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RD CONGO – L’Unione Africana ha autorizzato l’invio di osservatori militari in Congo per le elezioni presidenziali e legislative del 30 luglio, per le quali arriverà dall’Europa anche un contingente di circa 1.400 soldati (in gran parte francesi e tedeschi) in appoggio ai circa 17.000 ‘caschi blu’ della missione di pace Onu presenti nel paese.
SUDAN – I ribelli del ‘Fronte orientale’ hanno respinto la presenza al prossimo negoziato in Eritrea – in programma tra due settimane – dell’Alleanza democratica nazionale (Nda), ex-coalizione di opposizione che da qualche mese fa parte del governo di unità nazionale.
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SUDAN 5/6/2006 14.50
DARFUR, INIZIA MISSIONE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU I 15 membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu si sono recati per la prima volta in Sudan per cercare di convincere il governo di Khartoum a consentire che l’Onu rilevi dal contingente dell’Unione Africana (Ua) il controllo della sicurezza nella regione occidentale del Darfur. Sinora il governo ha permesso, e con una certa riluttanza, che entro la fine di questa settimana una missione congiunta dell’Onu e dell’Ua si rechi nella regione per stimare le eventuali necessità di un futuro contingente di caschi blu. Dal momento che il governo non ha ancora deciso sulla questione, 4.000 soldati dell’Ua si aggiungeranno ai 7.000 già in campo, sebbene Collins Ihekire, capo militare della missione dell’Ua, ne avesse chiesti almeno altri 5.600. Durante la visita in Sudan, guidata dall’ambasciatore britannico all’Onu Emyr Jones Parry, i consiglieri vogliono dimostrare di voler “risolvere i problemi che affliggono il Sudan”, nonostante negli ultimi anni le relazioni tra il governo sudanese e il Consiglio di sicurezza siano state tese. Khartoum, infatti, è stata accusata di violazioni del cessate il fuoco, abusi dei diritti umani e di armare le milizie di predoni arabi dei Janjaweed responsabili di numerose atrocità nell’ovest del paese. I colloqui tra i consiglieri dell’Onu e i funzionari del governo sudanese si terranno domani. Mercoledì il Consiglio incontrerà i mediatori dell’Unione africana ad Addis Abeba, mentre giovedì visiterà Juba nel Sud Sudan, dove sono dislocati 10.000 caschi blu. Infine visiterà venerdì il Darfur e sabato il vicino Ciad, prima di recarsi domenica a Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo e tappa finale della missione. Favorevole a un dispiegamento di forze dell’Onu si è detto Minni Arcua Minnawi, capo della principale fazione del Movimento di liberazione del Sudan (Slm) che lo scorso 5 maggio ha siglato l’accordo di pace insieme al governo. “Un gruppo di miei delegati sarà a Khartoum la prossima settimana per concordare l’attuazione del trattato” ha detto Minnawi, appena tornato da Yei nel Sud Sudan, dove il vice presidente sudanese Salva Kiir ha cercato – senza successo – di riconciliare Minnawi e Abdel Wahed Mohamed al-Nur capo della fazione rivale dell’Slm. Quest’ultimo però non si è presentato all’incontro e, insieme al Movimento di giustizia e eguaglianza (Jem), continua a respingere la proposta di pace presentata dall’Ua, nonostante la minaccia di sanzioni da parte dell’Onu.
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#163 |
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SUDAN 5/6/2006 16.39
KHARTOUM SARÀ PRESTO UN MEMBRO DELL’OPEC Il Sudan diverrà presto un nuovo membro dell’Opec, l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio: lo riferisce l’agenzia di stampa nazionale nigeriana (Nan), citando le parole di Edmund Daukoru, presidente di turno dell’Opec e ministro di Stato per le Risorse Petrolifere nell’esecutivo nigeriano. “Abbiamo avuto discussioni molto fruttuose con le autorità sudanesi a questo proposito, ma per evitare di essere fraintesi eviteremo per il momento di entrare nei dettagli” ha detto il ministro Daukuru all’agenzia nigeriana. Il presidente dell’Opec ha poi confermato che l’organizzazione aveva invitato nelle scorse settimane il Sudan a diventare un membro attivo dell’associazione. Da 5 anni Khartoum, che con i suoi 500.000 barili al giorno di greggio risulta ancora un produttore minore, partecipa in qualità di osservatore alle riunioni del cartello petrolifero. Daukuru ha poi evidenziato che l’Opec intende allargare il numero di paesi africani membri dell’Organizzazione –finora ne fa parte solo la Nigeria – e che nell’ottica di questa politica nelle prossime settimane anche l’Angola potrebbe vedersi recapitare un invito a unirsi all’Opec.
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#164 |
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CIAD 6/6/2006 5.41
PRIMI BILANCI DI NUOVI COMBATTIMENTI CON RIBELLI Sarebbero almeno 32 le persone morte e 50 quelle rimaste ferite nei combattimenti avvenuti nel fine settimana tra ribelli e l’esercito ciadiano nei pressi della città di Tiné, al confine con il Sudan. Lo riferiscono fonti dello stesso governo ciadiano, precisando che negli scontri - i primi su cui si è avuta conferma dal fallito attacco lanciato da alcuni ribelli contro la capitale N’djamena il 13 aprile scorso – sono rimasti uccisi 10 soldati governativi e 22 ribelli, che il governo, nella nota con cui ha reso noto il bilancio dei combattimenti, definisce “mercenari al soldo di Khartoum”. Questi ultimi episodi di violenza avrebbero coinvolto lo Scud ('Socle pour le changement, l’unité et la démocratie'), che, insieme al Fronte unito per il cambiamento (Fuc), è considerato uno dei principali movimenti ribelli nati nei mesi scorsi con lo scopo di cacciare il presidente Idriss Deby. Secondo molti osservatori, proprio questo movimento sarebbe quello più pericoloso per il futuro del presidente, dal momento che in esso sono raccolti importanti esponenti dell’esercito e del partito di Deby (nonché appartenenti al suo stesso clan familiare) che nei mesi scorsi gli hanno voltato le spalle. Si ritiene che lo Scud, così come il Fuc (il gruppo che guidò l’attacco sulla capitale lo scorso aprile), abbia le proprie roccaforti al confine col Sudan. Deby, che è riuscito a ottenere un terzo mandato consecutivo vincendo le ultime elezioni, deve fare i conti da mesi con una forte opposizione sia politica che armata.
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SUDAN 6/6/2006 12.57
DARFUR: ATTESA PER INCONTRO GOVERNO E DELEGATI ONU Potrebbero essere ore decisive per il dispiegamento di una missione di pace dell’Onu in Darfur: tra oggi e domani il governo di Khartoum dovrebbe incontrare sia i rappresentanti del Consiglio di sicurezza – in visita in Sudan in una delle non frequenti riunioni all’esterno del Palazzo di vetro – che la missione congiunta Onu-Unione Africana, guidata da Jean Marie Guehenno, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per le operazioni di mantenimento della pace. Quest’ultima è incaricata di valutare le eventuali necessità del contingente di caschi blu dell’Onu che presto potrebbe sostituire la missione di pace dei 7.000 soldati dell’Ua nella regione occidentale del Darfur. Secondo i giornali locali, in giornata intanto si terrà l’incontro tra esponenti del governo sudanese – tra cui il presidente Omar al-Bashir e il vicepresidente Ali Osman Mohammed Taha – e la delegazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu giunta ieri sera a Khartoum per discutere sul possibile avvicendamento nell’ovest del paese tra la missione dell’Ua e un contingente dell’Onu. Il consiglio – ha detto Emyr Jones Parry, capo della delegazione e ambasciatore britannico a Palazzo di vetro – vuole assicurare al governo che un’eventuale missione non comprometterebbe “il pieno rispetto dell’integrità territoriale del Sudan come paese” e raccomandare la messa in atto dell’accordo di pace tra il nord e il sud del paese e dell’intesa sul Darfur, siglata il 5 maggio dal governo sudanese e dalla fazione principale del Movimento di liberazione del Sudan (Slm) ma respinta da un gruppo dissidente dell’Slm e dal Movimento di giustizia e eguaglianza (Jem). “I mediatori dell’Onu e internazionali devono essere pazienti, non devono avere fretta, non devono fare pressioni per una pace inaccettabile per la gente del Darfur” ha detto Khalil Ibrahim, leader del Jem, citato dal quotidiano ‘Sudan Daily Star’. Un editoriale sul quotidiano indipendente d’opposizione ‘Rae Al Shaab’ ha invece definito la missione del Consiglio “visita di un ospite indesiderato… un vero e proprio assedio internazionale, un peso sul cuore del popolo sudanese… un mezzo usato da alcune superpotenze per servire i propri interessi”. Secondo Mustafa Osman Ismail, ex-ministro degli Esteri e oggi consigliere particolare del Presidente, invece “la visita darà ai membri del Consiglio di sicurezza la possibilità di venire a conoscenza del clima generale e degli sviluppi positivi dei processi di pace nel paese”.
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 6/6/2006 8.49
BUKAVU, EVASIONE DAL CARCERE Si sono perse le tracce di gran parte dei 192 detenuti che sono riusciti a evadere dal carcere di Bukavu, capoluogo della regione orientale del Sud Kivu: secondo testimoni citati da ‘Radio Okapi’, l’emittente della missione di pace dell’Onu in ex-Zaire, i fuggitivi avrebbero legato alcune guardie per poi aprirsi una via di fuga dal penitenziario. Solo una ventina sarebbero finora stati catturati, mentre gli altri si sono dispersi nelle foreste circostanti la città. Secondo il direttore Théophile Baizire, tra gli evasi vi sarebbero anche una cinquantina di ex-ammutinati, che avrebbero tra l’altro rubato le armi alle guardie. La struttura, dove sono detenuti in totale 338 prigionieri, di solito è vigilata da una quindicina di poliziotti e soldati, ma al momento dell’evasione in servizio erano solo cinque. Bukavu si trova in una delle aree più instabili del Congo, dove da anni sono attivi i ribelli hutu ruandesi fuggiti dal loro paese nel 1994 e accusati di aver preso parte al genocidio; i tentativi di disarmo condotti dalla missione Onu (Monuc) non hanno ancora permesso di riportare sicurezza alle popolazioni civili di questa regione. La città venne brevemente a giugno di due anni fa da militari dissidenti guidati da due ex-capi ribelli filoruandesi di questa zona; malgrado gli oltre 80 morti di quei giorni, i due sono ancora liberi e attivi nella zona.
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SUDAN 6/6/2006 8.29
PACE, AMBIENTE, AIUTI UMANITARI: COMINCIA COSÌ UN ARCHIVIO DIGITALE Documenti finora dimenticati in scatoloni e scaffali tra Khartoum, Juba (la capitale del Sud), Nairobi e Lokichokio – a lungo usata come base aerea per le operazioni umanitarie durante il ventennale conflitto – costituiscono da pochi giorni la prima parte di un importante archivio digitale appena presentato. “Il nostro obiettivo è raccogliere materiale sia storico sia recente di ogni tipo” ha spiegato John Ryle, del ‘Rift Valley Institute’ di Nairobi, che ha promosso l’iniziativa insieme all’Unicef. Per ora il ‘Sudan Open Archive’ – così è stato chiamato – contiene soprattutto circa 500 documenti digitali relativi all’operazione ‘Lifeline Sudan’, il coordinamento umanitario lanciato nel 1989 per far fronte alle emergenze del conflitto in corso all’epoca. In alcuni casi “i rapporti delle agenzie umanitarie - si precisa - sono gli unici documenti scritti sul Sudan in quel periodo” e per questo hanno comunque un valore storico. Nelle prossime settimane, entreranno nell’archivio digitale anche documenti relativi alla salvaguardia dell’ambiente, ai processi di pace in diverse regioni del Nord e del Sud, in aggiunta a grammatiche e vocabolari di alcuni idiomi sudanesi, documenti in arabo e mappe tematiche. La “collezione” contiene già quello che è considerato il testo più importante della recente storia del Sudan: il cosiddetto ‘Accordo di pace comprensivo’ che nel gennaio 2005 ha posto fine all’ultraventennale conflitto tra il governo di Khartoum e i ribelli dell’Esercito di liberazione popolare del Sud Sudan (Spla), oggi al potere nelle regioni meridionali.
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 7/6/2006 13.21
ELEZIONI, PER CENTRO CARTER DIFFICOLTÀ LOGISTICHE “NON IMPEDIRANNO VOTO” L’enorme sfida logistica per garantire il voto in un paese grande come l’Europa Occidentale può essere superata, garantendo un regolare svolgimento delle elezioni: ne sono convinti gli osservatori del ‘Carter Center’ di Atlanta, negli Stati Uniti, che sono arrivati nella Repubblica democratica del Congo per seguire da vicino la preparazione del complesso processo elettorale. Secondo gli esperti del centro fondato dall’ex-presidente Jimmy Carter, già presenti nella capitale Kinshasa e in diverse zone del paese in vista del voto di fine luglio, la Commissione elettorale nazionale (Cei) sta svolgendo il suo lavoro nel paese “con serietà e impegno”. Con il pieno appoggio dell’Onu – che in ex-Zaire mantiene un contingente di pace di 18.000 uomini – e con il resto della comunità internazionale, “e alla luce dell’esperienza positiva del referendum costituzionale del dicembre 2005”, scrive ancora il Centro Carter, “siamo fiduciosi che l’agenda elettorale annunciata dalla Commissione possa essere rispettata”. Per la prima volta dopo oltre 40 anni, il prossimo 30 luglio 34 candidati si sfideranno per la presidenza e migliaia sono in corsa per i 500 seggi del Parlamento. Di fronte alla accuse di incapacità e parzialità mosse da alcuni partiti alla Commissione elettorale e ai suoi dirigenti, il Centro Carter suggerisce “una migliore comunicazione” tra le stesse forze politiche e l’organismo che sta organizzando la tornata elettorale. Per la sicurezza del voto arriveranno dall’Europa altri 1.400 soldati, mentre per la logistica sono coinvolti altri paesi a partire dal Sudafrica, che sta stampando in questi giorni circa 26 milioni di schede elettorali e metterà poi a disposizione numerosi aerei per il loro trasporto e per la distribuzione attraverso i 2,4 milioni di chilometri quadrati del Congo, in gran parte privo di infrastrutture.
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#169 |
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UGANDA – Il governo è pronto per i colloqui di pace richiesti da Joseph Kony, capo dei ribelli del sedicente Esercito di resistenza del signore (Lra, Lord’s resistance army), con la mediazione di funzionari sudanesi. Lo ha Okello Oryem, ministro degli Affari internazionali, aggiungendo che la delegazione ugandese guidata da Ruhakana Ruguna, ministro degli Interni, attende solo una comunicazione del governo del Sud Sudan per recarsi nella capitale sud-sudanese Juba.
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UGANDA 8/6/2006 1.37
I PROFUGHI SUDANESI INIZIANO A TORNARE A CASA… Dall’inizio di maggio a oggi circa 2.600 rifugiati sudanesi rimasti per anni nel distretto settentrionale ugandese di Moyo hanno fatto ritorno nei loro villaggi a Kajo Keji, la regione più meridionale del Sud Sudan. Lo ha comunicato l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur/Uhncr), aggiungendo che dalla metà di questo mese anche circa 2000 sudanesi rifugiati nel distretto ugandese di Arua rimpatrieranno nel Sud Sudan, e più esattamente a Yei. I rimpatri sono resi possibili grazie all’Accordo tripartito di rimpatrio volontario siglato a fine marzo tra Sudan, Uganda e l’Acnur: circa 27.000 dei 216.000 rifugiati sudanesi in Uganda hanno già espresso la loro volontà di ritornare in patria e si sono registrati per il rimpatrio. Nonostante la pace che, il 9 gennaio dell’anno scorso, ha posto fine alla guerra civile sudanese durata 21 anni, 350.000 sudanesi vivono ancora in uno dei paesi confinanti e sono circa 4 milioni gli sfollati interni in Sudan. Dal 2005 a oggi, in Sudan sono rimpatriati 77.705 profughi, di cui 71.705 hanno fatto ritorno autonomamente e 7000 grazie all’assistenza dell’Acnur. L’Acnur e il Sudan hanno firmato accordi tripartiti anche con Kenya, Repubblica democratica del Congo, Repubblica Centrafricana e Etiopia.
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UGANDA 8/6/2006 11.53
INIZIANO OGGI A JUBA COLLOQUI TRA RIBELLI LRA E GOVERNO UGANDESE È atteso in giornata a Juba, capitale del Sud Sudan, l’arrivo di una delegazione dei ribelli ugandesi dell’Esercito di resistenza del signore (Lra) e di una del governo di Kampala per una serie di colloqui che dovrebbero portare a una soluzione negoziata della crisi. Fonti della MISNA contattate a Juba hanno fatto sapere che le due delegazioni non sarebbero ancora arrivate in città, come hanno riportato alcune agenzie di stampa internazionali, ma che il loro arrivo è atteso nelle prossime ore. Secondo le informazioni fornite alla MISNA, la delegazione dei ribelli sarà guidata da Vincent Otti, il braccio destro del capo e fondatore del Lra Joseph Kony, mentre quella del governo ugandese sarà capitanata dall’ambasciatore ugandese a Khartoum. La mediazione dei colloqui è affidata al Movimento popolare di liberazione del Sudan (Splm), l’autorità amministrativa del Sud del paese. A Juba oggi dovrebbero arrivare anche i membri della delegazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che in questi giorni stanno visitando alcuni paesi africani.
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#172 |
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SUDAN 8/6/2006 10.12
DARFUR: PRESIDENTE COMMISSIONE AFRICANA, “PER LA PACE SERVE UNA FORZA ONU” Il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Alpha Oumar Konare, ha chiesto alle Nazioni Unite di rilevare la missione di osservazione africana dispiegata in Darfur, per potere così permettere di portare avanti gli accordi di pace raggiunti. Al termine dell’incontro avuto ieri con la delegazione del Consiglio di Sicurezza in visita in Africa in questi giorni, Konaré ha definito come “necessario” il passaggio di testimone in Darfur tra l’Ua e l’Onu. “Per arrivare alla pace e garantire il rispetto degli accordi serve una presenza militare più forte (…) noi oggi non abbiamo la capacità di affrontare un lungo conflitto o di avere una missione di mantenimento della pace per lunghi periodi. Abbiamo chiesto aiuto all’Onu, ma le condizioni sono molto chiare: bisogna rispettare la sovranità sudanese” ha detto Konare in una conferenza stampa tenuta al termine dell’incontro con i rappresentanti del massimo organo decisionale dell’Onu guidati dall’ambasciatore inglese Emyr Jones Parry. Proprio il diplomatico britannico ha precisato che la “transizione” dei compiti tra Ua e Onu potrebbe avvenire (una volta che Khartoum avrà acconsentito) entro l’inizio del prossimo anno. Martedi scorso la delegazione del Consiglio di Sicurezza ha incontrato i massimi vertici del governo sudanese per discutere del dispiegamento di una missione Onu in Darfur, ma il faccia a faccia non ha portato ad alcuna decisione pratica. “Abbiamo deciso di trattare questa questione un passo alla volta” ha detto alla stampa il ministro degli Esteri sudanesi Lam Akol, uscendo dall’incontro a cui ha partecipato anche il presidente sudanese Omar Hassan el Beshir. La prossima settimana il governo sudanese incontrerò i membri di una missione di verifica congiunta Unione Africana-Nazioni Unite che è stata autorizzata a recarsi in Darfur per valutare le necessità tecniche di un’eventuale missione internazionale.
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CIAD 8/6/2006 19.43
PRESIDENTE DEBY OFFRE DIALOGO A OPPOSIZIONE Il presidente della Repubblica del Ciad, Idriss Deby, ha dato istruzioni al governo di adoperarsi per “aprire un dialogo politico interno che dovrà dare ai ciadiani i mezzi e la volontà politica di costruire il loro Paese, così da rafforzare l’esperienza democratica”. La dichiarazione di Deby è stata resa pubblica dalla radio e dalla televisione nazionali, alle quali il capo dello Stato ha sottolineato che il dialogo serve per “evitare di mettere a rischio il processo democratico”. Si tratta della prima apertura della maggioranza in Ciad dopo che il deterioramento della situazione politico-sociale, in particolare negli ultimi mesi: in aprile sono state registrate importanti defezioni nelle forze armate, ci sono stati una serie di scioperi e un tentativo di colpo di stato; lo scorso maggio, inoltre, l’opposizione ha rigettato i risultati elettorali che hanno sancito la rielezione di Deby alla guida del Paese, denunciando “una messa in scena grottesca” per coprire i brogli che si sarebbero verificati. I partiti di opposizione del Ciad, per il momento, hanno deciso di non rispondere all’offerta di Deby e di prendere tempo: attraverso un portavoce, ha fatto sapere di non fidarsi dell’apertura del presidente e di proseguire il confronto interno sulle modalità da seguire prima di avviare un eventuale dialogo con il governo.
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UGANDA 8/6/2006 23.11
JUBA, COLLOQUI TRA RIBELLI LRA E GOVERNO SUDAN È arrivata a Juba, capitale del Sud Sudan, la delegazione dei ribelli ugandesi dell’Esercito di resistenza del signore (Lord’s resistance army, Lra) che dovrebbe partecipare ai colloqui promossi dalle autorità locali: la MISNA lo ha appreso in serata da fonti locali. Nel pomeriggio il sottosegretario all’informazione John Garang Deng, raggiunto per telefono a Juba, aveva detto che i ribelli sarebbero arrivati “da un momento all’altro”. Fonti locali hanno confermato alla MISNA che in città – anche per la contestuale presenza di una delegazioni di ambasciatori del Consiglio di sicurezza dell’Onu - sono scattate massicce misure di sicurezza organizzate dagli ex-ribelli indipendentisti del Movimento di liberazione popolare del Sudan (Splm), oggi al potere a Juba dopo gli accordi di pace del 2005 con il governo centrale di Khartoum. Non è chiaro come la delegazione dello Lra abbia raggiunto Juba dalla sua base provvisoria del Parco delle Garamba, nell’estremo nord della Repubblica democratica del Congo. Interrogato dalla MISNA, il sottosegretario all’informazione ha escluso che i ribelli siano stati trasportati dal governo sud-sudanese: “Sanno come muoversi in autonomia”. All’inizio di maggio il vicepresidente del governo autonomo del Sud Sudan Riek Machar aveva incontrato il capo dei ribelli Joseph Kony, ricercato – insieme ad altri quattro comandanti – dalla Corte penale internazionale dell’Aja (Cpi) per crimini di guerra e contro l’umanità. Il governo di Juba sta cercando di promuovere un negoziato tra Lra e l’Uganda e finora ha ottenuto la sospensione degli attacchi dei ribelli in territorio sudanese, dove gli uomini di Kony hanno mantenuto per anni le loro basi. Secondo informazioni raccolte dalla MISNA in tarda serata, al momento a Juba non sono presenti delegati del governo di Kampala; fonti locali affermano che non è escluso l’arrivo dell’ambasciatore ugandese in Sudan. In città oggi è arrivata anche la delegazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, in visita in Sudan e altri paesi africani. Ai rappresentanti di Palazzo di vetro, Machar ha detto che “sono già iniziati” con un “un gruppo ristretto” di ribelli. “Speriamo – ha aggiunto - di portare presto la pace in Nord Uganda”, dove in 20 i ribelli hanno sequestrato migliaia di ragazzi e bambine, provocando un numero imprecisato di vittime civili (oltre 100.000 secondo alcune fonti) e circa 1,5 milioni di sfollati. “Presto o tardi – scrive in un editoriale il quotidiano ugandese ’New Vision’ - si conoscerà l’utilità dello Lra nella nuova guerra del petrolio. Può Khartoum permettere che il Sud Sudan (pacificato nel 2005 dopo 21 anni di guerra, ndr) ricostruisca le sue infrastrutture, faccia tornale la gente dall’esilio e abbia una florida economia?”. Secondo una fonte citata dal giornale, i ribelli di Kony, “dopo essere stati usati per fomentare la gente del nord Uganda contro il presidente Museveni, Khartoum li userà per aizzare la gente del sud Sudan contro il governo di Juba”, composto dagli ex-ribelli indipendentisti contro cui il governo di Khartoum ha combattuto una guerra durata 21 anni.
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SUDAN 9/6/2006 13.50
DARFUR, FAVOREVOLI ALL’ACCORDO AUTOREVOLI ESPONENTI FAZIONI DISSIDENTI Nuovi passi in avanti sono stati compiuti dai mediatori dell’Unione Africana per convincere i due gruppi che ancora non hanno firmato l’accordo di pace raggiunto il 5 maggio scorso – tra il governo di Khartoum e l’ala principale del Movimento per la liberazione del Sudan (Slm) – a sottoscrivere l’intesa per trovare una soluzione negoziata alla crisi del Darfur. Lo fa sapere in una nota l’Unione Africana (Ua), precisando che esponenti di primo piano dei due schieramenti che ancora non hanno sottoscritto l’accordo hanno firmato ieri di fronte ai mediatori dell’Ua una ‘Dichiarazione d’impegno” sull’Accordo di pace per il Darfur. “Seguiremo il testo e lo spirito dell’Accordo di pace del Darfur, ci faremo carico dei rilevanti obblighi e li attueremo… specialmente quelli correlati all’accordo globale di cessate-il-fuoco” si legge nella dichiarazione siglata anche “a nome dei propri seguaci” da alcune figure di primo piano dell’ala minoritaria dell’Slm (quella che fa capo a Abdu al-Wahid al-Nour) e da Ustaz Abdel Raheem Adam Abu Risha, segretario generale del Jem per il Sud Darfur. “Si tratta di “un’importante rappresentanza dei capi politici e militari dei movimenti del Darfur” ha spiegato il portavoce dell’Ua in Sudan, Noureddine Mezni, alla vigilia della cerimonia che si è svolta ieri ad Addis Abeba. “Questo – ha aggiunto – è un passo importante per la pace in Darfur”. Questi “autorevoli delegati” inoltre, si legge nel comunicato dell’Ua, faranno il loro meglio “per convincere i capi dei rispettivi movimenti a unirsi al processo di pace senza ulteriore ritardo”: Abdel Wahed Mohamed Al-Nour dell’Slm e Khahil Ibrahim del Jem, Per il momento, però, sia Al-Nour che Ibrahim continuano a mostrare grande scetticismo nei confronti dell‘accordo di pace raggiunto il 5 maggio dagli altri protagonisti del conflitto. Un’intesa che gli stessi firmatari considerano un primo passo sulla via del negoziato, più che il punto d’arrivo delle trattative.
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CIAD 9/6/2006 17.33
OFFERTA DIALOGO, OPPOSIZIONE CHIEDE DI APRIRE ANCHE A RIBELLI I principali esponenti dell’opposizione hanno chiesto al governo del presidente Idriss Deby di estendere l’invito a partecipare al dialogo nazionale - convocato ieri dall’esecutivo per dissolvere le tensioni interne al paese - anche alle forze ribelli che da mesi minacciano di rovesciare il governo con la forza. Lo riferiscono fonti giornalistiche locali e internazionali, riportando le dichiarazioni di vari esponenti e portavoce delle differenti formazioni politiche che si oppongono a Deby e che oggi hanno ribadito il rifiuto a qualsiasi “offerta di dialogo che non sia realmente inclusiva ed aperta a tutte le forze del paese”. In una nota diffusa pubblicamente sui media di stato, il presidente ieri ha dato istruzione al proprio governo di “aprire un dialogo politico interno che dovrà dare ai ciadiani i mezzi e la volontà politica di costruire il loro Paese, così da rafforzare l’esperienza democratica”. Il ministro della Comunicazione ha detto: “Ora che le elezioni sono concluse (vinte dal presidente Deby che ha così ottenuto il suo terzo mandato consecutivo, ndr) dobbiamo riallacciare il dialogo e ristabilire un clima sano e tranquillo”. L’offerta di dialogo è stata comunque rivolta solo alla coalizione dei partiti d’opposizione, che aveva boicottato le elezioni del 3 maggio scorso, e non ai gruppi ribelli nati alla fine del 2005 per volontà di ex-alti ufficiali dell’esercito o di esponenti dello stesso partito e della stessa etnia di Deby contrari alle modifiche costituzionali che hanno permesso all’attuale presidente di ripresentarsi alle ultime elezioni.
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SUDAN 10/6/2006 11.28
DARFUR: MISSIONE VERIFICA UA-ONU AL LAVORO È già al lavoro a Khartoum la missione di verifica composta da esperti delle Nazioni Unite e dell’Unione Africana (Ua) per valutare la possibilità di un contingente Onu che affianchi o rilevi del tutto i compiti della missione di osservazione dispiegata dall’Ua in Darfur, la regione occidentale del Sudan teatro dal febbraio 2003 di scontri e violenze. Secondo il programma presentato dall’agenzia ufficiale sudanese, Suna, il gruppo Onu-Ua continuerà anche oggi le discussioni avviate ieri coi funzionari del ministero degli Esteri sudanese e con altri esponenti governativi di Khartoum, prima di partire, domani, alla volta di Al Fasher, la capitale del Darfur settentrionale, uno dei 3 stati che compone l’omonima regione occidentale. Il portavoce dell’Unione Africana, Nourredin al Mezni ha precisato che la missione resterà in Sudan almeno un paio di settimane, durante le quali verranno valutate le attuali necessità del contingente di circa 7000 uomini dispiegato dall’Unione Africana - “che deve essere immediatamente rinforzato” ha detto Mezni - e le possibilità di un trasferimento della missione africana sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il portavoce dell’Ua ha precisato che la squdra di verifica arrivata ieri in Sudan è composta da due gruppi “uno politico e uno tecnico militare”. Da registrare anche il riferimento all’arrivo della missione di verifica contenuto nel discorso di Ayman Al-Zawahiri, considerato il numero due di Al-Qaeda, trasmesso ieri da un’emittente araba. “I crociati del Consiglio di Sicurezza hanno deciso di mandare esperti militari in Darfur per preparare l’occupazione e separare il paese. Lo sconfitto governo sudanese, pur di rimanere al potere, ha deciso di collaborare con i crociati americani per dividere il Sudan” ha detto Zawahiri nel suo messaggio, prima di proseguire col consueto e delirante corollario guerresco. In realtà il governo sudanese non ha ancora dato alcun avallo al dispiegamento in Sudan di una forza internazionale sotto le insegne dell’Onu e anzi ha più volte rigettato qualsiasi possibilità di un passaggio di testimone tra l’Ua e l’Onu. Khartoum ha però cominciato a rivedere la propria rigida posizione dopo la firma, il 5 maggio scorso, di un accordo di pace tra il governo e il principale gruppo ribelle attivo in Darfur.
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#178 |
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CIAD 12/6/2006 8.53
ACCUSE A SUDAN DI FRONTE AL CONSIGLIO DI SICUREZZA ONU Il presidente ciadiano Idriss Deby Itno ha annunciato di voler portare il Sudan di fronte al consiglio di sicurezza dell’Onu per il sostegno che continua a dare ai ribelli che intendono rovesciarlo con la forza. L’annuncio è stato fatto dallo stesso Deby, ieri, durante l’incontro avuto con la delegazione del Consiglio di Sicurezza che proprio domenica si trovava in Ciad nell’ambito di una visita ufficiale nel continente. Il ministro degli Esteri del Ciad, Ahmat Allami, ha spiegato che il governo di N’djamena intende depositare un ricorso formale per le aggressioni sudanesi e che si è visto costretto a ricorrere all’Onu, data “l’impotenza dell’Unione Africana a mediare nella vicenda”. Il Ciad ha unilateralmente rotto le relazioni diplomatiche col Sudan lo scorso aprile, all’indomani di un attacco contro la capitale portato da uno dei numerosi gruppi ribelli nati negli ultimi mesi con l’intento di rovesciare Deby. Il governo accusa il Sudan di sostenere, economicamente e militarmente, alcuni di questi ribelli, spesso definiti nei comunicati ufficiali come “mercenari al soldo di Khartoum”. Il governo sudanese continua a rifiutare ogni coinvolgimento in una “vicenda interna ciadiana” e le indagini compiute finora dall’Ua sembrerebbero confare per ora le posizioni di Khartoum. Deby - al potere dal 1990 dopo un colpo di Stato sostenuto proprio da Khartoum e partito dal territorio sudanese - è stato rieletto lo scorso maggio per un terzo mandato in elezioni fortemente contestate. Da alcuni mesi, ormai, il presidente ciadiano è costretto a fronteggiare una forte opposizione interna, sia politica che armata.
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#179 |
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 13/6/2006 6.08
ELEZIONI: UNIONE EUROPEA CONFERMA INVIO MISSIONE I ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno dato l’avallo formale al dispiegamento in Africa centrale di un contingente di circa 2000 uomini che avrà il compito di garantire la sicurezza e la correttezza delle elezioni generali che si terranno a fine luglio in Repubblica democratica del Congo. Lo hanno annunciato ieri fonti dell’Unione Europea da Bruxelles, precisando che, anche se avanguardie della missione erano già arrivate nei giorni scorsi in Congo, da oggi il comando tedesco della missione potrà avviare pienamente il dispiegamento della forza speciale in modo da poter essere operativi a una decina di giorni dall’appuntamento don le urne. La forza europea ha l’incarico di aiutare la polizia e i caschi blu della missione delle Nazioni Unite (Monuc) nel garantire la sicurezza e il regolare svolgimento delle prime elezioni multipartitiche dall’indipendenza del paese. Saranno 16 i paesi europei che contribuiranno alla missione, che conterà su 450 soldati sul terreno e un’unita di rinforzo di oltre mille uomini dispiegati nei paesi circostanti e pronti ad intervenire qualora l’Onu lo ritenesse necessario.
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#180 |
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 13/6/2006 13.49
ELEZIONI: ONU INVITA ALLA CALMA, OPPOSIZIONE AVANZA CONDIZIONI Pur definendo “incoraggianti” i preparativi in corso per le elezioni generali nella Repubblica Democratica del Congo, il Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite ha chiesto un abbassamento dei toni del confronto politico e soprattutto il rispetto della data del 30 luglio per lo svolgimento delle elezioni. È quanto ha fatto sapere l’ambasciatore francese nell’ex Zaire Jean-Marc dela Sablièr, che per due giorni ha accompagnato una delegazione dell’organo esecutivo dell’Onu in visita a Kinshasa. Durante il loro soggiorno nella capitale, i rappresentanti dell’Onu hanno incontrato i quattro vice-presidenti del paese mentre nelle vie della città si svolgeva un corteo di 4000 attivisti di diverse formazioni politiche che chiedevano la riapertura delle contrattazioni politiche prima delle elezioni. Nella manifestazione - preceduta ieri mattina da contestazioni analoghe a Mbuji-Mayi - ai militanti dell’Unione per la democrazia e il progresso sociale (Udps), il partito di Etienne Tshikedi che non partecipa alle elezioni, si sono unite altre formazioni politiche, come il Movimento lumumbista progressista (Mlp), le Forze innovatrici per l’unione e la solidarietà (Fonus), il Partito popolare per il progresso del Congo (Pppc). I manifestanti non hanno potuto raggiungere il Grand Hotel di Kinshasa dove risiedeva la delegazione del Consiglio di Sicurezza perché fermati prima dalle forze dell’ordine che sono intervenute sparando colpi di arma da fuoco in aria e usando gas lacrimogeni. Fonti locali vicine all’Udps hanno detto alla MISNA che alcuni dimostranti sono rimasti feriti mentre altri sono stati fermati e interrogati dalla polizia, ma la notizia non trova conferma nei resoconti della stampa congolese. “Il Consiglio di Sicurezza non può entrare nel gioco politico congolese” ha detto l’ambasciatore De la Sablière riferendosi alla richiesta di un dialogo pre-elettorale tra tutte le forze politiche. “Se tali consultazioni richieste da alcuni partiti avranno luogo, non devono però essere un pretesto per rimandare di nuovo le elezioni”.
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