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AFRICA 19/11/2005 13.07
ETIOPIA – ERITREA, UN INCONTRO PER PLACARE LE TENSIONI L’annuncio di un incontro in Kenya tra ufficiali di Etiopia ed Eritrea potrebbe allentare i timori per la situazione definita dall’Onu “tesa e potenzialmente volatile” lungo la frontiera tra i due Paesi del Corno d’Africa. I colloqui si svolgeranno a Nairobi il prossimo 25 novembre, alla presenza del generale Rajinder Singh, comandante della missione di peacekeeping delle Nazioni Unite (conosciuta con l’acronimo Unmee). Nelle scorse settimane gli osservatori dell’Onu avevano segnalato l’ammassamento di truppe sui due fronti. Le capacità di monitoraggio in territorio eritreo sono state tuttavia fortemente limitate per le restrizioni di movimento imposte dalle autorità di Asmara al contingente internazionale. Il precedente incontro tra le due parti era avvenuto a settembre, quando la situazione era descritta come stabile, ma si è fatta progressivamente sempre più tesa. Intanto al Consiglio di sicurezza dell’Onu si sta preparando una risoluzione rivolta ai due governi: all’Eritrea si chiede di togliere le limitazioni all’attività degli osservatori dell’Unmee, all’Etiopia di accettare la decisione di una commissione indipendente di assegnare Badme all’Asmara, finora sempre respinta dalle autorità di Addis Abeba. La guerra del 1998-2000 provocò circa 70.000 vittime e ingenti danni all’economia dei due Paesi, i quali stanno attraversando entrambi gravi situazioni di dissenso interno represse con violenza.
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ERITREA 22/11/2005 12.26
ONU AUTORIZZA EVACUAZIONE FAMIGLIARI DEI PROPRI DIPENDENTI Le Nazioni Unite hanno elevato il livello di sicurezza per il proprio personale in Eritrea, autorizzando l’evacuazione dei famigliari di dipendenti delle agenzie dell’Onu a causa delle crescenti tensioni con l’Etiopia e dei massicci movimenti di truppe lungo il confine tra i due Paesi del Corno d’Africa. Lo riferiscono fonti di stampa locale, citando alcuni funzionari anonimi. La notizia è stata confermata da fonti internazionali raggiunte dalla MISNA sul posto: il livello ‘3’ di sicurezza autorizza i famigliari delle Nazioni Unite e delle agenzie umanitarie che da esso dipendono a lasciare il Paese, che peraltro non è collegato con voli frequenti. I valori di sicurezza sono stati ‘elevati in tutto il Paese, mentre a Gash Barka, nel sud-ovest dell’Eritea, il livello è il 4, l’ultimo prima dell’evacuazione totale del personale delle Nazioni Unite. “Si tratta comunque di procedure standard in queste situazioni, non significa che vi siano dei rischi concreti per i dipendenti dell’Onu” spiega un’altra fonte raggiunta ad Asmara. Nelle scorse settimane la missione di pace internazionale tra Eritrea ed Etiopia aveva descritto una situazione “tesa e potenzialmente fragile”. Asmara e Addis Abeba si accusano a vicenda di aver ammassato truppe a ridosso del confine, mentre l’Eritrea ha imposto restrizioni che limitano “per circa il 60%” la possibilità dei caschi blu dell’Onu di svolgere il proprio mandato di osservazione.
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AFRICA 23/11/2005 20.44
ETIOPIA-ERITREA: CONSIGLIO SICUREZZA MINACCIA SANZIONI Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha minacciato sanzioni nei confronti di Etiopia ed Eritrea se i due paesi non si impegneranno a far scendere la tensione lungo la frontiera comune. Nella risoluzione approvata all’unanimità poco fa, il massimo organo decisionale ha anche chiesto all’Eritrea di ritirare il divieto di sorvolo imposto ai primi di ottobre ai velivoli della missione Onu che presidia la zona cuscinetto creata per dividere i due paesi al termine del conflitto territoriale del 1998-2000. Il Consiglio ha invitato sia Asmara che Addis Abeba a ritirare le truppe dispiegate nelle ultime settimane lungo il confine. Riguardo al rifiuto dell’Etiopia di accettare la definizione dei confini disegnata da una commissione indipendente (e che i due paesi si erano accordati a riconoscere senza riserve) il Consiglio esprime solo “grave preoccupazione” per l’atteggiamento etiope e senza far alcun riferimento a possibili sanzioni, annuncia la propria “determinazione a seguire la vicenda da vicino”. “Se l'una o l'altra delle due parti non si conformerà alle richieste, il Consiglio è pronto a studiare misure appropriate”, tra cui sanzioni politiche ed economiche.
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ETIOPIA – Dimissioni “immediate” del controverso primo ministro Meles Zenawi sono state chieste da Taye Wolde-Semayat, presidente dell’associazione degli insegnanti etiopi, parlando dagli Stati Uniti; Wolde-Semayat è uno dei pochi esponenti della società civile non arrestati durante la dura repressione attuata dal governo dopo i disordini che all’inizio di novembre hanno provocato almeno una cinquantina di morti.
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AFRICA 25/11/2005 9.23
ETIOPIA – ERITREA: ASMARA MANTIENE RESTRIZIONI CONTRO MISSIONE DI PACE “Malvagia”: così il governo di Asmara ha definito la minaccia di sanzioni rivolta dal Consiglio di sicurezza ad Etiopia ed Eritrea nel caso di un ripresa delle ostilità tra i due Paesi, protagonisti di una guerra tra il 1998 e il 2000. Yemane Gebremeskel, direttore dell’ufficio del presidente Isaias Afewerki, ha respinto anche la richiesta dell’Onu di sospendere le limitazioni di sorvolo imposte a ottobre da Asmara agli elicotteri della missione di pace internazionale, che riducono le possibilità di monitoraggio militare dei caschi blu. “La risoluzione non minaccia invece alcuna azione se l’Etiopia non accetterà la demarcazione del confine: questa è una ricetta per un nuovo conflitto” ha aggiunto Gebremeskel. Il riferimento è al rifiuto da parte del governo di Addis Abeba della sentenza di un arbitrato internazionale del 2002 sulla definizione delle frontiere, prevista dagli accordi di pace di Algeri con cui cinque anni fa si pose fine al conflitto, che provocò 70-80.000 vittime. “Siamo preoccupati per l’incapacità del Consiglio di sicurezza di farsi carico delle proprie responsabilità” ha detto ancora il consigliere di Afewerki. Ieri la missione di pace dell’Onu tra i due Paesi (conosciuta con l’acronimo Unmee) ha fatto sapere che un piccolo gruppo di soldati etiopi è stato individuato nella zona cuscinetto che divide Etiopia ed Eritrea, creata al termine del conflitto.
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AFRICA 2/12/2005 10.09
ETIOPIA-ERITREA: MISSIONE ONU, NUOVI MOVIMENTI DI TRUPPE AL CONFINE Non accennano a diminuire i movimenti di truppe lungo la frontiera contesa da Etiopia ed Eritrea: lo hanno detto i vertici della Missione delle Nazioni Unite nei due paesi del Corno d’Africa (Unmee), che durante l’appuntamento settimanale con la stampa hanno ribadito per la terza settimana di seguito che la situazione militare al confine resta ancora “tesa e potenzialmente volatile”. Negli ultimi sette giorni a ridosso della linea di sicurezza, presidiata dai ‘caschi blu’ della Unmee per dividere i due paesi protagonisti di un conflitto territoriale tra il 1998-2000, sono stati registrati nuovi spostamenti di uomini e mezzi sia dal lato etiope che da quello eritreo. “La seconda divisione echelon e altre due divisioni dell’esercito etiope provenienti dal Settore Centrale si sono mosse verso il confine” ha detto entrando nei dettagli il maggior generale Rajender Singh. Movimenti analoghi sono stati registrati anche nel settore eritreo, dove l’Unmee continua a segnalare la presenza di non meglio precisate “milizie” armate che si rifiutano di fornire ai ‘caschi blu’ la loro identità. Parlando con i giornalisti il generale Singh ha comunque ribadito la difficoltà per la missione Onu di fornire maggiori dettagli e numeri precisi sui movimenti di truppe dal lato eritreo a causa del divieto si sorvolo imposto agli elicotteri Onu dal governo di Asmara che ha limitato la capacità d’osservazione dei caschi blu del 60%. Il comandante in capo della Missione Onu si è comunque detto ottimista sulla possibilità di convincere le parti a un ritiro parziale delle loro forze dalla zona di confine e a riportare uomini e mezzi alle postazioni fissate nel dicembre 2004, come richiesto dal Consiglio di Sicurezza del Palazzo di Vetro nell’ultima risoluzione. Da mesi ormai il dialogo tra i governi di Asmara e Addis Abeba si è completamente arenato, nonostante la Commissione indipendente istituita dall'Onu abbia tracciato in maniera "definitiva e irrevocabile" i nuovi confini tra i due Paesi. Se da un lato l’Etiopia non intende riconoscere le decisioni della Commissione, dall’altro l’Eritrea ha fatto sapere di non voler più discutere di una questione che considera conclusa.
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Non mi stupiscono gli insuccessi dei caschi blu.. non fanno paura a nessuno.
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unito il thread aperto da maxsona con quello preesistente.
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ETIOPIA 17/12/2005 8.35
VIOLENZE ELETTORALI: INCRIMINAZIONI ANCHE PER GENOCIDIO E TRADIMENTO Incriminazioni per tradimento, genocidio, attacco all’integrità dello Stato, oltraggio alla Costituzione saranno presto formalizzate contro 131 esponenti dell’opposizione, attivisti dei diritti umani, giornalisti ed editori indipendenti, comparsi oggi davanti all’Alta Corte di Addis Abeba. Lo ha detto la pubblica accusa, che ha chiesto al Tribunale di respingere la richiesta di scarcerazione; il giudice Adil Ahmed ha rinviato la decisione al 21 dicembre. Tra gli imputati vi sono i dirigenti della Coalizione per l’unità e la democrazia (Cud), il principale partito di opposizione, che accusa il governo di brogli elettorali per le legislative di maggio, vinte dalla formazione politica del controverso primo ministro Melles Zenawi. Il governo di Addis Abeba, da parte sua, accusa l’opposizione di aver organizzato le proteste di strada represse nel sangue dalle forze dell’ordine all’inizio di novembre; gli scontri provocarono non meno di 46 vittime, secondo fonti ufficiali, ma almeno un centinaio di morti secondo le testimonianze della società civile raccolte nella capitale. Oltre ai questi 131 detenuti, ve ne sono almeno altri 3.000, secondo le cifre indicate dallo stesso capo del governo che non sono verificate da fonti indipendenti. Nei giorni successivi agli scontri di fine novembre migliaia di persone sono state prelevate al proprio domicilio e portate in carcere ad Addis Abeba o in basi militari fuori città; la polizia ha affermato di aver liberato finora oltre 8.000 civili ma rimane impossibile conoscere le cifre esatte della repressione governativa. A giugno analoghe proteste contro i presunti brogli – che hanno poi costretto il governo a ripetere il voto in oltre 100 circoscrizioni ad agosto – avevano provocato la morte di oltre 40 civili.
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23/12/2005 18.05
ETIOPIA-ERITREA: TENSIONE RESTA ALTA NONOSTANTE ULTIMATUM ONU “La situazione militare nella zona cuscinetto che divide Etiopia ed Eritrea resta tesa e potenzialmente volatile”: lo hanno detto i vertici della Missione delle Nazioni Unite nei due paesi del Corno d’Africa, precisando che il clima nella Zona di sicurezza temporanea (Tsz) non è mutato. Nella nota, l’Unmee fa sapere che una parte delle truppe etiopi avrebbe avviato un ritiro parziale degli uomini e dei mezzi dispiegati nelle ultime settimane a ridosso della frontiera, come richiesto dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il massimo organo decisionale, la scorsa settimana aveva lanciato un ultimatum (che scadrà questa notte) nei confronti dei due governi chiedendo il ritiro delle truppe dalla zona di confine e invitando Asmara a ritirare le misure adottate nei confronti dei caschi blu e che nelle ultime settimane hanno fortemente limitato le possibilità operative della missione Onu in territorio eritreo. In realtà, nessuno dei due governi africani sembra aver intenzione di rispondere pienamente alle richieste del Palazzo di Vetro, che a questo punto potrebbe prendere, nei prossimi giorni, sanzioni nei confronti di una o di entrambe le parti.
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Martedì 27.12.2005, CET 12:07
27 dicembre 2005 11.16 Somalia: Mogadiscio; oppositori creano loro istituzioni MOGADISCIO - I signori della guerra di Mogadiscio, ed i gruppi di civili che sono al loro fianco, in particolare islamici, ma non solo, hanno dato vita ad un consiglio governativo per l'area della capitale somala, in pratica - nelle intenzioni - un parlamento locale. È composto da 64 persone, ed eleggerà sindaco e vice della città, oltre ad amministrarla completamente. È un ulteriore passo di rottura - anche se si continua a parlare di negoziati sotterranei - col governo unitario federale di transizione il cui primo ministro, in base alla Costituzione, aveva indicato sindaco e vice di Mogadiscio. Che, tra l'altro siedono nella capitale e, in teoria, vi operano. Il governo federale ha sede provvisoria a Jowhar, 90 km a nord di Mogadiscio, poichè sostiene che non vi sono ancora le condizioni di sicurezza per portare le istituzioni nella capitale, completamente controllata da potenti signori della guerra, alla testa di milizie numerose e ben armate. Che avevano accettato il nuovo corso - alcuni di loro sono ancora, seppur formalmente, ministri, e di alto lignaggio - per poi rompere all'inizio dell'anno rientrando a Mogadiscio con molti deputati al seguito, tra cui il presidente del Parlamento. SDA-ATS (swissinfo.org)
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ETIOPIA 28/12/2005 17.11
VIOLENZE ELETTORALI: DIRIGENTI OPPOSIZIONE E SOCIETÀ CIVILE RESTANO IN CARCERE Resteranno in prigione almeno un’altra settimana i 131 imputati di tradimento, incitamento alla violenza e al genocidio – tra loro esponenti dell’opposizione, attivisti per i diritti umani, giornalisti indipendenti, editori – comparsi oggi davanti alla Corte Federale di Addis Abeba. Lo ha deciso il giudice Adil Ahmed, di fronte al quale gli imputati hanno rifiutato di definirsi colpevoli o innocenti: “L’amministrazione penitenziaria ci ha impedito di incontrare i nostri avvocati e discutere con loro la gravità delle incriminazioni a nostro carico”, ha detto in aula Hailu Shawel, presidente della Coalizione per l’unità e la democrazia (Cud), il principale partito di opposizione, i cui dirigenti sono stati in gran parte arrestati dopo le proteste anti-governative all’inizio di novembre. Il governo li accusa di aver fomentato le manifestazioni di piazza contro i brogli elettorali delle legislative di maggio, vinte dal partito del controverso primo ministro Meles Zenawi. La scorsa settimana la magistratura aveva reso noto i capi di imputazione, che spaziano dal tradimento al genocidio: in caso di condanna è previsto l’ergastolo o la pena di morte. Oggi il giudice ha rinviato l’udienza al prossimo 4 gennaio, decidendo che per ora i 131 imputati – 36 di loro sono assenti perché all’estero o non ancora arrestati – resteranno nella prigione della capitale. “Siamo persone responsabili che non hanno avuto attività criminali in passato: per questo chiediamo alla corte di garantirci la libertà provvisoria” ha detto uno degli imputati, Yenehe Mulatu, avvocato; alla sbarra c’è anche un ragazzo di 14 anni, che sarà ora sottoposto a un esame medico per verificarne l’età. All’inizio di novembre le forze dell’ordine avevano represso nel sangue le proteste, provocando non meno di 46 vittime (un centinaio secondo la società civile); migliaia di civili – il cui numero resta imprecisato, ma si suppone nell’ordine di 15-20.000 – sono stati arrestati e condotti in campi militari isolati lontano da Addis Abeba. Dure critiche sono state sollevate contro il governo di Zenawi da parte di organismi internazionali, tra cui il Parlamento europeo di Strasburgo, che ha chiesto una commissione d’inchiesta coordinata dall’Onu minacciando sanzioni mirate “contro esponenti del governo dell’Etiopia” in assenza di miglioramenti della situazione dei diritti umani.
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ETIOPIA 29/12/2005 13.30
RIFUGIATI ETIOPI IN KENYA ACCUSANO ADDIS ABEBA DI SEQUESTRI DI PERSONA Per due giorni consecutivi centinaia di rifugiati etiopi hanno protestato davanti alla loro ambasciata a Nairobi accusando le autorità diplomatiche di aver rapito connazionali per rimpatriarli con la forza in Etiopia; lo si apprende dalla pagine del quotidiano keniano ‘Daily Nation’. I rifugiati, tutti appartenenti all’etnia Oromo, sostengono che domenica scorsa una sessantina di loro sono stati prelevati da presunti agenti governativi dalle loro abitazioni nella tenuta di Eastleigh con la scusa di partecipare a un matrimonio. Il gruppo sarebbe stato invece portato nell’ambasciata etiope, ma alcuni rifugiati sono riusciti a scappare e a raccontare l’accaduto. Il resto dei ‘rapiti’ sarebbe stato trasferito in luoghi sconosciuti. Sempre secondo i dimostranti, martedì un ex-pilota etiope e altri tre connazionali sarebbero stati sequestrati dalle loro case a Eastleigh. L’ambasciata etiope nega ogni addebito, ma i rifugiati hanno chiesto al governo di Nairobi di aprire un’inchiesta. Preoccupazione per le affermazioni fatte dai profughi è stata espressa dall’ufficio keniano dell’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu (Unhcr/Acnur), che chiede si faccia chiarezza sulle accuse. In patria il popolo Oromo, che rappresenta circa la metà della popolazione etiope, è in aperto contrasto con il governo controllato da un elite originaria della regione del Tigrai. Queste tensioni si sarebbero acuite dopo le ultime controverse elezioni e le violenze che ne sono seguite.
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AFRICA 29/12/2005 15.03
ETIOPIA - ERITREA: YEMEN SI OFFRE COME MEDIATORE Il presidente yemenita Ali Abdallah Saleh ha proposto una mediazione per tentare di abbassare la tensione tra Etiopia ed Eritrea, in occasione del Vertice che riunisce in questi giorni a Aden i paesi del Corno d’Africa. Come riportato dall’agenzia ufficiale Saba, Saleh ha espresso la volontà dello Yemen di facilitare il dialogo tra le parti e contribuire “alla stabilizzazione della regione”. Il capo dello Stato ha fatto appello a Etiopia ed Eritrea, già in guerra dal 1998 al 2000, affinché “evitino inutili dispendi di energia”. Intervenendo in merito ad altri temi dell’agenda del Summit, a cui Asmara non partecipa, Saleh ha detto anche che il suo governo “segue con molto interesse gli sviluppi nella nostra regione, soprattutto in Sudan e Somalia” e ha esortato la comunità internazionale “a sostenere gli sforzi di pace e la lotta contro il terrorismo”. Da qualche mese le relazioni tra Etiopia ed Eritrea si sono nuovamente deteriorate, facendo temere il possibile scoppio di un nuovo conflitto. La missione dei ‘caschi blu’ nei due paesi (Unmee) ha avvertito che “la situazione militare nella zona cuscinetto...resta tesa e potenzialmente volatile”, sebbene una parte delle truppe etiopi dispiegate a ridosso della frontiera avrebbe avviato un ritiro parziale degli uomini e dei mezzi dalla zona, come richiesto dal Consiglio di Sicurezza Onu. ETIOPIA 29/12/2005 15.59 REPRESSIONE CONTRO OPPOSIZIONE E SOCIETÀ CIVILE POTREBBE COSTARE CARA I donatori internazionali potrebbero sospendere aiuti economici all’Etiopia fino a 317 milioni di euro dopo la repressione governativa contro esponenti dell’opposizione e della società civile, arrestati a centinaia all’inizio di novembre in seguito proteste di piazza. Lo scrive oggi il ‘Financial Times’ in una corrispondenza da Nairobi, citando fonti diplomatiche occidentali. “A causa della situazione si è abbassata la fiducia” verso il governo di Addis Abeba, ha detto un funzionario, spiegando che “si stanno valutando soluzione finanziarie alternative”. Tra i donatori vi sono Unione Europea, Gran Bretagna e Banca Mondiale. A novembre almeno 46 persone (un centinaio secondo la società civile) sono state uccise dalle forze dell’ordine nella capitale Addis Abeba e migliaia sono state arrestate in seguito a dimostrazione anti-governative per i brogli alle legislative del maggio scorso, vinte dal partito del controverso primo ministro Meles Zenawi. Tre giorni fa, in un’intervista al quotidiano governativo “The Herald”, il ministro degli Esteri dell’Etiopia, Tekeda Alemu, aveva dichiarato: “Non credo che ci sarà alcun impatto negativo sulle relazioni politiche ed economiche con i nostri partner” dopo le gravi violenze che – secondo le autorità di Addis Abeba – sono state organizzate dal principale partito di opposizione (Coalizione per l'unità e la democrazia, Cud) e dalla diaspora. Circa un centinaio di esponenti della Cud, giornalisti ed editori indipendenti, intellettuali e attivisti dei diritti umani sono in carcere con le accuse di tradimento, genocidio e istigazioni alla violenza, punibili con la pena di morte; altre migliaia di civili - il loro numero non è chiaro - sono ancora trattenuti in carcere dalle autorità senza alcun provvedimento giudiziario né formale incriminazione.
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ETIOPIA 31/12/2005 7.29
AIUTI SOSPESI PER VIOLENZE SU OPPOSIZIONE, REAZIONE DI ADDIS ABEBA Economia e Politica, Brief “L’impatto di questa decisione sarà insignificante, benché saranno i poveri a rimetterci”: così ha risposto il ministro delle Finanze dell’Etiopia, Sufyan Ahmed, all’ipotesi dei donatori internazionali di sospendere aiuti economici diretti per 315 milioni di euro in segno di protesta contro la repressione attuata dal governo di Addi Abeba nei confronti dell’opposizione e della società civile. Il taglio agli aiuti, ha aggiunto, “per noi è inaccettabile, ma è una loro prerogativa”. Secondo il ministro, il sostegno finanziario garantito dalla comunità internazionale costituisce circa il 10% dell’intero bilancio statale. La Gran Bretagna, l’Unione Europea e la Banca Mondiale sono i principali donatori: dopo aver chiesto un cambio nella politica del primo ministro Meles Zenawi – che ha fatto arrestare migliaia di persone dopo manifestazioni anti-governative a novembre, tra cui i vertici del primo partito d’opposizione - negli ultimi giorni hanno minacciato di interrompere l’erogazione di aiuti. Mercoledì scorso 129 esponenti dell’opposizione, intellettuali, attivisti dei diritti umani, giornalisti ed editori indipendenti sono stati tenuti in carcere con incriminazione che comprendono tradimento e genocidio; altre migliaia di persone erano state arrestate dall’inizio di novembre, in seguito a manifestazioni anti-governative di protesta per brogli elettorali alle legislative di maggio. In quell’occasione la reazione delle forze di polizia hanno provocato non meno di 46 morti (secondo il bilancio ufficiale, un centinaio secondo fonti indipendenti); altri 40 civili erano stati uccisi in analoghe circostanze a giugno.
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ETIOPIA 31/12/2005 7.29
AIUTI SOSPESI PER VIOLENZE SU OPPOSIZIONE, REAZIONE DI ADDIS ABEBA “L’impatto di questa decisione sarà insignificante, benché saranno i poveri a rimetterci”: così ha risposto il ministro delle Finanze dell’Etiopia, Sufyan Ahmed, all’ipotesi dei donatori internazionali di sospendere aiuti economici diretti per 315 milioni di euro in segno di protesta contro la repressione attuata dal governo di Addi Abeba nei confronti dell’opposizione e della società civile. Il taglio agli aiuti, ha aggiunto, “per noi è inaccettabile, ma è una loro prerogativa”. Secondo il ministro, il sostegno finanziario garantito dalla comunità internazionale costituisce circa il 10% dell’intero bilancio statale. La Gran Bretagna, l’Unione Europea e la Banca Mondiale sono i principali donatori: dopo aver chiesto un cambio nella politica del primo ministro Meles Zenawi – che ha fatto arrestare migliaia di persone dopo manifestazioni anti-governative a novembre, tra cui i vertici del primo partito d’opposizione - negli ultimi giorni hanno minacciato di interrompere l’erogazione di aiuti. Mercoledì scorso 129 esponenti dell’opposizione, intellettuali, attivisti dei diritti umani, giornalisti ed editori indipendenti sono stati tenuti in carcere con incriminazione che comprendono tradimento e genocidio; altre migliaia di persone erano state arrestate dall’inizio di novembre, in seguito a manifestazioni anti-governative di protesta per brogli elettorali alle legislative di maggio. In quell’occasione la reazione delle forze di polizia hanno provocato non meno di 46 morti (secondo il bilancio ufficiale, un centinaio secondo fonti indipendenti); altri 40 civili erano stati uccisi in analoghe circostanze a giugno.
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AFRICA 5/1/2006 21.31
ETIOPIA-ERITREA: ASMARA ACCETTA “COLPA” DELLA GUERRA MA NON CONDIVIDE Asmara “non condivide” ma comunque accetta il verdetto della commissione internazionale per l’arbitrato tra Etiopia ed Eritrea con sede all’Aja, che ha attribuito all’Eritrea la responsabilità dell’avvio delle ostilità nella guerra del 1998-2000 tra i due paesi del Corno d’Africa. Lo rende noto il ministero degli Esteri eritreo nella prima dichiarazione ufficiale dopo la sentenza del 19 dicembre; la Commissione internazionale ‘ad hoc’, istituita dagli accordi di pace di Algeri, aveva stabilito che l’attacco dell’Eritrea contro le città di confine etiopi nel maggio del 1998 non è giustificabile come autodifesa in base alla Carta dell’Onu. Di conseguenza Asmara dovrà pagare ad Addis Abeba compensazioni che non sono state ancora definite. Affermando di voler rispettare il verdetto - benché non convinta della validità delle prove a suo carico - l’Eritrea ha comunque sottolineato che l’Etiopia ancora si rifiuta di applicare la demarcazione dei confini decisa dalla medesima commissione nel 2002. Il governo di Asmara è inoltre tornato ad accusare l’Onu, che a suo dire non si attiva per far rispettare il verdetto ad Addis Abeba; a ottobre l’Eritrea ha deciso di limitare l’attività della missione di pace dell’Onu tra i due paesi e poche settimane fa ha deciso l’espulsione di una parte del contingente internazionale. Secondo il nuovo confine, all’Eritrea andrebbe la città di Badme, una rinuncia a cui Addis Abeba non sembra ancora rassegnarsi. Nel parere espresso dalla Commissione per l’arbitrato si diceva inoltre che, durante il conflitto, anche l’Etiopia aveva violato la legge internazionale per i danni provocati alle città eritree durante l’occupazione militare.
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AFRICA 10/1/2006 10.25
ETIOPIA-ERITREA: USA TENTANO NUOVA MEDIAZIONE L’ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite ha annunciato una missione diplomatica Usa di alto livello per cercare di dissipare le rinnovate tensioni tra Etiopia ed Eritrea. La delegazione, il cui invio è stato “salutato con piacere” anche dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sarà guidata dal vice-segretario di Stato per l’Africa, Jendayi Frazer, e intende far raggiungere ai due paesi del corno d’Africa un accordo per “l’avvio del processo di demarcazione della frontiera comune”. Per facilitare il lavoro dei mediatori a stelle e strisce, l’ambasciatore Usa al Palazzo di Vetro ha chiesto al Consiglio di sicurezza di congelare per 30 giorni ogni pronunciamento sulla contesa tra Etiopia ed Eritrea e rimandare al mese prossimo ogni decisione sullo status quo della Missione Onu (Unmee) dispiegata tra i due paesi. In questi giorni il massimo organo decisionale avrebbe dovuto approvare una nuova risoluzione per condannare le misure prese dall’Eritrea nei confronti dei caschi blu e il dispiegamento di truppe di entrambi i governi a ridosso del confine. Il nuovo documento, secondo indiscrezioni, potrebbe anche contenere importanti modifiche ai compiti e alla conformazione della Unmee. Intanto Asmara nelle ultime ore è tornata a condannare la non azione dell’Onu, accusato da mesi di non costringere Addis Abeba a rispettare gli impegni presi e avviare la demarcazione del confine come disegnato da un arbitrato indipendente.
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AFRICA 11/1/2006 18.13
ETIOPIA – ERITREA: SEGNALI POSITIVI, DIMINUISCE TENSIONE AL CONFINE Per la prima volta dopo mesi di crescente tensione si è registrata una significativa diminuzione degli incidenti al confine tra Etiopia ed Eritrea, in seguito alla riduzione della presenza militare dei due Paesi a ridosso della frontiera. Lo ha detto oggi il comandante della locale missione Onu (conosciuta come Unmee), il generale indiano Rajender Singh. “Non sto dicendo che non c’è più tensione, ma se ne registra di meno, ovviamente perché è stata ridotta la presenza militare lungo i confini” ha aggiunto l’ufficiale nel consueto appuntamento settimanale con la stampa. Asmara ed Addis Abeba hanno richiamato una parte delle truppe dopo la minaccia di sanzioni da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Secondo gli osservatori militari dell’Unmee, l’Etiopia avrebbe allontanato i propri soldati dalla zona di frontiera già tre settimane fa, mentre l’Eritrea ha “drasticamente ridotto” i movimenti di truppe all’interno della cosiddetta zona-tampone di circa 1.000 chilometri che separa in modo temporaneo i due Paesi. Nel 2000, al termine di una sanguinosa guerra di confine costata oltre 70.000 morti, era stato assegnato a una commissione internazionale la demarcazione dei confini definitivi, che però – malgrado un pronunciamento del 2002 – l’Etiopia continua a rifiutare. L’Eritrea, da parte sua, a ottobre dell’anno scorso ha introdotto un divieto di volo agli elicotteri Onu, che limita fortemente l’attività della missione di pace.
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