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Old 05-07-2008, 12:05   #1
Jamal Crawford
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[3d uniti] Jamal Crawford e gli extracomunitari official thread

E’ reato occupare extracomunitari privi di permesso di soggiorno anche se si è in buona fede
Matteo Mazzon - Pubblicata il 16/01/2007


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Con sentenza del 25 ottobre-13 novembre 2006, n. 37409 la Corte di Cassazione – Sezione prima penale - ha affermato che il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori extracomunitari privi del permesso di soggiorno viola l'articolo 22 del T.U. sull'immigrazione ed è per questo punito con l'arresto da 3 mesi ad un anno e con l’ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore.

L’illecito penale sussiste anche nel caso sia stata presentata allo Sportello Unico per l'immigrazione la richiesta volta ad ottenere il nulla osta all'ingresso in Italia per motivi di lavoro.

Fatto e diritto

La Corte di Appello di Milano confermava la sentenza di condanna emessa dal Tribunale della stessa città nei confronti di XX per il reato di cui all'articolo 22 legge 286/98, per avere occupato alle proprie dipendenze una cittadina extracomunitaria priva del permesso di soggiorno. Rilevava che l'imputato aveva sostanzialmente ammesso il fatto limitandosi a sostenere che aveva ritenuto in buona fede di poterlo fare in quanto la donna gli aveva mostrato la richiesta per ottenere il permesso di soggiorno. Secondo la Corte il principio di buona fede non era invocabile da parte dell'imputato in quanto a lui incombeva l'obbligo di prendere visione del permesso di soggiorno prima di assumere la cittadina extracomunitaria, non essendo sufficiente la semplice richiesta. Inoltre il XX conosceva la situazione della donna in quanto abitava vicino alla sua trattoria, la pena appariva congrua visto che vantava precedenti penali proprio in materia di violazione delle norme sul lavoro.

Contro la decisione presentava ricorso l'imputato deducendo:

- manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui dava per scontato che egli conoscesse la condizione

di clandestina della donna solo perché abitava vicino alla sua trattoria, e nella parte in cui non aveva valutato

che l'assunzione della donna era stata limitata ad una sola settimana di prova, dopo di che, non avendo ricevuto il permesso di soggiorno, la licenziava;

- contrasto tra dispositivo e motivazione nella parte in cui aveva ritenuto che la pena non potesse essere convertita, mentre nel dispositivo veniva confermata la sentenza di primo grado che invece aveva concesso la conversione;

- intervenuta prescrizione del reato.

La Corte ha ritenuto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile in quanto richiedeva di effettuare una rivalutazione degli elementi di fatto posti alla base della decisione. La motivazione appariva invece del tutto congrua e logica non potendo l'imputato invocare la sua buona fede, visto che doveva sapere che la legge richiede il permesso di soggiorno per potere assumere una cittadina extracomunitaria, e visto che anche un'assunzione in prova costituisce instaurazione di un rapporto di lavoro.

Il ricorrente viene, quindi, condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500 alla

Cassa delle ammende.

Conclusioni

Con la citata sentenza la Suprema Corte ha sostenuto che, in questi casi, non può essere fatto valere neppure il principio della buona fede.

Infatti, il datore di lavoro ha l’obbligo di verificare che il cittadino extracomunitario sia in possesso di un regolare permesso di soggiorno prima di procederne all’occupazione, non essendo sufficiente il fatto che sia stata presentata allo Sportello Unico per l'immigrazione la semplice richiesta volta ad ottenere il nulla osta all'ingresso in Italia per motivi di lavoro.

Matteo Mazzon
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Old 05-07-2008, 12:06   #2
Valuk
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Old 05-07-2008, 12:06   #3
Jamal Crawford
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2008-04-25 16:11Da stranieri un reato su 3Circa il 35% dei reati in Italia sono commessi da stranieri, con i romeni al primo posto. E sono soprattutto i clandestini a delinquere, mentre tra gli immigrati regolari il tasso di criminalità è in media con quello degli italiani. Questi gli ultimi dati del Viminale, dopo che negli ultimi giorni diversi episodi di criminalità hanno visto come autori proprio degli stranieri: l'ultimo caso l'omicidio della coppia veronese, per cui è stato arrestato un giovane romeno che ha confessato il delitto. Nel periodo gennaio-agosto 2007 sono state denunciate o arrestate complessivamente 567mila persone, di cui circa 364mila italiani e 203mila stranieri (pari appunto al 35% del totale). Tra questi ultimi, 32.468 sono di nazionalità romena. Nei primi otto mesi dell'anno il totale delle segnalazioni riguardanti romeni corrisponde al 5,71% del totale dei reati ed al 16% del totale di quelli commessi da stranieri. Da poco più di un anno, da quando è entrato in vigore l'accordo di collaborazione tra le polizie italiana e romena, sono stati oltre 1.100 i cittadini romeni arrestati in Italia e più di 2.000 i denunciati. La quota di stranieri autori dei reati è cresciuta con l'aumentare della presenza di immigrati in Italia: ad esempio, nel 1988 la quota di stranieri sul totale dei denunciati per omicidio era del 6%, contro una popolazione straniera residente in Italia dello 0,8%; dieci anni dopo, gli immigrati denunciati per omicidio salgono al 18%, contro l'1,7% degli stranieri in Italia; nel 2006 la quota di stranieri denunciati per omicidio balza al 32%, contro una popolazione straniera del 5%. Sono romeni, marocchini ed albanesi a commettere più reati. E le tre nazionalità sono anche le più numerose presenti in Italia. Per quanto riguarda gli omicidi, i romeni sono al primo posto (il 15,4% del totale degli stranieri denunciati per questo reato), seguiti dagli albanesi (11,9%) e dai marocchini (9,1%). Anche per le violenze sessuali i romeni sono in testa (rappresentano il 16,2% del totale degli stranieri denunciati per questo reato), seguiti dai marocchini (15,9%) e dai croati (13,9%). Per le rapine in casa, ancora romeni al comando (19,8%), seguiti da albanesi (13,8%) e marocchini (8,7%). Per gli scippi i marocchini sono al primo posto (20,6%), seguiti da romeni (19,3%) e albanesi (6%). Per quanto riguarda i furti d'auto, i romeni tornano in testa (29,8%), seguiti da marocchini (13,2%) e albanesi (8,8%). Per le estorsioni, infine, ancora romeni primi (15%), seguiti da albanesi (11,2%) e marocchini (10,7%).
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Old 05-07-2008, 12:07   #4
Jamal Crawford
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Immigrati di tutta Italia unitevi e andatevene

Oggi giorno le nostre città non sono più sicure. Sempre più sovente sono cittadini extracomunitari la causa di tale insicurezza. Spaccio, prostituzione, reati di ogni tipo, e quasi sempre a commetterli sono immigrati irregolari che, probabilmente vengono in Italia col chiaro intento di delinquere. Tutti noi ci siamo indignati davanti al tentato sequestro di minorenne avvenuto a Ponticelli ad opera di una sedicenne rom. Le nostre case, le nostre strade non sono più sicure a causa di individui non avezzi al vivere civile. Ma adesso non è più tempo di indugi e bisogna agire. Primo passo individuato dal governo è il reato di clandestinità, ovvero un atto grazie al quale l’immigrato che viene trovato senza documenti e regolare permesso di soggiorno sarà soggetto ad una pena più l’immediata espulsione. Contento dell’operato del governo tutti potremo dormire più tranquilli. Ovviamente, come specificato dallo stesso Ministro, il reato non è retroattivo, ovvero se oggi un immigrato viene fermato, e dovesse risultare clandestino, non è reato; se un clandestino viene fermato dopo l’emanazione di tale atto, e non dovesse essere in regola, è reato.

In Italia, secondo il rapporto annuale Censis, sulla situazione reale del paese nel 2005, sono stati denunciati alle Forze dell’ordine 2.415.023 reati, di cui 189.424 commessi da extracomunitari, di cui il 78,3% è a carico di immigrati clandestini. Dati Istat di qualche giorno fa, evidenziano che il 6% dei reati commessi nello scorso anno è ad opera di immigrati (il 4,1% da clandestini). Tutto ciò denota una bassa relazione tra reati commessi ed immigrazione clandestina, tanto da chiedersi, cosa fa più scalpore: che ci sia un reato o che a commetterlo sia stato un immigrato? Oggigiorno siamo difronte ad una tendenza dissimulatrice che punta a farci dimenticare il reato in se, per focalizzare l’attenzione sull’attore dello stesso. Tale tendenza porta anche all’inevitabile conseguenza che il soggetto stesso dei reati è causa degli stessi, quindi alla sua criminalizzazione. Nell’attuale contesto italiano la criminalizzazione dell’extracomunitario è la risposta alla paura della gente. Ma vediamo da cosa nasce tale paura. La legittima richiesta di sicurezza è stata disattesa dalle istituzione, ovvero negli anni passati non è stata garantita. I motivi sono facilmente rintracciabili nello smantellamento metodico e certosino, di uno dei cardini dello Stato, ovvero la certezza del Diritto.

In un periodo storico in cui chi commette illecito può usufruire di indulti, indultini, buona fede e quant’altro, come un cittadino può essere sicuro che chi ha tentato di rapinarlo non potrà più farlo per almeno cinque anni? Bisogna tener conto che in questo clima politico in cui si sta minando la certezza del Diritto a 360° è più facile incolpare un’immigrato, piuttosto che noi stessi (dato che votiamo), è più facile prendersela con qualcun altro piuttosto che con il nostro vicino di casa.

Poco importa se l’incidenza dei reati commessa da immigrati è il 6% mentre quelli commessi dagli italiani, per contro, sono il 94%, dimentichiamoci che un reato è un reato a prescindere da chi lo abbia compiuto. Ricordiamoci che uno stupro commesso da un’immigrato è più grave di uno stupro commesso da un italiano. Dimentichiamoci che gli extracomunitari sono ormai diventati una colonna principale dell’economia specie quelli clandestini, scordiamoci le condizioni disumane nelle quali vivono e gli stipendi da fame che ricevono e diciamo tutti insieme immigrati di tutta Italia (ed anche persone di buon senso) unitevi ed andatevene.

Giovanni Armenio
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Old 05-07-2008, 12:08   #5
Jamal Crawford
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in forte ascesa!

Aumenta la criminalità
degli immigrati"




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ROMA - Microcriminalità in crescita, soprattutto con l'immissione di una "manovalanza" formata in larga parte da extracomunitari. E anche l'aumento di reati sessuali, quali la pedofilia che si avvale di Internet. E' quanto emerge dalle relazioni dei pg di molti capoluoghi. Eccole, in sintesi, città per città:

TORINO - Impennata della criminalità tra immigrati, in particolare albanesi e tra i minorenni stranieri, dediti soprattutto allo spaccio di stupefacenti e ai furti; sempre più numerosi anche i reati di usura e di violenza sessuale sui minori dentro e fuori l'ambito familiare; critiche vivaci alla riforma del giudizio unico e al decentramento della giustizia. Sono qesti i punti chiave contenuti nella relazione annuale sull'attività giudiziaria che Antonino Palaya, procuratore della Repubblica del Piemonte e della Valle D'Aosta, ha esposto oggi nel corso della inaugurazione dell'anno giudiziario, alla Scuola di Applicazione di Torino. In primo piano anche il fenomeno degli squatters che "appaiono ben propensi alla violenza come metodo di contrapposizione" e la mancanza di strutture adeguate destinate all'amministrazione della giustizia (il nuovo palazzo di giustizia, che dovrebbe riunire tutte le sedi distaccate, non è infatti ancora in funzione).

BRESCIA - Malgrado siano diminuite le notizie di reato (da 179.304 a 164.615), si presenta "allarmante" il quadro della criminalità nel distretto di Corte d'Appello di Brescia, che comprende anche le province di Bergamo, Mantova, Crema e Cremona. E' aumentato infatti il numero degli omicidi volontari (51 rispetto ai 32 dell'anno scorso) e dei tentati omicidi, in particolare a Brescia e Bergamo (da 20 a 39 e da 24 a 40), come emerge dalla relazione del sostituto Procuratore generale Giovanni Cavazzini (il pg Marcello Torregrossa, in pensione da poco), alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario, svolta stamani nella sala della Pallacorda della Corte d'Appello. Rimane preoccupante il fenomeno dei sequestri a scopo di rapina ed estorsione, nonostante una diminuzione da 11 a 5. Oltre al caso di Giuseppe Soffiantini, sequestrato il 17 giugno del '97 e liberato dopo 237 giorni di prigionia, gli altri riguardano donne slave costrette a prostituirsi. In aumento invece rapine, estorsioni e i casi di lesioni volontarie. I dati dell'attività delle Procure evidenziano, secondo Cavazzini, un "costante incremento" di reati commessi da extracomunitari, in particolare albanesi per quanto riguarda la sfruttamento della prostituzione, ma anche immigrati di origine jugoslava per l'impiego di minorenni per furti e accattonaggio.

VENEZIA - "Alla base dei ritardi che accumulano i processi c'è una lentezza del legislatore": lo ha rilevato Augusto Nepi, avvocato generale dello Stato che regge la Procura della Corte d'Appello di Venezia in attesa della nomina del successore di Mario Daniele in pensione dall'anno scorso. "In buona parte l'immagine di una giustizia al collasso, allo sfascio deriva dalla condotta degli avvocati". Non solo gli avvocati. "Ci sono responsabilità ben precise da parte dei magistrati. Ma non sono d'accordo - ha aggiunto Nepi - con chi scarica questa inefficienza sugli uffici".

CAMPOBASSO - Nel Molise, ha detto il procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Campobasso, Alessandro Fusaro, è stato registrato un netto aumento dei reati rispetto alla media degli ultimi cinque anni. Sull'andamento della giustizia nel Molise, Fusaro ha detto che "anche nelle piccole realtà giudiziarie del nostro distretto sul lavoro dei magistrati incidono la certezza del diritto, sempre peggio assicurata dal legislatore, la ineffettività della pena, sempre più lontana rispetto all' epoca del reato e sempre più incerta nella sua concreta attuazione, e la crescente astrattezza del riconoscimento dei diritti per le innegabili difficoltà esecutive". Per quanto riguarda la situazione della criminalità in genere e di reati più gravi, Fusaro ha reso noto che "rispetto alla media del quinquennio, si sono registrati aumenti del 50 per cento per gli omicidi volontari, del 21 per estorsioni tentate e consumate, del 16 per le rapine, del 48 per i delitti in materia di stupefacenti, del 10 per i furti e del 54 per omicidi colposi per incidenti stradali e che su circa cinquemila furti denunciati, solo per 400 di essi sono stati identificati gli autori".

CATANZARO - La 'ndrangheta continua ad estendere i suoi tentacoli su tutta la Calabria, reclutando con sempre maggiore facilita' nuove leve, ma il suo potere si consolida sopratutto in altre regioni. E' l'allarme lanciato stamani, nel corso della sua relazione in apertura del nuovo anno giudiziario, dal procuratore generale della Corte d'Appello di Catanzaro, Luigi Montuoro. Il magistrato ha evidenziato come anche nelle zone dove la 'ndrangheta ha subito pesanti colpi da parte delle forze di polizia, i clan si stiano riorganizzando "ad opera di soggetti che hanno finito di scontare la pena o di nuovo adepti che hanno preso prontamente il posto degli assenti".

GENOVA - Aumentano gli omicidi, le violenze sessuali, le estorsioni, la microcriminalità rimane del tutto impunita, suscita allarme la pedofilia che si avvale di Internet, l'immigrazione clandestina dilaga senza argini e la mafia si è radicata a Genova e nelle città delle due Riviere. Non è confortante il quadro del sistema giudiziario, nel distretto della Liguria, tratteggiato stamane dal procuratore generale Guido Zavanone, all'inaugurazione dell'anno giudiziario. Nella sua relazione, però, oltre al lungo elenco delle carenze, manchevolezze e disagi di giudici e personale amministrativo vi è un dato che allarma più di tutti: la prescrizione.

FIRENZE - "Il continuo aumento della criminalità causato anche e in misura notevole dal massiccio afflusso d'immigrati extracomunitari che si associano tra loro, dando vita a vere e proprie organizzazioni criminali; il proliferare della microcriminalità, fenomeno ormai endemico in tutte le città della Toscana". Sono gli aspetti principali sui quali ha posto l'accento il procuratore generale di Firenze Giorgio Cherubini, sottolineando appunto le "maggiori difficoltà" della giustizia in Toscana.

CATANIA - Allarmante criminalità mafiosa, persistenza di usura ed estorsioni, mancanza di legalità che frena occupazione e sviluppo, crisi e lentezza della giustizia, insufficiente risposta alla devianza minorile anche per i carenti sostegni, inadeguati organici nei tribunali di Catania, Siracusa e Caltagirone. Sono temi affrontati dal pg Giacomo Scalzo a Catania all'inaugurazione dell'anno giudiziario. Dopo aver fatto presente che gli omicidi nel circondario sono diminuiti nell'ultimo anno da 167 a 130, il pg ha manifestato preoccupazione per le estorsioni "a tappeto": quelle denunciate sono passate da 498 dell'anno precedente a 1.033 e l'azione dei gruppi antiracket "non ha dato i risultati sperati perchè alcuni, che avevano collaborato nella fase investigativa hanno ritrattato in dibattimento". E spesso le vittime dell'usura tacciono, non denunciano.

POTENZA - Nella relazione sull'amministrazione della giustizia in Basilicata nel corso del 1998, il procuratore generale della Corte di Appello di Potenza Salvatore Iovino ha fatto solo un accenno all' inchiesta sull'usura in corso da parte della Procura di Lagonegro (Potenza), che coinvolge, tra gli altri, il cardinale Michele Giordano, e non ha citato il nome dell'arcivescovo di Napoli. "Nel noto procedimento in istruttoria davanti alla procura della Repubblica di Lagonegro, nel quale è indagato con numerose altre persone un alto prelato - ha detto il procuratore generale, parlando del fenomeno usura in Basilicata - si evidenzia la complicità di dipendenti di istituti di credito, che un più efficace controllo da parte degli organi ispettivi interni agli istituti, in concorso con quelli della Banca d'Italia, avrebbe potuto più tempestivamente contrastare".

CALTANISSETTA - Lo status dei "pentiti", risultati e programmi della lotta alla mafia, ma anche la carenza degli organici, sono stati al centro della relazione del procuratore generale Salvatore Celesti. Sul tema dei collaboranti il pg ha detto che è "giusto che le misure protettive siano applicate solo a chi fornisce un contributo indispensabile per il processo e con riferimento ad un ambito tipologicamente ristretto di specifici delitti". Celesti chiede altresì che "si ponga un freno alle dichiarazioni a rate", che il dichiarante "vuoti il sacco entro un termine ben definito, senza potere sperare più nulla da ulteriori rivelazioni". Dopo avere definito "scellerato fenomeno" le "dichiarazioni concertate" ed averne chiesto la fine "con opportuni meccanismi normativi", il pg sollecita l'abolizione dei "colloqui investigativi" e la revoca del "contratto di protezione al collaborante che rifiuti di essere esaminato in dibattimento"

BOLOGNA - L'aumento preoccupante del numero degli omicidi in Emilia Romagna e in genere dei delitti contro la persona fa il paio con l'inadeguatezza del nuovo processo penale italiano e il fallimento dei riti alternativi, patteggiamento escluso, e dell'udienza preliminare come "filtro" giurisdizionale. E' questa una delle tante grida d'allarme lanciate stamane dal Pg di Bologna Vincenzo Oddone. In regione gli omicidi consumati sono saliti da 44 a 63 nel periodo 1 luglio '97-30 giugno '98 (15 a Modena, 12 a Bologna, 8 a Rimini, a Forlì e a Ferrara, 3 a Reggio e a Ravenna, 1 a Parma, nessuno a Piacenza e 5 commessi da minorenni), le rapine sono cresciute del 25 per cento fino alla quota di 3063, i furti denunciati sono stati 155.947, di cui 142.991 sono di autori rimasti ignoti. In notevole aumento i delitti a sfondo sessuale e l'usura. Le speranze derivano per il Pg da un primo calo delle pendenze giudiziarie e da un aumento delle sentenze definite, ma soprattutto dalla prossima entrata in vigore della riforma che istituisce il giudice unico di primo grado.

LECCE - Per il procuratore generale di Lecce, Francesco Rubichi, l'immigrazione clandestina non potrebbe essere fronteggiata nemmeno "se si potesse costruire, a protezione delle lunghissime coste italiane, una muraglia analoga a quella cinese". Nella sua relazione, tra gli altri argomenti, ha affrontato i problemi connessi con l'attuazione del decreto legislativo 25 luglio '98 sull'immigrazione. La finalità del provvedimento - ha detto il pg - era di normalizzare il flusso di immigrati: contro le previsioni però l'immigrazione clandestina "non ha riguardato solo gli albanesi ma gli abitanti del vicino Kosovo" cui si sono aggiunti "torme inarrestabili di disperati curdi che, scacciati e malmenati da Iraq, Iran e Turchia, non hanno esitato a rischiare la vita attraversando l'Adriatico". Si sono aggiunti ancora afghani, pakistani e "schiere di illusi i quali per le nostre diseducative trasmissioni televisive di vincite miliardarie credono che l'Italia sia divenuta un nuovo Eldorado". Il pg salentino ha detto ancora che l'immigrazione "è un problema europeo": "Non potendosi chiedere all'Italia di regolare da sola un fenomeno irrefrenabile", si dovrebbe distribuire gli immigrati "nei vari Stati europei in base a parametri che considerino per ciascuno Stato l' esistente concentrazione di popolazione per chilometro quadrato"

L'AQUILA - "Nell'attuale realtà italiana viene grottescamente chiamato "giustizialismo" ciò che è solo applicazione rigorosa della legge, "accanimento giudiziario" ciò che sono soltanto atti doverosi di indagine, mentre i magistrati che fanno il loro dovere vengono indicati come
"forcaioli", e perfino come "assassini". E' uno dei passaggi di più accesa critica nella relazione annuale sul bilancio dell'amministrazione della giustizia in Abruzzo, letta stamane all'Aquila dal procuratore generale presso la Corte d'Appello, Bruno Tarquini. Secondo il pg "è in corso un'accanita campagna di delegittimazione della magistratura, alimentata o dall'ignoranza o dalla malafede".

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seb87
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aspetta aspetta

Per le estorsioni, infine, ancora romeni primi (15%), seguiti da albanesi (11,2%) e marocchini (10,7%).

tot = 36,9%


ovvero gli italiani hanno il record nelle estorsioni con un ottimo 63,1% !!!

Campioni , campioni , campioni!!!!!
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Old 05-07-2008, 12:09   #7
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ahauhauauhauahuahauhauhauhauahuahuahauhauahauhauhauahuahauahauhauhaauhauahuhaahuahauhaahauhauahuahauhauahuahauhauahauhauhauahuahauaha
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Old 05-07-2008, 12:10   #8
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MIlano capitale...

Immigrati a Milano, boom di reati Stranieri sette detenuti su dieci
di Enrico LagattollaVota1 2 3 4 5 Risultato Strumenti utili Carattere Salva l'articolo Invia a un amico Stampa Rss Pdf da Milano

Il nodo è lo stesso, la criminalità straniera. Le prospettive diverse. A poche centinaia di metri l’uno dall’altro, e in contemporanea. Livia Pomodoro, presidente del tribunale di Milano, interviene all’inaugurazione dell’anno giudiziario. «Gli imputati stranieri pervenuti a giudizio sono arrivati a 10mila 770, contro i 9.652 dello scorso anno». In totale, «il 54% rispetto agli italiani». Più della metà.
Il cardinale Dionigi Tettamanzi incontra la stampa per parlare di «immigrati in prima pagina», e chiede di «non alimentare nei cittadini la pretesa che l’immigrato debba conoscere da subito ogni legge e leggina, e gli usi e i costumi del nostro Paese». Nel mezzo, il vicesindaco di Milano Riccardo De Corato. I clandestini? «Una presenza ormai insopportabile».
Tende la mano, il cardinale. Invita la platea di giornalisti alla responsabilità e alla solidarietà verso «chi si trova in una situazione di disagio», al «coraggio di ascoltare gli immigrati. Fino al «riconoscimento della responsabilità di essere soggetti attivi nella convivenza civile. E penso anche al diritto di cittadinanza». «I media- spiega il cardinale- hanno l’esigenza, comprensibile e a volte necessaria, della semplificazione. Ma a volte questo può portare a schemi rigidi e precostituiti che finiscono per dare un’immagine riduttiva». Contemporaneamente, dal tribunale emerge una realtà più complessa. «Gli imputati stranieri, specie extracomunitari provenienti dall’Est e dal Nord Africa, sono concentrati su reati di piccola criminalità- spiega il presidente Pomodoro -, ma non mancano forme di delinquenza associata, specie in materia di prostituzione e di droga, fino alla riduzione in schiavitù». E se questo è lo stato dell’arte, le armi appaiono spuntate. Perché «la maggior parte viene giudicato con rito direttissimo. L’ufficio è gravato, più che dai reati che rientrano nella criminalità comune, dalla gestione dei reati per la violazione dagli obblighi di abbandonare il territorio dello Stato». E «si verifica assai di frequente che all’arresto obbligatorio faccia seguito la scarcerazione, con conseguenza che il giudizio si conclude con una sentenza destinata a lasciare irrisolto il problema della clandestinità e soprattutto della eventuale ulteriore permanenza dello straniero sul territorio italiano». Ancora, un’altra emergenza. I reati sessuali. È il procuratore della Repubblica Manlio Minale a spiegare che «registriamo un rilevante incremento degli episodi di violenza in danno di donne con particolare riferimento ad aggressioni perpetrate nelle pubbliche strade da parte di extracomunitari».
«Il gran numero di reati commessi da stranieri - insiste De Corato - provoca un’emergenza per i carceri di San Vittore, Opera e Bollate. A San Vittore, oltre il 70% dei detenuti è straniero». A completare lo spaccato è Marina Caroselli, presidente del Tribunale per i Minori. «Per le convalide di arresto, il numero degli stranieri è superiore al doppio di quelli degli italiani». Nel dettaglio, «è consistente il numero dei reati commessi da nomadi», «emerge che i romeni sono dediti a furti e a reati contro il patrimonio», «i nordafricani allo spaccio di stupefacenti», e «i sudamericani ai reati contro il patrimonio, anche connotati da violenza». Ma se hanno meno di 14 anni non sono imputabili.
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la legge e' uguale per tutti

MARONI: LINEA DURA CONTRO CHI DELINQUE. Magistrati (ovviamente) contrari.

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Maroni: "Ma noi andremo avanti linea dura contro sbarchi e rom"
di LIANA MILELLA

ROMA - Magistrati, penalisti, e pure l'alto commissariato Onu per i
rifugiati, bocciano le anticipazioni delle misure per contrastare
l'immigrazione clandestina e garantire la sicurezza del nuovo governo
Berlusconi, ma il ministro dell'Interno Roberto Maroni va avanti sulla linea
dura. E conferma che il provvedimento "andrà al primo consiglio dei
ministri". Con norme durissime contro gli stranieri sia comunitari che
extracomunitari.

Nuovo reato di immigrazione clandestina e carcere per chi tenta di entrare o
si trova in Italia violando il testo unico sull'immigrazione del '98;
chiusura delle frontiere e blocco del trattato di Shengen contro rom e
rumeni; pattugliamenti, anche oltre le acque territoriali, per contrastare
gli sbarchi; permanenza nei Cpt fino a 18 mesi; smantellamento definitivo
dei campi rom abusivi ricorrendo inevitabilmente ad arresti ed espulsioni;
inasprimento sulle richieste di asilo e sui ricongiungimenti familiari;
permessi di soggiorno solo a chi garantisce un reddito.

Maroni, che fa della legge Bossi-Fini una sorta di "Bibbia", un caposaldo
dai principi intoccabili, lavora su tre fronti, bloccare rom e rumeni,
stoppare chi arriva dal mare, assicurare la sicurezza urbana. I suoi uffici
hanno già ricevuto l'articolato messo a punto da Niccolò Ghedini, l'uomo di
fiducia del Cavaliere sulle questioni giuridiche, che in 40 articoli
ipotizza il nuovo reato d'immigrazione clandestina e riscrive le norme del
codice penale per alzare le pene per i reati di grave allarme sociale e
ottenere a cascata una stretta sui benefici carcerari e processi per
direttissima.

Dopo un briefing con i tecnici del Viminale, martedì Maroni vedrà i colleghi
degli Esteri Frattini, della Difesa La Russa e della Giustizia Alfano, che
come suo primo atto di governo ha firmato detenzioni al 41bis per esponenti
di mafia, camorra e 'ndrangheta. I quattro vogliono chiudere sul pacchetto
sicurezza che, nelle intenzioni del Cavaliere, dovrà essere approvato per
decreto. Sempre che Napolitano sia disposto a controfirmarlo.


Ma sulle norme annunciate è già scontro. Drastico il giudizio delle Camere
penali. Il presidente Oreste Dominioni parla di "esibizione di una faccia
feroce del tutto inutile e di sola carica demagogica" con norme che
rischiano "di comprimere le garanzie costituzionali". Laura Boldrini,
portavoce dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati, boccia in toto la
manovra sui clandestini perché la stretta sull'asilo viola le disposizioni
Ue, i pattugliamenti vanno contro la convenzione di Ginevra e altrettanto fa
il reato di immigrazione clandestina.

Ipotesi che suscita ironia e sconcerto nell'ex procuratore di Milano e oggi
senatore Pd Gerardo D'Ambrosio: "Bisognerebbe sentire che ne pensano gli
americani. Ho ospitato il capo dell'ufficio immigrazione e quando gli ho
chiesto se negli Usa viene arrestato il clandestino espulso che poi rientra
lui mi ha risposto "e che siamo pazzi? e quanto ci costerebbe? noi lo
prendiamo e lo rimandiamo subito nel suo Paese".

Inventarsi questo reato non solo costerà molto all'Italia, visto che per un
detenuto ci vogliono 3.500 euro al mese, ma farà esplodere le carceri. Il
Pdl dovrà fare un altro indulto o costruire campi di concentramento".

È critico Lanfranco Tenaglia, magistrato e ministro della Giustizia "ombra"
del Pd: "Sulla base della mia esperienza, e nei paesi dove è previsto, quel
reato non ha prodotto l'effetto di deterrenza sperato. Quello che conta è
rendere effettiva e immediata l'espulsione in via amministrativa". Tenaglia
è molto dubbioso sul decreto: "Napolitano valuterà se ricorrono i
presupposti di necessità e urgenza".

Molto critiche le toghe. Nello Rossi, ex segretario dell'Anm e procuratore
aggiunto a Roma, si pone preoccupati interrogativi: "Un decreto legge per
riscrivere in tutta fretta interi capitoli del diritto e del processo
penale? Francamente mi sembra il frutto di una sottovalutazione del
difficile nodo sicurezza-giustizia che richiede scelte condivise e
interventi concreti sulle strade, nei tribunali, nelle carceri e non solo
astratti interventi normativi che di per sé ormai non rassicurano nessuno.
Così si rischia solo di dar vita all'ennesima illusione".

internet
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Anche Belluno infetta

CARABINIERI - I numeri e il bilancio di un anno di attività in provincia di Belluno
Presenti tentacoli della delinquenza nazionale
Soprattutto in relazione ai crimini legati al traffico, allo spaccio e al consumo di droghe

La zona di Belluno è atipica dal punto di vista delinquenziale rispetto alle province vicine di Vicenza, Padova e Treviso perché è interessata quasi esclusivamente da delitti contro il patrimonio di limitata rilevanza, anche se a forte incidenza diretta sul danneggiato (come furti e truffe). Lo sottolinea il Comando provinciale dei Carabinieri di Belluno, retto dal ten. col. Giorgio Di Francia, nel tracciare il bilancio dell’attività svolta nel 2002.

La provincia, precisano comunque i Carabinieri alla luce dei 18 mila servizi prestati lo scorso anno sul territorio, non è completamente avulsa dalla delinquenza nazionale, soprattutto in relazione alle manifestazioni criminose legate al traffico, allo spaccio e al consumo di sostanze stupefacenti.

Per quanto riguarda i più gravi reati, i Carabinieri ricordano di essere riusciti a identificare e catturare l’autore di un omicidio perpetrato ad Auronzo di Cadore e di aver dato grande impulso all’attività infoinvestigativa soprattutto al fine di prevenire e reprimere il fenomeno delle rapine (comprendendo anche quelle cosidette “in abitazione” che tanto scalpore destano per l’efferatezza della commissione e che interessano in particolar modo l’area veneta a ridosso del confine meridionale della provincia). Per questo aspetto, a fronte di 18 rapine perpetrate e per le quali l’Arma ha proceduto, c’è stata l’identificazione degli autori di 8 di queste rapine, con il deferimento di 11 persone all’autorità giudiziaria.

Nell’anno passato in provincia sono stati altresì perpetrati 1.551 furti e 144 di questi sono stati scoperti (nel 2001 i furti erano stati 1.937 e quelli scoperti 151). I Carabinieri hanno inoltre sequestrato 83 armi e più di 252 kg. di esplosivi, con l’arresto di 2 persone e la denuncia a piede libero di 29.

Un aspetto dell’attività dell’Arma che gli stessi Carabinieri definiscono “triste” è stato quello degli interventi per i suicidi (nr. 30) e i tentati suicidi (nr. 17).

La presenza dei Carabinieri sul territorio - sottolinea il Comando dell’Arma si è manifestata anche e soprattutto sulle montagne. In inverno il personale specializzato sciatore ha svolto un servizio preventivo e di soccorso sulle piste e nei percorsi alternativi alla discesa dei comprensori del Civetta, del Nevegal, delle Tre Valli, di Arabba e di Cortina, affiancato anche dai colleghi delle squadre di soccorso alpino dell’Arma (dall’anno scorso dotate anche di apparati defibrillatori portatili). Anche nel restante periodo dell’anno l’Arma ha incessantemente garantito interventi risolutivi lungo ferrate e itinerari escursionistici in quota.

Notevole impegno hanno comportato per i Carabinieri i servizi di controllo alla circolazione stradale, nel corso dei quali sono state elevate 9.802 contravvenzioni, riscuotendo più di 1 milione e 650 mila euro; ritirate 508 patenti di guida e sequestrati 61 automezzi. La branca dell’infortunistica stradale, espletata soprattutto lungo la SS 51, la SS. 348 e la SS. 203, ha impegnato i Carabinieri con i rilievi relativi a 14 incidenti stradali mortali, in cui hanno perso la vita 16 persone ed altre 29 sono rimaste ferite, nonché di ulteriori 775 sinistri stradali con 623 feriti; è altresì stata prestata assistenza agli utenti della strada in oltre 1.200 interventi.
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sicurezza che, nelle intenzioni del Cavaliere, dovrà essere approvato per
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Ma sulle norme annunciate è già scontro. Drastico il giudizio delle Camere
penali. Il presidente Oreste Dominioni parla di "esibizione di una faccia
feroce del tutto inutile e di sola carica demagogica" con norme che
rischiano "di comprimere le garanzie costituzionali". Laura Boldrini,
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manovra sui clandestini perché la stretta sull'asilo viola le disposizioni
Ue, i pattugliamenti vanno contro la convenzione di Ginevra e altrettanto fa
il reato di immigrazione clandestina.

Ipotesi che suscita ironia e sconcerto nell'ex procuratore di Milano e oggi
senatore Pd Gerardo D'Ambrosio: "Bisognerebbe sentire che ne pensano gli
americani. Ho ospitato il capo dell'ufficio immigrazione e quando gli ho
chiesto se negli Usa viene arrestato il clandestino espulso che poi rientra
lui mi ha risposto "e che siamo pazzi? e quanto ci costerebbe? noi lo
prendiamo e lo rimandiamo subito nel suo Paese".

Inventarsi questo reato non solo costerà molto all'Italia, visto che per un
detenuto ci vogliono 3.500 euro al mese, ma farà esplodere le carceri. Il
Pdl dovrà fare un altro indulto o costruire campi di concentramento".

È critico Lanfranco Tenaglia, magistrato e ministro della Giustizia "ombra"
del Pd: "Sulla base della mia esperienza, e nei paesi dove è previsto, quel
reato non ha prodotto l'effetto di deterrenza sperato. Quello che conta è
rendere effettiva e immediata l'espulsione in via amministrativa". Tenaglia
è molto dubbioso sul decreto: "Napolitano valuterà se ricorrono i
presupposti di necessità e urgenza".

Molto critiche le toghe. Nello Rossi, ex segretario dell'Anm e procuratore
aggiunto a Roma, si pone preoccupati interrogativi: "Un decreto legge per
riscrivere in tutta fretta interi capitoli del diritto e del processo
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BENE, AVANTI COSI'.... ma perché non te ne vai al mare o all'idroscalo???
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"mo va a fer dal pugnàt!
THO' UN CUOCO .....(Daniele Luttazzi Raiperunanotte 25/03/2010)
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Devianza (per info chiedere nomeutente)

La problematica della risposta carceraria



In Italia, dopo anni di riflessione e di dibattito tra giudici minorili, avvocati e operatori del settore, è entrato in vigore il nuovo codice di procedura penale per i minorenni, il quale garantisce al minorenne non solo un giudice specializzato, ma anche un processo orientato non tanto verso l’accertamento del reato quanto piuttosto verso la persona in quanto individuo in formazione a cui va riconosciuto il diritto all’educazione, al sostegno, alla protezione.

Uno dei principi fondamentali del codice di procedura penale minorile è quello della residualità della detenzione, misura da utilizzare solo nel caso in cui tutte le alternative siano fallite.

L’esecuzione di una condanna in un istituto minorile, infatti, solo raramente rappresenta un deterrente, nella maggior parte dei casi conferma il soggetto nel ruolo di delinquente, non esprimendo una finalità educativa che agevola percorsi di ripresa.

Il carcere, infatti, costituisce un ulteriore elemento nel processo di emarginazione che, potenziando nel ragazzo l’identità di sé come soggetto deviante, riduce la possibilità di far riferimento alle risorse dell’individuo, e non rimuove le cause che hanno originato la sua condotta, con la conseguenza che, una volta espiata la pena, si riprodurrà la stessa situazione di conflitto preesistente.

Occorre, dunque, realizzare un programma reale di recupero che tenga presente le potenzialità e le possibilità di sostegno, nel superamento di quelle condizioni che hanno facilitato l’ingresso nella devianza. Il trattamento rieducativo dovrebbe partire dalla considerazione dei bisogni di ciascun individuo, rilevati attraverso l’osservazione della personalità da parte di operatori specializzati, in base alla quale si possa formulare un programma finalizzato alla trasformazione degli atteggiamenti e degli orientamenti di vita.

Residualità della misura carceraria, tuttavia, non significa assenza di risposta al fatto reato; la risposta è esigenza della collettività ed intervento doveroso nei confronti del minore.

Il superamento della risposta carceraria come unico strumento di rieducazione, rende possibile sperimentare e creare interventi più rispondenti alle caratteristiche personali del soggetto.

Le politiche giovanili, la rivisitazione del sistema scolastico obbligatorio, la possibilità reale di occupazione, lavoro e professionalità, la valorizzazione di tutte le forme di solidarietà e di accoglienza possibili nella vita quotidiana, sono alcune delle tante risposte che permettono percorsi di recupero e di reinserimento ben diversi e più efficaci di molte sanzioni e svolgono, allo stesso tempo, un’indispensabile azione preventiva. Parlare della residualità nel carcere, ci porta a riflettere sui principi e concetti fondamentali, quali, ad esempio, la funzione della pena, in termini di prevenzione e risocializzazione. L’allarme sociale della delinquenza ha portato un forte bisogno di sicurezza, da un lato con una sempre maggior chiusura delle persone nelle proprie case, dall’altra ha spostato l’azione statuale nella funzione repressiva con un sempre maggior allontanamento dalla doverosa attivazione di strategie di prevenzione.

In conformità, invece, con l’articolo 27 della Costituzione, tutto l’intervento penitenziario è finalizzato alla rieducazione del condannato. In accordo con Melita Cavallo (giudice minorile a Napoli e a Milano), dobbiamo riflettere sul fatto che "se la delinquenza è cambiata è perché la società è cambiata: è più complessa, competitiva, violenta; eppure si continua a dare a questi ragazzi le stesse risposte di tipo punitivo."

Il carcere, infatti, costituisce a tutt’oggi, nella maggior parte dei sistemi penitenziari contemporanei, la struttura centrale all’interno del sistema delle pene.



La giustizia e i minori immigrati



Nella giustizia penale minorile i ragazzi extracomunitari e nomadi hanno un impatto molto più duro con le risposte processuali sanzionatorie rispetto ai ragazzi italiani.

A parità di reato, i minori immigrati sono più spesso condannati, ricevono molto più frequentemente misure cautelari detentive, rimangono per più tempo in carcere, mentre con molta meno frequenza sono destinatari di misure diverse, quali ad esempio il collocamento in comunità-alloggio o in famiglia.

Le condizioni di vita dei minori immigrati sono diverse rispetto a quelle degli italiani, soprattutto dal punto di vista delle relazioni con la famiglia e la comunità territoriale, quindi gli interventi dell’apparato socio-giudiziario sono inevitabilmente diversi. Una volta entrati in contatto con il sistema penale italiano, è facile riscontrare come i cittadini stranieri subiscano ulteriori discriminazioni.

In primo luogo, per motivi economici non possono quasi mai assicurarsi un difensore di fiducia e devono quindi ricorrere a difensori d’ufficio, visto che ostacoli formali e sostanziali rendono loro difficoltoso accedere al gratuito patrocino; subiscono inoltre le conseguenze di evidenti difficoltà linguistiche, di comunicazione e di scarsa conoscenza del sistema giuridico italiano. Nei confronti degli stranieri provenienti dai paesi poveri, come avviene spesso anche per altri soggetti deboli, l’istituzione giudicante mostra, infatti, un livello di attenzione minore rispetto a quello che viene garantito a chiunque, per status, benessere economico e posizione sociale, abbia strumenti di tutela da attivare in caso di errori giudiziari o di palese violazione delle garanzie di difesa. A parità di imputazione o di condanna, inoltre, la permanenza in carcere degli stranieri è mediamente più lunga di quella degli italiani, sia in fase di custodia cautelare che dopo l’eventuale sentenza.

Questa differenza viene comunemente ricondotta al fatto che spesso gli stranieri non hanno un domicilio certificato per poter usufruire degli arresti domiciliari o delle misure alternative alla detenzione.

La discriminazione nel trattamento degli stranieri può essere il frutto, tuttavia, anche di un paradossale egualitarismo. Secondo Gaetano De Leo, non tenendo conto delle particolarità relative alle condizioni di vita, all’identità etnica, alla cultura degli immigrati, si tende a dare a questi ultimi lo stesso tipo di risposta dato ai minori italiani. Ciò è dovuto all’incapacità dei servizi preposti di adattare i progetti educativi alle caratteristiche degli utenti. Gaetano De Leo sostiene queste sue idee facendo riferimento ad una ricerca effettuata presso il carcere minorile di Roma "Casal di Marmo".

Mettendo a confronto, infatti, le relazioni d’equipe, composte da educatori, psicologi, assistenti sociali, elaborate per minori italiani e per minori extracomunitari, si è riscontrato che mentre le relazioni per i ragazzi italiani sono articolate e differenziate, per i singoli soggetti, sia da un punto di vista psicologico, che relazionale e familiare, le relazioni per i ragazzi extracomunitari, invece, evidenziano una diversificazione soltanto tra il gruppo dei nomadi e quello dei nord-africani; per il resto, all’interno dei due gruppi, le relazioni si somigliano tutte, non riescono a cogliere in modo apprezzabile differenze individuali, relazionali, familiari, culturali.

In particolare, il caso dei minori migranti irregolarmente presenti in Italia ci appare un punto particolarmente critico per quanto riguarda i diritti del fanciullo e della tutela legale che ne consegue. Si tratta di "minori spesso in sosta, in una zona di invisibilità, spesso senza documenti di soggiorno e che riescono ad assicurarsi piena visibilità solo nell’atto del flagrante compimento di un reato, rimbalzando così di colpo in un’area dove si coniugano privazione della libertà e riconoscimento dei diritti". L’inadeguatezza delle risposte nei confronti dei minorenni extracomunitari sottoposti a provvedimenti penali si esprime sotto varie forme.

Un primo ordine di fattori problematici risiede nel fatto che l’assenza di un’abitazione, di una famiglia e di una rete di riferimento stabile nel territorio, rendono difficoltosa l’elaborazione di un programma partecipato di reinserimento sociale del minore. La difficile reperibilità dei ragazzi, ad esempio, dopo l’uscita dei Centri di Prima Accoglienza, causata dalla mancanza di domicilio fisso e dell’estrema mobilità degli stessi sul territorio, rende particolarmente gravoso il lavoro degli operatori. A complicare tale quadro, vanno poi considerate le difficoltà riscontrate nel rapporto con le autorità consolari e le ambasciate dei paesi d’origine dei ragazzi extracomunitari autori di reato. Si riscontra, infatti, la mancanza quasi totale di collaborazione da parte dei consolati che difficilmente riconoscono la propria responsabilità per i minorenni sottoposti a procedimento penale anche al fine di portare a termine dei rimpatri assistiti, nel caso siano presenti le necessarie condizioni. In altri casi, gli ostacoli alla presa in carico dell’utenza extracomunitaria dipendono dall’atteggiamento di scarsa collaborazione dei ragazzi di fronte all’intervento degli assistenti sociali e delle strutture della giustizia minorile. In molti casi, i ragazzi, quasi tutti in posizione irregolare nel nostro paese, diffidano dell’intervento degli assistenti sociali e delle strutture della giustizia, in quanto temono l’espulsione e il rientro nel paese di origine. In altri casi, invece, con un atteggiamento opposto, i minori tentano di strumentalizzare a proprio favore l’intervento sociale, con l’intento di usufruire delle opportunità alternative al carcere offerte dal nuovo codice di procedura penale per i minorenni.

In questo senso, l’adesione a progetti di messa alla prova o la partecipazione ai trattamenti di rieducazione offerti dagli operatori sociali ai ragazzi extracomunitari si è rivelata spesso di carattere meramente formale, finalizzata in modo strumentale ad ottenere benefici personali, come ad esempio la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno alla fine del percorso rieducativo.

Secondo altre esperienze, invece, è possibile dimostrare che nei casi in cui è stata assicurata ai ragazzi stranieri un’opportunità di inserimento sociale e professionale, i risultati non sono stati sempre negativi.

L’esperienza dell’Ufficio di Servizio Sociale di Roma, ad esempio, dimostra che, a differenza dei minori albanesi e dei nomadi, con i giovani di provenienza nord -africana, una volta avviato un rapporto di confidenza e soddisfatte alcune esigenze prioritarie, prima di tutte quella economica, non è impossibile giungere ad ottenere un grado di collaborazione soddisfacente, realizzando così esperienze positive di reinserimento sociale. L’esistenza di una giustizia non ancora eguale per tutti e fortemente condizionata dall’origine etnica e dalla disuguaglianza nelle opportunità sociali a disposizione del minore è confermata, inoltre, dall’applicazione differenziata delle misure cautelari previste dal nuovo codice di procedura penale minorile. Il codice prevede quattro misure cautelari personali nei confronti degli imputati minorenni: le prescrizioni, la permanenza in casa, il collocamento in comunità e la custodia cautelare in istituto. Il sistema delle misure cautelari da applicare ai minorenni è un sistema autonomo e che si differenzia notevolmente dal sistema previsto per gli adulti.

È l’art. 19 c.p.p.m. a sottolineare tale autonomia: "nei confronti dell’imputato minorenne non possono essere applicate misure cautelari personali diverse da quelle previste nel presente capo".

Tale autonomia non deve però far ritenere che le misure cautelari per i minorenni abbiano caratteristiche e finalità diverse da quelle previste per gli adulti; autonomia e specialità stanno solo a qualificare le misure, nel senso che esse sono correlate alla particolare personalità del soggetto in età evolutiva.

La normativa per gli adulti prevede la possibilità di applicare la misura cautelare solo quando vi sia o pericolo di fuga dell’imputato o pericolo di inquinamento probatorio oppure quando vi sia il pericolo che il soggetto imputato possa commettere reati della stessa indole. Per quanto riguarda il minore, inoltre, si tiene conto dell’età, della personalità e del progetto rieducativi.

Nel caso dei minorenni stranieri, invece, molto difficilmente si realizzano le condizioni per poter applicare misure alternative diverse dalla custodia cautelare. Infine, un ulteriore elemento di inadeguatezza si individua nelle risposte definitorie del processo minorile. Le informazioni a disposizione (precisare le fonti) consentono di rilevare che agli extracomunitari non si applicano alcune delle più vantaggiose misure tipiche del nuovo processo penale minorile, quali il proscioglimento per irrilevanza del fatto, la sospensione del processo e messa alla prova e il perdono giudiziale.

Con l’irrilevanza del fatto, si permette al minore, che ha commesso occasionalmente un fatto reato non considerato grave socialmente, di essere prosciolto. Con la sospensione del processo e messa alla prova, il minore ha la possibilità di seguire un percorso "guidato", progettato dai servizi sociali in accordo con l’Autorità giudiziaria, alla fine del quale, se l’esito è positivo, il reato si estingue.

Il perdono giudiziale, previsto dall’art. 169 c.p., consiste nell’astensione da parte del giudice dal pronunciare condanna se ritiene di dover infliggere una pena restrittiva della libertà personale non superiore a due anni. Il perdono giudiziale rappresenta la rinuncia da parte dello Stato alla potestà di punire in vista di un superiore interesse costituito dal recupero del minore.

Secondo lo psicologo Gaetano De Leo, le istituzioni italiane che accolgono con maggior frequenza e rapidità minorenni immigrati non sono quelle lavorative, scolastiche, assistenziali, bensì quelle penali. Mentre, con progressione crescente, gli istituti penali e le strutture della Giustizia Minorile sono divenute il luogo pubblico a più alta concentrazione di ragazzi stranieri, è agevole verificare la carenza di iniziative e luoghi di incontro, aggregazione, socializzazione, scambi culturali, conservazione e salvaguardia dell’identità nazionale per gli adolescenti stranieri, nei cui confronti si avverte l’esigenza di una pronta attivazione da parte delle istituzioni demandate, oltre che delle principali realtà del volontariato e dell’associazionismo giovanile.

D’altra parte appare evidente che, fino a quando non sarà possibile mutare le condizioni oggettive di vita e di lavoro degli immigrati in Italia, in modo particolare delle famiglie e dei soggetti "deboli", l’emarginazione economica, sociale, culturale degli extracomunitari comporterà atteggiamenti di non-conformità e di devianza delle nuove generazioni, le più esposte al conflitto fra la propria identità e le aspettative di inserimento della comunità di appartenenza nel il nostro sistema istituzionale.



Carcere e minori stranieri



Il momento dell’accoglienza è l’atto con cui si riceve una persona all’interno di un’istituzione. Nell’ambito del contesto detentivo minorile, l’accoglienza è un momento di contrattazione educativa e di negoziazione di spazi che reciprocamente si è disposti a concedere, di definizione di ruoli e stili relazionali. È un momento molto importante soprattutto per gli stranieri che rappresentano una fascia sociale ritenuta portatrice d’insicurezza e nei confronti della quale si sono concentrate le politiche di controllo sociale.

L’accoglienza acquista significato se viene vissuta come un processo di empowerment, un processo in grado di dare potere, di rendere autonomo il minorenne straniero sin dalle prime fasi della detenzione. Questo intervento, con la sua specifica attenzione alle diversità culturali, se attuato sin dalle prime fasi d’ingresso del minore in un istituto, può prevenire situazioni di disagio emotivo e cognitivo, dinamiche di aggressione o di rifiuto.

Proporre un’attività di accoglienza, secondo questa ottica, non vuol dire soltanto raggiungere un buon rapporto con i giovani arrestati; vuol dire proporre al detenuto una collocazione attiva e stimolare gli operatori a mettere in discussione il proprio compito, non più segnato da un mandato istituzionale, ma contraddistinto da un nuovo stile comunicativo ed interattivo. Nel regolamento penitenziario l’accoglienza, indicata come "modalità d’ingresso in Istituto", è descritta negli articoli compresi tra il 22 ed il 26 del DPR 230/2000. L’ingresso in istituto di pena può essere una delle fasi più traumatiche del rapporto tra la persona, in fase di trasformazione, privata della libertà e l’istituzione nella quale viene inserita. Le procedure che seguono l’arrivo nella struttura penale si svolgono attraverso una sequenza di fasi che esprimono un processo di spersonalizzazione progressivo: immatricolazione, perquisizione, privazione degli oggetti personali.

La detenzione si può configurare come punizione, ossia come informazione forte che indica un limite oltre il quale esiste un pericolo, ma designa anche un territorio nel quale è possibile il movimento. Occorre, dunque, una mediazione tra opposti, uno sfondo integratore della funzione di contenimento con il processo evolutivo della sfera personale dell’adolescente.

Tale mediazione dipende principalmente dal modo in cui l’I.P.M. gestisce e organizza la propria funzione. Per quanto riguarda gli stranieri, in passato alcuni professionisti rilevavano che la difficoltà di comprensione della lingua non rendeva accessibile il vissuto interiore del giovane straniero; le differenze culturali, inoltre, richiedevano tempo per essere efficacemente orientate in senso educativo.

Oggi tali aspetti, pur ancora presenti nelle rappresentazioni degli operatori appartenenti ai diversi servizi, sono meno influenti che in passato. La visione del minore identificato come soggetto portatore di carenze, di barriere culturali insormontabili interagisce con la capacità degli operatori di riconoscere le differenze nella relazione comunicativa con il minore straniero. In quest’ottica, il percorso previsto per i minori italiani in carcere può essere applicato efficacemente anche agli stranieri. Le particolarità derivanti dalle differenze culturali, tuttavia, impongono la necessità di operare degli adattamenti come, ad esempio, la presenza di un mediatore linguistico - culturale; infatti, in molti casi, dopo la fase dell’immatricolazione, il colloquio di primo ingresso, a carattere soprattutto informativo circa l’organizzazione del contesto, viene svolto con l’ausilio dei mediatori culturali. Per tutti i minori in carcere, oltre alle attività formative, vengono proposte anche attività ricreative come quelle teatrali, attraverso le quali i ragazzi imparano a conoscere meglio se stessi e gli altri in un contesto dove la loro libertà è certamente limitata; imparano ad immedesimarsi nei personaggi e spesso, interpretando il loro ruolo, mettono in scena la loro attuale realtà. In particolare l’attività teatrale sembra quella più adatta ai detenuti stranieri.

Particolarmente interessante è l’esperienza dell’I.P.M. di Treviso con il laboratorio di videoteatro. I giovani ospiti dell’I.P.M. hanno sperimentato l’uso del linguaggio corporeo e vocale, lavorando sulla consapevolezza del movimento fisico. I ragazzi hanno, inoltre, imparato le tecniche della ripresa audiovisiva e del montaggio, fino alla produzione di un breve filmato nel quale i ragazzi hanno messo in scena loro stessi e le loro storie. I video, poi, sono stati utilizzati dagli psicologici dell’istituto per approfondire le conoscenza dei ragazzi, i quali rivedendosi hanno avuto la possibilità di osservare e comprendere qualcosa in più di se stessi.

I ragazzi, lavorando in gruppo, hanno imparato ad autodisciplinarsi, vivendo l’esperienza della disciplina non come un’imposizione, ma come una regola autoprodotta, in cui il gruppo si riconosce e grazie alla quale riesce a funzionare e a lavorare. Da questa esperienza si è riscontrato che i ragazzi stranieri non parlano molto di loro stessi, se non dei reati commessi o della loro vita legata al carcere; tutto il vissuto che ha preceduto la carcerazione, luoghi, affetti, voglie, speranze, lo custodiscono con molta gelosia e riservatezza.



La figura del mediatore culturale nel contesto penale minorile



La figura del mediatore culturale negli istituti penali dove sono presenti anche gli stranieri può essere determinante, come sostegno per altri operatori nella realizzazione del progetto rieducativo e di risocializzazione dei ragazzi. Il mediatore culturale rappresenta una figura professionale autonoma, che attua un continuo studio ed un’approfondita analisi della cultura di origine dei ragazzi e di quella del paese di accoglienza.

I mediatori socioculturali non sono soltanto operatori che, conoscendo una determinata lingua straniera, svolgono funzione di interpreti; è fondamentale, invece, che sappiano leggere i codici psico-socio-culturali di quella cultura e siano in grado di essere compresi dai ragazzi. È importante infatti conoscere le tradizioni e la cultura d’appartenenza, rituali compresi, per comprendere a fondo i problemi psicologici dei ragazzi.

La mediazione socioculturale mette in evidenza come sia difficile trattare con un ragazzo (italiano o straniero che sia) se non si conosce la sua realtà al di fuori del carcere. Diverse sono le funzioni del mediatore a seconda che intervenga fuori o dentro del carcere. All’interno del Centro di prima accoglienza il mediatore è il primo operatore con il quale il ragazzo entra in contatto, svolgendo la funzione di interprete nell’acquisizione di tutte le notizie necessarie per la sua conoscenza.

Diversamente, per quanto riguarda l’inserimento in strutture comunitarie, l’intervento è più elaborato, perché consiste non solo in un passaggio di informazioni e nell’individuazione della struttura comunitaria più adeguata, ma bensì in un vero e proprio accompagnamento assistito. Nell’istituzione penitenziaria, collaborando con gli altri operatori, il mediatore accompagna il ragazzo straniero nello svolgimento del percorso educativo elaborato per lui.

Al fine di consolidare un rapporto di fiducia, occorre che il mediatore abbia con i ragazzi incontri non solo formali ma anche informali. È utile che sia presente nelle singole attività, che possa mangiare, passeggiare insieme a loro, rispondere alle loro domande. È necessario che sappia individuare tempi e modi opportuni per intervenire sul caso singolo, sul gruppo etnico, su gruppi di cittadinanza diversa o sul collettivo.



L’Istituto Penale Minorile di Nisida



L’I.P.M. di Nisida è il carcere minorile del territorio napoletano che accoglie detenuti minorenni napoletani e stranieri e che, garantendo la tutela dei diritti dei soggetti minorenni che hanno commesso reati, favorisce l’adattamento all’ambiente offerto e un graduale reinserimento sociale. Ogni operatore lavora con un gruppo di ragazzi selezionati in base alla permanenza e alle attività. Il minore, al suo ingresso in Istituto, viene accompagnato dalla polizia penitenziaria all’ufficio matricola dove l’operatore preposto avvisa l’educatore di turno addetto alla fase di accoglienza e l’Ispettore di Sorveglianza generale. Le operazioni di immatricolazione e di perquisizione personale avvengono nel rispetto della persona e in un locale predisposto. Gli oggetti vengono custoditi a cura dell’ufficio matricola. Entro 24 ore dall’ingresso, il giovane viene accompagnato in infermeria per la prima valutazione clinica (per verificare, tra l’altro se sia tossicodipendente o se abbia fatto uso saltuario di sostanze stupefacenti). Contestualmente gli viene consegnato l’occorrente per l’igiene personale. I bambini fino a 3 anni che entrano in istituto, nel rispetto della legge che consente alle giovani detenute di tenerli con sé, devono essere sottoposti a visita medica pediatrica.

Ad ogni gruppo di ragazzi è assegnata un’équipe di lavoro, composta da educatori, agenti di controllo, psicologi. Gli educatori sono responsabili di tutte le esigenze espresse dai minori sia all’interno che all’esterno dell’istituto. Il ragazzo resta nel gruppo di accoglienza per il tempo necessario ad adattarsi al nuovo ambiente. In questa fase, il ragazzo effettua il colloquio di primo ingresso con l’educatore addetto all’accoglienza, colloquio che serve sia per fornire al giovane informazioni relative all’organizzazione dell’istituto sia per conoscere le sue problematiche personali e familiari, al fine di compilare la scheda di primo ingresso. A sostegno dell’educatore, è presente lo psicologo che assiste il ragazzo con colloqui settimanali.

Il regolamento prevede che i nuovi arrivati devono stare in stanze singole prima di essere inseriti in camera con altri. Per il ragazzo recidivo la fase di accoglienza è più breve poiché l’istituto è già in possesso delle informazioni necessarie. Completata la fase di accoglienza, l’educatore, raccolte le prime informazioni dagli operatori che hanno incontrato il ragazzo nel primo colloquio approfondito, crea ad hoc il percorso educativo per ogni ragazzo, chiarendo le regole di vita comunitaria e le attività libere che dovrà frequentare; provvede, inoltre, all’assegnazione ad un gruppo, in base al percorso previsto per lui e alla durata della sua permanenza.

Per quanto riguarda il gruppo di breve permanenza, le attività prevedono un ciclo di apprendimento scolastico breve, durante il quale non si mira tanto all’istruzione in senso stretto quanto a stimolare le loro capacità e le loro abilità. La gestione del gruppo di lunga permanenza prevede attività finalizzate al conseguimento di qualifiche professionali e di diplomi scolastici; pertanto si svolgono regolari lezioni e laboratori di vario genere. C’è anche un terzo gruppo, per il quale sono previsti benefici che comprendono la partecipazione ad attività esterne, come il lavoro presso officine e ristoranti, per poi rientrare in istituto la sera. Se il ragazzo non rispetta le regole concordate, tutti i benefici concessi gli saranno revocati. L’educatore verifica periodicamente il percorso educativo che verrà modificato per essere adeguato alle graduali trasformazioni nel comportamento del minore. Per quanto riguarda la formazione professionale, i corsi si differenziano in corsi di orientamento e corsi di formazione professionale veri e propri.

I primi, solitamente, sono destinati a giovani la cui permanenza è di breve durata e consistono in attività prettamente manuali; i corsi di formazione professionale sono finalizzati al conseguimento di una qualifica professionale. All’interno del percorso educativo è previsto anche il proseguimento degli studi oltre il ciclo dell’obbligo con la frequenza a corsi esterni (ad esempio, la scuola alberghiera). Per i ragazzi che partecipano alle attività con impegno e costanza vengono previste anche attività ricreative, sportive e teatrali.

Nel carcere di Nisida viene anche assicurato il massimo rispetto della diversità di religione, garantendo la possibilità di celebrare i propri riti. Il carcere è inoltre dotato di una biblioteca dove i ragazzi possono consultare libri e riviste, che possono portare nella propria stanza con il permesso dell’educatore. Durante tutte le attività trattamentali e conviviali, ci sono sempre gli agenti di controllo che esercitano la sorveglianza con molta discrezione, collaborando con gli educatori. La vita all’interno dell’Istituto si svolge secondo orari e mansioni, previsti da un Ordine di Servizio che i ragazzi sono tenuti a rispettare. Durante lo svolgimento delle attività, essi possono rimanere nella propria stanza solo per motivi sanitari o disciplinari, altrimenti la partecipazione è obbligatoria.

Il medico dell’istituto può disporre l’isolamento sanitario del minore per il tempo necessario alla risoluzione del problema di salute da eseguirsi nei locali dell’infermeria. In questo periodo viene assicurata all’infermo assistenza da parte degli infermieri, della polizia penitenziaria e degli educatori. L’isolamento disciplinare, eseguito in una stanza predisposta, comporta l’esclusione dalle attività e dai benefici, come la privazione dei colloqui telefonici e delle visite dei familiari. Durante questo periodo, l’educatore che ha in carico il minore continua a seguire il ragazzo e attraverso i colloqui valuta le sue condizioni.

I colloqui con i familiari si svolgono il sabato dalle ore 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 15.00 e la durata è di 1ora. Per mantenere contatti con la famiglia ai ragazzi viene data la possibilità di effettuare telefonate di 10 minuti al massimo, in un ambiente in cui è presente solo la polizia penitenziaria. Se rispettano le regole e aderiscono al progetto educativo con una partecipazione positiva, i ragazzi vengono gratificati con la concessione di telefonate, colloqui familiari più lunghi, borse di studio, possibilità di trascorrere parte della giornata con i propri familiari e fruizione delle misure alternative alla detenzione. La valutazione dei premi viene effettuata dal Consiglio di disciplina che mensilmente si riunisce al fine di valutare i ragazzi meritevoli di ricompense.



Il carcere di Nisida e i minori stranieri



Attualmente il 25-30% dei ragazzi ospitati nel carcere di Nisida sono stranieri che provengono, per problemi di sovraffollamento e di opportunità, prevalentemente dagli istituti del Nord in cui la percentuale si aggira intorno al 70%. Si tratta per lo più di stranieri che commettono reati al Nord e che restano a Nisida in "parcheggio" fino all’udienza.

A Nisida su un totale di 37 ragazzi, 12 sono stranieri compresi tra magrebini, albanesi e rom; i rom sono accusati prevalentemente di furto, 2 albanesi di rapina con tentato omicidio, dei 7 magrebini, 5 di spaccio, 1 di rapina aggravata, 1 di tentato omicidio; la maggior parte sono solo indagati, pochi sono condannati e devono scontare una pena di almeno 1 anno.

La maggior parte sono clandestini, giunti in Italia senza permesso di soggiorno, qualcuno ha parenti al Nord, altri hanno legami con organizzazioni criminali. Molti di loro sono stati fermati già altre volte sotto falsa identità.

Per quanto possano essere aggressivi, i ragazzi stranieri hanno all’interno del carcere un comportamento fatto di responsabilità, impegno e rispetto. Hanno, infatti, un atteggiamento corretto nei confronti degli educatori, degli agenti di polizia, rispettano gli orari delle attività, le regole stabilite dal carcere, a differenza di quanto viene rilevato negli istituti del nord dove, essendo la maggioranza, non sempre riescono a controllare la loro aggressività e spesso sono poco obbedienti alle regole.

A Nisida gli stranieri sono inseriti in tutti i laboratori di falegnameria, pittura, ceramica, teatro, nei corsi di computer e, se il ragazzo acquista familiarità con la lingua italiana, può anche frequentare la scuola assieme ai ragazzi italiani. A Nisida, oltre agli educatori, agli assistenti sociali, agli psicologi, da circa un anno sono presenti anche i mediatori culturali che incontrano i ragazzi due volte a settimana. Il loro contributo consiste nel dare ai ragazzi opportunità di confronto su temi della vita quotidiana in Italia e dei loro paesi di origine. Una delle forme di scambio e di conoscenza reciproca è stata realizzata attraverso un laboratorio di cucina italiana e straniera.

L’impegno profuso dagli operatori e dai ragazzi e i risultati positivi che a volte si ottengono vengono purtroppo vanificati dalla mancanza di progetti di continuità che possano offrire opportunità di inserimento nel mondo del lavoro e nella vita sociale. La conclusione, dunque, è che il carcere rappresenta una misura di comodo ma non certamente la più efficace.



Percorsi di educazione con i minori stranieri



Al fine di elaborare efficaci percorsi di rieducazione dei ragazzi stranieri in carcere, ma anche per prevenire comportamenti devianti, occorre interrogarsi sui modelli di educazione più consoni ad affrontare la problematica della diversità culturale.

Nel momento in cui entra nel nuovo paese, lo straniero che sia adulto o minore, subisce uno shock culturale, ha perso le sue relazioni sociali significative, è impossibilitato ad utilizzare le sue conoscenze nel nuovo contesto. In ambito scolastico, per esempio, il minore vive molte tensioni, la sua identità è messa a dura prova, le competenze acquisite nel suo paese di origine non vengono riconosciute, si percepisce incapace, incompetente, può anche arrivare a rifiutare la scuola come estremo tentativo di difesa della propria cultura e della propria identità.

Ma se gli enti educativi attuano le giuste metodologie, il minore avrà modo di inserirsi più facilmente nel nuovo contesto. La pedagogia, col tempo, ha maturato una maggiore sensibilità verso il tema delle differenze culturali e il problema dell’incontro-scontro tra le culture. Nel passato, elevare la propria cultura a modello universale comportava l’esclusione di tutte le altre forme di cultura che venivano ritenute inferiori. Successivamente, le politiche democratiche hanno prestato più attenzione ai diritti delle minoranze etniche e linguistiche, salvaguardando le loro tradizioni culturali. Le stesse istituzioni scolastiche non hanno mai affrontato i problemi relativi alle diversità culturali, mirando all’assimilazione delle minoranze nella cultura dominante, imponendo la rinuncia all’identità culturale.

Successivamente, i forti tassi di insuccesso scolastico dei figli di immigrati negli anni 70 fanno sì che educatori ed insegnanti inizino ad occuparsi delle diversità culturali nella convinzione, tuttavia, che l’insuccesso scolastico fosse dovuto alla carenza di abilità di base e alle competenze linguistiche; affrontavano questi problemi con interventi di tipo compensativo, per facilitare l’inserimento nella scuola attraverso programmi di apprendimento della seconda lingua. Per quanto più aperto verso gli immigrati, questo atteggiamento era ancora fortemente legato ad una logica assimilatrice e paternalistica.

Con lo stabilizzarsi del fenomeno, gli immigrati rivendicarono la propria specificità culturale; vennero, perciò, istituite scuole etniche monoculturali e corsi di lingua per le singole etnie, col rischio di chiudersi nella difesa delle proprie tradizioni, rinunciando ad avere scambi culturali e sociali. Fallito così l’approccio assimilativo-compensativo, che nega la diversità imponendo all’altro di rinunciare alle proprie caratteristiche, fallito anche l’approccio multiculturale, che riconosce le diversità come alterità da affermare con l’isolamento del diverso, si ipotizza il modello fondato sulla pluralità. Si lavora per la costruzione di una "pedagogia dell’accoglienza", con il fine di attuare dinamiche di incontro tra soggetti diversi, di una "educazione all’alterità", combattendo contro il pregiudizio razziale e attuando strategie fondate sull’integrazione.

L’approccio transculturale rifiuta di considerare le culture come elementi autonomi predefiniti e insiste su quei saperi traversali, scoprendo così anche valori comuni. La scuola è il primo ambito nel quale i bambini portano e vivono le loro differenze, che, a seconda dell’atteggiamento e dell’apertura della scuola stessa, possono diventare risorse e arricchimento per tutti. La scuola, a questo punto presenta caratteristiche specifiche facendo sia attenzione all’originalità sia accogliendo "il dialogo" in una situazione di uguaglianza.

Secondo Andrea Canevaro "poiché arrivano persone da paesi lontani, la scuola può accogliere con molta attenzione alla provenienza oppure può accogliere con molta attenzione alla presenza". Secondo questo studioso, al fine di operare un efficace intervento con i ragazzi che provengono da altri paesi le due dimensioni sono ugualmente importanti. Occorre evitare, in un primo momento, di sottolineare la loro differenza culturale e geografica, che può essere percepita come un rifiuto, dando invece più importanza alla loro "presenza", per poi approfondire, una volta instaurato un solido rapporto di fiducia, la conoscenza della loro "provenienza".
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Old 05-07-2008, 12:16   #14
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aspetta aspetta

Per le estorsioni, infine, ancora romeni primi (15%), seguiti da albanesi (11,2%) e marocchini (10,7%).

tot = 36,9%


ovvero gli italiani hanno il record nelle estorsioni con un ottimo 63,1% !!!

Campioni , campioni , campioni!!!!!


bastano ed avanzano i "nostri"...
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Old 05-07-2008, 12:17   #15
Jamal Crawford
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Europa che diventa Eurabia

1) In Francia, oggi, vivono 6,95 milioni di non europei (o non bianchi che a dir si voglia), in grandissima parte di origine maghrebina, pari all'11% della popolazione di quel paese. Sempre in Francia vivono oltre 4 milioni di fedeli musulmani pari al 7,5% della popolazione. In francia, la percentuale di popolazione giovane (sotto i 15 anni) costituita da non europei o assimilati è passata dal 6,5% del 1975 al 27,4% attuale.
2) In Germania, vive una comunità turco-musulmana di 3,35 milioni di persone. In Germania i non-tedeschi sono l'8,6% della popolazione, cioè 7,3 milioni di persone. Le coppie miste (in grandissima parte costituite da giovani tedeschi e ragazze di origine non tedesca) sono passate da circa 700 mila del 1975 a 1,6 milioni di oggi.
In Germania il 91% dei crimini è commesso da non tedeschi, in primis da immigrati di origine italiana (meridionale) e turchi.
3) In Svezia oltre il 7% della popolazione è costituita da non europei d origine soprattutto mediorientale e iranica. Nel capodanno 2000-2001 migliaia di giovani immigrati hanno messo a ferro e a fuoco Stoccolma, incendiando e devastando. Sempre durante il capodanno un giovane ragazzo svedese di 17 anni, Daniel Velkstrom, è stato assassinato a coltellate e a pietrate da una gang di giovani iraniani e neri, per divertimento. Sono stati condannati a 1 anno di servizio civile.
Sempre in Svezia l'Imam della moschea di Stoccolma ha invitato le ragazze svedesi a indossare in chador nei quartieri islamici della città, pena l'aggressione fisica.
4) In danimarca il governo ha varato ua legge che vieta alle ragazze di indossare vestiti troppo succinti per evitare l'ecalation di violenze carnali compiute da immigrati, "non abituati" a troppo permissivismo sessuale nei loro paesi.
5) In Gran Bretagna il 7% della popolazione è di razza non bianca, e oltre il 14% è di origine non inglese. A londra il 40% degli uomini di colore convive o è sposato con una ragazza bianca. Sempre a Londra il 20% della popolazione è di colore, e in città come Manchester e Liverpool il 40% della popolazionee giovane della città (in età scolare) è non bianca.
In inghilterra il 54% dei crimini è commesso dalla minoranza nera (2% della popolazione).
6) In Russia, il 10% della popolazione di Mosca ha la pelle gialla. Il dato è sorprendente se si pesa che la percentuale di gialli nella capitale russa era meno del 2% solo dieci anni fa. Dal confine siberiano si è calcolato che nel solo 2000 oltre 5 milioni di clandestini cinesi si sono riversati in terra russa. Sempre in russia il 42% de reati è commesso dalla minoranza caucasica (islamica), che costituisce solo il 1,2% della popolazione russa.
7) In italia il 54% dei reati è commesso da extracomunitari, che sono meno del 2% della popolazione. La popolazione extracomunitaria nel nostro paese è passata da 370.000 del 1980 a 800.000 del 1990 fino ai 2.000.000 circa del 2000.
Gli islamici sono il 2% della popolazione italiana, quando erano solo lo 0,3% nel 1990.
8) In Olanda il 10% della popolazione è di origine non europea e gli islamici sono quasi 1 milione, su un totale di 16 milioni di abitanti. Anche qui gli imam consigliano agli olandesi di non entrare nei quatrieri islamici delle città.
9) In Australia i non bianchi (soprattutto asiatici), che erano il 5% della popolazione nel 1990, oggi sono l'8%, e saliranno al 27% nel 2025.
10) In Canada gli asiatici, ch erano il 2% della popolazione nel 1980, sono oggi oltre il 12%.
11) Negli USA la popolazione bianca è calata dal 89% del 1970 al 75% attuale. I neri, che sono il 12% della popolazione e gli ispanici, il 10%, commettono l'85% dei reati. I bianchi saranno solo il 55% della popolazione USA nel 2050.
12) I bianchi oriundi europei, che erano il 33% della popolazione mondiale nel 1930, sono calati al 24% nel 1975 e oggi sono circa il 15% della popolazione del globo. La popolazioe del continente europeo, forte del 25% della popolazione mondiale nel 1940, oggi popola solo il 13% del mondo.
13) in Brasile i bianchi oriundi europei sono passati dal 65% del 1950 al 53% di oggi.
14) in Sudafrica i bianchi sono calati dal 21% del 1950 al 12% scarso del 2000.
La popolazioe africana è passata da 167 milioni di abitanti del 1940 a oltre 800 milioni di oggi.
La popolazione di india e pakistan è passata da 370 milioni di abitanti del 1940 a 1 miliardo e 250 milioni di oggi. La cina nello stesso lasso di tempo è passata da 400 milioni a 1 miliardo e 300 milioni di abitanti.
L'Europa è passata da 540 milioni del 1940 ai 740 milioni del 2000...
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L'allarme arriva da Napoli. Diminuiscono i reati commessi da ragazzi italiani, aumenta il numero di extracomunitari detenuti negli istituti minorili.




Su cento persone denunciate in Italia solo poco più di tre sono minorenni.

Vediamo come vanno le cose all'estero... in Francia ed in Germania la percentuale dei minorenni è più di quattro volte superiore.

E diamo un'occhiata anche alla situazione dell'Inghilterra :quasi una denuncia su quattro riguarda minorenni.

Nel nostro paese la quantità delle denunzie dei ragazzi che commettono reati e da molti anni stazionaria. Per quanto riguarda i tipi di reati più frequenti: i furti in abitazioni e di autovetture sono in forte diminuzione, i reati in materia di stupefacenti sono lievemente diminuiti, mentre i furti nei negozi, le rapine, le estorsioni sono in aumento.

I ragazzi vengono arrestati perché hanno commesso azioni criminali e punibili dalla legge, ma ascoltandoli è facile capire che hanno alle spalle situazioni difficili, di abbandono, di violenza fisica e psicologica, di sfruttamento e soprattutto provengono da ambienti in cui regna la microcriminalità, in cui sono sfruttati per contrabbandare sigarette, rubare e prostituirsi.

La maggior parte dei minorenni reclusi è composta da extracomunitari, rom ed italiani del Sud.

Gli Istituti minorili, oggi, in Italia sono realtà diverse dai riformatori, tutte le attività interne sono finalizzate al recupero dei ragazzi. Molti dei minori reclusi, in particolar modi i ragazzi rom, non hanno studiato e negli istituti italiani che li accolgono avrebbero la possibilità di terminare od intraprendere degli studi. Ma conversando con loro, ci accorgiamo che in pochi maturano di queste ambizioni. Alcuni candidamente rispondono alla mia domanda "Ti piacerebbe studiare?" "Perchè dovrei studiare per anni, cercare un lavoro che mi rende appena mille,duemila euro di stipendio al mese, se in una giornata rubando posso guadagnare dieci volte di più?" Pochi di loro sono spaventati dall'idea di finire in carcere.

Osservandoli nel modo di porsi alcuni hanno l'atteggiamento tipico e spavaldo da anziani galeotti, anche i tratti del viso sono induriti probabilmente dal tipo di vita condotto fino al momento dell'ingresso in carcere, altri sembrano impauriti e conservono alcuni tratti somatici infantili ed instintivamente mi chiedo cosa può averli portati a commettere reati più o meno gravi, tra cui (basse sono le percentuali, ma alcuni casi si sono verificati) omicidio o tentato omicidio.

Nei carceri minorili italiani i piccoli reclusi preferiscono allo studio, le attività manuali ed artigianali quali la lavorazione di vari materiali: argilla, legno, materiali di riciclo...o lo sport, nelle aeree adiacenti agli isituti dove negli orari consentiti possono giocare a calcio, eccetera.

La mancanza principale dei minori reclusi è un rapporto solido e sano con la famiglia di origine, molti non lo avevano neanche quando vivevano nella società. Una volta in carcere pochi riescono a ricucire o a risanare i rapporti con le famiglie con le quali possono avere un colloquio settimanale. Punto di riferimento per loro diventa l'educatore, che nel carcere minorile è una figura indispensabile per il recupero del ragazzo, che ha bisogno di comprendere che ci sono altri valori al di là della violenza e della criminalità.
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Old 05-07-2008, 12:19   #19
AntonioBO
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2) In Germania, vive una comunità turco-musulmana di 3,35 milioni di persone. In Germania i non-tedeschi sono l'8,6% della popolazione, cioè 7,3 milioni di persone. Le coppie miste (in grandissima parte costituite da giovani tedeschi e ragazze di origine non tedesca) sono passate da circa 700 mila del 1975 a 1,6 milioni di oggi.
In Germania il 91% dei crimini è commesso da non tedeschi, in primis da immigrati di origine italiana (meridionale) e turchi.
3) In Svezia oltre il 7% della popolazione è costituita da non europei d origine soprattutto mediorientale e iranica. Nel capodanno 2000-2001 migliaia di giovani immigrati hanno messo a ferro e a fuoco Stoccolma, incendiando e devastando. Sempre durante il capodanno un giovane ragazzo svedese di 17 anni, Daniel Velkstrom, è stato assassinato a coltellate e a pietrate da una gang di giovani iraniani e neri, per divertimento. Sono stati condannati a 1 anno di servizio civile.
Sempre in Svezia l'Imam della moschea di Stoccolma ha invitato le ragazze svedesi a indossare in chador nei quartieri islamici della città, pena l'aggressione fisica.
4) In danimarca il governo ha varato ua legge che vieta alle ragazze di indossare vestiti troppo succinti per evitare l'ecalation di violenze carnali compiute da immigrati, "non abituati" a troppo permissivismo sessuale nei loro paesi.
5) In Gran Bretagna il 7% della popolazione è di razza non bianca, e oltre il 14% è di origine non inglese. A londra il 40% degli uomini di colore convive o è sposato con una ragazza bianca. Sempre a Londra il 20% della popolazione è di colore, e in città come Manchester e Liverpool il 40% della popolazionee giovane della città (in età scolare) è non bianca.
In inghilterra il 54% dei crimini è commesso dalla minoranza nera (2% della popolazione).
6) In Russia, il 10% della popolazione di Mosca ha la pelle gialla. Il dato è sorprendente se si pesa che la percentuale di gialli nella capitale russa era meno del 2% solo dieci anni fa. Dal confine siberiano si è calcolato che nel solo 2000 oltre 5 milioni di clandestini cinesi si sono riversati in terra russa. Sempre in russia il 42% de reati è commesso dalla minoranza caucasica (islamica), che costituisce solo il 1,2% della popolazione russa.
7) In italia il 54% dei reati è commesso da extracomunitari, che sono meno del 2% della popolazione. La popolazione extracomunitaria nel nostro paese è passata da 370.000 del 1980 a 800.000 del 1990 fino ai 2.000.000 circa del 2000.
Gli islamici sono il 2% della popolazione italiana, quando erano solo lo 0,3% nel 1990.
8) In Olanda il 10% della popolazione è di origine non europea e gli islamici sono quasi 1 milione, su un totale di 16 milioni di abitanti. Anche qui gli imam consigliano agli olandesi di non entrare nei quatrieri islamici delle città.
9) In Australia i non bianchi (soprattutto asiatici), che erano il 5% della popolazione nel 1990, oggi sono l'8%, e saliranno al 27% nel 2025.
10) In Canada gli asiatici, ch erano il 2% della popolazione nel 1980, sono oggi oltre il 12%.
11) Negli USA la popolazione bianca è calata dal 89% del 1970 al 75% attuale. I neri, che sono il 12% della popolazione e gli ispanici, il 10%, commettono l'85% dei reati. I bianchi saranno solo il 55% della popolazione USA nel 2050.
12) I bianchi oriundi europei, che erano il 33% della popolazione mondiale nel 1930, sono calati al 24% nel 1975 e oggi sono circa il 15% della popolazione del globo. La popolazioe del continente europeo, forte del 25% della popolazione mondiale nel 1940, oggi popola solo il 13% del mondo.
13) in Brasile i bianchi oriundi europei sono passati dal 65% del 1950 al 53% di oggi.
14) in Sudafrica i bianchi sono calati dal 21% del 1950 al 12% scarso del 2000.
La popolazioe africana è passata da 167 milioni di abitanti del 1940 a oltre 800 milioni di oggi.
La popolazione di india e pakistan è passata da 370 milioni di abitanti del 1940 a 1 miliardo e 250 milioni di oggi. La cina nello stesso lasso di tempo è passata da 400 milioni a 1 miliardo e 300 milioni di abitanti.
L'Europa è passata da 540 milioni del 1940 ai 740 milioni del 2000...
La cosa non può che rendermi assolutamente contento.
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Old 05-07-2008, 12:20   #20
AntonioBO
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2008-04-25 16:11Da stranieri un reato su 3Circa il 35% dei reati in Italia sono commessi da stranieri, con i romeni al primo posto. E sono soprattutto i clandestini a delinquere, mentre tra gli immigrati regolari il tasso di criminalità è in media con quello degli italiani. Questi gli ultimi dati del Viminale, dopo che negli ultimi giorni diversi episodi di criminalità hanno visto come autori proprio degli stranieri: l'ultimo caso l'omicidio della coppia veronese, per cui è stato arrestato un giovane romeno che ha confessato il delitto. Nel periodo gennaio-agosto 2007 sono state denunciate o arrestate complessivamente 567mila persone, di cui circa 364mila italiani e 203mila stranieri (pari appunto al 35% del totale). Tra questi ultimi, 32.468 sono di nazionalità romena. Nei primi otto mesi dell'anno il totale delle segnalazioni riguardanti romeni corrisponde al 5,71% del totale dei reati ed al 16% del totale di quelli commessi da stranieri. Da poco più di un anno, da quando è entrato in vigore l'accordo di collaborazione tra le polizie italiana e romena, sono stati oltre 1.100 i cittadini romeni arrestati in Italia e più di 2.000 i denunciati. La quota di stranieri autori dei reati è cresciuta con l'aumentare della presenza di immigrati in Italia: ad esempio, nel 1988 la quota di stranieri sul totale dei denunciati per omicidio era del 6%, contro una popolazione straniera residente in Italia dello 0,8%; dieci anni dopo, gli immigrati denunciati per omicidio salgono al 18%, contro l'1,7% degli stranieri in Italia; nel 2006 la quota di stranieri denunciati per omicidio balza al 32%, contro una popolazione straniera del 5%. Sono romeni, marocchini ed albanesi a commettere più reati. E le tre nazionalità sono anche le più numerose presenti in Italia. Per quanto riguarda gli omicidi, i romeni sono al primo posto (il 15,4% del totale degli stranieri denunciati per questo reato), seguiti dagli albanesi (11,9%) e dai marocchini (9,1%). Anche per le violenze sessuali i romeni sono in testa (rappresentano il 16,2% del totale degli stranieri denunciati per questo reato), seguiti dai marocchini (15,9%) e dai croati (13,9%). Per le rapine in casa, ancora romeni al comando (19,8%), seguiti da albanesi (13,8%) e marocchini (8,7%). Per gli scippi i marocchini sono al primo posto (20,6%), seguiti da romeni (19,3%) e albanesi (6%). Per quanto riguarda i furti d'auto, i romeni tornano in testa (29,8%), seguiti da marocchini (13,2%) e albanesi (8,8%). Per le estorsioni, infine, ancora romeni primi (15%), seguiti da albanesi (11,2%) e marocchini (10,7%).
Secondo me i numeri li dai tu, sarà il caldo.......
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