Materiali bidimensionali per i transistor: un nuovo approccio per la produzione di massa
Un gruppo di ricercatori ha sperimentato un nuovo approccio per la realizzazione di un metodo di produzione di transistor basati su materiali bidimensionali in modo che possa essere replicato in serie
di Andrea Bai pubblicata il 22 Marzo 2023, alle 14:31 nel canale Scienza e tecnologiaIl grafene è uno tra i materiali bidimensionali più noti: il termine "bidimensionale" è utilizzato per indicare la particolare struttura in cui le molecole sono collocate in maniera tale da formare un reticolo dello spessore di un singolo atomo.
I materiali bidimensionali vengono da tempo indagati per le loro proprietà elettroniche particolarmente promettenti nell'ottica della miniaturizzazione degli elementi elettronici, anche se gli esempi di dispositivi funzionali costruiti con questi materiali sono sempre stati caratterizzati da assemblaggi condotti praticamente su misura, con una parte di intervento manuale da parte dei ricercatori. Si tratta quindi, fino ad ora, di una caratteristica non adatta alla produzione in volumi tramite macchinari.
Lo scenario potrebbe però presto cambiare: un gruppo di ricercatori ha infatti sperimentato una tecnica per realizzare wafer di transistor basati su materiali bidimensionali così da poter sistematizzare la produzione. E', del resto, il percorso più ovvio perché le tecniche oggi in uso consentono di lavorare materiali su scala nanometrica a volumi elevati.
Fino ad ora le strade intraprese per portare i materiali bidimensionali vicini alla produzione in volumi sono state costituite dall'identificazione di metodi che permettessero di utilizzare tali materiali nelle tradizionali tecniche di produzione di semiconduttori.
In generale l'approccio principale è stato quello di utilizzare le tecniche tradizionali per la produzione dei collegamenti metallici, in seguito stratificare il materiale bidimensionale sopra di essi e, successivamente, una ulteriore lavorazione che può prevedere l'aggiunta di altri elementi metallici al di sopra del materiale bidimensionale. Quest'ultima parte è quella più critica, perché la deposizione di elementi metallici può danneggiare o inquinare il materiale bidimensionale, andando a creare cortocircuiti all'interno della sua struttura, con una possibile compromissione delle prestazioni.

I ricercatori hanno quindi concepito un modo per costruire separatamente tutte le singole parti del circuito, per assemblarle in seguito in condizioni particolari. La fase meno problematica si è rivelata essere quella della costruzione dei gate del transistor, modellati su un substrato solido e rivestiti con ossido di alluminio.
Con un processo separato è stato formato un foglio di bisolfuro di molibdeno, un materiale bidimensionale, al di sopra di una superficie di biossido di silicio usando la tecnica di deposizione chimica da vapore. Il foglio è stato sollevato e deposto sopra l'ossido di alluminio, andando quindi a formare uno strato semiconduttore dello spessore di un atomo al di sopra del gate. A questo punto per la costruzione del transistor è stato necessario aggiungere gli elettrodi di sorgente e pozzo.
Gli elettrodi sono stati realizzati anch'essi separatamente, formandoli su una superficie solida e incorporandoli in seguito in un polimero. Questa struttura (elettrodi e polimero) sono stati in seguito separati dalla superficie solida, dando luogo ad un foglio polimerico con i cablaggi incorporati nella superficie inferiore. Il foglio polimerico ha però una flessibilità che potrebbe causare qualche problema nell'allineamento tra gli elettrodi ed il gate: per scongiurare il problema il polimero è stato unito ad un foglio di quarzo prima di procedere allo stampaggio sul wafer ricoperto di elettrodi e, in questo modo, il cablaggio è stato depositato direttamente sopra al disolfuro di molibdeno realizzando transistor funzionali.
Si tratta di un processo che nel suo insieme è più delicato rispetto alle tecniche tradizionali della produzione di semiconduttori, e richiede inoltre una particolare precisione per il posizionamento degli elettrodi. Nelle sperimentazioni portate avanti dai ricercatori è stato proprio l'allineamento a causare talvolta alcuni problemi, con gli elettrodi finiti fuori posizione per via di una lieve torsione al momento della deposizione. Questo aspetto dovrà essere ulteriormente indagato e auspicabilmente migliorato, ammesso che sia possibile farlo.
Ma quando l'allineamento è avvenuto correttamente i risultati sono stati soddisfacenti, con i transistor che hanno mostrato un funzionamento più coerente e prestazioni migliori rispetto a quelli realizzati impiegando tecniche più tradizionali. Sebbene l'approccio abbia funzionato, è ancora presto per vedere nel disolfuro di molibdeno un possibile sostituto del silicio: l'intero processo, pur avendo i connotati necessari per essere messo a sistema, ha alcuni punti che necessitano di ulteriore ricerca e sviluppo. Ma, almeno, può rappresentare un punto di partenza di un nuovo percorso che potrebbe portare ai materiali bidimensionali come elementi fondanti l'elettronica del futuro.










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