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Old 26-01-2008, 22:09   #1
dantes76
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I palestinesi e gli amici arabi..amici na mazza!!

Quote:
SraELE rafforza le misure di sicurezza nelle località turistiche
Rafah, scontri tra palestinesi e polizia
Feriti una quarantina di agenti egiziani. Abu Mazen: «Hamas commette un crimine, basta lanci di razzi»

GAZA - Un flusso ininterrotto di auto, ingorghi e scontri con la polizia egiziana. Questa la situazione al valico di Rafah, fra Egitto e Striscia di Gaza, dopo che militanti di Hamas aveva spianato il passaggio con i bulldozer per permettere il passaggio dei veicoli. Le forze egiziane hanno bloccato il passaggio. Decine di poliziotti in assetto antisommossa, spalleggiati da diversi veicoli blindati, hanno formato catene umane bloccando le due brecce. Negli scontri con i palestinesi almeno 40 agenti della sicurezza egiziana sono rimasti feriti, due dei quali in modo grave. «Queste provocazioni ci preoccupano e i nostri fratelli palestinesi dovrebbero notare che la decisione egiziana di accoglierli e alleviare le loro sofferenze non dovrebbe tradursi in una minaccia per le vite dei nostri figli nelle forze di sicurezza egiziane» ha dichiarato il ministro degli Esteri del Cairo, Ahmed Aboul Gheit.

IL FLUSSO - Centinaia di palestinesi continuano dunque a entrare in Egitto per rifornirsi di cibo, carburante e beni di prima necessità. Anche molti egiziani si stanno riversando nella Striscia grazie al crollo del muro che chiudeva il confine fin dal 1967. In gran parte sono commercianti, ma non mancano curiosi e turisti che approfittano della situazione di caos e dell'assenza di controlli. Le auto con targa egiziana si incrociano in un ingorgo con quelle palestinesi che viaggiano verso la cittadina di El-Arish, sul mare.

ABU MAZEN - La presa di potere di Hamas a Gaza viene definita dal presidente palestinese Abu Mazen «un crimine», per questo il dialogo con il movimento radicale è interrotto. Il presidente ha esortato i gruppi armati palestinesi a cessare i tiri di razzi Qassam su Israele e ha accusato quest'ultimo di infliggere una «punizione collettiva» alla popolazione della Striscia. Abu Mazen non ha fatto alcun riferimento all’offerta avanzata dal presidente egiziano Hosni Mubarak di un incontro al Cairo tra i rappresentanti di Fatah e Hamas, al fine di ricomporre le divisioni. Domenica Abu Mazen si incontrerà invece a Gerusalemme con il premier israeliano Ehud Olmert. Al centro del colloquio la situazione a Gaza e il processo di pace. Abu Mazen chiederà a Olmert la fine dell'assedio e si offrirà di assumere il controllo dei valichi di confine. Chiederà inoltre la fine delle restrizioni ai movimenti di merci e persone in Cisgiordania.

SICUREZZA - Intanto Israele ha chiuso le strade e i siti turistici adiacenti al confine per timore di infiltrazioni di estremisti palestinesi. Un portavoce militare ha detto che sono stati chiusi larghi tratti della zona di frontiera con l'Egitto e che sono state rafforzate le misure di sicurezza in centri abitati e località turistiche. Due giorni fa Israele aveva chiesto a tutti i suoi cittadini di non entrare nel Sinai e a quelli che già vi si trovavano di ritornare subito in patria nel timore di attacchi terroristici.

PACIFISTI - Ma c'è anche chi chiede di tornare a una situazione di relativa normalità. Centinaia di pacifisti appartenenti a una ventina di associazioni israeliane, accompagnati da attivisti di molti Paesi, tra cui italiani, hanno manifestato al valico di Erez per chiedere la fine del blocco israeliano. Sull’altro versante del valico di Erez si sono radunati contemporaneamente centinaia di pacifisti palestinesi guidati dall’attivista dei diritti umani, Eyad Sarraj. Tra i pacifisti israeliani presenti l’ex ministro dell’istruzione Shulamit Aloni, il giornalista e saggista Uri Avnery, il deputato Issam Makhoul e la docente universitaria Nurit Peled-Elhanan che quattro anni fa ha perso la figlia in un attentato suicida palestinese a Gerusalemme. Manifestazioni e sit-in in sostegno dei civili di Gaza anche in una trentina di città di tutto il mondo tra cui Parigi, Boston, New York, San Francisco, Londra e le italiane Roma, Modena, Bologna, Grosseto, Napoli e Milano.

http://www.corriere.it/esteri/08_gen...ba99c667.shtml
__________________
“ Fiat iustitia, et pereat mundus”-המעז מנצח -
dantes76 è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 26-01-2008, 22:41   #2
A-PROSTATA
Bannato
 
Iscritto dal: Jan 2008
Messaggi: 8
Certamente, vabbene gli aiuti umanitari, ma quì si sconfina nell' invasione...
invasione e traffico di merce senza controllo...
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Old 26-01-2008, 22:43   #3
blamecanada
Senior Member
 
L'Avatar di blamecanada
 
Iscritto dal: Apr 2002
Città: Al momento Berlino
Messaggi: 571
Quello che sta succedendo a Gaza

Settecentomila, una marea. Si sono riversati sul confine, sulle macerie della breccia in quel muro odioso, così severo, così assurdo. Una moltitudine scomposta, che compostamente è andata all’assalto di negozi e pompe di benzina. Ed è qui l’assurdità: non per saccheggiare. Hanno semplicemente reclamato il proprio diritto a pagare. Comprare. Consumatori, contante in mano, a cui è stato negato il diritto sacrosanto a provvedere a sè e alle proprie famiglie. Presi per fame. Minamento psicologico a partire da quelle piccole necessità quotidiane che noi diamo così tanto per scontate, come girare l’angolo e fare il pieno di benzina, comprare il pane prima del pranzo, trovare un po’ di frutta per la cena. Lo facevano in Germania non molti anni fa, obbligando la gente ad andare in bicicletta, a non entrare nei parchi pubblici, a non usare i tram. E’ incredibile come in Palestina non sia contemplata nei programmi scolastici la Shoah. è inconcepibile che nello Stato di Israele, nato soprattutto (ma non solo) per una così grande tragedia, non si sia imparato niente dalla propria storia. Così dove non c’è memoria non c’è spazio neanche per la misericordia.

Settecentomila. In embargo da giorni. Puniti per quei razzi Qassam lanciati contro Israele, i razzi che portano il nome del predicatore-guerrigliero che urlò la rabbia palestinese per la terra che veniva loro sottratta. Nel 1933, durante la Grande Rivolta.
Civili puniti per le azioni dei miliziani. Miliziani che difendono i civili, aprendo e riaprendo incessantemente brecce su quel muro che è muro della vergogna, perchè è muro che nega il diritto. Il diritto sacrosanto di andarsene dove mi pare, di muovermi con libertà in questa terra globalizzata, dove la mobilità è la conquista umana più recente e più grande, che chiunque difende a caro prezzo, anche al prezzo di morire su un barcone sulle acque territoriali di una nazione-miraggio.

Un muro che è venuto giù. Per l’insofferenza di gente stremata, che non ce la fa, che non ce la può più fare a reggere quest’assedio, che reclama solo un po’ di pace per se stessa.
Una fiumana. Egiziani chiamati a tutelare l’ordine. Egiziani che non hanno potuto che lasciarli fare. Inermi. Come puoi negare il diritto a sopravvivere?
E così a Rafah la gente li ha accolti come ad una festa di paese. con chioschi, bancarelle di venditori ambulanti. di dolci, di profumi, di felafel caldi. E quando i “tutori dell’ordine” sono dovuti intervenire la folla li ha travolti, ha di nuovo travolto la barriera. Più in là, qualche metro più avanti. ed è di nuovo speranza. di nuovo corsa alla sopravvivenza.

E intanto noi stiamo a guardare. e il consiglio di sicurezza dell’Onu non riesce ad approvare una risoluzione che costringa israele a riaprire i varchi. Siamo troppo invischiati da interessi personali, clientelari, affaristici con un governo israeliano che abbiamo sempre protetto. Perchè ci faceva comodo. Perchè baluardo dell’occidente in terra selvaggia, araba, musulmana. Schifo è l’unico sentimento che riusciamo a suscitare in questa cosa.

Non portano armi questi profughi pendolari. Nelle bisacce, nei carretti, nelle sacche dei vestiti, sulle spalle, non hanno che pane, latte, benzina, medicine. Perchè non sono ribelli, non sono patrioti, non sono guerrafondai. Hanno semplicemente fame. fame di pace. di acqua corrente, di energia elettrica. di ospedali, di scuole, di attività commerciali.

E poi. e poi. l’assurdo. …Tornano indietro. Tornano indietro, questi pazzi stremati. non fuggono, non scappano, non cercano una nuova patria. Tenacemente attaccati alla terra, testardamente fedeli, a costo di rischiare altri giorni di embargo, di nuovo la fame, di nuovo la sofferenza.

E’ il grido della terra. Il grido delle tradizioni, degli affetti familiari. è quel misterioso legame che nei campi profughi palestinesi e giordani fa tramandare di padre in figlio, di generazione in generazione, oggetti metallici arruginiti di ormai quasi mezzo secolo fa. Sono le chiavi delle case abbandonate in Israele, durante la grande fuga. Quando c’era la guerra del 48, del 56, del 67, del 73. Quelle rimangono le chiavi di casa, della vera casa. e quando si parla di Stato indipendente palestinese, c’è chi non si rassegna: “la mia casa non è qui”. finchè questa gente non avrà diritto al rimpatrio, non potrà esserci pace in Israele.

Fonte: Giornalismo partecipativo
http://www.gennarocarotenuto.it/1771...cadendo-a-gaza

I muri nella testa
Ho apprezzato molto l’articolo su Gaza che Saretta Marotta ha donato a Giornalismo partecipativo e che potete leggere qui. Conoscendo quei luoghi posso più che immaginare quelle decine di migliaia di palestinesi sciamare nei mercatini di Rafah, contenti di esserci, quasi di sgranchirsi le gambe in quell’ora d’aria loro concessa dalla colpa collettiva di esistere. Posso immaginarne odori e sapori e immagino anche la polizia egiziana rimandarli indietro di controvoglia, quasi chiedendo per favore.

Immagino questo muro che si abbatte pacificamente e che si fa perfino ricostruire pacificamente e penso a quanto impudica è la disparità che l’Occidente mette nel celebrare l’abbattimento di un muro.

Anzi, del momentaneo abbattimento del muro di Gaza si è allarmato: entreranno armi, va ristabilito l’ordine.

Come se la gente di Gaza stesse scontando una condanna amministrata da un giudice, come se avesse colpe personali e non solo quella collettiva di essere palestinese. Come se fosse naturale che quella povera gente che va semplicemente a far la spesa, sia complice di un pericolo mortale, e debba pagare un prezzo per la nostra sicurezza e alla nostra idea di Occidente escludente.

Quanta poca pietà c’è per quel milione e mezzo di palestinesi costretti dalla realpolitik a vivere recintati in uno zoo a cielo aperto grande un decimo (sì, il 10%) della provincia di Firenze. Quanta poca pietà e quanto poco rispetto per quel milione e mezzo di persone dalle quali esigiamo rispetto e accettazione del loro destino. Quanto disprezzo…

Quanti saranno i guerriglieri a Gaza? Alcune migliaia. Quanti saranno i terroristi vogliosi di farsi saltare in aria? Alcune decine. Quanto odio versa il terrorismo di stato di Tsahal? Quanto prezzo pagano quelle persone al più classico, atavico, premoderno conflitto per la terra?

Quanta retorica è stata dedicata alle frontiere cadute con l’Unione europea. Quanta retorica è stata dedicata alla caduta del muro di Berlino. Sono passati meno di vent’anni e i muri li erige l’Occidente, come quello di Tijuana, alla frontiera tra Messico e Stati Uniti, o quello di Gaza che pretende di rinchiudere tutto un popolo in un ghetto. Ci sono sempre buone e liberaldemocratiche scuse per i muri che l’Occidente impone e difende con il sangue: sono poveri, sono clandestini, hanno un dio diverso, sono pericolosi. Ma il muro sta nella testa di chi lo costruisce.

Fonte: Giornalismo Partecipativo
http://www.gennarocarotenuto.it/1776-i-muri-nella-testa
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Trattative concHIuse: 1, 2, 3, 3, 4
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