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Old 13-12-2007, 08:59   #1
DonaldDuck
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Forattini: satira indigesta e Cassazione.

http://www.cortedicassazione.it/Noti...ws.asp?ID=1784
Quote:
SENTENZA N. 23314 DEL 08/11/2007



RISARCIMENTO DANNI – DIFFAMAZIONE A MEZZO DI VIGNETTA
La sentenza pone fine ad una causa di risarcimento danni da diffamazione tra un magistrato e un noto vignettista, confermando la sentenza di merito che aveva condannato il vignettista per diffamazione in merito ad una vignetta pubblicata su un quotidiano a diffusione nazionale, escludendo le esimenti del diritto di satira e di critica, in quanto da un lato la vignetta era priva di qualsiasi connotazione paradossale atta a far intendere al lettore che l’autore non facesse sul serio e dall’altro essa trasmetteva il messaggio di attribuire al magistrato un fatto determinato (l'aver in qualche modo spinto verso la morte un collega) di gravissima efficacia lesiva del suo patrimonio morale.
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Old 13-12-2007, 09:04   #2
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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

Sentenza 8 novembre 2007, n. 23314

Svolgimento del processo

Quote:
Gian Carlo Casello, all'epoca dei fatti procuratore della Repubblica presso il tribunale (OMISSIS), conveniva Giorgio Forattini., Roberto Briglia, la s.p.a. Arnoldo Mondadori editore innanzi al tribunale di Milano per sentirli condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e morali in lire 500.000.000 o nella diversa somma equitativamente fissata dal giudice.

Deduceva che nel numero (OMISSIS) del settimanale "Panorama" edito dalla A.M., di cui era direttore responsabile il B., era apparsa una vignetta del F. raffigurante uno scheletro con un ciuffo di capelli bianchi a forma di falce ed una sciarpa rossa che teneva in una mano la pistola e nell'altra la bilancia simbolo della giustizia; sosteneva che la vignetta era riferibile a lui e con evidente allusione gli attribuiva la responsabilità del suicidio del dr. L. avvenuto in occasione del suo interrogatorio da parte di un "pool" della procura della Repubblica presso il tribunale (OMISSIS) da lui guidato.

I convenuti contestavano l'interpretazione fornita dall'attore ed invocavano, comunque, l'esimente del diritto di satira e più in generale di manifestazione artistica. Il tribunale accoglieva la domanda, condannando i convenuti in solido al pagamento di lire 50.000.000 a titolo di danno morale e di lire 10.000.000 a titolo di riparazione pecuniaria. La corte di appello di Milano con sentenza resa il 23.10.2002 rigettava i gravami del B., della M. e del F. con la seguente motivazione.

Secondo gli appellanti il disegno non è evocativo della persona del C. né del suicidio del L., avendo una mera valenza simbolica; senonché la riferibilità al C. persino per il lettore meno attento si desume dal fatto che a) lo scheletro, simbolo della morte, indossa tocco, toga ed una sciarpa rossa; b) sul tocco vi è una stella e ne esce una falce formata da un ciuffo di capelli bianchi (elemento caratterizzante della iconografia relativa al C.), c) la figura effigiata non impugna la pistola, ma la tiene sul palmo della mano nel gesto di offrirla; non può condividersi la tesi della valenza simbolica del disegno in relazione ai temi della militanza politica della magistratura, della giustizia, del giustizialismo, della violenza, essendo soverchiante la valenza dell'orribile comportamento evocato di un singolo magistrato in una specifica vicenda; contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, vanno delineati i caratteri della satira, essendo compito dell'interprete individuare i concetti metagiuridici cui rinvia l'ordinamento; la satira consiste in una critica mordace di aspetti, ceti, gruppi, personaggi della vita contemporanea esercitata il più delle volte nei confronti di uomini di potere; si esercita a mezzo dei "registri" del sarcasmo, del grottesco, dell'iperbole, del paradosso, secondo un ordine ed una scelta che non rispondono a regole codificate, ma sono inevitabilmente dirette a produrre l'effetto comico nei suoi diversi aspetti; tale effetto è elemento costitutivo del genere, "rappresentandone il necessario scarto rispetto al procedere rettilineo di una oggettiva narrazione e di una equilibrata valutazione di persone e vicende, come ben presente ad una tradizione millenaria espressasi con l'oraziano: quid vetat ridentem dicere verum?"; in considerazione dell'utilità sociale e politica la satira ha una soglia più larga rispetto alle altre esimenti; la pubblicazione che si presenta come satirica deve, tuttavia, presentare gli elementi costitutivi del genere; la difesa del F. identifica nel comico e nell'umoristico gli elementi esenziali della satira; il disegno "de quo" tutto è tranne che comico ed umoristico; esso è inoltre privo di qualsiasi connotato paradossale sì da rendere percepibile con chiarezza che l'autore "non fa sul serio"; l'effetto che ne promana è "semplicemente plumbeo, macabro, orripilante nella sua indiscutibile violenza accusatoria verso il C., presentato come vero apportatore di morte soprattutto nel chiarissimo gesto di offerta della pistola"; si deve, pertanto, escludere che ricorra l'esimente del diritto di satira; egualmente dicasi dell'esimente del diritto di critica, dal momento che il messaggio portato dal disegno è inscindibilmente connesso con l'attribuzione di un fatto determinato lesivo del patrimonio morale dell'uomo prima ancora che del magistrato (l'avere con la propria condotta faziosa ed arbitraria in qualche modo "condotto" a morte il L.); qualora, come nella specie, sia accertata l'esistenza del reato di diffamazione, il danno morale "sub specie" di lesione della reputazione è "in re ipsa" e nessuna prova (del resto impossibile) deve dare l'attore della risonanza negativa della pubblicazione nell'opinione pubblica.

Avverso tale sentenza la A. M. ha proposto ricorso per cassazione sostenuto da due motivi; il F. ed il B. hanno proposto ricorso incidentale, affidandone l'accoglimento, il primo, a quattro motivi ed il secondo a tre; l'intimato ha resistito con controricorso; la A. M. editore ha depositato memoria.


Motivi della decisione


1. I ricorsi sono proposti contro la medesima sentenza ed a norma dell'art. 335 c.p.c. vanno riuniti.

2. Il ricorso del B. non contiene l'esposizione sommaria dei fatti di causa e tanto ne comporta l'inammissibilità alla luce del principio che per il coordinato disposto degli artt. 366, comma 1, 371, comma 3, c.p.c. il ricorso incidentale, al pari di quello principale ed a differenza del controricorso, deve esporre i fatti di causa separatamente dai motivi in modo che non si debba ricorrere ad altre fonti processuali e, se non li espone, è inammissibile, salvo che, diversamente dalla specie, sia possibile desumerli con chiarezza e completezza dai motivi (ex plurimis Cass. 22.6.2005, n. 13401; Cass. 11.10.2005, n. 19756; Cass. 27.7.205, n. 15672).

3. Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia falsa applicazione degli artt. 595 c.p., 11 L. 47/1948, 2043 c.c., insufficiente motivazione circa punto decisivo della controversia; la corte di merito - si sostiene - ha esaminato le difese dell'autore della vignetta e non pure quelle dell'editore che concernono l'esorbitanza del giudizio dai limiti oggettivi del testo iconografico, la referenzialità puramente tematica anche se riferibile alla cronaca del suicidio, l'innocuità della rappresentazione sul piano esegetico; la vignetta, insieme di segni con una consistenza logico - tematica, offre elementi equivoci ed insufficienti nel senso dell'identificazione del personaggio raffigurato e del riferimento alla tragica vicenda del suicidio del dr. L.; l'evocazione e, comunque, limitata all'argomento e l'interpretazione non si può spingere oltre il limite di questo, accreditando una ricostruzione della vicenda che conduca alla responsabilità del suicidio per istigazione; la pistola nelle mani del personaggio raffigurato può fare pensare alla relazione tra l'interrogatorio ed il suicidio, ma è certamente esorbitante attribuire al personaggio alcuna responsabilità per il suicidio; la corte è censurabile per avere superato l'aspetto tematico della vignetta, immaginando uno svolgimento narrativo (l'epilogo del suicidio), e per avere attribuito la responsabilità per istigazione nel quadro di tale svolgimento; basta la riconduzione dell'interpretazione nei limiti oggettivi del disegno per escludere qualunque lesione della reputazione; si aggiunga l'inquadramento nella satira in funzione non già dell'esimente, bensì di un limite esegetico; la sintesi visiva degli elementi raffigurati, inquadrata tra le "mascalzonate" dell'autore, presenta carattere satirico, sollecitando il vaglio critico ed inducendo scetticismo.

4. Con il primo motivo del ricorso del F. si deduce insufficienza o contraddittorietà della motivazione in ordine al significato della vignetta; si censura la corte di merito per avere apoditticamente ritenuto "vane" le considerazioni secondo le quali una lettura lesiva della reputazione del C. è riduttiva della vignetta, il cui senso è molto più ampio, dovendosi ad essa riconoscere una valenza simbolica sui temi della giustizia, del giustizialismo e della violenza, e per avere, da un lato, dimostrato di essere consapevole delle polemiche suscitate a livello politico, istituzionale e dell'informazione dal tragico gesto del dr. L. e, dall'altro, escluso la valenza simbolica della vignetta.

5. Con il secondo motivo dello stesso ricorso si lamenta violazione ed erronea applicazione delle norme relative al diritto di satira; la corte di merito ha ritenuto che occorre il comico perché vi sia satira, ma non ha esplicitato il concetto di comico, come avrebbe dovuto per assolvere l'obbligo motivazionale; ove, poi, si ritenesse che la corte ha inteso il comico nel senso di divertente e tale da suscitare il riso, l'errore si ripercuoterebbe sul concetto di satira, rendendolo così inadeguato che si dovrebbe negare il carattere satirico delle vignette che hanno riguardato episodi devastanti come il crollo delle torri gemelle o la morte di militari italiani in Iraq; carattere che è stato, invece, unanimemente riconosciuto; per raggiungere il proprio scopo (attaccare e criticare i diversi aspetti della società, di un ambiente, di un individuo) la satira offre spesso al pubblico una chiave di lettura di un determinato fatto di dominio pubblico; in questa ottica l’”animus iocandi” acquista una valenza eventuale e comunque particolare; per "reprimere", "controllare", stigmatizzare" una manifestazione di "potere" può rendersi necessario l'impiego di un insieme non codificato di tecniche particolari intese ad enfatizzare "ironicamente" la drammaticità di un evento; la vignetta di F. si è limitata a rappresentare la situazione paradossale nella quale un atto che doveva essere di giustizia ed applicazione della legge è stato occasione di un drammatico suicidio, lasciando all'osservatore l'interpretazione secondo il proprio libero pensiero; quella della corte territoriale è una delle tante interpretazioni possibili e, peraltro, il rilievo che siccome non fa ridere non è satira non è idoneo a sorreggerla.

6. Con il terzo motivo del ricorso del F. si lamenta violazione e comunque erronea applicazione delle norme relative al diritto di critica; secondo la corte di merito la vignetta attribuisce al dr. C. il fatto, non rispondente al vero, di avere "in qualche modo, con la propria condotta arbitraria e faziosa, condotto a morte il collega, cioè il dr. L."; in effetti la vignetta è un'elaborazione critica e perciò personale di un fatto vero; essa non ha nulla a che vedere con l'informazione e si configura come un'interpretazione, pur se parossistica ed enfatizzata, della realtà; il fatto storico rappresentato è che in occasione e nel corso di un lungo interrogatorio il dr. L. si è ucciso con la propria pistola; partendo da questo fatto si è sviluppato il pensiero critico nella forma espressiva della vignetta; il F. non ha attribuito al dr. C. di avere "condotto a morte" il collega, ma ha stigmatizzato, facendosi portavoce di una critica di larga parte dell'opinione pubblica, che in occasione di un'attività giudiziaria (interrogatorio da parte di magistrati) si sia verificato un fatto così grave; lo svolgimento dell'attività giudiziaria non è il fatto oggetto della valutazione critica, ma l'occasione all'interno della quale si è verificato l'episodio che ha suscitato interrogativi, dubbi, riflessioni critiche; a rendere ancora più evidente che di critica e non di informazione si è trattato è il titolo della rubrica (mascalzonate) nella quale è stata pubblicata la vignetta; in sostanza il suicidio è lo sfondo e, cioè, il contesto nel quale si sviluppa il pensiero critico del vignettista; pensiero che per quanto duro non costituisce aggressione gratuita dell'altrui sfera di onore e reputazione.

7. I motivi, da esaminare in un contesto unitario per l'interdipendenza delle questioni che pongono, non possono ricevere accoglimento.

7.1. Com'è noto, la satira è configurabile come diritto soggettivo di rilevanza costituzionale; tale diritto rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 21 Cost. che tutela la libertà dei messaggi del pensiero.

Il diritto di satira ha un fondamento complesso individuabile nella sua natura di creazione dello spirito, nella sua dimensione relazionale ossia di messaggio sociale, nella sua funzione di controllo esercitato con l'ironia ed il sarcasmo nei confronti dei poteri di qualunque natura. Comunque si esprima e, cioè, in forma scritta, orale, figurata, la satira costituisce una critica corrosiva e spesso impietosa basata su una rappresentazione che enfatizza e deforma la realtà per provocare il riso. Ne è espressione anche la caricatura e, cioè, la consapevole ed accentuata alterazione dei tratti somatici, morali e comportamentali di una persona realizzata con lo scritto, la narrazione, la rappresentazione scenica.

La satira è espressione artistica nella misura in cui opera una rappresentazione simbolica che, in modo particolare la vignetta, propone quale metafora caricaturale.

La peculiarità della satira, che si esprime con il paradosso e la metafora surreale, la sottrae al parametro della verità e la rende eterogenea rispetto alla cronaca; a differenza di questa che, avendo la finalità di fornire informazioni su fatti e persone, è soggetta al vaglio del riscontro storico, la satira assume i connotati dell'inverosimiglianza e dell'iperbole per destare il riso e sferzare il costume.

Insomma, la satira è riproduzione ironica e non cronaca di un fatto; essa esprime un giudizio che necessariamente assume connotazioni soggettive ed opinabili, sottraendosi ad una dimostrazione di veridicità.

Mentre l'aperta inverosimiglianza dei fatti espressi in forma satirica esclude la loro capacità offensiva della reputazione, dell'onore e del prestigio, diversamente deve dirsi in caso di apparente attendibilità di tali fatti.

Incompatibile con il parametro della verità, la satira è, però, soggetta al limite della continenza e della funzionalità delle espressioni adoperate rispetto allo scopo di denuncia sociale perseguito. Sul piano della continenza il linguaggio essenzialmente simbolico e frequentemente paradossale della satira - in particolare di quella esercitata in forma grafica - è svincolato da forme convenzionali, per cui è inapplicabile il metro della correttezza dell'espressione.

In questo ambito concettuale è stato affermato - soprattutto dalla giurisprudenza penale di questa Corte - che la satira, al pari di ogni altra manifestazione del pensiero, non può infrangere il rispetto dei valori fondamentali della persona, per cui non va riconosciuta la scriminante di cui all'art. 51 c.p. per le attribuzioni di condotte illecite o moralmente disonorevoli, gli accostamenti volgari o ripugnanti, la deformazione dell'immagine in modo da suscitare disprezzo o dileggio (Cass. pen., sez. V, 2.12.1999, n. 2128, Vespa; Cass. civ. 7.11.2000, n. 14485), più particolarmente è stata esclusa la scriminante nella satira che, trasmodando da un attacco all'immagine pubblica del personaggio, si risolva in un insulto gratuito alla persona in quanto tale (Cass. pen., sez. V, 11.5.2006, n. 23712, G. e altro) o nella rappresentazione caricaturale e ridicolizzante di alcuni magistrati posta in essere allo scopo di denigrare l'attività professionale da loro svolta attraverso l'allusione a condotte lesive del dovere funzionale di imparzialità (Cass. pen., sez. V, 4.6.2001, n. 36348, Feltri).

7.2. Il diritto di critica si concretizza nell'espressione di un giudizio o, più genericamente, di un'opinione che sarebbe contraddittorio pretendere rigorosamente obiettiva, posto che per sua natura la critica non può che essere fondata su un'interpretazione necessariamente soggettiva di fatti e comportamenti.

Per essere legittima e prevalere sul diritto alla reputazione dei singoli il diritto di critica deve essere esercitato entro limiti oggettivi fissati dalla logica concettuale e dall'ordinamento positivo. Occorre, cioè, un bilanciamento dell'interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero costituzionalmente garantito; bilanciamento da ravvisarsi nell'interesse dell'opinione pubblica alla conoscenza non del fatto oggetto di critiche, che è presupposto da essa ed è perciò fuori di essa, bensì di quella determinata interpretazione del fatto (Cass. 22.1.1996, n. 465; Cass. 25.7.2000, n. 9746).

Nell'esercizio del diritto di critica si possono adoperare espressioni di qualsiasi tipo che si risolvano in lesione dell'altrui reputazione, purché siano funzionali alla manifestazione di dissenso ragionato dall'opinione o dal comportamento altrui; non sono, invece, ammessi apprezzamenti negativi che degradino in gratuita aggressione distruttiva della reputazione, discreditando la vita altrui in qualcuna delle sua manifestazioni essenziali (Cass. 7.11.2000, n. 14485, in motivazione).

7.3. Nelle azioni risarcitorie da diffamazione a mezzo stampa la ricostruzione storica dei fatti, la valutazione del contenuto degli scritti o più in generale delle espressioni grafiche adoperate, l'accertamento in concreto dell'attitudine offensiva di tali espressioni, la valutazione dell'esistenza dell'esimente del diritto di critica o di satira costituiscono accertamento di fatto riservato al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, rimanendo esclusa ogni rivalutazione dei fatti (Cass. 18.10.2005, n. 20137; Cass. 18.10.2005, n. 20139; Cass. 24.1.2000, n. 747). In particolare il giudice di legittimità non deve valutare il fatto dell'alterazione dell'opinione sociale sull'onore di una determinata persona, ma il discorso giustificativo del giudice di merito ovverosia le regole metodologiche del giudizio di fatto che tale giudice ha espresso per giungere alla soluzione adottata.

7.4. Ora la corte di merito, dopo avere dimostrato con argomentazioni ineccepibili sul piano della logica e della rispondenza ai fatti accertati la riferibilità della vignetta al dr. C., ha espresso il giudizio che non ricorrono gli estremi costitutivi delle esimenti del diritto di satira e di quello di critica. Con riferimento alla prima esimente ha osservato che la vignetta è priva di qualsiasi connotazione paradossale "tale da rendere percepibile al lettore che l'autore non fa sul serio" e che l'effetto che ne promana è "macabro, orripilante" nella violenza accusatoria del C. presentato "come apportatore di morte".

Ha cosi espresso un giudizio di fatto basato su un'interpretazione dei contenuti e dei significati della vignetta, al quale inutilmente si tenta di contrapporre in questa sede un'interpretazione diversa, mentre è ancora espressione di un giudizio di fatto l'affermazione che il titolo della rubrica (mascalzonate) non vale ad escludere la verosimiglianza del messaggio trasmesso e per tale via la sua carica offensiva.

Né può assecondarsi lo sforzo dialettico, pur sostenuto con argomentazioni suggestive, di trasferire la valenza del messaggio sul piano più generale della tematica della giustizia attraverso la critica della nozione di comico adottata dalla corte di merito, atteso che non si radica in tale nozione la conclusione alla quale la corte perviene sul significato della vignetta (violenza accusatoria del C. presentato come apportatore di morte).

Con riferimento all'altra esimente la corte di merito ha considerato che il messaggio della vignetta è strettamente connesso con l'attribuzione di un fatto determinato (l'avere in qualche modo condotto a morte il collega) e tale fatto ha una gravissima efficacia lesiva del patrimonio morale del C..

Si tratta di un giudizio di fatto imperniate sull'interpretazione, come tale suscettibile di sindacato in questa sede per vizi di motivazione; vizi che vengono nella specie prospettati attraverso una inammissibile lettura alternativa della vignetta.

8. Con il secondo motivo del ricorso principale ed il quarto motivo del ricorso incidentale del F., da esaminare congiuntamente perché investono il medesimo capo della sentenza impugnata, si denuncia violazione degli artt. 1226 e 2697 c.c., nonché vizi di motivazione; in particolare si lamenta che la corte di merito abbia confermato la condanna al risarcimento del danno morale liquidato in lire 50.000.000 senza tenere conto che 1) rientra nella comune esperienza che le persone investite di cariche pubbliche sono oggetto di valutazioni ingenerose o negative, sicché non ricevono alcun danno dai commenti malevoli e potrebbero addirittura trarne giovamento; 2) le modalità attuative del fatto (disegno) impediscono la percezione immediata dell'effetto; 3) l'inserimento della vignetta nella rubrica "mascalzonate" individua la cornice satirica e paradossale del messaggio trasmesso.

8.1. I motivi non possono essere accolti.

8.2. Qualora, come viene sostenuto nella specie, la sentenza di secondo grado abbia confermato quella di primo, la denuncia in sede di legittimità di un vizio di motivazione su punto decisivo richiede che il punto abbia formato oggetto di censura in grado di appello e che si indichi con quale atto.

8.3. Nella specie con il ricorso principale si muovono direttamente censure alla sentenza di primo grado, mentre le censure contenute nel ricorso incidentale sono indirizzate contro la sentenza di appello, ma non è indicato quali censure sono state mosse alla sentenza di primo grado né l'atto che le contiene.

9. In conclusione, il ricorso principale ed il ricorso incidentale del F. sono rigettati; l'altro ricorso incidentale è inammissibile; per il principio della soccombenza le spese fanno carico ai ricorrenti.


PQM


La Corte riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso B.; rigetta gli altri ricorsi, condanna i ricorrenti al pagamento solidale delle spese, liquidate in euro 2100, di cui euro 2000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
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Silenzio assordante . Luttazzi fa satira e Forattini ( sembra di) no. Ricordo ai più anche l'aspro scontro con Dalema, richiesta astronomica di danni per fortuna ritirata. Tutto iniziò da questa vignetta

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http://www.forattini.it/speciale991125.htm
Quote:
CORRIERE DELLA SERA del 25 novembre 1999


pagina 7

Caso Forattini, la Rai cancella la puntata

Annullata la trasmissione di Vespa sulla querela di D’Alema. Palazzo Chigi: nessuna ingerenza

Il portavoce del premier: siamo soltanto vittime eravamo esclusi in partenza


ROMA — Niente "Porta a porta" sulla satira politica venerdì sera. Niente puntata sul caso Forattini-D’Alema, sulla famosa vignetta pubblicata da "la Repubblica" lunedì 11 ottobre e dedicata al caso della lista Mitrokhin. Il contenuto è ormai stranoto. C’è un D’Alema al tavolo con rotolone di carta e pennellino, sulla sua testa un quadro di Marx appeso allla parete, da fuori campo arriva una voce che chiede "allora, arriva ’sta lista?" e D’Alema che risponde "Un momento! Non s’è ancora asciugato il bianchetto!". Una vignetta per la quale il presidente del Consiglio ha chiesto tre miliardi di danni con questa motivazione (parole di D’Alema): "Fermo restando il diritto alla satira che tengo in massimo conto, contiene solo informazioni false e diffamatorie".
Ma come e perché la puntata è stata sospesa o, meglio, annullata? Ecco il film della giornata di ieri. A mezzogiorno è tutto pronto. Alle 18 si registrerà la puntata di venerdì sera. Ci sarà Giorgio Forattini con Giulio Andreotti, Umberto Bossi, Ciriaco De Mita, Vincino e Staino: Giannelli manderà una "vignetta di solidarietà". Ma dall’ufficio legale Rai, guidato da Rubens Esposito, arriva un parere alla direzione di Raiuno: la trasmissione presenta due pericoli, domenica ci sono le elezioni supplettive e si rischia di infrangere la legge 515 del ’93 sulla par condicio "denigrando una delle parti in causa"; e poi c’è il contenzioso tra D’Alema e Forattini, si potrebbe "ampliare l’area del danno risarcibile" quindi la Rai potrebbe essere chiamata a rispondere.
Vespa prende atto, sospende la puntata e non commenta. A sollecitare un parere all’ufficio legale è stata la direzione di Raiuno affidata ad Agostino Saccà il quale "fa sapere" che è "prassi usuale" sollecitare un’opinione dell’ufficio legale in casi simili a questo. Fine. Di censura alla direzione di Raiuno non vogliono nemmeno sentir parlare.
Le reazioni. Il presidente della commissione di Vigilanza, Francesco Storace (An) va giù duro: "Fatto di inaudita gravità. La Rai si preoccupa di censurare una trasmissione sulla satira per una legge sulla campagna elettorale proprio mentre si disinteressa della campagna stessa, favorendo così l’Ulivo. Intanto, tace sulle telefonate di D’Alema e Velardi a Celli. Il che mi fa pensare che continuino tranquillamente a telefonarsi".
Diversa l’opinione del verde Mauro Paissan, suo vicepresidente: "Fatta la frittata, avrei comunque fatto fare la trasmissione". Quale frittata? "Non sarebbe stato il massimo dell’equilibrio trasmettere una puntata simile a due giorni dal voto. L’errore è stato di Vespa. Mi chiedo se sia stato indice di insensibilità o di "eccessiva sensibilità"". In che senso? "Basta pensare all’esaltazione della Prima Repubblica vista nei giorni scorsi a "Porta a porta". Io parlerei di overdose di militanza politica...".
Bossi ironizza: "Il programma sarebbe stato particolarmente utile per la scarsa tolleranza di D’Alema per l’ironia. Si sa che i potenti preferiscono una satira corriva che, facendo finta di prendere in giro, esalta. Il vero scandalo non dovrebbe essere il fatto che Forattini prenda in giro D’Alema: ma che lo prende in giro troppo poco".
Se a Raiuno si limitano timidamente a "far sapere", parla invece apertamente e senza problemi il consigliere Rai Vittorio Emiliani: "Per me, la via giudiziaria contro la satira resta la più improduttiva, poiché la satira di per sé è trasgressiva... I politici dovrebbero sopportarla. Detto questo, forse è meglio lasciar passare le suppletive: ogni cosa che accade in una trasmissione Rai fatalmente attira un’attenzione spropositata e assume dimensioni addirittura apocalittiche. O paradisiache. Basti pensare a ciò che sta accadendo a Fabio Fazio che, senza giochi e senza gare, viene fucilato sul campo perché non ottiene gli ascolti da gare e da giochi".
E sufficente chiedere un’opinione a chi milita nel campo opposto a quello di Storace, per esempio al segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti, per leggere una difesa di Vespa e un attacco a Palazzo Chigi. Dice Bertinotti al "Corriere della Sera": "Sembra che per governo e presidente del Consiglio la Rai non sia mai abbastanza "amica". Alla trasmissione di Vespa viene sostanzialmente impedito di andare in onda sul caso Forattini. Non solo si censura la satira ma anche l’opinione degli autori di satira. Chi si è macchiato della grave colpa di una satira irriverente verso il presidente del Consiglio non può apparire nemmeno in una composta trasmissione". Così conclude Bertinotti: "Possiamo almeno chiedere se la censura ha un termine dopo il quale decade, lasciando liberi i conduttori televisivi di scegliere i loro ospiti?".
Ma in serata Palazzo Chigi dice la sua attraverso il portavoce Pasquale Cascella. Il quale sa benissimo l’accusa che aleggia: Palazzo Chigi ha voluto la censura... Risposta: "Al contrario. In realtà, siamo vittime passive d’un caso Forattini, visto che dal "Corriere della Sera" di martedì scorso abbiamo appreso che Forattini avrebbe partecipato a "Porta a porta" a patto che non ci fosse D’Alema. Quindi, eravamo esclusi in partenza e non avevamo ragione di intrometterci".
E il temutissimo (dall’ufficio legale Rai) ampliamento del danno risarcibile"? Davvero il presidente del Consiglio Massimo D’Alema avrebbe querelato anche la Rai? "Il rischio non avrebbe avuto ragione di sussistere, visto che l’ampliamento c’è già stato. La vignetta è stata ripresa da altri giornali e da altri autori satirici. E nessuna iniziativa, come è possibile vedere, è stata presa"
Paolo Conti

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Old 13-12-2007, 11:31   #5
DonaldDuck
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http://www.repubblica.it/online/poli...forattini.html
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Il disegnatore chiede scusa: "Era satira, non fatti reali"
L'ex premier: "La dichiarazione chiude la questione"

Pace fra D'Alema e Forattini
Ritirata la querela miliardaria

La controversia era iniziata nell'ottobre '99
per una vignetta sul caso del dossier Mitrokhin

ROMA - La guerra di carta bollata tra Massimo D'Alema e Giorgio Forattini è finita. Con un armistizio senza vincitori né vinti: l'ex premier ha infatti deciso di chiudere la causa avviata nell'ottobre del 1999 davanti al tribunale civile di Roma dopo la pubblicazione su Repubblica di una pungente vignetta sul dossier Mitrokhin. Il disegnatore (oggi in forza alla Stampa), dal canto suo, ha precisato pubblicamente che la sua era solo satira, e che non c'era nessun riferimento a fatti veri o presunti tali.

La vignetta, pubblicata l'11 ottobre, si riferiva alle polemiche sulla lista di nomi di politici e giornalisti italiani che comparivano nel dossier dell'ex agente del Kgb. Si vedeva un D'Alema seduto su una scrivania, intento a smanettare con l'elenco. "Allora, arriva 'sta lista?", chiedeva una voce fuori campo. "Un momento! Non s'è ancora asciugato il bianchetto!!!", replicava l'allora presidente del Consiglio, evidentemente all'opera per cancellare nomi "sgraditi" dal documento.

La trovata di Forattini non era piaciuta per niente a D'Alema. Che aveva querelato il vignettista per diffamazione. Chiedendo un risarcimento danni di ben tre miliardi. La polemica era stata dura: con l'ex premier che per mesi ha sostenuto di essere stato offeso, e il disegnatore che lo ha più volte accusato di voler censurare la satira.

In tribunale, dopo le prime schermaglie, si è arrivati alla pace. Forattini ha infatti rilasciato una dichiarazione distensiva: "La vignetta dalla quale la causa ha tratto origine deve considerarsi, come tutti gli altri miei disegni, espressione squisitamente satirica, senza alcuna intenzione, da parte mia, di voler rappresentare fatti reali dei quali non mi sono mai interessato". E poi: "Mi rammarico se qualcuno può aver pensato che intendessi invadere il campo altrui riferendo un fatto "storico" accaduto".

Parole che hanno indotto D'Alema a ritirare la querela e considerare la questione "definitivamente chiusa". "Ho preso atto con soddisfazione della dichiarazione di Giorgio Forattini", ha spiegato l'ex premier in una nota. "Dall'inizio di questa vicenda avevo sollevato un unico problema: quello del riconoscimento da parte dell'autore dell'intento squisitamente satirico della sua vignetta e dell'assenza assoluta di qualsiasi intento diffamatorio rivolto alla mia persona e alla carica pubblica che ricoprivo".

(30 marzo 2001)
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Old 13-12-2007, 11:40   #6
Fritz!
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Silenzio assordante . Luttazzi fa satira e Forattini ( sembra di) no. Ricordo ai più anche l'aspro scontro con Dalema, richiesta astronomica di danni per fortuna ritirata. Tutto iniziò da questa vignetta

E' un po' dura commentare se non si puo vedere la vignetta in questione

Di quella che hai postato si puo dire tutto quello che si vuole... tranne che faccia particolarmente ridere
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Old 13-12-2007, 11:45   #7
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Di quella che hai postato si puo dire tutto quello che si vuole... tranne che faccia particolarmente ridere
Trattandosi di Forattini, dubito che ci sia bisogno di vedere la vignetta per sapere che non fa ridere... ne avrà fatte due o tre divertenti che io mi ricordi. Fra l'altro non ho mai capito le ragioni per cui faceva sempre Spadolini nudo con un pisellino microscopico.
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Old 13-12-2007, 11:46   #8
sider
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Impensabile leggere tutti sti km di thread.
Piuttosto la vignetta?

(p.s. pe rme forattini "lavora" solo perchè è l'unico vignettista che sta da una certa parte,non mi fa ridere neanche quando attacca il baffetto che mi sta pesantemente antipatico)
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Old 13-12-2007, 11:46   #9
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Trattandosi di Forattini, dubito che ci sia bisogno di vedere la vignetta per sapere che non fa ridere... ne avrà fatte due o tre divertenti che io mi ricordi. Fra l'altro non ho mai capito le ragioni per cui faceva sempre Spadolini nudo con un pisellino microscopico.
a me invece fa ridere...e anche molto...una satira pulita...senza battute sporche e inutili!
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Old 13-12-2007, 11:55   #10
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Old 13-12-2007, 11:56   #11
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anch'io trovo le vignette di Forattini molto divertenti.
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Old 13-12-2007, 12:00   #12
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a me invece fa ridere...e anche molto...una satira pulita...senza battute sporche e inutili!
ecco, se dici questo, significa che nn conosci forattini, per niente
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...affidavano nello stesso istante il medesimo sgomento per il sapore aspro della fine e la sconcertante scoperta di quanto sia silenzioso, il destino, quando, d'un tratto, esplode. (Oceano Mare - A.Baricco) ..:: ¿ÄØ Group ::..
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Old 13-12-2007, 12:01   #13
Fritz!
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a me invece fa ridere...e anche molto...una satira pulita...senza battute sporche e inutili!
oddio pulita... questione di punti di vista

rappresenta sempre i politici a letto assieme, se non direttamente nudi


la trovo una satira troppo banale per farmi ridere
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Old 13-12-2007, 12:01   #14
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a me invece fa ridere...e anche molto...una satira pulita...senza battute sporche e inutili!
Per me fare Spadolini nudo e in un lago di pipì è una battuta sporca e inutile.
Riguardo al far ridere, sono belli i disegni (fra i migliori in Italia imho) ma non basta questo per rendere divertente una vignetta.
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Old 13-12-2007, 12:12   #15
Ziosilvio
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Trattandosi di Forattini, dubito che ci sia bisogno di vedere la vignetta per sapere che non fa ridere
Cioè: che non ti fa ridere.
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a me invece fa ridere...e anche molto...una satira pulita...senza battute sporche e inutili!
Nel senso che le battute di Forattini sono sporche e utili, oppure pulite e inutili, oppure pulite e utili.

P.S.: se qualcuno mi ritrovasse la vignetta con Occhetto che dice "le radici non si possono tagliare" mi farebbe cosa assai gradita.
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Old 13-12-2007, 12:17   #16
Dj Ruck
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neòl senso che sono battute mirate e che colpiscono in pieno...che poi siano disegni con "atti intimi" è un'altra cosa
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Old 13-12-2007, 12:38   #17
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Viene tanto criticato perchè pia pe' culo la sinistra la quale dall'alto della sua innata
superiorità morale non sopporta certe frecciatine.

e comunque:
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Old 13-12-2007, 12:43   #18
sider
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Non sopportando questa sinistra al governo dovrei amarlo invece secondo me fa vignette piuttosto scontate, lavora in quanto unico vignettista di dx imho.
Quelle che ho linkato su sono esemplificative

Io non dico stronzate, le faccio seduto sul vasino a voi fa ridere? Umorismo di alto livello?
Non può nemmeno pulire le scarpe ad un Altan, per esempio.
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Old 13-12-2007, 12:59   #19
DonaldDuck
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E' un po' dura commentare se non si puo vedere la vignetta in questione

Di quella che hai postato si puo dire tutto quello che si vuole... tranne che faccia particolarmente ridere
Eppure è quella su cui Dalema si è incaponito...Il resto penso si possa commentare lo stesso. In Italia c'è chi può evocare surreali ( e comprensibili solo all'autore) atmosfere fetish e chi viene mazzolato. La prima, a quanto pare, è satira. La seconda un pò meno.
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Ultima modifica di DonaldDuck : 13-12-2007 alle 13:03.
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Old 13-12-2007, 13:06   #20
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Hey mod, si ride a denti stretti . In realtà non per divertimento.
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