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DARFUR (SUDAN)
![]() ![]() The remains of the village of Jijira Adi Abbe in Darfur, western Sudan after the government attack. ![]() The body of a teenage boy lies among others outside the African village of Jijira Adi Abbe in Darfur, western Sudan. Bodies left unburied send a message to villagers elsewhere not to resist. ![]()
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#425 |
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CIAD
![]() 24/8/2006 0.38 ARRESTATI CAPI GRUPPO RIBELLE DEL DARFUR [MISNA] Sette dirigenti del Movimento per la giustizia e l'uguaglianza (Jem), uno dei gruppi ribelli attivi nella regione sudanese occidentale del Darfur contrari all'accordo di pace proposto dall'Unione africana (Ua) del maggio scorso, sono stati arrestati in Ciad. Lo ha riferito il ministro degli Esteri Ahamt Allam-mi, precisando che i sette potrebbero essere presto consegnati all'Ua. "Abbiamo normalizzato le nostre relazioni con il Sudan e ogni parte deve fare onore ai propri impegni" ha detto Allam-mi, ricordando l'accordo siglato lo scorso 26 luglio in cui Ciad e Sudan si sono impegnati a non dare più ospitalità ai rispettivi movimenti ribelli e a creare una commissione militare congiunta incaricata di controllare la lunga frontiera (1000 chilometri) che divide i due paesi. Nei mesi scorsi Ciad e Sudan si erano accusati a vicenda di dare sostegno ai rispettivi gruppi ribelli finché N'Djamena aveva unilateralmente rotto le relazioni diplomatiche con il Sudan il 14 aprile scorso, all'indomani di un attacco contro la capitale
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#426 |
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UGANDA
![]() 23/8/2006 20.26 CHIESTO CONTRIBUTO DESMOND TUTU PER “COMMISSIONE VERITÀ E RICONCILIAZIONE” [MISNA] I ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (Lra) hanno chiesto il contributo del Premio Nobel per la pace sudafricano Desmond Tutu per creare una Commissione di verità e riconciliazione per il Nord Uganda: secondo il quotidiano indipendente ‘Monitor’ i ribelli hanno scritto una lettera all’arcivescovo invitandolo a fornire suggerimenti su come l’organismo dovrebbe lavorare per sanare le ferite inferte da oltre 20 anni di conflitto. Parlando di fronte al comitato della difesa e degli affari interni ugandese, il consulente legale della Corte penale internazionale dell’Aja, Bale Afako, ha osservato che l’istituzione della Commissione “è l’unica strada percorribile per una soluzione duratura alla guerra”. Secondo Afako “le vittime delle violenze devono poter partecipare al processo di pace e il sistema di giustizia tradizionale del popolo Acholi – il gruppo etnico più colpito dal conflitto – deve essere incoraggiato per promuovere la riconciliazione”. Intanto, da Juba, la capitale del Sud Sudan dove sono in corso i colloqui tra il governo e i ribelli, un portavoce dello Lra ha negato la responsabilità del gruppo armato nell’imboscata tesa a un’ambulanza che portava farmaci all’ospedale missionario di Kalongo, nel distretto settentrionale di Pader, di cui la MISNA ha dato notizia oggi. “Non è stato un nostro attacco, siamo impegnati a rispettare il cessate il fuoco” ha detto il portavoce ribelle Godfrey Ayoo all’agenzia francese ‘Afp’, ribattendo alle accuse dell’esercito secondo cui si è trattato di una violazione della tregua. Fonti locali contattate dalla MISNA nel nord del paese hanno invece confermato che ad assaltare il mezzo, poi dato alle fiamme, sarebbe stati alcuni ribelli già segnalati nella zona per alcune recenti scorrerie alla ricerca di cibo.
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#427 |
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SUDAN
![]() 24/8/2006 2.24 PRIMO CASO DI DISARMO VOLONTARIO IN VILLAGGIO DEL SUD SUDAN [MISNA] Hanno fatto trovare ai militari dell’Esercito popolare di liberazione del Sudan (Spla), l’ex-movimento ribelle ora massima autorità amministrativa del Sud Sudan, le loro 1.300 pistole e fucili ammassati in un campo della città di Akobo. Con questo gesto inusuale in una regione alle prese con i problemi della rinascita sociale ed economica dopo un ventennio abbondante di guerra, gli abitanti della città di Lou Nuer, nella provincia di Jonglei, si sono privati dell’unica forma di autodifesa in una regione in cui negli ultimi mesi risono intensificati gli scontri inter-etnici per il controllo dei pochi pascoli per le mandrie e della preziosa acqua. “Ci vuole più coraggio a cedere un’arma che a usarla” ha dichiarato David Gressly, il coordinatore umanitario dell’Onu per il Sud Sudan, commentando il fatto. Alcuni mesi fa lo Spla aveva attivato un programma di disarmo forzato nella provincia in cui vivono gli abitanti di Lou Nuer, ma dopo i primi soddisfacenti risultati la collaborazione si era fermata a causa dell’esplosione di gravi scontri inter-etnici, in particolare con la popolazione Jikany, tradizionalmente opposta ai Lou dall’abitudine di entrambi di portare le proprie mandrie ad abbeverarsi lungo il corso del fiume Sobat. Il disarmo pone ora in una situazione di difficoltà la popolazione Lou Nuer poiché i villaggi vicini, con cui esistono tensioni e rancori, non hanno invece ancora consegnato le loro armi, in una regione in cui lo Spla ha un controllo ancora insufficiente e non sempre limpido del territorio. Il disarmo ad Akobo e dintorni è cominciato in accordo con gli accordi di pace del gennaio 2005, che hanno posto fine a 21 anni di guerra civile. ![]()
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#428 |
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DARFUR (SUDAN)
![]() 24/8/2006 7.09 ONSIGLIO DI SICUREZZA INVITA KHARTOUM A PROSSIMA RIUNIONE [PIME] Si terrà, come previsto, lunedì prossimo l’incontro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dedicato al Darfur, la regione occidentale sudanese teatro dal febbraio 2003 di scontri e violenze. Lo ha fatto sapere il presidente di turno del Consiglio, precisando che l’incontro sarà pubblico e vedrà anche la partecipazione di rappresentanti del governo sudanese, della Lega Araba, della Organizzazione della conferenza islamica (Oic) e dell’Unione Africana. La Lega Araba nei giorni scorsi aveva chiesto al Consiglio di rimandare a data da destinarsi l’incontro dedicato al Darfur, durante il quale, in base al programma iniziale, si sarebbe dovuto discutere della nuova bozza di risoluzione depositata da Washington e Londra per l’invio di caschi blu al posto degli osservatori attualmente dispiegati dall’Unione Africana. Pur non rinviando l’incontro, il Consiglio di sicurezza sembra comunque aver accolto in parte le richieste avanzate dalla Lega Araba, che chiedeva all’Onu di non inviare una missione e di dare più tempo al governo sudanese per migliorare la situazione nella regione occidentale del Darfur attraverso l’applicazione di un piano messo a punto da Khartoum. “Il governo del Sudan avrà la possibilità di spiegare al Consiglio il suo piano e argomentare la sua opposizione al dispiegamento di una forza Onu in Darfur” ha detto Nana Effah-Apenteng, l’ambasciatore del Ghana al Palazzo di Vetro che attualmente detiene la presidenza di turno del massimo organo decisionale delle Nazioni Unite. La bozza di risoluzione realizzata da Washington e Londra chiede l’autorizzazione al dispiegamento di una missione di pace composta da almeno 17.000 uomini. Secondo Washington la risoluzione può essere adottata anche senza il consenso di Khartoum, ma gli uomini non potranno essere dispiegati finchè il governo sudanese non darà il via libera. Una luce verde che l’esecutivo del Sudan non sembra avere nessuna intenzione di concedere, almeno per ora.
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#429 |
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REPUBBLICA DEM. DEL CONGO
![]() 24/8/2006 11.16 CALMA A KINSHASA, APERTA INCHIESTA SULLE VIOLENZE DEI GIORNI SCORSI [PIME]Resta calma la situazione a Kinshasa, teatro lunedì e martedì di alcuni scontri tra le guardie armate dei due candidati che hanno passato il primo turno delle elezioni presidenziali: Joseph Kabila e Jean Pierre Bemba. Lo riferiscono fonti della MISNA sul posto, precisando che per le strade già da ieri circolano ormai solo pattuglie miste di caschi blu (della Missione Onu in Congo, Monuc) e poliziotti locali, mentre i militari dell’Eufor (la Forza Europea inviata proprio per garantire la sicurezza nel periodo elettorale) sono ormai rientrati nel loro quartier generale di Ndolo. Secondo le informazioni raccolte, le autorità congolesi e i mediatori della comunità internazionale hanno deciso di aprire un’inchiesta sugli scontri cominciati domenica sera poco dopo l’annuncio dei risultati provvisori del primo turno delle elezioni presidenziali e proseguiti fino a martedì; combattimenti in cui, secondo un bilancio fornito da fonti della polizia sarebbero morte circa 16 persone, includendo civili, poliziotti, militari e le perdite subite dai protagonisti degli scontri: la guardia presidenziale di Kabila e i miliziani del Movimento di liberazione del Congo (Mlc) di Bemba. Sulle violenze ieri è tornato anche Azarias Ruberwa (vice-presidente del governo di transizione nato nel 2003 con delega alla Sicurezza e candidato sconfitto alle presidenziali), che ieri in una conferenza stampa ha accusato Bemba e Kabila di aver messo in pericolo la popolazione civile e ha fatto sapere che se dovessero riprendere scontri tra le due parti non resterà a guardare.
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#430 |
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CIAD
![]() 24/8/2006 19.11 CONSEGNATI ALL’UA CAPI GRUPPO RIBELLE DEL DARFUR [MISNA]Sono stati consegnati a una rappresentanza dell’Unione Africana (Ua) i sette capi del Movimento per la giustizia e l'uguaglianza (Jem), uno dei gruppi ribelli attivi nella regione sudanese occidentale del Darfur, arrestati nei giorni scorsi in circostanze non ancora chiare in Ciad: lo ha riferito il ministro della Sicurezza, Routouang Yoma Golom, sottolineando che “si tratta di un gesto del governo ciadiano che testimonia la sua vera volontà di pace per il Darfur”. Già ieri il capo del Jem, Khali Ibrahim, aveva rivolto un appello al presidente Idriss Deby chiedendogli di rilasciare i suoi uomini e assicurando che il movimento “non ha alcun soldato presente in territorio ciadiano”. Fonti della polizia hanno precisato che gli esponenti del Jem, contrari all’accordo di pace siglato nel maggio scorso ad Abuja, in Nigeria, erano stati catturati a N’Djamena e ad Abeché, villaggio dell’est del paese, al confine con il Darfur. Di fatto finora i ribelli avevano potuto circolare liberamente nella capitale ciadiana dove avevano alcune residenze e per un periodo di tempo si erano stanziati nella locale ambasciata sudanese. In base all’intesa raggiunta lo scorso 26 luglio i governi di N’Djamena e Khartoum si sono impegnati a non dare più ospitalità ai rispettivi movimenti ribelli e a creare una commissione militare congiunta incaricata di controllare la lunga frontiera (1000 chilometri) che divide i due paesi.
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UGANDA
![]() 24/8/2006 20.27 COLLOQUI DI JUBA, RIBELLI CHIEDONO "GOVERNO ALLARGATO" [PIME] “Proponiamo azioni per la rappresentanza di persone qualificate delle regioni settentrionali e orientali nel governo e in tutti i ministeri, comitati e altri istituti previsti dalla legge”: lo affermano i ribelli del sedicente Esercito di resistenza del Signore (Lra) in un comunicato consegnato oggi ai mediatori impegnati nei colloqui di pace in corso a Juba, nel Sud Sudan. Secondo i ribelli, il nord e il sud del paese sarebbero stati emarginati dall’amministrazione del presidente Yoweri Museveni durante il conflitto ultraventennale. “Il presidente è chiaro: nessuna condivisione di poteri con l’Lra” ha replicato il portavoce del governo ugandese, il capitano Paddy Ankunda, aggiungendo che i negoziatori dell’Lra stanno mettendo a rischio l’offerta di amnistia di Museveni ai capi ribelli ricercati dalla Corte penale internazionale (Cpi/Icc) per crimini di guerra e contro l’umanità. Intanto Ruhakana Rugunda, capo della delegazione di Kampala e ministro degli Interni, ha incontrato Salva Kiir, presidente del Sud Sudan e mediatore, per discutere la smobilitazione e il disarmo dei ribelli dell’Lra. “Il governo del Sud Sudan sta cercando i possibili punti di assembramento e li comunicheranno a entrambe le parti al più presto” ha riferito Rugunda.
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SUDAN: ALLARME ONU, IL DARFUR E' ORMAI SULL'ORLO DEL PRECIPIZIO
EGELAND DENUNCIA IMPUNITA', 'GRUPPI ARMATI SEMINANO TERRORE TRA PROFUGHI' New York, 22 nov. - (Adnkronos/Dpa) - Vaste aree del Darfur sono controllate e contese da forze governative, milizie, ribelli e gruppi armati dell'opposizione provenienti dal Ciad, spingendo la regione occidentale del Sudan sull'orlo di un ''abisso''. E' il nuovo grido di allarme di Jan Egeland, coordinatore per gli aiuti umanitati delle Nazioni Unite. http://www.adnkronos.com/3Level.php...d=1.0.608431153
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Appello a Rai, Mediaset e La7 per il Darfur
Appello a Rai, Mediaset e La7 per il Darfur
300 mila morti, 2 milioni di sfollati, 200 mila rifugiati. Una tragedia che si consuma da tre anni. Ma i morti del Darfur non fanno notizia. Firma l’appello on-line per chiedere a RAI, LA7 e MEDIASET di dare più spazio all’informazione sul Darfur e sulle crisi umanitarie del mondo. “Scrivo per lamentarmi dell’esiguo spazio dedicato dalla vostra azienda al genocidio in corso nella regione del Darfur in Sudan. Nel Darfur si muore da tre anni ma l’allarme lanciato da organizzazioni umanitarie e militanti per i diritti civili rimane inascoltato dai maggiori media italiani. Finora si contano trecentomila morti, duecentomila rifugiati e due milioni e mezzo di sfollati che hanno fatto valere alla crisi il titolo di «genocidio». I mezzi televisivi italiani raggiungono oggi la maggior parte della popolazione della penisola come fonte primaria se non unica d’informazione. La televisione detiene il potere d’informazione, ma anche i quotidiani, seppure in maniera minore, possono concorrere a informare gli Italiani su cosa stia accadendo oggi nel Darfur. Molto spesso, ciò che non è raccontato dai media televisivi non esiste per la maggior parte delle famiglie italiane. Alimentando una maggiore coscienza del genocidio in atto nel Darfur, i media italiani possono contribuire a fermare le ingiustizie e le atrocità che si stanno compiendo nella regione. Per questo Vi chiedo di aumentare lo spazio dedicato all’informazione sul genocidio del Darfur, per porre fine alle gravi azioni contro i diritti umani e la dignità stessa dell’uomo. Come fruitore di un servizio pubblico e privato, vi prego di dare maggiore importanza alla tragedia che si sta compiendo, attraverso una programmazione che dia spazio anche quotidianamente a servizi e dossier sul genocidio nel Darfur. Rimango in attesa di un vostro cortese riscontro. Cordiali saluti, Grazie.” Sito dell'appello http://www.savetherabbit.net/scrividarfur.htm
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#435 | |
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Quote:
![]() Darfur, uno stile di vita Poco tempo fa abbiamo appreso dalla televisione satirica che per qualche nostro parlamentare il “Darfur” è uno stile di vita, di alimentazione, rapido e moderno, un po' in contrasto col tradizionale ritmo mediterraneo di vita e di alimentazione cui siamo abituati. Un'affermazione che rappresenta evidentemente un lapsus, e perciò andrebbe approfondita. Il Darfur, così come abbiamo imparato a conoscerlo negli ultimi tre anni, corrisponde di fatto sempre più stabilmente a uno “stile di vita”, ispirato alla paura e all'insicurezza personale, e corrisponde pure a un regime alimentare, decisamente ipocalorico, che per due milioni di sfollati si identifica con la razione alimentare a cui riesce a provvedere a stento l'aiuto umanitario internazionale. I comunicati stampa e le testimonianze, che a getto continuo sono pubblicate sui siti di MSF e delle altre organizzazioni di soccorso, documentano di una crisi armata sempre più avvitata su se stessa e di cui fanno inesorabilmente le spese i civili inermi. Popolazioni già normalmente tagliate fuori da mercati e movimenti “globali”, patiscono l'esclusione micidiale dalle tradizionali fonti di approvvigionamento e di sostentamento e vengono letteralmente “spazzate via” dalla violenza che spira su quell'arida regione. È vero, non si tratta di condizioni a cui noi, paghi del ritmo mediterraneo, siamo abituati, e gli stessi media ce le mostrano piuttosto raramente. Potremmo dunque accettare il lapsus dei parlamentari come una veniale amnesia? Forse, e pure con un po' di compatimento, a patto che poi non dipendesse anche da questi signori, decidere, se non altro ratificare, scelte determinanti per l'evoluzione della crisi. A volte osano chiamarle soluzioni, ma con il grado di consapevolezza, misero invero, che il lapsus tradisce, rischiano di rivelarsi soluzioni facili, di corto respiro e scarsa lungimiranza. Non è compito di MSF suggerire ai politici (e ai militari) le strategie politiche, come non è compito dei politici (e dei militari) suggerire (né quindi finanziare) a MSF le strategie dell'intervento umanitario. Come è noto, MSF non è un'associazione di volontari di ventura, e ogni nostra azione di intervento, come ogni azione di ripiegamento, se determinata da valutazioni di ordine sanitario, si accompagna a una documentabile analisi politica del contesto; ma le motivazioni, la ragion d'essere e gli obiettivi di queste analisi non hanno nulla a che vedere con analoghi processi curati dalle cancellerie regionali e globali. Anche le stesse parole non hanno lo stesso peso e non comportano le stesse conseguenze. La parola “sicurezza”, per esempio, per noi significa che alla gente, alle donne, ai bambini, va garantito il diritto ad andare a cercare la legna, o l'acqua fuori dal campo senza essere assaliti, rapiti, violentati ed uccisi come regolarmente accade in Darfur ad opera delle milizie; che alle equipe di MSF e delle altre organizzazioni umanitarie, a bordo di vetture bianche disarmate con le insegne riconoscibili, sia consentito di superare i posti di blocco mentre trasportano aiuti o feriti, senza venire attaccate e senza che gli si spari addosso. Per alcune cancellerie, lo abbiamo imparato, la “sicurezza” si identifica invece con un controllo poliziesco di territori non conosciuti, operato senza neppure parlare la stessa lingua, significa operazioni di sostegno di governi considerati amici e indebolimento dei non amici, ma soprattutto significa semplificazione della complessità del mondo alla dialettica “noi-gli altri”; e dinanzi a una crisi avvitata come quella del Darfur l'esigenza di “sicurezza” porta ormai a un riflesso condizionato: che risposta militare dare. Esiste solo la risposta militare? È davvero il modo per mettere in sicurezza i bambini e le donne che debbono andare a cercare legna ed acqua? È il modo migliore per favorire la circolazione delle vetture bianche degli operatori umanitari, dopo averne già messo a repentaglio l'incolumità permettendosi di usare lo stesso tipo di mezzi per operazioni politiche mascherate di aiuto e di cooperazione, magari arrivando all'incoscienza di far sparare da qualcuna di quelle vetture che per convenzione tutte le parti in conflitto dovevano considerare neutrali e disarmate? Al tempo delle guerre jugoslave e del genocidio ruandese, fummo noi a coniare l'espressione “ingerenza umanitaria” per rendere l'opinione pubblica consapevole della necessità di spezzare, anche con la forza, gli assedi e frenare le stragi, e portare dunque sollievo alle popolazioni sotto tiro; ma purtroppo dell'espressione, al pari del colore delle vetture, se ne sono appropriate le cancellerie, e l'hanno usata per camuffare le loro “guerre giuste”,* dal Kosovo in poi. Noi quell'espressione, ormai svuotata del senso originario, l'abbiamo abiurata** e rivendichiamo la necessità di operare in netta, coerente, sistematica separazione tra intervento umanitario e intervento militare. L'uno e l'altro riportano a logiche, usano strumenti, intraprendono azioni, corrispondono a comportamenti assolutamente distinti e mai conciliabili. Però la brillante espressione potrebbe risultare ancora seducente per il nostro parlamentare affetto da amnesia, e indurlo ad approvare un intervento armato di cui ignora portata ed effetti sulle popolazioni il cui “stile di vita” vorrebbe contribuire a mettere in sicurezza. Anche se le recenti esperienze si sono rivelate fallimentari, forse persiste nella nostra opinione pubblica, e nella classe politica che essa esprime, una concezione antiquata delle relazioni internazionali, ispirata alla fantasia del “protettorato”. La scorsa estate in Libano una forza di pace o interposizione sotto l'egida dell'ONU si è potuta insediare perché le parti erano d'accordo, in Darfur un contingente di caschi blu potrà intervenire solo unilateralmente (quindi già non sarebbe più forza di pace) perché il Governo sudanese, che porta certamente il maggior carico di responsabilità per le uccisioni, le distruzioni e il terrore che regnano nell'area, si è detto contrario e si opporrà con le armi. Il Sudan non è più quello di Lawrence d'Arabia, qualcuno, magari l'inviato di una trasmissione satirica dovrebbe farlo sapere a tutti i parlamentari (nelle cancellerie lo sanno), e la gente inerme laggiù oggi viene bombardata ed è in fuga non tanto per il conflitto etnico-religioso che agitano i fanatici dello scontro di civiltà, ma più “banalmente” per il controllo delle terre, e forse ancor più del sotto-terra, dei grandi giacimenti minerari su cui si concentrano gli appetiti la cui soddisfazione alla fine serve esclusivamente, e a nostro avviso illegittimamente, a garantire che la parte ricca del mondo conservi il proprio consolidato stile di vita. Gianfranco De Maio Direttore esecutivo MSF Italia http://www.msf.it/editoriale/211106.shtml
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#436 |
Senior Member
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Città: Mission world: Napoles, Milan, Madrid, Paris, London, Now AMSTERDAM!!!!! yahoooo!!! Next stop: California, Tnx TNS-NIPO!!
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darfur - STOP AL GENOCIDIO
http://www.youtube.com/watch?v=gjif2fqzmEg
attensione sono immagini forti ma la triste realtá edit sono veramente forti in alcune parti ci sono i volti delle vittime del darfur
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La libertá sopratutto di parola é un lusso che non ci si puo' permettere in italia, per la strada come su internet. Ultima modifica di ~ZeRO sTrEsS~ : 25-11-2006 alle 17:17. |
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#437 |
Bannato
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Città: Firenze
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"Darfur? Si, è quell'abitudine di mangiare veloce e male, cioè...un grosso problema del cibo veloce..."
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#438 |
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Iscritto dal: May 2002
Città: Patrie dal Friûl
Messaggi: 3779
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Zero forse è meglio se evidenzi la tipologia di immagini che hai linkato in maniera più esplicita.
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John Donuts |
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#439 |
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Città: Lazio Età: 52 ex mod
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Sudan & Darfur:
http://www.hwupgrade.it/forum/showthread.php?t=1009747
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Guida CDR - SACD/DVD-A links - Pal,Secam, Ntsc - Fonts - Radio online - Jazz -Soul&Funky - siti traduzioni lingue non rispondo a msg privati sui monitor |
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#440 |
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Messaggi: 557
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Sono arrivato al primo minuto, poi ho dovuto chiudere.
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ngi e phobosphobosphobos |
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