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Unicef: trafficanti di bambini a caccia nell'Europa dell'est
Unicef: trafficanti di bambini a caccia nell'Europa dell'est
I dati allarmanti nel rapporto «Agire per prevenire il traffico di bambini in Europa sud orientale: uno studio di valutazione preliminare». Il traffico di bambini può essere combattuto «solo affrontando le cause alla radice del problema e i modelli di domanda e offerta che governano il ciclo ROMA - «I trafficanti di bambini hanno caccia facile nell’Europa sud-orientale». E’ l’allarme lanciato dal Rapporto Unicef - Terre des Hommes, secondo il quale si fa «troppa poca prevenzione». Infatti, «le attività sporadiche di prevenzione non bastano a proteggere i bambini, che cadono preda dei trafficanti, e si basano troppo su una generica presa di coscienza del fenomeno». Spiega Maria Calivis, direttrice regionale dell’unicef per l’Europa centrale, orientale e i Paesi dell’ex Unione Sovietica: «I bambini dell’Europa sud-orientale cadono vittime del traffico perchè le attività di prevenzione sono troppo scarse e troppo tardive; rimangono intrappolate in un labirinto senza vie di fuga». Il rapporto «Agire per prevenire il traffico di bambini in Europa sud orientale: uno studio di valutazione preliminare» prende in esame diverse strategie e iniziative per prevenire il traffico di bambini nell’Europa sud-orientale e include le voci e le opinioni di piccole vittime di Albania, Moldova, Romania e Kosovo, dove è stata condotta la ricerca. «Si può fermare il traffico prima che inizi - afferma Christian Hafner, vicepresidente della fondazione ’Terre des hommes’ di Losanna, in Svizzera - ma, anche se perseguire i colpevoli e liberare i bambini già presi nelle maglie del traffico contribuisce a sconfiggere il crimine, non basta a fermarlo. Ora occorre concentrare gli sforzi sulla prevenzione per impedire, anzitutto, che il crimine avvenga». Il Rapporto dell’Unicef rileva che «le campagne di sensibilizzazione sono spesso sbagliate, fuorvianti e non sistematiche. Alcune usano immagini stereotipate di uomini in agguato nell’ombra, mentre in realtà i trafficanti sono spesso familiari o amici; altre trascurano le forme di traffico a fini diversi dallo sfruttamento sessuale, per esempio per il lavoro domestico, l’elemosina o il furto. La maggior parte dei messaggi sono rivolti agli adulti anzichè ai bambini e quindi danno poca o nessuna informazione su come i bambini possano proteggersi, a chi rivolgersi o dove chiedere aiuto». Il traffico di bambini può essere combattuto «solo affrontando le cause alla radice del problema e i modelli di domanda e offerta che governano il ciclo. Povertà, abuso, esclusione ed emarginazione: conosciamo le cause alla radice del fenomeno, sappiamo chi sono i bambini a rischio e da dove vengono». «E’ chiaro che per costruire una rete di protezione per i bambini solida ed efficace dobbiamo andare alla fonte, ascoltare cosa i bambini hanno da dire sulla questione e colmare i nostri vuoti di conoscenza sulle modalità del traffico e le carenze di approcci e messaggi - sottolinea Maria Calivis - Più di una volta si sono perse occasioni per prevenire o fermare il traffico. Per contrastare i predatori dobbiamo velocemente diventare organizzati e flessibili quanto loro». L’unicef chiede chiede «la realizzazione di una rete di servizi e sistemi armonizzati tra loro, sincronizzati e senza falle o sovrapposizioni, sia internamente sia tra Stati diversi, per proteggere i bambini» e sottolinea «gli obblighi in tal senso per gli Stati e per genitori, tutori e personale che abbia rapporti professionali coi bambini, come funzionari di dogane, polizia di confine, insegnanti, operatori sociali e sanitari» in base alla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e di altri strumenti normativi internazionali. Occorre inoltre «raccogliere e condividere estesamente, al di là dei confini nazionali, indicatori e dati standardizzati e comparabili. «L’accento posto su sensibilizzazione e prevenzione ha contribuito alla mancanza di risorse disponibili in molti Paesi per la raccolta di dati e l’analisi delle modalità e delle tendenze - ricorda Christian Hafner - Ma il punto è che senza dati lavoriamo al buio. Ed è difficile prevenire che qualcosa avvenga se non sai cosa succede là fuori». In particolare, Unicef e ’Terre des Hommes’ chiedono che ci si concentri urgentemente sulla prevenzione: «affrontando le cause alla radice del traffico con approcci basati sui diritti, anzichè sulla sicurezza e sulla repressione; con sistemi coordinati e senza sovrapposizioni e flussi di informazioni tra tutti i soggetti; raccogliendo dati con procedure standardizzate; consultando i bambini stessi su questi problemi; formando gli operatori che nel loro lavoro interagiscono con i bambini; con messaggi calibrati che indichino chiaramente i canali di aiuto per i bambini, ad esempio linee telefoniche, numeri dei servizi sociali, contatti con i garanti per l’infanzia; sostenendo le famiglie in difficoltà per mantenerle unite; con programmi scolastici creativi che prevengano l’abbandono; con l’educazione sulle competenze di base per dare ai bambini i mezzi, le conoscenze e la capacità per auto-proteggersi». 30/8/2006 (La Gazzetta del Mezzogiorno)
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