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#61 | |
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Iscritto dal: May 2004
Città: Catania (Sicily) Messaggi: 48569
Messaggi: 140
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In teoria sarebbe possibile detrarre l'iva al 100% anche sulle autovetture, se dichiarate ad uso esclusivo dell'azienda, ma all'atto pratico il discorso vale solo per l'assegnazione dei mezzi ai dipendenti.
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La moda del momento Edit by Utonto il 29/03/2010 alle ore 22:00: Confermo quanto sopra ![]() |
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#62 | |
Member
Iscritto dal: May 2004
Città: Catania (Sicily) Messaggi: 48569
Messaggi: 140
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Le % di deduzione dei costi e dell'iva dovrebbero essere riviste, così come il tetto massimo di 18k andrebbe almeno portato a 30k.
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La moda del momento Edit by Utonto il 29/03/2010 alle ore 22:00: Confermo quanto sopra ![]() |
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#63 | |
Senior Member
Iscritto dal: Apr 2003
Messaggi: 689
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Comunque non mi sembrava assolutamente corretto nei confronti di tutti gli altri contribuenti (dipendenti soprattutto) che un libero professionista potesse immatricolare un Cayenne come autocarro e dedurlo al 100% (e parlo da libero professionista con P.IVA) Forse sul tetto dei 18K euro ci sarebbe da ragionarci: forse hai ragione a dire che e' troppo basso ma, forse, se uno guadagna abbastanza soldi da permettersi una macchina piu' costosa che se la paghi di tasca sua senza poterla dedurre al 40% in toto. |
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#64 | ||
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2002
Città: Vercelli
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"Personalmente non ho nulla contro chi crede in un Dio, non importa quale. Sono contrario a chi pretende che il suo Dio sia l’autorità che gli permette di imporre delle restrizioni allo sviluppo e alla gioia dell’umanità" (Alexander S. Neill, «Summerhill», 1960). Ultima modifica di LucaTortuga : 05-05-2008 alle 12:59. |
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#65 | ||
Moderatore
Iscritto dal: Nov 2003
Messaggi: 16211
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Il garante rigetta il ricorso, perché i giornali possono pubblicare questi dati dopo che l'Agenzia delle Entrate li ha comunicati al Comune, e perché "voce dal sen fuggita più richiamar non vale". Qui, invece, stiamo cercando di capire se sia lecito o meno che dei cittadini abbiano accesso diretto ai dati fiscali altrui, saltando a pie' pari la trafila Fisco - Comune - cittadino o Fisco - Comune - giornali. E mi sembra che, su questo punto, la sentenza non dia nessuna informazione a favore della liceità.
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#66 |
Senior Member
Iscritto dal: Apr 2008
Città: Rovereto
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IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Nella riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vice presidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti, e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale; Esaminati i reclami presentati dall'Ordine dei dottori commercialisti di Bologna (nota del 7 marzo 2007) e da numerosi singoli professionisti (note dell'8, del 14, del 26 marzo e del 12 aprile 2007) nei confronti dell'Agenzia delle entrate, della Poligrafici Editoriale S.p.A. e del Gruppo editoriale l'Espresso S.p.A.; Visto il Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196); Vista la documentazione in atti; Viste le osservazioni dell'Ufficio, formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000; Relatore il dott. Giuseppe Fortunato; PREMESSO: 1. I reclami Nei reclami presentati al Garante dall'Ordine dei dottori commercialisti di Bologna e da singoli dottori commercialisti bolognesi viene contestata la diffusione, sulla testata giornalistica il Resto del Carlino e sull'edizione locale del quotidiano la Repubblica del marzo 2007, dei dati reddituali relativi all'imponibile totale Irpef per l'anno 2004 dei singoli professionisti. I medesimi dati sono diffusi anche sul sito Internet http://bologna.repubblica.it con possibilità di ricerca per categoria professionale e lettera alfabetica. Nel chiedere all'Autorità di assumere le misure necessarie ad evitare violazioni della normativa in materia di protezione dei dati personali da parte dell'Amministrazione finanziaria e della stampa, i reclamanti hanno asserito che la redazione de la Repubblica avrebbe ottenuto i dati reddituali, relativi anche ad altre categorie professionali, dall'Agenzia delle entrate. Per quanto riguarda la raccolta dei dati presso gli uffici tributari, nei reclami viene sostenuto che il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate che dovrebbe determinare annualmente i tempi e le modalità della pubblicazione dell'elenco dei contribuenti relativamente all'anno 2004 (art. 69, comma 5, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600), non avrebbe natura regolamentare e non sarebbe quindi idoneo a legittimare la diffusione di dati personali (art. 19, comma 3, del Codice). In relazione al contenuto degli elenchi da pubblicare ai sensi del predetto art. 69 viene inoltre asserito che le modifiche apportate a quest'ultima disposizione dalla legge 30 dicembre 1991, n. 431 legittimerebbero solo la pubblicazione dei nominativi dei contribuenti, escludendo i redditi dichiarati. Ad avviso dei reclamanti, il provvedimento attuativo dell'Agenzia potrebbe pertanto individuare non i contenuti degli elenchi, ma solo i tempi e le modalità della relativa di formazione. I reclamanti affermano che, in ogni caso, i decreti e i provvedimenti fino ad oggi emanati in base a tale disposizione sarebbero inidonei a consentire la diffusione di dati reddituali relativi agli anni 2004 e seguenti, essendo legittima solo la diffusione di quelli relativi ai diversi e precedenti anni di imposta. Relativamente alla pubblicazione delle informazioni reddituali sui quotidiani la Repubblica e il Resto del Carlino e attraverso la tabella interattiva disponibile sul sito Internet http://bologna.repubblica.it, viene inoltre rilevato che tali trattamenti di dati personali costituirebbero una modalità di pubblicazione più lesiva della riservatezza dei contribuenti rispetto alla messa a disposizione degli elenchi presso gli uffici comunali prevista dal comma 6 del citato art. 69. I reclamanti ritengono, infine, violato il principio di correttezza del trattamento con particolare riferimento al quotidiano la Repubblica che, sull'edizione locale del 7 marzo 2007, ha pubblicato un articolo intitolato "Incredibile, girano in Bmw e dichiarano 25 mila euro" a commento della pubblicazione dei dati reddituali dichiarati dai professionisti cui era invece riferibile un imponibile medio di 70 mila euro. 2. Le posizioni dell'Agenzia delle entrate e del Comune di Bologna A seguito di una richiesta di elementi l'Agenzia delle entrate–Direzione centrale audit e sicurezza- ha dichiarato di non aver comunicato ai quotidiani i dati oggetto del reclamo. Al tempo della pubblicazione giornalistica l'Agenzia, infatti, non aveva ancora diffuso alcuna informazione nelle forme previste dall'art. 69, comma 5, del d.P.R. n. 600 del 1973. Più precisamente, nell'aprile 2007, data della risposta fornita dall'Agenzia, non erano ancora stati né predisposti, né pubblicati gli elenchi riferiti al periodo di imposta 2004 che dovevano essere formati in base al provvedimento del Direttore della medesima Agenzia del 20 settembre 2006 attuativo del predetto comma 5 dell'art. 69. L'Agenzia, in particolare, ha sostenuto che la pubblicazione dei dati reddituali dei contribuenti sarebbe legittimata (anche in relazione all'art. 19, comma 3, del Codice) dal citato art. 69 che, anche a seguito delle modifiche apportate dalla legge n. 413 del 1991, ne consente la diffusione, demandando all'Amministrazione finanziaria, in particolare, la definizione dei termini e delle modalità della pubblicazione degli elenchi nominativi di cui al comma 4. Sempre secondo l'Agenzia, anche alla luce di quanto riferito negli articoli di giornale pubblicati su il Resto del Carlino, le informazioni reddituali pubblicate sarebbero state però raccolte presso il Settore entrate del Comune di Bologna che avrebbe ricavato i dati non dalle liste distribuite dall'Agenzia (non ancora rese disponibili dall'Agenzia medesima per l'anno di imposta 2004), ma dal Siatel (Sistema interscambio anagrafe tributaria enti locali), servizio telematico finalizzato a consentire agli enti impositori di "gestire la propria autonomia tributaria". Il Settore entrate del Comune di Bologna, interpellato dal Garante in merito al reclamo, ha ammesso di aver diffuso i dati reddituali relativi all'anno di imposta 2004 dei professionisti bolognesi dopo averli "scaricati dal sistema Siatel". Ad avviso del Comune, l'art. 69 del d.P.R. n. 600/1973 sarebbe idoneo a consentire la diffusione dei dati reddituali da parte dei comuni, poiché il provvedimento del Direttore dell'Agenzia sarebbe solamente volto a definire i termini e le modalità di formazione degli elenchi dei contribuenti. Alla luce di quanto dichiarato dal Settore entrate del Comune di Bologna, l'Agenzia delle entrate ha precisato che i comuni accedono alle informazioni reddituali attraverso il sistema Siatel, sulla base delle seguenti fonti normative: art. 44 del d.P.R. n. 600/1973, il quale, al fine di permettere la partecipazione dei comuni all'accertamento dei redditi delle persone fisiche, prevede l'obbligo per l'Amministrazione finanziaria di trasmettere ai comuni le copie delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche; art. 3, comma 153, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che istituisce un sistema di comunicazioni tra amministrazioni centrali, regioni ed enti locali al fine di "consentire alle regioni e agli enti locali di disporre delle informazioni e dei dati per pianificare e gestire la propria autonomia tributaria". Secondo, l'Agenzia, pertanto, i comuni, ai sensi del citato art. 69 "sono chiamati a pubblicare elenchi, ovvero liste di informazioni predisposte ad hoc dall'Agenzia, non già dati direttamente attinti (….) dal sistema Siatel", di cui i comuni dispongono per le diverse finalità di cui alle disposizioni sopra citate. 3. Le osservazioni delle testate giornalistiche I riscontri pervenuti dalle testate giornalistiche interessate dai reclami confermano la circostanza, sopra evidenziata, che i dati da loro pubblicati provengono non dall'Agenzia delle entrate, bensì dal Comune di Bologna. Entrambe ritengono lecita la diffusione di alcuni dati alla luce del regime di pubblicità che caratterizza gli elenchi dei contribuenti prevista dall'art. 69 del d.P.R 600/1973. Il Gruppo Editoriale l'Espresso, in qualità di editore de La Repubblica, ha dal canto suo osservato che la diffusione di tali dati costituirebbe espressione della libertà di informazione e che la stessa sarebbe avvenuta nel rispetto delle particolari disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali e del codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica; in base a tali norme, viene considerata consentita la raccolta e la diffusione dei dati personali, anche senza il consenso degli interessati, nel rispetto dei limiti posti a tutela della riservatezza, in particolare del principio dell'essenzialità dell'informazione in relazione a fatti di interesse pubblico (art. 137, comma 3, del Codice e artt. 5 e 6 del codice di deontologia). L'editore, a sostegno delle proprie argomentazioni, menziona anche alcuni documenti del Garante sull'argomento (nota del 13 ottobre 2000, doc. web 41023; documento del 6 maggio 2004 recante "Alcuni chiarimenti in risposta a quesiti dell'Ordine dei giornalisti", doc. web. n. 1007634). In merito alla violazione del principio di correttezza lamentata dai reclamanti con riferimento all'articolo "Incredibile, girano in BMW e dichiarano 25 mila euro", apparso il 7 marzo 2007 dell'edizione locale del quotidiano, l'editore precisa che lo stesso, in relazione ad un'intervista concessa da un commercialista di Bologna, «si limita a riportare l'opinione dell'intervistato (che, in quanto tale, viene correttamente "virgolettata" dal giornalista)» sul tenore di vita di alcuni suoi colleghi "ben più elevato rispetto a quello che sarebbe permesso dal reddito da essi dichiarato". La Poligrafici Editoriale S.p.A., in qualità di editore de il Resto del Carlino, ha poi rappresentato, in particolare, di aver «provveduto alla pubblicazione indiscriminata degli elenchi, tralasciando commenti di sorta ed evitando titolazioni suggestive per lasciare ai lettori libertà interpretativa»; tale pubblicità si giustificherebbe in ragione del ruolo che essa svolge «di controllo diffuso da parte dei cittadini rispetto all'adempimento degli obblighi tributari». CIÒ PREMESSO IL GARANTE OSSERVA La questione esaminata riguarda, in primo luogo, la comunicazione dei dati reddituali dei professionisti bolognesi relativi all'anno d'imposta 2004 da parte del Settore entrate del Comune di Bologna a taluni organi di informazione e, conseguentemente, la pubblicazione di tali dati sui quotidiani e sul sito Internet http://bologna.repubblica.it. 4. Il regime di conoscibilità dei redditi dei contribuenti L'art. 69 del d.P.R. n. 600/1973 disciplina la pubblicità degli elenchi dei contribuenti e, in particolare, demanda all'Amministrazione finanziaria la pubblicazione di alcuni elenchi di contribuenti, depositati per la durata di un anno, ai fini della consultazione da parte di chiunque, sia presso lo stesso ufficio delle imposte, sia presso i comuni interessati. Tale disposizione, come già rilevato più volte da questa Autorità, costituisce, ai sensi dell'art. 19, comma 3 del Codice, la base giuridica per pubblicare elenchi dei contribuenti. Infatti, l'art. 69 del d.P.R. n. 600/1973, ancorché parzialmente modificato dalla legge n. 431/1991, reca "una precisa scelta normativa di consultabilità da parte di chiunque di determinate fonti" "operata per favorire una trasparenza in materia di dati raccolti dalla pubblica amministrazione attraverso le dichiarazioni fiscali" (v. provvedimento del 17 gennaio 2001, doc. web n. 41031, nota dell'Autorità del 13 ottobre 2000, cit., nonché provvedimento del 2 luglio 2003, doc. web. n. 1081728). Il Garante ha evidenziato che, "come è desumibile dai numerosi pronunciamenti di questa Autorità in materia di trasparenza, non vi è incompatibilità tra la protezione dei dati personali e determinate forme di pubblicità di dati previste per finalità di interesse pubblico o della collettività" (v., in particolare, provvedimento del 2 luglio 2003, cit.). Più precisamente, negli elenchi di cui al comma 4 del citato art. 69 è previsto che siano indicati i nominativi dei contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi e dei soggetti che esercitano imprese commerciali, arti e professioni. Con apposito decreto del Ministro delle finanze (ora, provvedimento dell'Agenzia delle entrate), sono stabiliti annualmente i termini e le modalità per la formazione di tali elenchi. Nei più recenti provvedimenti dell'Agenzia delle entrate attuativi dell'art. 69 (provvedimento del 29 settembre del 2004, relativo agli anni d'imposta 2001 e 2002, provvedimento del 29 luglio 2005, relativo all'anno di imposta 2003, e, da ultimo, provvedimento 20 settembre 2006, relativo all'anno di imposta 2004), l'Agenzia ha deciso di inserire negli elenchi i nominativi dei contribuenti con la sola indicazione della categoria prevalente di reddito e l'attività eventualmente esercitata, senza riportare (come invece era avvenuto per i periodi di imposta precedenti) anche i redditi dichiarati. L'Agenzia ha ritenuto di attuare in tal modo la disciplina di settore sopra richiamata (art. 69, comma 5, cit.) senza che ciò, come più volte ribadito dal Garante nei citati interventi sull'argomento, derivi da limitazioni imposte dal Codice in materia di protezione dei dati personali. Dagli accertamenti effettuati nel procedimento è risultato però che tale norma non opera nel caso di specie, essendosi appurato che il Comune di Bologna ha acquisito in altro modo i dati. 5. La comunicazione dei dati da parte del Settore entrate del Comune di Bologna Dalla documentazione in atti risulta infatti che il Comune di Bologna, anziché attendere l'annuale formazione degli elenchi dei contribuenti da parte dell'Agenzia da diffondere ai sensi del citato art. 69, ha trasmesso ai quotidiani i dati reddituali dei professionisti bolognesi relativi all'anno di imposta 2004 ricavandoli direttamente e autonomamente dal sistema Siatel. Tuttavia, le finalità istituzionali per le quali i comuni possono accedere attraverso tale sistema alle informazioni contenute nel sistema informativo dell'Amministrazione finanziaria (c.d. anagrafe tributaria) non sono riconducibili all'attuazione dell'art. 69 del d.P.R. n. 600, ma, come evidenziato dall'Agenzia delle entrate, solo alla partecipazione all'accertamento dei redditi dei contribuenti ed alla pianificazione e gestione della propria autonomia tributaria. I dati così acquisiti possono essere pertanto utilizzati esclusivamente per le predette finalità. Il Comune di Bologna (al pari di ogni soggetto pubblico) può trattare dati personali e, in particolare, comunicarli a soggetti privati e diffonderli, ma nei casi previsti da una norma di legge o di regolamento e rispettandone i limiti (art. 19, comma 3 del Codice). Il legislatore, infatti, ha demandato esclusivamente all'Amministrazione finanziaria il compito di formare e pubblicare annualmente gli elenchi dei contribuenti i quali, soltanto una volta depositati presso gli uffici dell'Agenzia o presso i comuni interessati, possono essere consultati da chiunque (art. 69 cit.). Peraltro, come sopra evidenziato, gli elenchi per l'anno d'imposta 2004, alla luce del citato provvedimento del Direttore dell'Agenzia del 2006, non riportano i redditi dichiarati. Per quanto riguarda il profilo relativo all'accesso da parte degli enti locali al sistema informativo dell'Amministrazione finanziaria (c.d. anagrafe tributaria) attraverso il sistema Siatel e alle misure di sicurezza, il Garante, allo stato degli atti, si riserva di esaminare organicamente, in altra sede e in un più ampio contesto, tale modalità di trattamento dei dati personali, nonché il processo di sensibile incremento di livelli di sicurezza da garantire rispetto a tale categoria di informazioni. In conclusione, fermo restando che non vi è un'incompatibilità di fondo tra la protezione dei dati personali e determinate forme di pubblicità di dati che siano giustificate per finalità di interesse pubblico o della collettività, la comunicazione dei dati reddituali in questione effettuata dal Settore entrate del Comune di Bologna non risulta avvenuta nel rispetto della specifica disciplina di settore (artt. 44 e 69 d.P.R. n. 600/1973; art. 3, comma 153, l. 23 dicembre 1996, n. 662; art. 19, comma 3, del Codice). Va pertanto prescritto all'ente di conformarsi a questa stessa disciplina e di dare conferma a questa Autorità, entro il 15 dicembre 2007, delle misure adottate. 6. Il trattamento da parte degli organi di stampa In ragione della predetta violazione relativa alla comunicazione effettuata dal Settore entrate del Comune di Bologna, va parimenti prescritto alle società editrici Poligrafici Editoriale S.p.A. e Gruppo editoriale l'Espresso S.p.A. di astenersi dall'ulteriore trattamento dei dati relativi ai redditi dei contribuenti così acquisiti, anche in relazione alla loro diffusione tramite i siti web delle testate nei quali siano eventualmente ancora contenuti. Le società editrici dovranno dare anch'esse conferma dell'avvenuto adempimento a questa Autorità entro il 15 dicembre 2007. In relazione invece alla ritenuta illiceità dell'articolo pubblicato il 7 marzo 2007 sull'edizione locale de la Repubblica con il titolo "Incredibile, girano in BMW e dichiarano 25 mila euro", il reclamo non risulta fondato dal momento che lo stesso non risulta aver violato i princìpi di pertinenza e non eccedenza, tenuto conto che commenti e opinioni costituiscono espressione della libertà di manifestazione del pensiero di cui il giornalista si assume la responsabilità anche per eventuali affermazioni che risultino diffamatorie o lesive di diritti di terzi (v., in particolare, art. 6, comma 3, codice di deontologia, cit; art. 8, legge 8 febbraio 1948, n. 47, v. anche, tra gli altri, Provv. 10 ottobre 2000, doc. web. n. 1334150). TUTTO CIÒ PREMESSO, IL GARANTE: ai sensi dell'art. 154, comma 1, lett. c), del Codice in materia di protezione dei dati personali, prescrive: al Comune di Bologna di trattare i dati acquisiti dal sistema informativo dell'Amministrazione finanziaria (c.d. anagrafe tributaria) attraverso il sistema Siatel solo per le finalità previste da specifiche disposizioni di legge e di regolamento allo stato riconducibili alla partecipazione all'accertamento dei redditi dei contribuenti e della pianificazione e gestione della propria autonomia tributaria, dando conferma delle misure adottate a questa Autorità entro il 15 dicembre 2007; al Gruppo editoriale l'Espresso S.p.A. e di Poligrafici Editoriale S.p.A., di astenersi dal trattare ulteriormente i dati reddituali dei professionisti bolognesi relativi all'anno d'imposta 2004 che sono forniti dal Comune di Bologna, anche in relazione alla loro diffusione tramite i siti web delle testate nei quali siano eventualmente ancora contenuti, dando conferma dell'avvenuto adempimento a questa Autorità entro il 15 dicembre 2007. Roma, 18 ottobre 2007 IL PRESIDENTE Pizzetti IL RELATORE Fortunato IL SEGRETARIO GENERALE Buttarelli |
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#67 | |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2002
Città: Vercelli
Messaggi: 1874
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![]() In particolare questa: "Tale disciplina soddisfa i requisiti previsti dall'art. 27, comma 3, della legge n. 675/1996, secondo cui le amministrazioni pubbliche possono divulgare dati di carattere personale di natura non sensibile solo quando la diffusione sia prevista da una norma di legge o di regolamento. Il citato art. 69 sancisce infatti una precisa scelta normativa di consultabilità da parte di chiunque di determinate fonti (elenchi nominativi dei contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi o che esercitano imprese commerciali, arti e professioni), demandando ad un d.m. la previsione solo di alcuni aspetti integrativi della fattispecie attinenti ai termini e alle modalità per la formazione degli elenchi, e sono stati quindi individuati dal Ministero anche per quanto riguarda l'indicazione dei dati reddituali."
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"Personalmente non ho nulla contro chi crede in un Dio, non importa quale. Sono contrario a chi pretende che il suo Dio sia l’autorità che gli permette di imporre delle restrizioni allo sviluppo e alla gioia dell’umanità" (Alexander S. Neill, «Summerhill», 1960). Ultima modifica di LucaTortuga : 05-05-2008 alle 13:13. |
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#68 | |
Senior Member
Iscritto dal: Apr 2003
Messaggi: 689
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Se i dati fossero stati presi dall'AdE (e non dal sistema Siatel) la sentenza sarebbe stata esattamente il contrario ossia che i dati potevano essere pubblicati. |
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#69 | |
Moderatore
Iscritto dal: Nov 2003
Messaggi: 16211
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Secondo Visco, sì. Secondo il Garante, no. A chi dobbiamo credere?
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#70 | ||
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2002
Città: Vercelli
Messaggi: 1874
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E anche questa sentenza (molto più recente della prima) ribadisce la piena legittimità di porre nella disponibilità di chiunque (per espressa ed incontrovertibile volontà legislativa) i dati relativi alle dichiarazioni. Quote:
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"Personalmente non ho nulla contro chi crede in un Dio, non importa quale. Sono contrario a chi pretende che il suo Dio sia l’autorità che gli permette di imporre delle restrizioni allo sviluppo e alla gioia dell’umanità" (Alexander S. Neill, «Summerhill», 1960). |
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#71 | |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2002
Città: Vercelli
Messaggi: 1874
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Non facciamo confusione. Le "fonti" sono (visto che hai citato, leggi): "elenchi nominativi dei contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi o che esercitano imprese commerciali, arti e professioni" Le "modalità" sono quelle stabilite di anno in anno (come prevede la legge) con decreto ministeriale per la formazione degli elenchi (quindi relative alla scelta dei dati da inserirvi). L'art. 69, più volte citato, dispone espressamente che la finalità della pubblicazione (senza specificare alcun limite riguardo ai mezzi utilizzati) è la disponibilità per "chiunque" di quei dati. Proprio non vedo come questo si possa interpretare in senso ostativo alla pubblicazione via web.
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#72 |
Moderatore
Iscritto dal: Nov 2003
Messaggi: 16211
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E cosa dice il decreto ministeriale di quest'anno?
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#73 | |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2002
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Il decreto ministeriale serve a decidere il criterio di formazione degli elenchi (ma è tutto scritto sopra, perchè non leggi e mi costringi sempre a spiegarti le cose?)
Quello di quest'anno, ad esempio, dispone che gli elenchi da pubblicare contengano anche i dati riguardanti: imponibile, tassazione applicata e giro d'affari dichiarato nel caso di titolari di partita IVA. In anni precedenti, casualmente con il governo di cdx in carica, il ministero aveva deciso di pubblicare soltanto i nominativi dei percettori di reddito, senza le cifre relative (lo puoi leggere nella seconda sentenza). Quote:
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#74 |
Senior Member
Iscritto dal: Dec 2002
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Messaggi: 1521
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scusate , pur essendo contrario a uqesto tipo di divulgazione:
ma gli elenchi pubblicati in rete, non sono gli stessi che stanno presso tutti gli uffici tributari di zona, e accessibili al pub, in quanto esposti ,e fruibili senza alcuna presentazione di documenti?
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#75 | |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2002
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Quote:
Per tutto ciò che deve essere pubblico, la legge impone sempre metodi che assicurino l'effettiva "pubblicità" (albo comunale, gazzetta ufficiale), ma questo non vuol dire che altri metodi non possano affiancarsi ai primi per rendere più agevole la fruizione delle informazioni da parte dei cittadini. La ratio della legge è estremamente chiara: i dati fiscali pubblicati dal ministero devono essere a disposizione di chiunque. Quindi, assicurata la disponibilità "formale" tramite i Comuni e gli uffici delle entrate (visto che non tutti acquistano giornali o possiedono un pc per collegarsi ad internet), ogni altro metodo serve soltanto a realizzare compiutamente la previsione legislativa. Pretendere che, in contrasto con quanto disposto, si privilegi un sistema di pubblicità oggettivamente "più scomodo", scoraggiando i cittadini dall'accesso ai dati, è il solito "trucchetto" all'italiana: si finge di ignorare la chiarissima ratio della norma (massima disponibilità al pubblico dei dati fiscali) per realizzare un proprio intento contrario (disponibilità solo formale che comporta, in pratica, l'"occultamento" degli stessi dati, come molti anche qui sul forum vorrebbero).
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#76 |
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-------- Redditi online, scomuniche sull'Agenzia delle Entrate News martedì 06 maggio 2008 Lo scontro istituzionale (pagina 1 di 3) Roma - Lo scandalo web scatenato dal post di un blogger italiano non si placa: ieri l'Agenzia delle Entrate ha tentato di giustificare la messa a disposizione online dei dati tributari degli italiani in una nota trasmessa al Garante della Privacy. Nelle stesse ore però proprio il Garante in una lettera a laRepubblica parlava di un grave errore da parte dell'Agenzia, concetto ribadito e rafforzato anche dal Garante del Contribuente all'AdnKronos. E mentre le associazioni dei consumatori prendono la parola, chi pro e chi contro, la Procura di Roma prosegue le sue indagini. La presa di posizione di Beppe Grillo, scandalizzato dalla diffusione di quei dati, è solo una delle molte opinioni che circolano in rete in queste ore, una rete più che mai divisa sull'opportunità della pubblicazione delle informazioni. Nella sua nota di ieri pomeriggio, l'Agenzia delle Entrate ha ribadito che a suo dire "la diffusione dei dati reddituali con modalità telematiche da parte dell'autorità pubblica costituisce un elemento di garanzia, trasparenza e affidabilità dell'informazione". L'Agenzia fa notare che non si è trattato di un colpo di mano ma di una pubblicazione ponderata, che anzi applica la "normativa sulla predisposizione e pubblicazione degli elenchi dei contribuenti" nonché "quella del Codice dell'Amministrazione Digitale. Un insieme di disposizioni che disegnano un quadro di trasparenza fiscale al quale l'Agenzia ha inteso attenersi". I responsabili degli uffici tributari si rendono conto che non tutto è andato come in passato e che una novità esiste. "È rappresentata dal mezzo Internet - spiegano nella nota - Ma si tratta di una novità relativa in quanto occorre considerare come gli articoli abitualmente pubblicati dai giornali che riportano i dati reddituali dei contribuenti sono per lungo tempo liberamente consultabili sulla rete". Secondo l'Agenzia, dunque, le informazioni riportate dai giornali, generalmente legate alla posizione tributaria di personalità pubbliche, sarebbero in qualche modo equiparabili a quelle riguardanti qualsiasi contribuente diffuse dall'Agenzia, con la differenza che queste ultime sono sicuramente affidabili. Nella nota, l'Agenzia spiega la messe di norme che a suo dire autorizza la pubblicazione: dall'articolo 69 del DPR 645/1958 fino alla versione aggiornata nel 1991 del DPR 600/1973. Secondo gli uffici del fisco si tratta di una disposizione che "attribuisce al direttore dell'Agenzia la fissazione dei termini e delle modalità per la formazione e la pubblicazione degli elenchi. Si tratta, dunque, di una valutazione amministrativa assunta dall'Agenzia delle Entrate nell'ambito della sua autonomia". Secondo l'Agenzia, la ratio della norma è che i dati dei contribuenti siano conoscibili a tutti. E le norme sull'amministrazione digitale impongono la modalità digitale come "strumento ordinario di fruibilità" nonché "l'uso delle nuove tecnologie per promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini al processo democratico e per facilitare l'esercizio dei diritti politici e civili sia individuali che collettivi tra i quali si puo' inquadrare il diritto alla consultazione degli elenchi dei contribuenti". A detta dell'Agenzia il diritto alla privacy non preclude la diffusione dei dati reddituali. L'Agenzia rimane ora in attesa delle decisioni formali del Garante, attese per oggi, e di quelle dell'autorità giudiziaria, che ha già ottenuto grazie all'intervento della Polizia Postale tutta la documentazione necessaria. [b]Dalle parti del Garante per la privacy peraltro giungono solo tuoni e fulmini: dopo aver intimato all'Agenzia di fornire spiegazioni entro ieri, proprio ieri Francesco Pizzetti, presidente dell'Authority di garanzia, ha sparato ad alzo zero contro l'operazione trasparenza dell'Agenzia. In una lettera pubblicata su laRepubblica Pizzetti non usa mezzi termini. Ricorda come il Garante abbia chiesto immediatamente la sospensione della pubblicazione di quei dati[/”], avvenuta senza accordi preventivi, una pubblicazione che come è ovvio si è tradotta nella circolazione sui circuiti di file sharing di tutte le informazioni nei formati più diversi. "Si dirà: sì, ma intanto il danno è stato fatto - scrive Pizzetti - Sono bastate quelle poche ore per consentire a decine e decine di utenti in tutto il mondo (anche negli Usa) di scaricare quei dati. E ora quei dati circolano liberamente sulla rete; sono oggetto di curiosità di ogni tipo; vengono esaminati, trattati, schedati in giro per tutto il mondo senza che nessuno ne possa più controllare o proteggere l´uso. E´ esattamente quello che avevamo paventato". Mentre scriviamo il Garante non ha ancora preso posizione ufficiale, come accennato, ma l'orientamento di Pizzetti è chiarissimo: "È abissale la differenza tra la disponibilità dei dati fiscali presso i comuni, come prevede la normativa, e la loro immissione indiscriminata in Internet. Un dato messo in rete, specialmente con le modalità del sito web adottate in questo caso, è conoscibile in tutto il mondo, da chiunque, può essere usato per le finalità più diverse, modificato, cambiato, falsificato. Può entrare nei motori di ricerca e restare per sempre, magari manipolato, nel curriculum di una persona". Pizzetti parla di un fatto senza precedenti al mondo e sottolinea come tentare la cancellazione dei file sia ormai vano. Insiste sulla gravità dell'accaduto e si chiede: "È ragionevole che i dati di tutti i contribuenti italiani siano stati conoscibili da tutti, in tutto il mondo? Senza una decisione del Parlamento? Senza aver sentito l´Autorità di protezione dei dati che oggi è l´Istituzione posta a presidio della tutela dei dati e dunque della stessa sicurezza e libertà dei cittadini nel mondo della realtà virtuale?" Nessun dubbio lo nutre, peraltro, anche il Garante del Contribuente. All'AdnKronos il garante Domenico Ciavarella sfoga tutte le sue perplessità. Quelli del Fisco - dice - avrebbero dovuto prima di tutto consultare il Garante. "Invece - sottolinea - non si sono rivolti al Garante, nessuno ci ha avvertito e non c'è stata alcuna autorizzazione". Questo si traduce in un grave errore secondo Ciavarella "nei confronti della collettività". Prima di una mossa del genere, spiega, l'Agenzia avrebbe dovuto anche attendere che il nuovo Governo "entrasse in funzione". L'Agenzia - insiste il Garante - "avrebbe dovuto comunicarci tutto" perché il Garante sta lì apposta, "in queste cose le deve dettare il Garante" le modalità di diffusione. A suo dire quanto accaduto "è un casino, non potevano farlo. Sono stati molto leggeri, in un momento in cui hanno solo una funzione di ordinaria amministrazione". Secondo Ciavarella ci sono paesi dove in passato la pubblicazione di quei dati era consentita, e che ci hanno poi ripensato, come negli Stati Uniti dove - dice - "da sette anni non permettono più di pubblicare i dati che riguardano un contribuente". Solo in Svezia - sottolinea - il cittadino può esporre spontaneamente il suo reddito". Secondo Ciavarella c'è un solo soggetto che può liberamente indagare nel reddito della persona, ossia l'Erario, è l'unico "che può inserirsi nella conoscenza della ricchezza di un cittadino, solo lui deve vedere se un contribuente è stato corretto o no". In ballo dunque non c'è solo la privacy perché qui si "viola la norma giuridica", quella secondo cui il contribuente "ha diritto alla riservatezza nell'attività economica, deve essere protetto anche da fattori esterni come la delinquenza". Ciavarella si propone di relazionare su questo "fatto grave" in Parlamento e avverte che per dovere giuridico il Garante girerà alla Procura della Repubblica tutte le istanze che giungeranno dai contribuenti. La rete dei Garanti regionali del contribuente sarà allertata: "Ogni garante - insiste Ciavarella - saprà che dovrà dimettere le denunce alla Procura della Repubblica". --------
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-------- Redditi online, scomuniche sull'Agenzia delle Entrate News martedì 06 maggio 2008 Le reazioni dei consumatori (pagina 2 di 3) Contro la pubblicazione dei dati da parte dell'Agenzia si è espressa, tra gli altri, ADUC. L'Associazione dei consumatori e degli utenti ha parlato di grave violazione dei diritti fondamentali dei cittadini. ADUC si riserva di "intraprendere un'iniziativa giudiziaria che potrebbe arrivare fino alla Corte europea di Giustizia, in quanto è chiaro che in materia di Privacy la legge italiana è insufficiente". Ma ADUC attacca in particolare Vincenzo Visco: a suo dire è falso quanto dichiarato dal viceministro uscente, ossia che "basta guardare un telefilm americano" per rendersi conto che le dichiarazioni dei redditi sono pubbliche. "Non è vero - attacca ADUC - Abbiamo parlato con l'IRS (l'agenzia delle entrate Usa), la quale ci ha confermato che la legge federale proibisce la pubblicazione dei dati dei contribuenti (Us Federal Code, Tile 26, sction 6103). Se quei telefilm li avesse visti con più attenzione, Visco avrebbe capito che solo le autorità possono accedere ai database dell'Internal Revenue Service (Irs)". A detta di ADUC, dunque, "non esiste alcuna ragione di pubblica necessità e giustificazione per una intrusione così sproporzionata nella riservatezza dei cittadini. Il motivo è forse di spingere i cittadini a spiare i vicini e denunciarli alle autorità qualora il reddito fosse più basso rispetto alla percezione del tenore di vita? E perché allora non pubblicare anche l'estratto conto bancario? O i dati anagrafici? Pensiamo anche le cartelle sanitarie, che se pubblicate, ci permetteranno di denunciare il trapiantato di fegato che beve alcool. Ma dall'altra parte, il trapiantato di fegato potrebbe anche non trovare un datore di lavoro disponibile ad assumerlo per la sua condizione. Così come per i più poveri potrebbe diventare più difficile trovare un proprietario disponibile ad affittare un appartamento per il basso reddito". Sulla stessa linea anche il Codacons, che in una nota ha fatto sapere di aver depositato una denuncia per violazione della privacy presso la Procura di Roma, con una "richiesta di risarcimento" che "ammonta a 20 miliardi di euro da distribuirsi tra i 38 milioni di contribuenti italiani, 520 euro circa per ciascuno di essi". Il Codacons chiede anche che i siti che offrono la visione dei file diffusi dall'Agenzia siano oscurati. Secondo il Codacons la pubblicazione delle denunce dei redditi non è reato solo in specifiche circostanze. "Laddove si tratti di redditi di soggetti che in vario modo sono alimentati da danaro pubblico o comunque destinati a finalità pubbliche - dichiara un legale dell'Associazione - è sicuramente ammissibile l'accesso alla denuncia dei redditi e la sua pubblicazione". "In pratica - spiega - chi vuole mettere il naso negli affari altrui deve avere un interesse qualificato e concreto, come stabilisce l'art. 25 della legge 241/90, e deve in ogni caso lasciare traccia della sua domanda di accesso e del suo interesse. Ciò anche ai fini della responsabilità che su di lui incombe ove il dato venga diffuso a terzi per sua colpa. È invece sicuramente da escludersi la possibilità di pubblicare tutte le denunce dei redditi su internet in modo generalizzato, e ciò innanzitutto perché tale pubblicazione non garantisce più né sui soggetti che ne vengono in possesso, né sul rispetto dei limiti temporali della pubblicità degli atti". Più morbida la posizione di SOS Consumatori. "Non condividiamo nessuna richiesta di megarisarcimenti - si legge in una nota - del resto inutili ed impossibili (si pensi che lo sgravio dell'Ici sulla prima casa corrisponde a 5 miliardi) ma piuttosto stigmatizzare come l'ex Ministro, probabilmente per dispetto politico, abbia scelto questa strada, mancando completamente di rispetto agli italiani. Tutto cio' fa meglio capire cosa egli pensi di noi e questo è vergognoso. Ora pero', al di là dei numeroni, occorre che il nuovo Governo faccia chiarezza e con esso il Parlamento sui due sacrosanti diritti della trasparenza e della privacy e vengano segnati confini ben chiari che non creino disagio. Intanto l'associazione mette a disposizione tutti i propri uffici nelle oltre 100 provincie d'Italia per tutelare coloro i quali in modo manifesto abbiamo subito danno da tale iniziativa". Di seguito un parere trasmesso ieri a Punto Informatico da Alessandro Bottoni, noto esperto di cose della rete, che volentieri pubblichiamo. --------
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#80 |
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(Alessandro Bottoni è il vicepresidente del Partito Pirata. Credo che le sue dichiarazioni lascino il tempo che trovano.) -------- Redditi online, scomuniche sull'Agenzia delle Entrate News martedì 06 maggio 2008 L'Agenzia ha sbagliato (di A. Bottoni) (pagina 3 di 3) Prima di iniziare, permettetemi di precisare che quanto sto per dire rappresenta unicamente la mia opinione personale. Non rappresenta la posizione, più o meno ufficiale, di nessuna delle associazioni di cui faccio parte. Chiarito questo punto, lasciatemi dire che sono rimasto allibito dall'iniziativa dell'Onorevole Vincenzo Visco. La ragione dovrebbe essere ovvia: se in una qualunque società esiste un dato personale che deve essere considerato "sensibile", con ogni probabilità questo è proprio il reddito. Lo è perché in una società "evoluta" come la nostra, la principale differenza tra un cittadino e l'altro deriva proprio dal reddito. Questa informazione, da sola, permette di ottenere più strumenti di pressione nei confronti dell'individuo di qualunque altra. Per convincersene, dovrebbe essere sufficiente pensare alle seguenti situazioni. Quando un dipendente ottiene un aumento di stipendio, quasi sempre sia il dipendente che l'azienda si assicurano di non divulgare questa informazione per non scatenare inutili ed antipatiche competizioni. Più in generale, è difficile scoprire quanto guadagnano i colleghi. Nella vita quotidiana, il reddito è una delle informazioni custodite più gelosamente dagli stessi dipendenti a stipendio fisso. Gran parte dei commercianti e degli imprenditori si guardano bene dal divulgare informazioni relative al proprio reddito per non scatenare pericolosi appetiti nelle persone del proprio intorno sociale o, peggio, tra gli esponenti della malavita locale. Un candidato ad un nuovo posto di lavoro normalmente si guarda bene dal far sapere al futuro datore di lavoro qual è la sua reale situazione economica corrente per non esporsi al rischio di un facile ricatto ("guadagnavi 100, perché io dovrei darti 120, anche ammesso che tu valga 120?"). Il suo "peso contrattuale" deriva largamente dalla sua possibilità di "bluffare", anche in minima parte, su aspetti come questo. Questi scenari non sono il frutto della arretratezza culturale del nostro paese e della sua naturale inclinazione all'omertà. Sono scenari che si possono ritrovare ovunque e che derivano semplicemente dalla particolare situazione in cui l'individuo si trova nei confronti degli altri in una economia di mercato. Più in dettaglio, il rapporto che esiste tra il contribuente ed il fisco è un tipo di rapporto che per la sua stessa natura deve restare riservato. Il contribuente ha sicuramente (perché la legge non prevede altre possibilità) i suoi validi motivi per dichiarare un certo imponibile. Si può certamente pretendere che il contribuente giustifichi il suo comportamento fiscale di fronte ad un organismo competente, formato da persone preparate (GdF, Polizia, etc.), in possesso di informazioni complete (il 740) e guidato da un magistrato. Non è certamente segno di maggiore civiltà pretendere che il contribuente giustifichi il suo comportamento fiscale di fronte al vicino di casa, al bottegaio di quartiere o chicchessia. Non è un caso se in nessun paese del mondo i processi per evasione fiscale vengono organizzati al bar, basandosi su dati sommari ed incompleti ed attendendosi al "codice di procedura" partorito da qualche aspirante avvocato in preda ai fumi dell'alcool. Personalmente, trovo già molto discutibile il fatto che chiunque possa consultare la dichiarazione dei redditi di qualcun altro, anche solo a livello di imponibile lordo, relativo ad un solo anno ed anche solo per via cartacea, senza prima qualificarsi (carta d'identità) e senza prima aver motivato la sua richiesta ("sono un giornalista..."). Si tratta di quel tipo di curiosità, a livello di fenomeno di costume, di cui mi sfugge completamente la reale utilità sociale. Trovo addirittura sconcertante il fatto che un vice-ministro che si trova a meno di un mese dalla scadenza del suo mandato si permetta di divulgare al mondo intero (anche in Cina, in India, etc.), attraverso Internet ed in maniera del tutto incontrollata (niente registrazione utente, tutti i dati in blocco, etc.), le informazioni che riguardano l'intera popolazione italiana. Infine, trovo inquietante il fatto che né Visco né il Garante della privacy si siano resi conto della impossibilità di rimettere il genio nella bottiglia. Mi fa infuriare in modo particolare il fatto che questo governo, che ora pretende di moralizzare il paese in questo modo, è lo stesso governo che (come tutti gli altri governi che ricordo) si è sempre premurato di alzare una cortina protettiva attorno alle intercettazioni telefoniche ed ai fatti di cronaca che coinvolgevano politici e potenti di vario tipo. Non ci è stato concesso (legalmente) di sapere cosa combinavano le persone da cui dipende il nostro futuro ma ci è permesso di sapere quanto guadagna il fruttivendolo all'angolo (e di contestargli il costo eccessivo delle melanzane). Questa dovrebbe essere la nostra Glasnost (e ci si aspetta anche che la salutiamo con entusiasmo)! Se questi sono i politici che possiamo permetterci, forse è tempo di prendere seriamente in esame l'ipotesi dell'outsourcing per quanto riguarda il governo del paese. Una società che vuole crescere e migliorare ha certamente bisogno di sempre maggiore trasparenza ma, altrettanto sicuramente, non ha bisogno di soluzioni tagliate con l'accetta come queste. Quando si lavora su temi delicati come questi, un minimo di cautela e di buon senso sono palesemente necessari. Sarebbe già stato meglio che una decisione tanto innovativa e tanto gravida di conseguenze fosse stata presa da un consiglio dei ministri straordinario o che almeno fosse stata concordata con il governo entrante. Sarebbe stato ancora meglio che ci si fosse astenuti da svolte epocali come questa nell'ultimo mese di vita di un governo che, fuor di metafora, era stato appena "mandato a casa" dai suoi stessi elettori con il più clamoroso calcio nel sedere dell'intera storia repubblicana. La disponibilità di informazioni non coincide automaticamente con la trasparenza che noi tutti auspichiamo. In casi come questo, la disponibilità incontrollata di informazioni rappresenta solamente uno sfregio per l'individuo, per la sua dignità e probabilmente anche per la sua sicurezza. Alessandro Bottoni [link sulla pagina originale] --------
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