Dall'amministrazione Biden arrivano 52,7 miliardi di dollari per produrre chip

Il Presidente USA firma il CHIPS and Science Act of 2022, grazie al quale poco meno di 53 miliardi di dollari verranno investiti per sviluppare la produzione di semiconduttori nel territorio nord americano
di Paolo Corsini pubblicata il 10 Agosto 2022, alle 10:01 nel canale ProcessoriIntelAMDQualcommGlobalfoundries
Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato il CHIPS and Science Act of 2022, il documento con il quale viene confermato un investimento di 52,7 miliardi di dollari finalizzato a espandere la capacità produttiva di semiconduttori in territorio americano.
Il fine, ben noto, è quello di fornire alle imprese americane la possibilità di veder prodotti sul territorio nazionale i semiconduttori necessari per la costruzione dei propri prodotti, in modo che diminuisca la dipendenza dalla produzione straniera al momento fortemente polarizzata in Asia tra Taiwan, Corea del Sud e Cina.
L'investimento di 52,7 miliardi di dollari è diviso in 39 miliardi destinati a incentivare la costruzione di nuove fabbriche produttive, 2 miliardi per espandere la produzione di chip con tecnologie ormai sul mercato da molti anni richiesti dalle industrie della difesa e automobilistica, 13,2 miliardi per attività di ricerca e sviluppo oltre a 500 milioni per la fornitura di semiconduttori e le soluzioni di sicurezza ICT internazionali.
Oltre a questo l'iniziativa prevede un incentivo del 25% in termini di credito d'imposta sulle tasse per le spese legate all'acquisto di macchinari richiesti per la produzione di semiconduttori.
Quali le ricadute pratiche? Le aziende americane che sono impegnate nella produzione di semiconduttori sono numerose e potranno in questo modo meglio supportare la propria crescita di mercato nei prossimi anni. Da Intel, in particolare, si attendono importanti investimenti nel settore sul suolo americano, affiancati a quelli già annunciati in Europa con l'obiettivo, per i propri clienti finali, di mettere a disposizione chip prodotti nella regione e non provenienti dall'Asia.
In ogni caso ci vorrà del tempo prima che questi investimenti generino ricadute pratiche sul mercato: i tempi di costruzione e di espansione di fabbriche produttive sono infatti molto lunghi per loro natura.
8 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoTSMC è stata creata e sviluppata quando Taiwan ha deciso di specializzarsi nel settore investendo un mucchio di soldi, pure Samsung è autoctona (per citare i più grossi coi processi più avanzati), e in ogni caso se anche fosse stata una azienda occidentale a spostarsi finché rispetta tutte le disposizioni di legge è sacrosanto che lo possa fare
Normalmente le società occidentali si spostano in quei posti perchè i salari sono più bassi, hanno normative lavorative meno stringenti e sull'inquinamento chiudono un occhio. Ovviamente parlo della Cina.
Più che altro il problema è il quadro geografico di dipendenza da risorse e processi produttivi, in relazione alle situazioni geopolitiche attuali.
E di conseguenza ormai si è capito che l'unica strada è tornare a produrre il più possibile in casa propria, ridimensionando il più possibile le dipendenze da altre aree geografiche "geopoliticamente calde".
Esatto, il punto però è che ora la Cina non è più come prima. Sta evolvendo internamente a livello scientifico e tecnologico e di conseguenza in futuro favorirà sempre più l'ambito interno piuttosto che le realtà esterne. Basta già vedere ora marchi come Huawei o Xiaomi o l'attuale boom di auto elettriche nazionali.
Finchè questo non avverrà, faremo bene a tenerci il know how in casa.
Un altro grosso beneficiario è la statunitense Micron.
Un altro grosso beneficiario è la statunitense Micron.
Senza dimenticare Intel
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