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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 29/7/2006 17.57
ELEZIONI: KISANGANI, CON LUMUMBA VIGILIA SOSPESA TRA PASSATO E FUTURO Nel mercato di Kisangani alla vigilia dello storico appuntamento elettorale è tutto un riecheggiare di voci e musica: ieri al ciarlare dei clienti si è sovrapposta la propaganda dei candidati diffusa dagli altoparlanti, mentre dall’ufficio postale giungevano le note di una banda. È in questa città che Patrice Lumumba sognava di emancipare il suo paese negli anni Cinquanta, mentre gli veniva conferito lo statuto di ‘evolué’, ‘evoluto’, dall’amministrazione coloniale belga ed è dal vicino comune di Mangobo che nell’ottobre 1958 rivendicò l’indipendenza dinanzi a oltre 10.000 persone. Ed è sempre a Kisangani che ieri, un altro Lumumba, il figlio François nato nel 1951, ha arringato la folla in lingua ‘lingala’ nell’ultimo giorno di campagna elettorale. Mentre il fratello Guy Patrice è uno dei 33 candidati alla presidenza, François è tra i 157 che si contendono i cinque seggi parlamentari della terza città del paese, un tempo il principale scalo commerciale del nord dell’ex-Zaire sul fiume Congo. Gli anziani avrebbero voluto mostrargli foto ingiallite di vecchi album e raccontargli i loro ricordi del padre, ma non è del passato che François ha parlato, quanto delle difficoltà della nuova classe politica a imporsi “dal momento che gli accordi di pace hanno dato un premio, ma anche una lunghezza di vantaggio ai belligeranti”. Del resto anche tra i locali, se il ricordo di Lumumba, dei mercenari e dei ribelli Simba si sta affievolendo, è vivo invece quello dei ruandesi e degli ugandesi - che per tre volte si contesero il controllo della città dalla valenza strategica e simbolica - e dei loro complici locali. “Chi ha collaborato con i belligeranti non potrà aspettarsi nulla da questo voto” commenta Raymond Mokeni, uomo d’affari che ha istituito un comitato di sostegno per le vittime delle guerre ruandesi-ugandesi del 1996, citato in una corrispondenza di Colette Braeckmann per il quotidiano belga ‘Le soir’. Oggi è un clima di vigilia: la musica inonda le ‘nganda’, i piccoli bar osteria, dove avventori e conducenti dei mototaxi, i ‘tolekas’, tra una birra e uno spiedino si scambiano previsioni sull’esito delle consultazioni.
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#302 |
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 29/7/2006 18.22
ELEZIONI: MBUJI MAYI, BRUCIATO CAMION CON SCHEDE E MATERIALI PER VOTO Un camion che trasportava 134 kit elettorali per 64 seggi dove domani si vota – contenenti tra l’altro un numero imprecisato di schede – è stato bruciato oggi da un gruppo di giovani a Mbuji Mayi, capitale del Kasai, considerato un ‘feudo’ dell’opposizione. “Tutto il materiale è stato bruciato e domani gli elettori di questa circoscrizione elettorale non potranno votare perché non sappiamo come rimpiazzare le schede” ha detto all’agenzia ‘France Presse’ Hubert Tissuaka, coordinatore provinciale della Commissione elettorale indipendente (Cei). Quando il veicolo è stato preso d’assalto - nel quartiere di Muya, nella zona nord-orientale della città - l’autista, due poliziotti incaricati della sicurezza del materiale elettorale e due funzionari della Cei hanno abbandonato l’automezzo e sono fuggiti. Mbuji Mayi è uno dei ‘bastioni’ dell’Udps (Union pour la démocratie et le progrès social), il partito di Etienne Tshishekedi, che ha boicottato il voto giudicano “truccate” a favore del presidente uscente Joseph Kabila.
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#303 |
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 29/7/2006 19.12
ELEZIONI: VINCERE L’ANALFABETISMO, UNA SFIDA NON SOLO CON LE URNE APERTE Apporre la preferenza sulla scheda elettorale e raccapezzarsi tra nomi e simboli dei 33 candidati alla presidenza e le decine di aspiranti deputati rischia di ostacolare il voto in un paese dove il 44% delle donne e il 19% degli uomini è analfabeta. “Noi abbiamo insegnato alle nostre allieve come esprimere il voto sulle schede, il percorso da seguire, come orientarsi” racconta alla MISNA Marie-Anne Lumu, vicedirettrice del Centro di formazione e promozione femminile ‘Bokolisi’ (‘Far crescere’) di Lemba, uno dei 24 municipi della ‘grande capitale’ Kinshasa che conta quasi 8 milioni di abitanti. “Il livello – aggiunge – è catastrofico: l’analfabetismo non si limita solamente al fatto di non sapere leggere o scrivere. Pochi sanno dire dove abitano o che età anno”. Per facilitare il voto di tutti gli elettori, in ogni seggio elettorale sono stati esposti appositi cartelloni che illustrano passo dopo passo il meccanismo del voto: dall’attesa del proprio turno a cinque metri dall’ingresso del seggio fino al marchio che segnala che si è già votato per evitare irregolarità. “Abbiamo anche promosso corsi di sensibilizzazione e formazione civica” racconta Marie-Anne, che domani sarà anche osservatrice in un seggio elettorale. Nonostante la scarsa istruzione di base delle circa 120 alunne tra i 12 e i 20 anni – aggiunge Marie-Anne, un viso gioviale e un panno colorato che l’avvolge – “abbiamo però notato una cosa curiosa e interessante: le giovani donne e ‘maman’ sanno che tra i candidati vi è gente che ha commesso crimini nell’est del paese e altrove. E hanno un desiderio immenso di andare a votare ‘per cambiare la loro vita’”. Il Centro – che oggi opera sotto la responsabilità dell’arcidiocesi di Kinshasa – è stato creato nel 1971 su iniziativa dell’istituto pedagogico nazionale (pubblico), con l’aiuto di suor Cristiane Van Hengerborg, assistente sociale e missionaria del Cuore immacolato di Maria. Diversamente dalle scuole pubbliche, che non hanno alcun materiale, né tavoli né sedie, a volte neppure un tetto, il Centro offre in cambio di qualche dollaro all’anno delle vere aule e sale da cucito in un complesso di cinque piani. “Rafforzare il settore dell’educazione deve essere una priorità dei nuovi dirigenti che verranno eletti. Il lassismo, la corruzione, la mancanza di controllo nella gestione del settore dell’educazione dopo tanti anni ha portato a uno stato di degradazione inaccettabile delle scuole. Senza contare che gli insegnanti sono mal pagati (poco più di 10 euro al mese), se non addirittura non pagati” conclude Marie-Anne con voce posata ma risoluta. (Da Kinshasa, Céline Camoin)
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 29/7/2006 21.23
ELEZIONI, STAMPA: PREPARATIVI PER GOLPE CON COINVOLGIMENTO SUDAFRICANO Un non meglio precisato “colpo di stato” per rovesciare il presidente Joseph Kabila sarebbe stato programmato per il prossimo mese di dicembre da un controverso uomo d’affari sudafricano e da un piccolo partito congolese che ha boicottato le elezioni di domani. Secondo due registrazioni video di cui afferma di essere in possesso il quotidiano sudafricano ‘Beeld’ – pubblicato in inglese e in afrikaans nella provincia del Guateng, che ha per capoluogo Johannesburg – sarebbero avvenuti almeno 11 incontri preparatori del golpe tra maggio 2005 e lo stesse mese di quest’anno. Il presunto piano di destabilizzazione vedrebbe coinvolto Jemadari Vi-Bee-Kil Kilele, segretario generale del Partito nazionale del Congo (Pnc) e l’uomo d’affari Jan Johannes Smith, al quale Kilele nel video si rivolge chiamandolo ‘Jannie’. Secondo fonti del quotidiano, Smith avrebbe legami con Johan Niemoller, ex-componente del Civil Cooperation Bureau (Ccb), la formazione accusata di avere giustiziato un elevato numero di combattenti dell’African National Congress (Anc) di Nelson Mandela durante l’apartheid; la Ccb venne guidata – tra gli altri – da quel Eeben Barlow che ha fu poi tra i fondatori della ‘Executives Outcomes’ (Eo), una delle principali agenzie di sicurezza attive in Africa che ha ingaggiato mercenari per la protezione di impianti minerari e per l’addestramento di militari, tra l’altro, anche in Sierra Leone e in Angola. Nel video – dove sia l’uomo d’affari sudafricano che il congolese sono affiancati da un paio di “collaboratori” – Kilele affermerebbe che l’obiettivo del putsch sarebbe “sbarazzarsi dell’attuale governo”, senza tuttavia considerare che a dicembre – la data del golpe indicata dal quotidiano - dovrebbe essere in carica già il nuovo esecutivo che uscirà dal voto di domani. Secondo fonti citate dal giornale, il piano sarebbe finanziato con fondi europei e “i suoi preparativi proseguono”, con la prevista partecipazione di circa 250 mercenari. Esperti contattati dallo stesso ‘Beeld’ affermano che il partito di Kilele ha il suo quartier generale a Johannesburg ma anche alcune attività in Congo, in particolare a Bukavu, capoluogo della provincia orientale del Sud-Kivu, una delle zone più instabili dell’ex-Zaire.
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UGANDA 29/7/2006 21.54
DELEGAZIONE DI PACE INCONTRA "NUMERO 2" RIBELLI LRA A CONFINE SUDAN-CONGO Il vice-comandante dell’Esercito di resistenza del Signore (Lord’s resistance army, Lra) Vincent Otti – ricercato dalla Corte penale internazionale dell’Aja per crimini di guerra e contro l’umanità – ha incontrato oggi in una radura al confine tra Repubblica democratica del Congo e Sudan una delegazione ugandese che sta cercando di convincere i ribelli a deporre le armi. Guidata dal vicepresidente del Sud Sudan Riek Machar – che da alcuni mesi guida la mediazione con lo Lra – la delegazione era composta da alcuni funzionari governativi, leader religiosi locali e capi tradizionali del nord Uganda, la regione dove i ribelli hanno commesso violenze contro i civili per quasi vent’anni. Alla presenza di una quarantina di miliziani armati, alcuni adolescenti – come si legge nella corrispondenza di un giornalista dell’agenzia ‘Reuters’ al seguito – Otti ha stretto le mani e persino scherzato sia con il vicepresidente del Sud Sudan che con gli altri delegati. All’incontro non ha però partecipato Joseph Kony, il comandante dello Lra, che secondo i mediatori potrebbe “uscire” dalla fitta boscaglia domani, per incontrare la delegazione ugandese. L’obiettivo dell’incontro sarebbe quello di convincere Kony ad accettare il piano di pace di cui in questi giorni stanno discutendo in colloqui ufficiali a Juba, in Sud Sudan, inviati del governo di Kampala ed delegati degli stessi ribelli. Il presidente ugandese Yoweri Museveni ha promesso a Kony l’immunità se accetta il piano di pace entro la metà di settembre, mentre la Corte penale internazionale chiede che sia eseguito il mandato di cattura internazionale contro il capo ribelle e altri 4 comandanti, tra cui lo stesso Otti.
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 29/7/2006 22.13
ELEZIONI: “STANOTTE, SCRUTATORI, SEGRETARI, PRESIDENTI DORMIRANNO NEI SEGGI” VIGILIA DEL VOTO: il clima che si respira è di grande attesa, qui nel Kivu, regione a est di questo stato grande otto volte l’Italia. Il silenzio elettorale è stato rispettato in maniera lodevole: non solo nessun comizio e nessuno slogan per le strade, ma addirittura nella notte sono stati tolti tutti i manifesti elettorali che invadevano la città. La gente, che fino a ieri indossava orgogliosa la maglietta o il cappellino del proprio candidato, oggi ha lasciato nell’armadio tutto quello che poteva alludere al voto. Anche nei quartieri popolari e periferici, fatti di baracche, questa attenzione è stata scrupolosa, segno di una partecipazione e di una educazione civica notevoli. Tutto è pronto per domani. Alla pre-apertura dei seggi, gli osservatori nazionali e internazionali verificano che tutto sia in regola: i 'centres de vote' (ognuno dei quali ha circa 6000 votanti) stanno ultimando i preparativi e l’allestimento delle cabine elettorali; i materiali elettorali sono arrivati già da qualche giorno, senza intoppi. Ad esempio a Cahi, quartiere popolare della periferia di Bukavu, è stato allestito anche un 'bureau de vote' all’interno dell’ospedale, per consentire anche ai malati di votare. STANOTTE, scrutatori, segretari, presidenti dormiranno nei seggi, così da essere pronti per domattina alle 5 per le prime operazioni. I seggi si apriranno infatti alle 6 ( le 7 in Italia) e resteranno aperti fino alle 17, dal sorgere del sole al tramonto. Poi, quando tutti gli elettori avranno votato, si procederà subito allo spoglio e alla conta dei voti: la lunga notte del Congo al suo passaggio storico. Anche i 61 osservatori della Società Civile italiana, sparsi sul territorio del Nord e Sud Kivu, hanno compiuto oggi verifiche e ispezioni ai 'centres de vote' loro assegnati. Dalla maggior parte delle 23 équipes giungono segnalazioni sulla regolarità dei preparativi. Da una zona soltanto, segnalato il numero non sufficiente di tamponi di inchiostro che serviranno agli analfabeti per contrassegnare il candidato prescelto. L’attesa febbrile del voto pare aver placato anche le tensioni esistenti in questa parte di Congo al confine con il Rwanda, in una sorta di tregua. Solo da due o tre di questi luoghi sono giunte notizie di tensioni, rientrate però nell’arco della giornata. LA SOCIETA’ CIVILE è dall’inizio dell’anno che si sta muovendo affinché le elezioni risultino davvero libere e democratiche e vedano la partecipazione più ampia possibile degli aventi diritto al voto. In particolare nel Sud Kivu ha organizzato e promosso incontri, dibattiti, sessioni di approfondimento, iniziative di conoscenza con i diversi candidati locali al parlamento. Ma anche partite di calcio in cui si affrontavano squadre composte da ordinari avversari (pigmei del Nord Kivu contro pigmei del Sud Kivu in alcune località; autorità civili contro militari in altre) che, alla fine, vincitori o vinti, si abbracciavano comunque, fornendo una simbolica testimonianza di concordia. «Come società civile organizzata noi intendiamo l’insieme di associazioni civili e organizzazioni non governative(ong) locali che si mettono insieme e lavorano in rete – hanno spiegato gli addetti al coordinamento incontrando gli osservatori internazionali della società civile italiana – un movimento che comprende più di 1500 organismi: ong per lo sviluppo; organizzazioni per la tutela dei diritti dell’uomo; organizzazioni di donne; organizzazioni di giovani; confessioni religiose; sindacati e corporazioni; intellettuali; associazioni che si occupano di sport, cultura e tempo libero; associazioni a interesse economico; associazioni caritative e umanitarie». Fondamentale la sua presenza durante la guerra per porre un limite, con strumenti nonviolenti, alla violenza dei banditi e dei ribelli che ha profondamente segnato questa parte del paese. Frutto della società civile congolese è anche Renosec, la rete degli osservatori nazionali del Congo, che si è organizzata in vista delle elezioni formando un gruppo di osservatori elettorali nazionali, che saranno dislocati anche nella provincia.
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 29/7/2006 23.15
ELEZIONI: KINSHASA, SARÀ UNA GIORNATA MOLTO LUNGA AL SEGGIO 1277 La notte cala su Kinshasa e gli scrutatori del centro elettorale numero 1277 nel quartiere di Lemba, nella periferia est della capitale, finiscono gli ultimi preparativi per il voto di domani al buio. Non c’è corrente, ma qui è normale e tutti ci sono abituati. Con cortesia, il responsabile di uno dei 18 seggi installati in questa scuola permette di visitare il suo, alla luce di una candela; una piccola stanza di circa 25 metri quadrati, con tre piccoli tavoli di legno, un banco, due o tre sedie e quattro cabine elettorali di cartone. “Guardate, abbiamo le urne, due bianche per le legislative e una arancione per le presidenziali. Come vedete, è tutto organizzato” dice con voce calma ma un po’ sospettosa. “Domani dovremo essere qui alle 5 del mattino, poi tutta la giornata durante le operazioni di voto e in seguito ancora per lo spoglio delle schede. Sarà una lunga giornata, ma noi siamo stati adeguatamente preparati per questo”, assicura. Uno scrutatore s’avvicina e vedendo la cronista che pone delle domande, racconta che il personale non ha ancora ricevuto parte del materiale per lavorare (foglie, penne) e che per ora c’è solo un tampone ad inchiostro per ogni seggio, ma non bastano. Il responsabile del centro elettorale lo guarda di sottecchi e qualcuno gli dice in lingua locale ‘lingala’ che sta parlando a una giornalista: lo scrutatore s’allontana. “Ci porteranno tutto stasera o domattina” assicura il presidente del seggio. Domani sono attesi circa tremila elettori in questa sezione all’interno del complesso scolastico ‘Dibasana’. La lista dei loro nomi non è ancora affissa all’esterno, ma il responsabile afferma che saranno portate ai seggi domattina. Pazienza. “Credo che mi dovrò alzare alle 4.30 per andare a votare: per la registrazione degli elettori ci sono voluti tre giorni e non erano bastati. Mi chiedo allora come potremo votare tutti domani dalle 6 del mattino alle 17” s’interroga Bibiche, 30 anni, una ragazza del quartiere. “E mi domando come farà la gente ad andare ai seggi nelle zone interne del paese”. “Io non ho capito nulla di tutta questa storia” gli fa eco suo fratello Constantin, 20 anni, studenti, che mostra evidenti problemi di comprensione del meccanismo elettorale. La loro sorella Virginie – sono in otto figli in famiglia – prosegue: “Oggi abbiamo partecipato a un’iniziativa di educazione civica in parrocchia, ci hanno detto che bisogna mettere un segno, una croce diritta o diagonale. Oppure l’impronta, prestando attenzione a non uscire dal riquadro dove si trova il nome del candidato” spiega con un po’ d’esitazione. “In realtà non siamo tanto convinti, ci sono un sacco di cose che non sembrano chiare in queste elezioni, non abbiamo l’impressione che sia davvero tutto pronto. In giro si sente parlare di furti di certificati elettorali, di frodi… tutto è un po’ confuso nella preparazione del voto” continua Virginie, 27 anni, che dopo una formazione in informatica è entrata nel “business” come definiscono qui a Kinshasa le piccole attività commerciali. Tre poliziotti fanno la guardia davanti al centro, due donne e un uomo. Resteranno tutta la notte, poi domani per tutta la giornata – affiancati da altri sei colleghi – e ancora la sera, per controllare che non ci siano problemi. Sembra che sia stato promesso un ‘bonus’ per il servizio prestato dagli agenti durante le operazioni di voto – alle quali non partecipano, così come sono esclusi dal voto i militari e la guardia presidenziale – in aggiunta ai circa 40 euro al mese di stipendio. Domattina alle 5 tutto il personale dovrà essere sul posto. Per una giornata lunga. Molto lunga.
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Darfur: esercito attacca ribelli
Raid aerei contro alleanza che non ha firmato tregua Forze armate sudanesi hanno attaccato nel Darfur alcune basi di un'alleanza che, nel maggio scorso, non aveva sottoscritto una tregua.Patrocinata dall'Unione africana (Ua), la tregua era stata firmata da due gruppi ribelli e il governo. Bakr Hamid al-Nur, del Fronte per la redenzione nazionale, ha detto che l'offensiva del governo sudanese ha costretto ad abbandonare le proprie case centinaia di persone a Jabel Moun e Kulkul. Preoccupazione dell'Onu e dell'Ua per la sicurezza dei civili.
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#309 |
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 30/7/2006 10.49
ELEZIONI: PRESIDENTE PARLAMENTO AFRICANO, “SOSTEGNO DA TUTTO CONTINENTE” “Elezioni libere e trasparenti nella Repubblica democratica del Congo sono l’unico metodo per riportare democrazia in questo paese: è necessario però un impegno forte per evitare che chi ha destabilizzato a lungo l’ex-Zaire ci rimetta le mani un’altra volta”: lo ha detto alla MISNA Gertrude Mongella, presidente del parlamento panafricano, incontrata a Roma a margine di un convegno internazionale. Sulle elezioni presidenziali e legislative di oggi in Congo - che dovrebbero porre fine a un periodo di lunga instabilità nella regione dei Grandi Laghi e in tutta l’Africa Centrale – aggiunge: “Non dovremmo dimenticare che il Congo è stato destabilizzato per troppi anni e quindi una sola tornata elettorale potrebbe non essere sufficiente. Per questo è necessario lasciare che i congolesi possano lavorare per la democrazia e riprendere il cammino della ricostruzione”. Per il quale, precisa, “è necessario il pieno sostegno di tutta l’Africa e della comunità internazionale. Ed è indispensabile che lo sfruttamento delle sue enormi risorse naturali possa trasformarsi finalmente in un beneficio per i suoi abitanti”. Finora, invece, il “tesoro naturale” del Congo – oro, diamanti, cobalto, rame e potenziali giacimenti di petrolio e di gas nell’est – è stato il ‘bottino di guerra’ di ribelli e gruppi armati sostenuti dai governi di almeno 6 paesi della regione che si sono affrontati militarmente tra il 1996 e il 2003. “Proviamo a spostare la prospettiva: perché i paesi africani ricchi di risorse soffrono di queste ferite? Perché viene permesso da ‘qualcuno’ che nel nostro continente si lavori per lo sviluppo e non per i conflitti?” si interroga la presidente del primo parlamento africano, eletto nel 2004 e con sede provvisoria in Sudafrica. “È un interrogativo che riguarda tutti noi, a partire dai deputati del parlamento che presiedo, fino ai vertici dell’Unione Africana. Ma riguarda anche chi vive in altri paesi più rispettati e persino le persone che sanno di essere parte del problema”.
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#310 |
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 30/7/2006 9.53
ELEZIONI: KINSHASA, IN CODA CON PAZIENZA AL SEGGIO DELLA SCUOLA ‘DIBASANA’ Emmanuel Libatu, 20 anni, studente, attende in una fila ordinata insieme a una cinquantina di persone. È impaziente di esercitare il suo diritto di voto: “L’attesa è un po’ stancante” dice alla cronista della MISNA al piccolo cancello d’ingresso della scuola ‘Dibasana’, che ospita due sezioni elettorali e una ventina di seggi lungo boulevard Kahoha, nel quartiere di Lemba-Terminus della capitale Kinshasa. Un poliziotto, con modi gentili, aiuta gli elettori un po’ in difficoltà: all’esterno dei ‘bureau de vote’ non ci sono gli elenchi nominativi degli aventi diritto, ma i numeri delle tessere elettorali. “Questo meccanismo è un po’ complicato” aggiunge Olelo, una ragazza che stamani alle 7 era già davanti al seggio numero 1277. “Mi sono sbrigata, è stato veloce e soprattutto sono contenta di aver votato. Per chi? Non ve lo dico, ma spero che il mio candidato vinca”, allude riferendosi evidentemente a qualcuno dei 32 in lizza per la presidenza. Il complesso scolastico ospita due ‘centri di voto’: il primo ha aperto regolarmente, l’altro – nell’antistante edificio a un piano – invece ha ritardato di quasi un’ora e mezza, provocando qualche protesta. Tra gli elettori che aspettano il proprio turno c’è anche una donna col figlio “annodato” con un panno sulla schiena nel modo tradizionale. Dorme sereno, mentre il Congo oggi sceglie il futuro che sarà anche di questo bambino. Dentro il piccolo seggio, intanto, i cosiddetti “testimoni” dei partiti – cioè i rappresentanti di lista – fanno a turno per verificare la regolarità del voto. Le formazioni politiche sono una pletora, altrettanti i loro delegati che perciò devono alternarsi nell’angusta saletta dove si vota. Procedura non semplicissima, illustrata da appositi disegni affissi alle pareti: prima la scelta del presidente, si compila la scheda nella cabina elettorale, la si depone nell’urna arancione, poi si prende l’altra scheda-formato-lenzuolo per i 500 deputati del Parlamento (sfiora il metro quadrato di dimensioni!), si esprime ancora la preferenza e di nuovo nell’urna, questa volta di colore bianco. Anche stamani la televisione di Stato ha mandato in onda filmati e simulazioni per spiegare ai cittadini le modalità di un voto atteso oltre 40 anni. “Stanotte intorno alle 3:00 – racconta un missionario italiano impegnato da oltre 15 anni a Kinshasa – qualcuno mi ha mandato un ‘messaggino’ sul cellulare per dirmi che si stava già recando al seggio: è un buon segno”, sorride il religioso. Poco distante dalla scuola ‘Dibasana’, a casa di Olelo, 30 anni, vive una famiglia composta da 12 persone; i maggiorenni, che hanno diritto al voto, sono 8: mentre dal telefono dell’inviata della MISNA si sente un gallo che canta nel cortile, si aspetta il caffé e ci si prepara ad andare alle urne.
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 30/7/2006 9.04
ELEZIONI, IN MIGLIAIA DAL BURUNDI PER VOTARE Autobus, taxi, persino biciclette: sono partiti nei giorni scorsi a bordo di qualsiasi mezzo disponibile le migliaia di congolesi residenti in Burundi, pur di non mancare oggi alle prime elezioni multi-partitiche della Repubblica democratica del Congo dall’indipendenza del 1960. Dopo aver chiesto il visto in uno dei 15 uffici aperti dall’ambasciata congolese in Burundi – nella capitale Bujumbura, nella provincia centrale di Gitega e a Rumonge nella provincia meridionale di Bururi – si sono affrettati ad attraversare le polverose strade al confine col nordovest del loro paese, prima della chiusura della frontiera. Al 27 luglio erano stati accordati 18.000 visti, ma alle porte dell’ambasciata sono continuate anche dopo le file di congolesi desiderosi di tornare nell’ex-Zaire per votare: secondo Makonga Monga – l’incaricato d’affari presso l’ambasciata congolese a Bujumbura – almeno 25.000 hanno attraversato il confine. Per farlo occorreva presentare sia la carta elettorale che il ‘foglio bianco’ rilasciato dall’ambasciata e riceverne uno rosa recante il timbro dell’immigrazione. Per facilitare le operazioni, circa 20 stazioni di lavoro erano state allestite lungo il confine tra Burundi e Repubblica democratica del Congo, a circa 3 chilometri dall’ufficio di frontiera di Gatumba. Tanta burocrazia non ha affievolito l’entusiasmo per lo storico appuntamento: “Malgrado risiedano in Burundi da diversi anni, i congolesi da giorni non parlavano che di elezioni e fremevano per votare” ha detto alla MISNA una fonte missionaria contattata a Bujumbura, aggiungendo: “In molti hanno anche organizzato collette per noleggiare mezzi di trasporto collettivi”.
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 30/7/2006 11.27
ELEZIONI: DA EST A OVEST, PER ORA VOTO TRANQUILLO “Gli elettori sono in coda per votare, le operazioni procedono spedite e ordinate… anche perché qui piove e c'è qualcuno che non vuole stare sotto l’acqua in attesa”: lo dice alla MISNA fratel Raphael Naranjo, comboniano, spagnolo, raggiunto per telefono nella città nord-orientale di Isiro, dove proseguono con regolarità le operazioni di voto. Da est a ovest, per ora, le attese e storiche elezioni di oggi si stanno svolgendo in un clima di serenità anche se non mancano problemi logistici e organizzativi. “Qualcuno si è presentato ai seggi senza tessera elettorale chiedendo comunque di poter esercitare il proprio diritto, questo rallenta le operazioni anche se non vi sono stati particolare problemi” racconta alla MISNA padre Louis Iyeli, raggiunto per telefono a Mbandaka, nella provincia dell’Equatore, a nord della capitale Kinshasa. Qui - dove il sole per davvero a mezzogiorno non fa ombra perché cade in verticale - “Ia situazione è serena – aggiunge il religioso – e stamattina nei seggi allestiti presso il Centro universitario ho visto centinaia di persone in coda: qui tutti hanno voglia di partecipare al voto, nessuno si vuole perdere questa opportunità”. Notizie positive giungono anche da Uvira, località sul lago Tanganyika nell'estremità orientale del paese, dove tutto sta "filando liscio", come conferma un osservatore internazionale raggiunto per telefono all'interno di un seggio.
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 30/7/2006 13.31
ELEZIONI: ALLA CLINICA ‘BOYELE’, SPERANZE NEGLI OCCHI DI MEDICI E PAZIENTI “Dopo anni di guerra importata, chiediamo la pace. E soprattutto vorremmo che chiunque vinca queste elezioni dimostri volontà di migliorare i servizi sociali e in particolare la sanità” dice il dottor Dedetemo Kpalawele, mostrando il pollice macchiato d’inchiostro usato poco prima nel seggio elettorale 1306 per imprimere la propria scelta sulla scheda. Conosce da vicino lo sfacelo della sanità pubblica della capitale: è caposervizio alla clinica universitaria di Kinshasa ma – come altri colleghi – ha voluto avviare una piccola attività “privata” per garantire cure a chi ne ha bisogno e sostegno alla sua famiglia. “Pago 280 dollari d’affitto e ho avviato questo piccolo centro sanitario con l’aiuto dei miei parenti”, spiega alla cronista della MISNA. Il ‘Centre de santé et maternité Boyele’ – una scritta rossa sul muro d’ingresso - è una struttura semplice. “Modesta”, precisa il dottore con sguardo schietto. Un edificio a un piano color verde acqua, un piccolo cortile in cemento e due panchine all’esterno; dentro, stanze semplici con materassi di gomma piuma adagiati su letti rosicchiati dalla ruggine. “Le strutture pubbliche non sono in grado di assicurare assistenza: qui applichiamo tariffe sociali minime, anche di 2 dollari” aggiunge. Quattro medici e otto infermieri, che oggi stanno facendo a turno per andare a votare. Magdeleine Okosso, capo infermiera, si è già recata al seggio. Richard, un paziente a cui ieri hanno asportato una piccola ernia, stamani ha chiesto a un fratello di portarlo al suo ‘bureau de vote’ nella zona orientale di Kinshasa. “Lo stipendio medio di un medico qualificato è di circa 18.000 franchi congolesi, 40 dollari al mese” prosegue il dottor Kpalawele. “Ecco perché, come altri colleghi, ho dovuto organizzarmi in modo diverso e autonomo. Questo governo non ha fatto assolutamente nulla per la gente e per la sanità, il prossimo non potrà continuare così”, aggiunge. Anche perché, come molte altre volte, anche stamattina dalle 5:00 alle 8:00 è mancata la corrente. “Ci siamo abituati”, scrolla le spalle la caposala. E la piccola sala-parto, per alcune ore è rimasta ancora più buia del solito, illuminata solo da una finestrella. Qui martedì scorso è nata la piccola Josianne, che ora la mamma Jeanine mostra con orgoglio alla giornalista in visita al ‘Centro Boyele’. “Vorrei andare a votare, è un’occasione da non perdere. Ma non so sei i miei parenti potranno portarmi. Ma il governo non ha previsto nulla per gli ammalati?” s’interroga la neo-mamma. Difficile darle una risposta. Un sorriso e un augurio per la piccola sono il congedo da questa semplice oasi di umanità. Fuori, lungo i soliti affollati marciapiedi si vende il ‘Chikwange’, involtini di manioca bolliti avvolti in foglie di banano. Due bambini giocano scalzi con un pallone accanto alla parrocchia ‘Saint Benoît’. Dal pulpito, padre Eudes Le Vilain parla dell’odierno appuntamento con la storia: “Una scelta sbagliata sarà come firmare un patto con la sofferenza; una scelta giusta porterà pane e pace”. I due bambini fuori non sentono, ma sorridono incuriositi alla cronista francese della MISNA: “Mundelé”, “bianca” le dicono. E scappano via.
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 30/7/2006 14.43
ELEZIONI: MBUJI-MAYI, NEL FEUDO DELL’OPPOSIZIONE ISOLATI INCIDENTI “Da un paio d’ore la situazione di è normalizzata, ma stamani molti elettori in alcuni quartieri di Mbuji Mayi hanno preferito restare a casa nel timore di essere aggrediti da bande di giovani. Adesso, invece, nei seggi elettorali si lavora a pieno ritmo”: lo dice alla MISNA Gilé Manza, giornalista, direttore della radio diocesana ‘Franternité’ nella capitale del Kasai, considerato il capoluogo dell’opposizione e, in particolare, dell’Udps. Ieri era stato bruciato un camion che trasportava materiale elettorale, stamani sono stati assaltati e bruciati due seggi mentre due funzionari della Commissione elettorale indipendente (Cei) sono rimasti feriti. “In alcune zone della città abbiamo avuto notizia di persone aggredite mentre andavano a votare; ad alcuni è stata strappata la tessera elettorale per impedire di esercitare il proprio diritto di voto” aggiunge Manza. “I seggi hanno aperto regolarmente intorno alle sei ma in qualche quartiere gli elettori sono usciti di casa solo dopo le 11:00. Ora, da quello che ho visto, tutto sta procedendo nella calma”. L’Udsp – l’Union Pour la Démocratie et le Progrès Social guidata dallo storico oppositore Etienne Tshisekedi – ha ripetutamente invitato a boicottare il voto che, a suo parere, non sarebbe stato organizzato in modo corretto. “Per ostacolare ulteriormente il voto – dice ancora alla MISNA Manza – oggi è stata convocata la cosiddetta ‘ville morte’, una sorta di sciopero generale: il mercato era deserto e gran parte delle botteghe sono rimaste chiuse. Siamo andati a votare a piedi perchè non c’erano taxi per le strade”. Non tanto per l’adesione alla protesta organizzata dall’opposizione, ma per il timore “di venir coinvolti in incidenti provocati da isolati gruppi di violenti, che sono stati comunque prontamente messi sotto controllo da parte della polizia”. A controllare l’andamento delle operazioni di voto di Mbuji Mayi, come nel resto del paese, sono presenti anche osservatori locali e internazionali; per lo ‘storico’ appuntamento con le urne di oggi, in Congo ne sono presenti 47.000 locali e oltre 2.000 dall’estero, in aggiunta a circa 193.000 rappresentanti di lista discolpati nei 49.746 seggi.
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Congo: in corso storico voto
Le prime elezioni libere da 40 anni in qua I cittadini della Repubblica democratica del Congo (Rdc) votano per eleggere presidente e parlamento, nelle prime elezioni libere da 40 anni. I seggi hanno aperto alle 6 del mattino nell'est, e un'ora piu' tardi nella parte ovest. Cinquantamila seggi elettorali, opportunamente protetti, sono allestiti in tutto il Paese. 'Siamo pronti per le elezioni di domenica', ha annunciato fiducioso Ross Mountain, rappresentante speciale dell'Onu in Congo .
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 30/7/2006 15.48
ELEZIONI: BREVI DAI SEGGI CONGO – Da tutto il paese giungono numerose segnalazioni riguardo al fatto che le urne di molti seggi sono ormai già stracolme (anche a causa delle dimensioni delle schede elettorali) e non sono più in grado di contenere altri voti. In alcuni seggi sarebbero già state utilizzate tutte le 4 urne in plastica trasparenti consegnate dalla Commissione elettorale indipendente (Cei) IDIOFA – Quasi un migliaio di persone ha fatto irruzione in un seggio elettorale per protestare dopo che gli era stato impedito di votare in questa città della provincia occidentale di Bandundu. In alcuni casi i nomi dei manifestanti non comparivano nella lista degli elettori, mentre in altri i votanti erano stati registrati in circoscrizioni differenti da quella in cui si erano recati. La folla ha occupato l’ufficio tenendo in ostaggio i funzionari elettorali e alcuni caschi blu presenti, finchè non è intervenuta la polizia che ha disperso i dimostranti. MBANDAKA – Sono almeno 1500 le persone che stamani hanno manifestato per le vie di Mbandaka per rivendicare il loro diritto al voto. Secondo le informazioni raccolte, si tratta di commercianti ambulanti o di persone in viaggio attraverso la provincia che non vengono lasciati votare in città perché registrati in altre circoscrizioni. MATADI – Anche a Matadi un numero imprecisato di persone è sceso in strada per protestare contro il mancato voto. Secondo le prime informazioni, il corteo sarebbe degenerato e si sono verificati alcuni scontri. Per ora si hanno notizie solo di alcuni feriti KINSHASA: Un agente elettorale è stato arrestato nel quartiere di Bumbu per aver introdotto nel seggio di suo competenza un gruppo di elettori non autorizzati, mentre un militare è stato fermato dopo essere stato trovato in possesso di varie schede elettorali.
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 30/7/2006 17.48
PRESIDENTE COMMISSIONE ELETTORALE FA UN BILANCIO DEL LAVORO SVOLTO “Di fronte alle enormi sfide che ci attendevamo, abbiamo fatto tutto il possibile e le condizione sono secondo me le migliori in cui potessimo sperare. Il voto di oggi è un’occasione da cogliere” questo il bilancio di due anni di lavoro tracciato alla MISNA da padre Apollinaire Malu-Malu, presidente della Commissione elettorale indipendente (Cei), contattato nella capitale Kinshasa ieri alla vigilia delle elezioni presidenziali e legislative. “Non vi è mai un momento propizio al cento per cento. Ma oggi abbiamo in mano le carte giuste perché il processo riesca. Non siamo mai stati così pronti e le condizioni sono le migliori” aggiunge Malu Malu, che, quasi per rispondere alle numerose critiche indirizzategli negli ultimi mesi, puntualizza: “se si ricerca la perfezione, non la si otterrà mai”. In altre parole il momento del voto si sarebbe potuto posticipare, come molte forze politiche e sociali avevano chiesto nei mesi scorsi, ma col rischio, secondo il presidente Cei, di non andare mai alle urne. “L’essenziale è stato fatto” prosegue il sacerdote che pure riconosce alcuni dei problemi incontrati nella lunga marcia che ha portato al voto di oggi. Durante la campagna elettorale vi è stata, spiega, “un’evidente disuguaglianza di possibilità tra i candidati, che non hanno avuto tutti le stesse risorse” e “qualche manifestazione pubblica è stata contrassegnata da abusi delle forze di polizia”, ma, sottolinea, “non si possono cambiare le cose in un giorno: restano ancora dei progressi da fare”. In risposta alle polemiche sollevate dalle presunte irregolarità e dalle denunce espresse nelle scorse settimane da alcuni candidati e forze politiche, il presidente della Commissione elettorale indipendente sottolinea “che si tratta solo di parole, visto che ad oggi nessun candidato ha presentato una denuncia formale o un dossier. Tutte cose necessarie per l’apertura di un’inchiesta”. La Cei ha istituito 169 circoscrizioni a livello nazionale, per un totale di 49746 seggi. Lo spoglio dei voti comincerà immediatamente, mentre non è stata fissata alcuna data per la proclamazione dei risultati. Queste elezioni, definite “storiche” dalla comunità internazionale, si stanno svolgendo in presenza di 47.000 osservatori nazionali, 1500 internazionali, 193.000 rappresentanti di lista dei partiti politici e dei candidati indipendenti. Circa 75.000 poliziotti congolesi, i caschi blu della Missione di pace dell’Onu in Congo (Monuc) e un migliaio di soldati europei (il contingente Eurofor) stanno sorvegliando le operazioni di voto. Sono circa 24.440.000 gli elettori chiamati oggi a scegliere tra 32 candidati al primo turno delle presidenziali e 9707 pretendenti ai 500 seggi dei deputati per porre definitivamente fine al periodo di transizione dell’ex-Zaire.
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 30/7/2006 18.39
ELEZIONI: KISANGANI, VOTO TRANQUILLO SULLA ‘PERLA’ DEL FIUME CONGO Biciclette, sacchi di manioca e galline: a bordo, nei tronchi concavi di queste imbarcazioni d’altri tempi, c’è posto per tutti. Tra le centinaia di passeggeri saliti oggi sulle piroghe c’erano anche molti elettori, che si sono spostati da un lato all’altro del fiume Congo per recarsi alle urne. In questi minuti – secondo l’orario indicato dalla Commissione elettorale indipendente – i seggi dovrebbero avere ormai chiuso, 60 minuti d’anticipo rispetto alla capitale Kinshasa, che dista oltre duemila chilometri sul fiume e un’ora di fuso orario. “I seggi erano affollati fin dall’alba” racconta alla MISNA padre Joesph Ngumba-Lelo, missionario comboniano. Lungo i cento metri di argine che separano l’imbarcadero delle canoe di legno dai giganti arrugginiti del vecchio porto fluviale - gli scheletri d’acciaio delle gru d’epoca coloniale incombono con il loro profilo metallico sulle acque torbide del Grande Fiume – c’era meno movimento del solito stamani. “Ho visto molta serenità, la gente è andata al voto in modo massiccio ma ordinato” dice ancora il missionario comboniano. Tra i candidati di oggi alla presidenza c’è anche chi – come Azarias Ruberwa, oggi vicepresidente – con i miliziani del ‘Rassemblement congolais pour la Démocratie’ (Rcd-Goma) tenne in scacco la città per lungo tempo. La navigazione fluviale – un tempo simbolo di relativa prosperità - non esiste quasi più, fagocitata dalla guerra che tra il 1998 e il 2003 ha divorato il Paese e la sua gente: gli eserciti invasori di Rwanda e Uganda, qui, nel nord della Repubblica democratica del Congo, si sono duramente scontrati almeno tre volte provocando la morte di migliaia di civili. Oggi, nelle urne, i congolesi cercano di chiudere i conti con questo passato. “Siamo stanchi di essere perennemente sfruttati da altri: abbiamo le risorse, lasciateci costruire da soli il nostro futuro” dice Anderson Nbenga, studente di giurisprudenza, camicia blu e ciabatte infradito. Per campare conduce un taxi-vélo, bici con sellino di stoffa colorata per trasporto promiscuo di persone e cose. Ne è piena questa Pechino dei Grandi Laghi, dove sull’unica carreggiata asfaltata s’incontrano centinaia di due ruote a pagamento. Dal sellino posteriore si scorgono le vestigia dell’invasione del sovrano belga Leopoldo II, chiamato il ‘re con dieci milioni di assassinii sulla coscienza’ per aver sterminato la popolazione locale. La facciata del palazzo della ‘Piccola e media impresa’, due piani in mattoni rossi del 1925 in stile quasi liberty, è aggredita da erbacce d’ogni tipo; le pareti sforacchiate dalle pallottole delle ultime battaglie. Ovunque ti giri, sugli edifici in muratura del centro, l’inconfondibile simbolo romboidale: i diamanti, simbolo delle ricchezze naturali troppo a lungo sfruttate dall’ingordigia di colonizzatori, dittatori, ribelli e – oggi – multinazionali straniere.
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 30/7/2006 19.09
ELEZIONI: VERSO LA CHIUSURA DEI SEGGI, COMINCIA LO SPOGLIO “Per fortuna che la Commissione elettorale ci ha dato queste lampade, qui tra un po’ comincia a fare scuro e adesso inizia la parte più delicata: lo spoglio dei voti”: ore 17:32 (le 18:32 ora italiana), quartiere di Barumbu, est di Kinshasa, a parlare è uno degli scrutatori del seggio numero 1014. Le lunghe code che per l’intera giornata hanno caratterizzato molti centri di voto nella capitale stanno scomparendo, nei seggi e nelle circoscrizioni ormai ci sono solo gli addetti ai lavori, le forze dell’ordine, qualche osservatore internazionale e pochi giornalisti. Uno degli uomini della Cei, chiaramente identificabili da corpetti arancioni, tira fuori le lampade che serviranno a illuminare i lavori di scrutinio, visto che in molte parti del paese la corrente elettrica è ancora un miraggio. I voti verranno tolti dalle urne in plastica trasparente e dopo essere stati convalidati inseriti in grandi buste di plastica. Sono seduta in uno dei tanti banchetti di legno accatastati nel cortile della scuola che ospita questo seggio in attesa che lo scrutinio cominci. Uno splendido sole rosso sta calando sui tetti di lamiera dei 5 edifici che compongono il complesso scolastico. A poca distanza da qui, il fiume Congo scorre lento. Mi sto godendo lo spettacolo, cercando contemporaneamente di togliermi di dosso un po’ di polvere quando si avvicinano due giovani. Uno di loro, quello con indosso una maglietta della nazionale italiana, mi chiede gentilmente: “Di dove sei?”. La mia carnagione pallida suscita molta curiosità in un quartiere popolare come questo dove i turisti non vengono spesso. Italiana, dico, mentendo, e provocando nei miei due interlocutori un gesto di sorpresa, che lascia immediatamente spazio a una serie di complimenti per la vittoria dei mondiali, per le prestazioni dei giocatori e per la sconfitta inflitta alla Francia in finale. Fortunatamente la parentesi calcistica non dura molto e i due giovani studenti mi raccontano di aver votato senza problemi e di aver incontrato solo qualche difficoltà nel ripiegare i 6 grandi fogli in cui erano contenuti i nomi dei candidati al parlamento. Se ne vanno mi salutano e mi chiedono di portare i loro omaggi a una serie di calciatori italiani che conosco a malapena, non solo perché in realtà sono francese, ma anche perché di calcio non mi importa poi molto. Torno a pensare alle elezioni: alcuni seggi hanno già chiuso, almeno qui nella capitale, altri lo faranno tra poco. Prima di venire qui sono passata nel quartiere di Limete, uno dei più importanti e popolosi di tutta Kinshasa, nonché roccaforte dell’Udps, il partito dell’opposizione che ha boicottato il voto. Mi ero fermata alla gigantesca circoscrizione 1357 (più di venti i seggi al suo interno) allestita nei locali del collegio Saint Raphael. Poco prima di chiudere le operazioni di voto, il presidente di uno degli oltre 20 seggi interni alla circoscrizione mi aveva detto che da lui avevano votato 240 persone su 346 aventi diritto. Una bella percentuale in una zona dove avrebbe dovuto prevalere l’astensionismo.
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R.D. Congo/Il dramma delle donne
CONGO. Il coraggio di dire basta Vittime innocenti delle violenze più efferate, le donne dell’est del Congo continuano a sopportare gli abusi peggiori. Ma cominciano anche a far sentire la loro voce «Quella notte cinque uomini armati di fucili hanno fatto irruzione nella mia casa. Mio marito era partito la sera prima, quindi ero sola. Dormivo con il mio bambino di diciotto mesi ed ero incinta di sei. Loro erano in cinque, armati. Hanno costretto me, i miei suoceri, le mie cognate con i nostri bambini a seguirli. Eravamo in undici. Ci hanno portato in foresta. A un certo punto, ci hanno fatto fermare e hanno cominciato a violentare le donne. Sono stata violentata da cinque uomini. Altre donne sono state stuprate da uno o due uomini. La ragazza di diciassette anni da tre uomini. Soltanto la mia anziana suocera è stata risparmiata». Sono moltissime le testimonianze come questa che vengono raccolte presso il Centro Olame di Bukavu nell’est della Repubblica Democratica del Condo. Negli ultimi mesi, la situazione si è gravemente deteriorata, specialmente a Walungu e Kaniola. E sono sempre più numerose le vittime di stupri che si rivolgono a questo centro, accompagnate dai responsabili delle parrocchie. «Normalmente - racconta una delle operatrici, Bibiane Cattin - non possono venire più di dieci persone al mese per parrocchia. Da Walungu e Kaniola, però, abbiamo deciso che possono venire a due riprese, visto il numero elevato di persone segnalate. Ma non sempre è possibile, a causa dei combattimenti che ci sono stati nella zona. Le donne arrivano provate, distrutte, raccontando storie agghiaccianti». Come Faida, rapita con la sua famiglia e con i figli dai miliziani che infestano la foresta e che perseguitano la popolazione civile, saccheggiano le case, violentano le donne, rapiscono chiunque in cerca di un riscatto. «Abbiamo camminato a lungo in foresta - continua Faida -. Giunti in cima a una collina, abbiamo raggiunto un luogo dove si trovavano altri uomini. Alcuni parlavano il kitembo, altri il mashi e il resto il kinyarwanda. Tutti avevano fucili e coltelli. Sono stata violentata da altri due uomini. Poi uno mi ha scelto come “moglie”: era il loro comandate e si chiamava Shetani, demonio. Il secondo giorno mi ha fatto violenza per tre ore. Peggio, ha ingiunto a mio suocero di tenermi una gamba e a mia suocera di tenere l’altra. Mio suocero si è rifiutato. Allora hanno cominciato a picchiarlo duramente e stavano per ucciderlo, così gli ho detto di tenere la mia gamba. L’ho supplicato. Finalmente, ha acconsentito. Ancora adesso provo una vergogna grandissima». Suor Teresina Caffi, missionaria saveriana a Bukavu, ha assistito alcune di queste donne, le ha soccorse ed ha ascoltato i loro racconti agghiaccianti. «Il dramma di questi anni di guerra - dice - è la violenza dei soldati contro la popolazione, e in particolare contro le donne. Sono soprattutto uomini armati rwandesi che nei villaggi attorno alla città attaccano le case, rubano tutto il possibile, violentano le donne e ne conducono alcune in schiavitù nella foresta, a volte ne uccidono i mariti o li costringono a portare il loro bottino. Tutto questo viene fatto con terrificante disumanità, infrangendo tutto ciò che è sacro per questa gente. C’è l’umiliazione nel linguaggio: spesso si dice loro che sono delle bestie, nyama. E poi l’umiliazione nei gesti contrari al costume, come il suocero obbligato a tenere la gamba alla nuora mentre viene violentata. Nello stesso modo in cui le chiese sono state attaccate, l’Eucaristia profanata, così vengono profanate le donne, in modo da infrangere tutto ciò che è sacro anche nella morale: davanti al marito, ai figli o ai suoceri… Così sono stati uccisi anche i capi tradizionali e dissotterrati oggetti sacri inerenti alla loro dignità. È come se si volesse distruggere in ogni modo questo popolo. L’Aids, poi, che è molto diffuso tra miliziani violentatori fa la sua parte. Ma anche i soldati dell’esercito congolese, quasi per nulla pagati, non agiscono molto diversamente, e invece di proteggerla, saccheggiano la popolazione e violentano le donne». Negli stessi giorni del rapimento di Faida, altre tredici persone d’Izege sono state condotte a forza in foresta da uomini armati. Tra di esse, sette bambini, cinque donne e un uomo. Una ragazza di quattordici anni che è riuscita a fuggire, è arrivata in condizioni penose al Centro Olame. «Mi racconta - ricorda Bigiane - che l’unico uomo, suo zio, è stato ucciso sotto i suoi occhi, perché il riscatto tardava ad arrivare. Le hanno dato il coltello insanguinato da lavare, per continuare il loro lavoro, dicevano… Lei stessa è stata violentata da quattro uomini ogni giorno della sua detenzione». Non tutte hanno il coraggio di raccontare e denunciare come questa ragazza o come Faida. Anche se poi non esistono forze dell’ordine o tribunali che possano rendere giustizia di quanto loro e molte altre donne hanno subito. «A un certo punto - continua Faida - un uomo mi ha trascinata in un punto dove c’erano i cadaveri di un uomo e di tre donne in decomposizione. C’era un forte odore. Mi ha detto di restare presso quei cadaveri, e che così saremmo finiti se il riscatto non fosse arrivato… Poi si è allontanato e mi ha chiamata. E di nuovo sono stata violentata. Il comandante mi faceva violenza continuamente. Non ne potevo più. Cercavo di dirgli che ero incinta e che tutto questo andava al di là di quel che potevo sopportare. Ma lui continuava a picchiarmi e a violentarmi. Sentivo di essere allo stremo delle forze». Dopo diversi giorni di prigionia, Faida e la sua famiglia sono stati liberati. Con le ultime forze che le rimanevano è riuscita a tornare a casa. Ma poi è svenuta e si è ritrovata in ospedale. «Avevo una flebo al braccio - ricorda -. Svegliandomi, ho chiesto di essere slegata, perché credevo di essere ancora nelle mani dei rapitori. Invece, c’era un medico che mi ha detto che vegliava sulla mia salute. Ora abito a Walungu, presso un parente, con i miei due bambini». Nel solo mese di febbraio, diciotto donne provenienti da Walungu si sono presentate al centro Olame: dieci erano sposate, tra i 25 e i 30 anni, ma c’erano anche una bambina di 10 anni, alcune adolescenti tra i 14 e i 16 anni e due ragazze attorno ai 20. Delle dieci donne, cinque erano vedove perché i loro mariti sono stati uccisi. «Parlano delle loro terribili esperienze - racconta Bibiane - e intanto le lacrime rigano il loro viso… Non sanno che cosa riserverà loro l’avvenire. Dato che i mariti sono stati uccisi, non riescono a far fronte ai bisogni della famiglia. I loro campi sono stati devastati dai miliziani che si nascondono in foresta, e poi anche dai militari delle Forze armate congolesi. Una donna mi ha raccontato che stava raccogliendo patate nel suo campo, quando sono giunti alcuni militari, che le hanno portato via il raccolto, mentre due di loro l’hanno violentata…». Continuano a pagare un prezzo altissimo le donne di questa terra. La fine dell’era Mobutu non ha portato nulla di buono per loro in questa vasta regione dell’Est del Congo, dove la violenza la fa da padrona e dove le donne continuano ad essere vittime innocenti della guerra, della povertà, degli interessi, della disumanità degli uomini. Se qualcosa è cambiato è nella loro determinazione e in quella della gente comune ad andare avanti ad ogni costo, nella capacità d sopportazione, ma anche nel coraggio di parlare, di denunciare. Cosa impensabile sotto il regime di Mobutu. Oggi qualcosa è possibile. E sono ancora una volta loro, le donne, le più tenaci e le più coraggiose. «Le celebrazioni per la festa della donna, l’8 marzo - racconta suor Teresina - non hanno nulla di convenzionale qui. Basti pensare che tra le corali che dalla tribuna hanno cantato la dignità e il dolore della donna, c’era anche quella composta dalle donne violentate. E tra il pubblico sono comparsi striscioni con scritte molto forti: “No alla violenza contro le donne”. “Soldato, non violentarmi”, “No allo stupro, sì alle elezioni”, “Uomo, proteggi la donna”. Questo popolo, queste donne hanno un coraggio immenso e sanno trovare il bandolo della vita anche nelle situazioni peggiori. Forse una ragione di speranza è proprio questa libertà nuova di parlare senza paura».
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