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#22 | |
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NO NO ... in realta' siamo noi a ricreare i vari virus in laboratorio e lasciarli liberi nell'aria ... ![]() |
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#23 |
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LESOTO – Solo 6.000 ammalati di Aids/Sida beneficiano oggi della distribuzione gratuita di anti-retrovirali, in un Paese di 1,8 milioni di abitanti che con il 30% della popolazione sieropositiva detiene uno dei più alti tassi al mondo. Lo afferma Bertrand Desmoulins, rappresentante dell’Unicef nel Paese; in base al programma dell’Unlaids, l’agenzia dell’Onu per la lotta alla pandemia, in Lesoto dovrebbero essere 28.000 i destinatari di questo tipo di farmaci.
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#24 |
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GUINEA-BISSAU 28/12/2005 13.19
EPIDEMIA DI COLERA: PER GOVERNO “IL PEGGIO È PASSATO” Il periodo peggiore dell’epidemia di colera in Guinea Bissau è passato: lo ha detto il ministro della sanità Antonia Mendes Teixeira, sottolineando che nelle ultime tre settimane non si sono verificati nuovi casi della malattia, la quale, secondo gli ultimi dati diffusi dal dicastero, da giugno scorso ha contagiato 25.111 persone e ne ha uccise 399. La Teixeira ha però invitato la popolazione a “mantenere uno stato di vigilanza se vuole evitare una recrudescenza dell’epidemia”, specialmente durante questo periodo festivo in cui pranzi e cene di gruppo possono favorire le infezioni intestinali. Anche Maya Siblini dell’Ocha (Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli aiuti umanitari) ha affermato che “dal 21 dicembre scorso la situazione è sotto controllo in Guinea Bissau”, aggiungendo che il numero dei casi di colera è basso in tutto il paese e anche nel vicino Senegal, anch’esso colpito dal morbo. Il mese scorso l’Ocha aveva lanciato un appello alla comunità internazionale per raccogliere 3,2 milioni di dollari necessari a fronteggiare l’epidemia nello Stato africano, ma la richiesta era caduta nel vuoto, mentre per fortuna i contagi diminuivano grazie anche alla fine della stagione delle piogge e al graduale miglioramento climatico. Per sconfiggere il vibrione, batterio responsabile del colera che si riproduce nell’acqua stagnante e negli scoli fognari, le autorità della Guinea Bissau hanno esortato la popolazione ad adottare misure igieniche basilari, quali lavarsi spesso le mani e far bollire l’acqua usata per dissetarsi o cucinare. Sebbene la minaccia rappresentata da questa malattia sembri conclusa, il ministro della sanità ha lanciato un nuovo allarme riguardante la febbre gialla, che ha già ucciso diverse persone nella vicina Guinea-Conakry: a Pitche, nell’est della Guinea Bissau, ne sono già stati segnalati due casi e il governo sta adottando misure per contrastare un’eventuale diffusione di questa infezione virale trasmessa dalle zanzare della specie Aedes Aegypti
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#25 |
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ANGOLA – 48 persone sono morte di colera su 2.026 casi registrati nella provincia della capitale Luanda, dalla metà di febbraio fino a oggi: lo si apprende da fonti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), secondo cui l’epidemia continua ad allargarsi anche alle province di Bengo, Benguela e Kwanza Norte.[MISNA]
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#26 |
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Fà una tristezza enorme vedere un continente enorme, piegato in ginocchio...
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Ciao ~ZeRO sTrEsS~ |
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#27 |
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ANGOLA 6/4/2006 11.37
EPIDEMIA DI COLERA SI ESTENDE OLTRE LA CAPITALE Iniziata nella capitale Luanda, l’epidemia di colera che da metà febbraio colpisce l’Angola, si è andata estendendo anche alle province circostanti. Lo hanno annunciato l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e il ministero della Sanità angolano in una nota congiunta in cui si precisa che dal 14 febbraio scorso al 4 aprile l’epidemia ha fatto registrare 155 vittime e 3693 contagi in tutto il paese. Secondo il nuovo bollettino, l’epidemia resta più grave nella capitale Luanda (53 decessi e 2300 contagi), ma i dati continua a peggiorare anche nelle province do Benguela (40 morti e 479 casi), Kwanza Norte (407 contagi, 36 dei quali mortali) e Bengo (532 casi e 26 vittime). Ministero della Sanità e Oms sono impegnati in operazioni di contenimento del vibrione, la cui diffusione è favorita dalle forti piogge (che hanno causato alluvioni in varie zone del paese) che da giorni stanno colpendo l’Angola e soprattutto la zona di Luanda.
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#28 |
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AFRICA 11/4/2006 8.47
SICCITÀ E CARESTIA: SEMPRE PIU' GRAVI MALNUTRIZIONE E MALATTIE Malaria, colera, tubercolosi e infezioni respiratorie stanno aumentando a dismisura a causa della prolungata siccità in ampie regioni del Corno d’Africa, in particolare Somalia, Etiopia, Gibuti, nord-est del Kenya, Eritrea: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms/Who), anche la copertura immunitaria garantita da adeguate campagne di vaccinazione infantile resta molto bassa in tutta la zona: si stima che in Somalia non superi il 30%, mentre tra Gibuti e l’Etiopia, due bambini su tre avrebbero qualche forma di vaccino. L’ultimo livello di malnutrizione registrato è ormai del 20%: un bambino su cinque di età inferiore ai 5 anni è affetto da mancanza di cibo che accresce il rischio di decesso; la soglia critica del 15%, secondo l’Oms, è ampiamente superata. Sarebbero ormai oltre 12 milioni i civili esposti alle serie conseguenze della siccità, a causa di due stagioni delle piogge praticamente prive di precipitazioni; in Somalia, in particolare, circa 2 milioni di persone rischiano la “grave emergenza alimentare” con cui gli esperti definiscono il rischio di 10.000 vittime al mese.
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#29 |
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NIGER 13/4/2006 2.27
NUOVA EPIDEMIA DI MENINGITE, OLTRE 100 LE VITTIME Sono 109 le persone morte dall’inizio dell’anno in Niger a causa di un’epidemia di meningite che nell’ultimo mese sembra aver preso nuova forza. Lo riferiscono fonti delle Nazioni Unite a Niamey, precisando che la malattia, i cui primi sintomi sono comparsi lo scorso gennaio, ha fatto registrare un picco di contagi e casi mortali dal 10 marzo al 10 aprile. I 109 decessi e 1550 casi registrati contenuti nell’ultimo bilancio e relativi agli ultimi 30 giorni dimostrano come la diffusione della malattia sia più che raddoppiata rispetto alle stime (52 morti e 802 casi) di contagi e vittime che avevano caratterizzato l’epidemia dalla sua comparsa ai primi di gennaio. Secondo l’istituto nazionale di Sanità nigerino, l’epidemia in corso è peggiore anche di quella che ha colpito lo scorso anno il paese (550 infezione e 76 decessi) e che porto a una massiccia campagna di vaccinazione. Dall’inizio dell’anno epidemie di meningite sono esplose nella regione e attualmente sono in corso anche in Burkina Faso e in Costa d’Avorio. Il paese più colpito finora resta il Burkina Faso dove in poche settimane la malattia ha ucciso 784 persone contagiandone 8.186. La meningite è una delle malattie stagionali che in questo periodo colpisce soprattutto i paesi del Sahel, arrivando anche fino all’Etiopia.
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#30 |
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ANGOLA 20/4/2006 13.27
SI AGGRAVA EPIDEMIA DI COLERA, NUOVO BILANCIO Dall’inizio dell’epidemia, il 14 febbraio scorso, il colera in Angola ha ucciso 646 persone e ne ha contagiate 13.811 nelle sei province del paese, secondo gli ultimi dati riferiti alla MISNA dall’ufficio di Luanda dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms/Who), aggiornati al 19 aprile. La situazione più grave è quella della capitale, dove 126 persone sono morte e 6.824 si sono ammalate; seguono nel bilancio le città di Benguela e Bengo. La principale causa della diffusione del vibrione che causa la malattia è la mancanza di acqua salubre e di un adeguato sistema fognario. Il ministro della Sanità angolano, Sebastião Veloso, ha detto che esistono sufficienti mezzi e medicinali per provvedere all’emergenza e ha aggiunto che negli ultimi anni le cicliche epidemia di colera che colpiscono il paese hanno comunque ridotto la loro virulenza, ricordando i tempi in cui si ammalavano 560 persone al giorno. L’Angola gode nuovamente della pace dal 2002, dopo 27 di guerra civile che ha devastato il paese.
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#31 |
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Più fanno figli e peggio sarà...in questa situazione di circolo vizioso è pazzesco vedere una via di uscita per queste povere persone
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#32 |
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21 aprile 2006 17.54
SANITÀ, IN AFRICA LA MALARIA UCCIDE 1 BIMBO OGNI 30 SECONDI Ogni 30 secondi in Africa un bambino muore di malaria, mentre solo un numero ridottissimo di pazienti africani affetti da malaria ha accesso a cure efficaci che potrebbero curarli in pochi giorni. La denuncia è di Medici senza frontiere (Msf) che sottolinea come le strutture sanitarie governative continuino a dare ai pazienti i vecchi farmaci antimalarici invece dei nuovi trattamenti che funzionano, nonostante siano trascorsi quattro anni dalla raccomandazione ufficiale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ai paesi di passare dai vecchi trattamenti contro la malaria alle terapie combinate a base di derivati dell'artemisina (act), e due anni dalla decisione del Global Fund di finanziarli. In Guinea meno dell'1% di tutti i pazienti affetti da malaria riceve le act, dice Msf, e anche in Zambia e negli altri paesi, come Sudan, Kenya, Malawi, Costa d'Avorio e Sierra Leone, la situazione è simile. Ad oggi, circa 40 paesi africani hanno adottato le act come protocollo nazionale per il trattamento della malaria. Di questi, oltre il 70% non implementa, o lo fa molto lentamente, tale protocollo, a causa della mancanza di volontà politica, di risorse finanziarie e umane, di formazione degli operatori sanitari, la mancanza di scorte di act di qualità garantita e il fatto che gli operatori sanitari non abbiano accesso ai test diagnostici rapidi. "L'assenza di un sostegno coordinato ai paesi da parte del programma contro la malaria dell'Oms, della partnership "Roll Back Malaria" e di donatori come la 'US President's Malaria Initiatiavè - aggiunge Prudence Hamade, coordinatrice del gruppo di lavoro sulla malaria di Msf - ha ostacolato la rifornitura e la distribuzione delle act a livello dei singoli paesi. Inoltre, dei 208 milioni di dollari allocati dal Global Fund per le act dal 2002, solo il 30% circa è stato effettivamente usato per l'ottenimento di questa terapia raccomandata".[Avvenire]
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#33 |
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ANGOLA 27/4/2006 20.38
CONTINUA A ESTENDERSI L'EPIDEMIA DI COLERA Peggiora giorno dopo giorno l’epidemia di colera in Angola, dove il bilancio delle vittime continua a crescere senza sosta ormai da dieci settimane. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), sono ormai oltre 20.000 i contagi e 941 le morti per colera da quando a metà febbraio il vibrione ha fatto la sua comparsa nella capitale Luanda. Il ministro della sanità Sebastiao Veloso ha dichiarato nei giorni scorsi che la situazione è sotto controllo e che il picco dell’epidemia è stato ormai superato. Ma non sembrano pensarla così gli operatori umanitari sul campo e la stampa angolana, che ha iniziato a esprimere dubbi sull’efficacia dei provvedimenti presi finora per arginare quella che ormai viene definita “un’emergenza nazionale”. “Non è mia intenzione contraddire il ministro, ma la situazione qui è preoccupante” dice alla MISNA Laura Fantozzi, cooperante dell’organizzazione non governativa (ong) italiana ‘Medici con l’Africa Cuamm’, una delle più attive in Angola nel settore sanitario. “Girando per le favelas, affollate di gente poverissima in case di fango e lamiera, emerge chiaramente la vera dimensione del problema. Le ultime piogge abbondanti hanno peggiorato la situazione facendo scoppiare la già pessima rete fognaria, riempiendo i canali di scolo e contaminando le fonti d’acqua. In queste condizioni sociosanitarie è inevitabile che il colera dilaghi”. L’epidemia ha colpito sei delle 18 province angolane, prevalentemente nel sud, ma casi sospetti, e ancora non confermati, sono stati segnalati nella regione settentrionale di Uige. “Nell’ultima settimana in tutto il paese sono stati registrati più di 800 nuovi casi al giorno – continua Fantozzi - un tasso davvero alto soprattutto se si pensa che un 20% dei contagiati non si reca negli ospedali per vergogna o perché impossibilitato a farlo”. La testata ‘Seminario Angolense’ nella sua edizione corrente pone, nella sua rubrica fissa sui ‘buoni e cattivi’ del paese, il governo di Luanda tra i soggetti criticabili per come sta affrontando la crisi e soprattutto “per non aver ancora chiesto aiuto alla comunità internazionale”. Secondo la stampa angolana, le autorità stanno tentennando per non spaventare gli investitori stranieri mentre il paese, uscito nel 2002 da una guerra civile quasi trentennale, sta vivendo un momento di boom economico grazie ad un promettente avvio del mercato petrolifero e minerario.
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#34 |
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MOZAMBICO 28/4/2006 8.21
MALARIA, TRATTAMENTO GRATUITO NEGLI OSPEDALI PUBBLICI Cure gratuite per gli oltre 5 milioni di casi all’anno di malaria in Mozambico, che nel 2005 hanno provocato 4.209 decessi: lo hanno annunciato le autorità sanitarie di Maputo, precisando che i trattamenti saranno a disposizione dei cittadini in tutti i centri sanitari del paese. L’abbattimento dei costi per le cure anti-malariche è solo una delle misure annunciate in questi giorni, in occasione della giornata africana contro la malaria. Il vicedirettore nazionale della sanità, Martino Djedje, ha detto che sono previsti anche campagne di interventi casa-per-casa (con appositi spray anti-zanzara) e progetti per l’eliminazione delle acque stagnanti, dove normalmente prolifera la zanzara anofele, portatrice del parassita ‘plasmodium’ che provoca poi la malattia. In Mozambico la malaria è la prima causa di ammissione negli ospedali; insieme alla tubercolosi e all’Aids/Sida, costituisce oggi una delle prime emergenze sanitarie in tutto il pianeta e nell’Africa sub-sahariana in particolare; nel continente si registra circa l’80% dei decessi per malaria nel mondo, che sono più di un milione all’anno. Proprio nei giorni scorsi il Mozambico ha denunciato che gli interessi relativi al debito estero limitano le risorse economiche in settori come la sanità e l’istruzione; secondo l’indice di sviluppo umano dell’Onu, il Mozambico è il 171° paese su 177, con un’aspettativa di vita intorno ai 40 anni.
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#35 |
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AFRICA 4/5/2006 8.19
SANITÀ: UN SUMMIT PER CERCARE "POSIZIONE COMUNE AFRICANA" I ministri della Salute e altre figure governative di 24 paesi africani si riuniranno oggi ad Abuja, capitale della Nigeria, per un summit di tre giorni organizzato dall’Unione Africana su come affrontare le tre principali emergenze sanitarie del continente. ‘Accesso universale ai servizi per Hiv/Aids, Tubercolosi e Malaria per l’Unione Africana entro il 2010’ questo l’esteso titolo della conferenza in cui si chiede ai capi di stato e di governo africano di mettere in atto “azioni straordinarie, urgenti e coraggiose” per arrivare al controllo delle tre epidemie entro il 2010. Nella conferenza saranno analizzati i progressi fatti nelle singole realtà nazionali dalla conferenza di Abuja del 2000 focalizzata sulla lotta alla malaria. Il Summit si concluderà con la stesura di un documento, una sorta di ‘Posizione africana comune’ su Aids, tubercolosi e malaria, che sarà presentato alla prossima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite in agenda dal 31 al 2 giugno prossimo. ANGOLA 4/5/2006 18.51 EPIDEMIA DI COLERA SUPERA LE MILLE VITTIME, UNA TESTIMONIANZA Ha superato i mille morti - esattamente 1084 - il bilancio dell’epidemia di colera scoppiata a metà febbraio in Angola e con oltre 25.000 malati registrati finora in dieci province del paese, secondo gli ultimi dati forniti alla MISNA dall’ufficio di Luanda dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). Malgrado l’aggravarsi della situazione, il governo angolano non ha per il momento chiesto ufficialmente aiuti alla comunità internazionale, mentre l’Oms ha già messo a disposizione ambulanze, staff medico e medicine. “Ci sono molte persone malate che sfuggono alle statistiche ufficiali perché non si recano in ospedale e spesso muoiono a casa” racconta alla MISNA don Luigino Frattin, missionario a Luanda della Società delle missioni africane (Sma). Il religioso vive nel quartiere povero di Kicolo, nella periferia nordest della capitale, un esteso agglomerato di casupole e baracche cresciuto a dismisura negli ultimi 10 anni prima con l’arrivo dei profughi causati dalla guerra e recentemente per i flussi di sfollati cacciati da altri quartieri per l’avvio di grandi opere urbanistiche nella capitale di 6 milioni di abitanti. I recenti investimenti stranieri nel settore petrolifero angolano, infatti, hanno determinato un ‘boom economico’ di cui però non tutti ancora godono. “A Kicolo vivono 400-500.000 persone - continua don Frattin - ma le fogne sono scoli a cielo aperto, e l’acqua potabile arriva ogni giorno a pagamento con le cisterne, ma spesso è acqua di fiume o di pozzi inquinati. Non c’è da stupirsi se in queste condizioni il colera proliferi”. Per arginare l’epidemia le autorità angolane hanno fatto allestire ‘centri di emergenza’ - con grandi tende da campo o in scuole, parrocchie o altre strutture - destinati solo ai malati di colera, ma non tutti ci vanno per “mancanza di fiducia” spiega il missionario. “L’ospedale sarebbe gratuito - racconta - ma nella loro esperienza gli angolani sanno che chiunque si presenti deve pagare una mancia per avere l’attenzione degli infermieri, il cibo, persino le medicine. Allora i più poveri neanche si avvicinano agli ospedali, se non quando è troppo tardi”. Nel quartiere di Kicolo, riferisce l’interlocutore, c’è un solo centro medico pubblico con 10-15 letti, qualche piccola struttura privata e due ambulatori della Caritas e delle suore Trappiste. “Oltre alle pessime condizioni igieniche, a contribuire al contagio ci sono anche comportamenti culturali” dice don Frattin, riferendosi ai riti funebri. “Il corpo viene tenuto in casa e lavato dai parenti, favorendo il passaggio dell’infezione: un problema che abbiamo già visto con l’epidemia della febbre di Marburg lo scorso anno. Ma è impossibile chiedere a questa gente di non toccare i loro morti”. Nel cercare di ricostruire il diffondersi della malattia, il missionario - che non ricorda situazioni simili dal 1999, quando è arrivato in Angola - dice che per molti giorni dai primi casi né il personale medico né le persone ammalate immaginavano si trattasse di colera, bensì una delle frequenti infezioni intestinali o addirittura malaria. Perciò la gente ha cercato di curarsi con la medicina tradizionale o altri farmaci non specifici, ovviamente senza alcun effetto.
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SOMALIA 5/5/2006 15.58
MORBILLO: 100 MORTI IN DUE SETTIMANE Nelle ultime due settimane il morbillo ha ucciso quasi 100 bambini nel sud della Somalia; lo hanno detto fonti locali alla radio somala. La maggior parte dei decessi sarebbe avvenuta nei villaggi lungo il corso del fiume Shabelle. La diffusione delle malattie infettive, il cui esito è aggravato dallo stato di malnutrizione, è una delle prime cause di morte tra i piccoli in Somalia, una delle nazioni con il più alto tasso di mortalità infantile del mondo. Nei giorni scorsi il ministro della Salute somalo, Abdulaziz Sheik Yusuf, aveva denunciato la ricomparsa della poliomielite nel paese dopo un’assenza di tre anni. Dal luglio del 2005 ad oggi - ha detto - sono stati registrati 191 casi di poliomielite e sembra che il contagio abbia già superato il confine con l’Etiopia. Congiuntamente all’Unicef, il ministro Yusuf ha chiesto aiuti per 8 milioni di dollari per una massiccia campagna di vaccinazione antipolio.
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#37 |
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GHANA 6/5/2006 16.17
HIV: DIMINUITI I CONTAGI, SOPRATTUTTO TRA I PIU' GIOVANI La percentuale di cittadini del Ghana contagiati dall' hiv - human immunodeficiency virus, precursore dell'omonima sindrome nota come aids/sida,sindrome dell'immunodeficienza acquisita - è scesa dal 3,1% del 2004 al 2,7% del 2005: lo rende noto il Nacp, Programma nazionale di controllo della sindrome, precisando che, confrontato con gli anni precedenti, il miglioramento è ancora più marcato. Secondo Nili Akwei, dirigente del Nacp, la diminuzione in corso (il tasso di ghanesi affetti da hiv rispetto al 2003 è sceso del 20%) indicherebbe una prossima stabilizzazione della malattia. Questo apre nuove prospettive ma anche nuovi problemi, ha aggiunto Akwesi, concludendo che sarà necessario ora trovare nuove strategie – e metodi di comunicazione - per non abbassare la guardia in nessun settore sociale. I dati a disposizione del Nacp dimostrano che la riduzione maggiore di persone affette da hiv si è registrato nella fascia d’età compresa tra 15 e 24 anni (dal 3,5% del 2002 all’attuale 1,9%), mentre il maggior tasso di contagio (5%) si è avuto tra i quarantenni. L'hiv può restare in incubazione per anni e non diventare mai sida/aids conclamata.
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#38 |
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L’AFRICA CHE SOFFRE
Oggi un solo medico ogni 50mila abitanti Si creano centri sanitari, si forma il personale e si fa educazione perché tutti si sottopongano il test dell’Hiv Salvare il Malawi Un progetto tutto italiano contro l'epidemia di Aids Dal Nostro Inviato A Lilongwe Paolo Lambruschi Nophan ha 38 anni ed è già un sopravvissuto. «In Malawi l'aspettativa di vita non arriva a 40 anni. Siamo un Paese senza quarantenni e cinquantenni». Perché questa terra, chiamata "cuore caldo dell'Africa" per l'indole pacifica degli abitanti, dimenticata dall'Occidente, bagnata da un lago tropicale grande come l'Adriatico, è flagellata da una spaventosa epidemia di Aids. Il virus è arrivato dal vicino Sudafrica ed è esploso a causa della miseria in cui versa il 65% della popolazione. Il Malawi è uno dei 15 Paesi più poveri del pianeta, ogni anno vi muoiono di Aids 83mila tra adulti e bambini. Una tragedia ignorata che mette in bilico il futuro. I sieropositivi sono quasi un milione, una mamma su cinque ha contratto il virus. La malnutrizione aumenta del 50% il rischio di contrarre malattie infettive e qui si mangia nshima, polenta di mais, mentre le cavallette che sciamano in quest'inizio di autunno australe, stagione fresca e secca, sono per molti cibo quotidiano. Nei primi cinque anni di vita il tasso di mortalità infantile è al 10%. Banca Intesa e Fondazione Cariplo, la prima banca italiana e la sesta fondazione al mondo, hanno deciso di salvare una nazione considerata perduta dalla comunità internazionale e nel maggio 2005 hanno cofinanziato Project Malawi. Un modello innovativo di cooperazione che prevede l'intervento integrato di quattro ong per creare, entro il 2015, la prima generazione di bambini sani e rilanciare il Paese. «La stabilità democratica e l'assenza di conflitti sono oggi punti di forza - sostiene Marco Maiello, responsabile del progetto per la Fondazione Cariplo - insieme con la fertilità della terra. Il progetto, grazie all'opera dell'ong Cisp punta a battere l'Aids e a diversificare l'agricoltura. Il valore aggiunto del nostro progetto è far lavorare in rete le quattro organizzazioni. Alla fine i risultati saranno superiori alla somma dei rispettivi sforzi». Il Malawi, dopo 120 anni di colonizzazione inglese, oggi vanta una democrazia multipartitica. Ma, ottenuta l'indipendenza da Londra, per 30 anni ha subito la sanguinaria dittatura di Hastings Banda, il "Dottore" che lo isolò dal mondo. Arrivò persino a riconoscere, unico leader nero, il regime dell'apartheid di Pretoria. Nel 1992, i vescovi della Chiesa cattolica (cui appartiene il 35% della popolazione, il 25% sono protestanti, il 10 musulmani, il resto segue la religione tradizionale) ne denunciarono i crimini, l'anno dopo un referendum lo cacciò. Incontriamo Nophan, superstite della generazione bruciata dall'Aids, in una scuola elementare vicina a Blantyre, la capitale commerciale, nel Sud. Fa lo scout volontario con Magga-Sam, ong locale che nel progetto si occupa di prevenzione. «Soprattutto in città - spiega - tre bambini su quattro riescono a frequentare la scuola primaria; ma a 10 anni molti abbandonano e allora la probabilità di comportamenti a rischio aumenta». Attraverso la formazione di educatori gli scout stanno organizzando una campagna di formazione sanitaria per i giovanissimi e incontri di sensibilizzazione con gli adulti. Passaggi decisivi in Malawi, che ha tre grandi ospedali e il peggior rapporto mondiale tra medici e popolazione: uno ogni 50mila abitanti. Nel Paese si conta un solo pediatra. «Su 13 milioni di abitanti vi sono 500mila orfani per Hiv e aumentano al ritmo di 60mila all'anno. Nel 2010 potrebbero raddoppiare. Il loro dramma mina il nostro futuro - commenta Novice Camusi, direttore del programma Community Hiv di Save the Children -, nelle campagne chi perde i genitori per Aids è curato dalla famiglia allargata, In città i bambini rischiano di morire di fame o vivere in strada». Per Project Malawi l'ong costruirà 100 centri di assistenza per 1000 minori e formerà operatori comunitari. Blantyre è stata scelta come area pilota del progetto. Il 2 maggio è stato inaugurato un centro sanitario gestito dalla Comunità di Sant'Egidio, che ha il compito di affrontare l'emergenza primaria, l'epidemia, con il programma sanitario Dream. «I pilastri sono la possibilità di operare a lungo termine - spiega Paola Germano, volontaria, medico dello "Spallanzani" di Roma e coordinatrice per l'Africa di Dream - e la qualità terapeutica dell'intervento. In più, medici e biologi italiani formeranno personale locale». Portare i malawiani a fare il test Hiv è il primo obiettivo. «In questa società è forte lo stigma della malattia, per paura decidono di esaminarsi solo quando vedono i familiari morire. Per convincerli utilizziamo operatoi locali, spesso persone sieropositive in cura». Paola mostra una busta con la luna e il sole disegnate. «Così spieghiamo anche agli analfabeti quando devono prendere le pastiglie». Lungo l'unica arteria stradale che corre verso Nord e collega Blantyre a Lilongwe, la capitale, le abitazioni vengono inghiottite dalla boscaglia. Ai bordi della strada i fuochi illuminano povere bancarelle che vendono frutta e oggetti di artigianato, mentre persone di tutte le età camminano apparentemente senza meta. Vivono in villaggi completamente isolati. Come Mpote, 50 km dalla capitale, dove il capo comunità Austen White, 35 anni, racconta che ogni famiglia coltiva mais e tabacco che vende agli intermediari a mezzo dollaro al chilo. Nella capitale passa poi di mano a 1,70 dollari mentre il prezzo finale di mercato è 2 dollari. Ma nessuno di questi contadini sfruttati è mai stato a Lilongwe perché i minibus costano due dollari, una fortuna. Da qualche mese, grazie agli operatori di Sant'Egidio si spingono a fare il test fino all'ospedale di Mthengo wa Ntenga, ampliato da Project Malawi . Dove vediamo Rejoise, la prima bimba nata sana un mese fa da mamma sieropositiva, una goccia di speranza per il cuore malato dell'Africa.[Avvenire] ANGOLA 8/5/2006 18.06 COLERA: NUOVO BILANCIO DELL’OMS, OLTRE 30.000 CONTAGI [PIME] Non accenna a rallentare l’epidemia di colera in Angola dove nelle ultime 24 ore sono state registrate 7 nuove vittime e 677 contagi, portando il bilancio complessivo a 1145 morti e 30.011 contagiati in 10 delle 18 province del paese. La MISNA lo ha appreso dall’aggiornamento diffuso oggi dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in cui si precisa che il tasso di mortalità è stato stimato al 4%. Per affrontare l’epidemia, iniziata 11 settimane fa con il primo caso registrato nella capitale Luanda, le autorità sanitarie hanno predisposto alcuni ‘centri di reidratazione’ nella capitale e nelle zone colpite, mentre si moltiplicano gli appelli alla prevenzione attraverso la radio e la televisione; ma il governo non ha per il momento chiesto aiuti internazionali. Nei giorni scorsi l’Unicef, tra le agenzie umanitarie che stanno cercando di contenere l’epidemia, ha chiesto alla comunità internazionale un milione di dollari necessari per continuare la distribuzione di sali minerali, disinfettante, sapone, guanti e altri mezzi igenico-sanitari utili a prevenire il contagio. “L’impressione è che l’Angola sia stata colta di sorpresa da questa epidemia, poiché il colera qui è relativamente poco conosciuto”, dice alla MISNA Andrea Aztori, coordinatore delle attività dell’organizzazione non governativa Cuamm Medici per l’Africa, contattato a Luanda e che in passato ha seguito simili emergenze in Mozambico. “A differenza di altri paesi africani, dove il colera è ciclico e si presenta quasi ogni anno, l’ultima epidemia in Angola risale al 1988. Questa minore esperienza può aver colto impreparate le strutture sanitarie e i medici nel diagnosticare la malattia e predisporre misure di contenimento del contagio”, dice Aztori, la cui organizzazione si è messa a disposizione del ministero della Sanità angolano. L’ aggiornamento del personale sanitario sulle caratteristiche epidemiologiche del colera e quello degli ‘operatori di base’ (incaricati di far conoscere alla popolazione questa malattia, sostanzialmente ignota ai più) possono essere tra gli elementi chiave per arginare il contagio, secondo l’esperienza dell’interlocutore. Gli esperti stanno cercando di comprendere le cause di questa improvvisa insorgenza dell’epidemia, visto che i fattori che favoriscono il colera - sovraffollamento nei quartieri poveri, mancanza di servizi igienici, fonti d’acqua non protette - sono presenti da molti anni in Angola. L’epicentro del contagio resta la capitale Luanda e i territori circostanti, con 217 vittime e 15.145 contagi; ma il maggior numero di morti si è registrato nella provincia di Benguela, con 484 vittime su 6.817 malati.
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#39 |
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TANZANIA 9/5/2006 4.33
PER LOTTA A MALARIA, RIMOSSO BANDO CONTRO INSETTICIDA Dopo oltre dieci anni, il governo ha rimosso il bando sull’uso dell’insetticida noto come ‘Ddt’, con l’obiettivo di rafforzare la lotta contro la malaria, che ogni anno provoca la morte di almeno 100.000 persone. Secondo il quotidiano locale ‘The Citizen’, il ministro della salute, David Mwakyusa, ha sostenuto che il provvedimento dovrebbe garantire strumenti più efficaci contro la malattia che, nel 70% dei casi, colpisce soprattutto i bambini di età inferiore ai 5 anni. In Tanzania – ma i dati sono simili anche in altri paesi con le medesime caratteristiche climatiche e ambientali – un terzo delle persone che si recano in ospedali, dispensari o strutture private, sono legate al ‘fattore malaria”. In molti paesi dell’Africa, la malaria – insieme a sida/aids e tubercolosi – è una delle principali cause di morte. Il ‘Ddt’, col nome commerciale di dicloro, difenil-tricoloroteano – avrebbe provocato in modo indiretto un aumento del numero di persone infette in Tanzania; l’uso di questo tipo di insetticida, è stato abbandonato dopo l’inserimento in una lista di 12 prodotti “organici” considerati inquinanti in base alla Convenzione di Stoccolma del 2001. ITALIA 9/5/2006 8.57 LUCCA: TAVOLA ROTONDA SU LOTTA ALL’AIDS (SIDA) IN AFRICA Una tavola rotonda sulla lotta alla sindrome di immunodeficienza acquista (sida/aids) in Africa apre, questa sera al Palazzo Ducale di Lucca, una serie di manifestazioni per presentare il progetto “Crescere la speranza : lotta contro l’hiv e la malnutrizione infantile in Rwanda”, promosso dall’ Ufficio per la Pastorale Missionaria della Diocesi di Lucca, in collaborazione con organizzazioni rwandesi, la Provincia di Lucca , la locale Azienda Usl 2 , il Comune di Capannoni e le associazioni di volontariato lucchesi. L'iniziativa, che prevede una spesa complessiva di 617.900 euro, ha in particolare lo scopo di potenziare quattro centri sanitari pilota nelle località di Byumba, Umutara, Gitarama, Butare - anche con l’invio di personale sanitario lucchese in Randa - ed è sviluppata partendo dal ‘Tavolo di Coordinamento Provinciale sul Rwanda’, promosso dalla Provincia di Lucca nel 2005 e costituito da rappresentanti di tutti gli enti che vi aderiscono. Accanto alla lotta al contagio da hiv (human immunodeficiency virus) notevole anche l'impegno contro la malnutrizione infantile. Numerosi sono gli organismi coinvolti tra cui Caritas, Amani Nyayo, Amatafrica, Kwizera Gruppo Missionario di Gallicano, Congregazione delle Suore Oblate dello Spirito Santo. Alla Tavola Rotonda di stasera, coordinata dalla MISNA, è prevista la partecipazione di Massimo Toschi, assessore alla cooperazione internazionale della Regione Toscana, del direttore del Centro Cooperazione Missionaria di Lucca Don Silvio Righi, del presidente del Ceis Don Bruno Freudiani e di altri esponenti locali e collaboratori del progetto.
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#40 |
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NIGERIA 9/5/2006 7.15
MISTERO SU SPERIMENTAZIONE ILLEGALE DI FARMACI SU BAMBINI [PIME]Secondo un rapporto medico, completato 5 anni fa ma da allora rimasto segreto, nel 1996 un centinaio di bambini nigeriani fu sottoposto dalla società farmaceutica Pfizer a una sperimentazione medica non autorizzata. Nel rapporto - scoperto dalla testata statunitense ‘Washington Post’ e rilanciato oggi dal ‘Daily Champion’, uno dei quotidiani più letti della Nigeria, la commissione medica che lo ha redatto afferma che la Pfizer selezionò nell’ospedale di Kano 100 bambini somministrando loro il Trovan, un medicinale contro la meningite non ancora approvato dalle autorità farmaceutiche americane. Nel 1997, infatti gli Usa approvarono l’utilizzo del medicinale sugli adulti, sottoponendolo comunque due anni più tardi a forti restrizioni, ma non concessero mai i permessi per l’infanzia. La stessa medicina non è approvata dell’Unione Europea. Non è chiaro se i piccoli scelti fossero davvero affetti da meningite, ma cinque di quelli che presero il farmaco morirono, altri svilupparono l’artrite o ebbero danni celebrali; anche altri sei bambini cui era stato dato un placebo di controllo persero la vita. Non fu possibile stabilire se la morte dei bambini o l’insorgenza di altre malattie fossero in correlazione con l’esperimento. Secondo la commissione medica nigeriana non ci sono prove che le famiglie furono adeguatamente informate dei rischi della sperimentazione; inoltre il certificato del comitato etico della Nigeria, in cui si approvava l’operazione, risultò essere stato falsificato dal capo dei ricercatori della Pfizer a Kano. Nel rapporto stilato all’epoca dei fatti dalla commissione medica nigeriana incaricata si affermò che l’esperimento era “un test illegale di una medicina non registrata”, in contravvenzione alla Dichiarazione internazionale di Helsinky e alla Dichiarazione Onu dei diritti dell’infanzia, e un “chiaro caso di sfruttamento dell’ignoranza della gente”. Il panel di medici suggerì alle autorità di “sanzionare adeguatamente” la compagnia farmaceutica, di chiedere risarcimenti e di pretendere le scuse ufficiali al governo e alla popolazione nigeriana, ma anche di prendere misure affinché simili episodi non si ripetessero. Nulla di ciò venne fatto e il rapporto non è stato mai reso pubblico, prima dell’inchiesta giornalistica. A novembre - ricorda il Washigthon Post - una corte federale statunitense aveva respinto l’incriminazione nei confronti della Pfitzer, azienda con quartier generale a New York, per non aver informato le famiglie nigeriane del rischi del Trovan mentre era ancora in attesa dell’approvazione della ‘U.S. Food and Drug Administration’; nella sentenza si afferma che le autorità competenti sul caso sono quelle nigeriane. In un comunicato della società farmaceutica, citato dal ‘Daily Champion’, la compagnia continua a sostenere che le autorità nigeriane erano al corrente dei fatti e respinge le accuse di comportamento non etico.
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