Samsung Gear VR, la realtà virtuale secondo Samsung in Italia a 199 euro

Nel corso dell'ultimo IFA di Berlino Samsung ha ufficialmente annunciato il proprio primo visore a realtà virtuale in grado di proiettarci in un mondo parallelo grazie all'ausilio di Galaxy Note 4. Si tratta di un prodotto che riprende le caratteristiche base di Oculus Rift apportando alcune piccole modifiche e personalizzazioni
di Davide Fasola pubblicato il 04 Febbraio 2015 nel canale WearablesSamsung
Realtà virtuale: lo stato dell'arte (2)
Detto questo, avere una risoluzione molto alta può essere, da un altro punto di vista, di beneficio per la realtà virtuale. Avere una consistente densità di pixel evita il presentarsi di effetti come il famoso "Screen-door effect" o portare a distinguere chiaramente i singoli pixel. La necessità di avere le immagini in 3D stereoscopico comporta una risoluzione effettiva di 1280x1440 per occhio, che sicuramente è ben più alta rispetto a quella che si ha con le ultime release di Oculus Rift.
Gear VR, a livello teorico, si basa sugli stessi assunti di Oculus Rift. Il software a corredo, infatti, distorce in tempo reale le immagini elaborate dal Note 4 tramite uno shader apposito. Le lenti all'interno dell'involucro, poi, correggono queste immagini, generando alla fine un'immagine sferica per ogni occhio. Come per Oculus Rift, poi, all'interno di Gear VR è presente un sistema di tracciamento della testa che usa un insieme di accelerometro, giroscopio, sensore geomagnetico e di prossimità.
Un'altra difficoltà tipica della realtà virtuale, poi, è quella relativa alla persistenza dei pixel. Un display a bassa persistenza vede i pixel spegnersi piuttosto in fretta dopo essere stati colpiti dal fascio di elettroni. Più è rapido il ritmo a cui vengono visualizzati i pixel meno l'occhio umano si rende conto del cambiamento e meno si produce l'effetto di nausea. Rispetto ai primi display di Oculus Rift, Gear VR garantisce vantaggi importanti in tal senso, grazie proprio ai tempi di persistenza particolarmente bassi di cui è capace il display del Note 4.
Le soluzioni domestiche, rispetto a Gear VR, tendono inoltre ad implementare ulteriori caratteristiche. Crescent Bay, ovvero l'ultima revisione di Oculus Rift, è dotata di telecamera esterna e di sensori a bordo del visore che permettono di fare il tracciamento della posizione dell'utente, un po' come succede con Kinect. Questo dà modo in-game di sporgersi in avanti, indietro, di lato, alzarsi e abbassarsi semplicemente eseguendo il rispettivo movimento nella realtà. C'è poi da risolvere tutta la problematica relativa al fatto che si perde completamente contatto con la realtà nel momento in cui si indossa il caschetto di realtà virtuale. Soluzioni come lo stesso HoloLens, o come Leap Motion Dragonfly, risolvono questo problema applicando una telecamera a infrarossi sulla parte anteriore del caschetto. Questo permette di riprodurre tridimensionalmente le mani e il resto del corpo dell'utente all'interno del mondo virtuale o, più semplicemente, di avere una finestra in quest'ultimo che consente di monitorare cosa succede nella realtà.
Cosa differenzia, infine, un caschetto come Gear VR da Google Cardboard, la realtà virtuale di cartone offerta da Google a poche decine di euro? Innanzitutto, Gear VR è dotato di accelerometro e giroscopio interni, che vanno a sommarsi a quelli di cui è dotato il Note 4 che si trova al suo interno. Questo può garantire maggiore precisione negli spostamenti. Gear VR è poi dotato di sistema di aggiustamento della messa a fuoco che viene incontro agli utenti che hanno problemi di miopia o presbiopia. Ed è poi munito di touchpad per l'interfacciamento con i giochi, oltre che essere realizzato con materiali certo più resistenti rispetto al cartone. Ma la maggiore differenza viene data dal campo visivo, di ben 96 gradi nel caso di Gear VR, pari al doppio rispetto a quello che si può ottenere con Cardboard. Questo dà la sensazione di essere quasi completamente circondati dalla virtualità. Il campo visivo offerto da queste soluzioni di realtà virtuale è ancora insufficiente rispetto a quello che è il normale campo visivo umano e, quindi, nel momento in cui si gira lo sguardo verso i lati, si finisce per vedere i bordi dello schermo. Tuttavia, quando si indossa il caschetto e si guarda al centro la mente tende a ignorare gli spazi periferici, mantenendo la sensazione di essere completamente circondati dallo spazio virtuale.