio Colao al ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso. Lo scossone politico ha portato "a una fase di impasse" in cui, come abbiamo riportato, si sono inserite le regioni per riaprire il tavolo, in particolare Veneto e Piemonte.
I contatti tra la multinazionale e il governo sembrerebbero essere stati riallacciati solo di recente. Come riporta il Sole, Intel ha confermato che "prosegue il nostro piano di investire in Unione europea" aggiungendo che "riprenderemo a lavorare con il nuovo governo italiano".
Tanti i nodi da scegliere. Da definire il contributo pubblico che "nell'ipotesi migliore dovrebbe coprire il 40% della parte capex, quindi tra 2,5 e 3 miliardi, tra quota statale e regionale", sottolinea il quotidiano economico. Manca, inoltre, un DPCM per rendere operativo un fondo da 4,15 miliardi fino al 2030 per lo sviluppo dei microprocessori, fondo che tra l'altro potrebbe rivedere una rimodulazione.
Il tutto, nel complesso, potrebbe quindi significare uno slittamento dell'accordo finale al 2023, mentre il governo Draghi aveva intenzione di chiudere la partita entro fine anno, nel mese di dicembre. Ricordiamo che Intel ha annunciato nel marzo di quest'anno l'intenzione di investire sull'Italia fino a 4,5 miliardi di euro, per creare uno stabilimento adibito al packaging avanzato dei chip da 1500 posti di lavoro in Intel e altri 3500 posti di lavoro fra fornitori e partner.
7 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoPoi se Intel apre in Francia, in Spagna o in uno dei paesi del centro/nord EU saremo qui a gridare che non CIELODICONO?!?!?!
Fare packaging di CPU, un comparto co un futuro garantito, ci dobbiamo pensare invece nel diesel ci piacerebbe fare il referendum che anche se lo vinciamo poi le macchine ce le giriamo fra di noi quando fra 15 anni non le comprerà più nessuno.
Contenti noi contenti tutti.
...... ma ho visto troppe volte questo tira molla e ormai si sà già come finirà.
le joue son fait rien ne va plus
Nessuno a chiedersi, quanti anni ci vogliono a formare i tecnici necessari per rendere produttivo, questo che è un investimento non solo privato, ma anche pubblico, fatto con i nostri soldi.
Nessuno a chiedersi se in altre aree del paese esistono tecnici già formati.
Nessuno che informa seriamente su questa che è una questione di vita o di morte, dove non ci possiamo permettere, ne da italiani e ne da europei di fallire.
In Veneto ed in Piemonte non si può fare, almeno oggi, per costruirla li, ci dovevano pensare 15 anni fa.
Altre aree hanno tecnici, in settori similari, ma vanno formati e ricollocati, poiché lavorano in aziende che usano sistemi produttivi di due tre quattro generazioni precedenti a quello che vorrebbe fare Intel.
L'alternativa è che la fabbrica la fanno li, ma i tecnici li importiamo dalla Germania o da Taiwan.
Nessuno a chiedersi, quanti anni ci vogliono a formare i tecnici necessari per rendere produttivo, questo che è un investimento non solo privato, ma anche pubblico, fatto con i nostri soldi.
Nessuno a chiedersi se in altre aree del paese esistono tecnici già formati.
Nessuno che informa seriamente su questa che è una questione di vita o di morte, dove non ci possiamo permettere, ne da italiani e ne da europei di fallire.
In Veneto ed in Piemonte non si può fare, almeno oggi, per costruirla li, ci dovevano pensare 15 anni fa.
Altre aree hanno tecnici, in settori similari, ma vanno formati e ricollocati, poiché lavorano in aziende che usano sistemi produttivi di due tre quattro generazioni precedenti a quello che vorrebbe fare Intel.
L'alternativa è che la fabbrica la fanno li, ma i tecnici li importiamo dalla Germania o da Taiwan.
Nessuno a chiedersi, quanti anni ci vogliono a formare i tecnici necessari per rendere produttivo, questo che è un investimento non solo privato, ma anche pubblico, fatto con i nostri soldi.
Nessuno a chiedersi se in altre aree del paese esistono tecnici già formati.
Nessuno che informa seriamente su questa che è una questione di vita o di morte, dove non ci possiamo permettere, ne da italiani e ne da europei di fallire.
In Veneto ed in Piemonte non si può fare, almeno oggi, per costruirla li, ci dovevano pensare 15 anni fa.
Altre aree hanno tecnici, in settori similari, ma vanno formati e ricollocati, poiché lavorano in aziende che usano sistemi produttivi di due tre quattro generazioni precedenti a quello che vorrebbe fare Intel.
L'alternativa è che la fabbrica la fanno li, ma i tecnici li importiamo dalla Germania o da Taiwan.
La Intel ci mette un attimo a cambiare paese, noi invece milioni di anni per attirare un'azienda di quel calibro.
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