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#1 |
Senior Member
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CARCERI: 755 ergastolani chiedono l'abolizione della condanna a vita.
E' con uno sciopero della fame che oltre 700 condannati all'ergastolo protesteranno contro il carcere a vita, sottolineando come tale condanna esula dai fini rieducativi della pena carceraria , poichè non offre alcuna possibilità di redenzione e di ricostruzione di una vita nella comunità libera, e per molti di essi è preferibile la pena di morte alla mancanza di speranza e prospettiva. La situazione è controversa, personalmente ritengo prematuro additare come addirittura incostituzionale la pena dell'ergastolo, poichè a mio avviso in carcere un detenuto puo' ugualmente mantenersi vivo con affetti,lavoro e sentirsi ancora utile, per quanto dura possa essere la condanna. Del resto il bisogno di proteggere la società da individui notoriamente e ripetutamente nocivi è sacrosanto, e secondo me, da anteporre a quello del singolo individuo. Ciascuno poi ha la sua opinione. Non nego che dopo attenta valutazione, raggiunte condizioni tali di anzianità e salute, sia dopotutto legittimo in alcuni casi selezionati convertire la pena ad arresti domiciliari o accorciarla. Ognuno poi la pensa come meglio crede..oltre all'articolo, che era anche sviluppato in un reportage di Repubblica di oggi, riporto una interessante lettera di riflessione di Pietro Ingrao dove egli spiega le ragioni per cui è contrario all'ergastolo e perchè tale condanna secondo lui è nettamente in contrasto ai principi costituzionali.
iniziamo coll'articolo Carceri, "fine pena mai" sciopero del cibo dietro le sbarre di ALBERTO CUSTODERO CONTRO il carcere a vita, per protestare contro il "fine pena mai", centinaia di ergastolani cominciano da oggi uno sciopero della fame. E per 50 istituti penitenziari italiani è rischio paralisi. I 755 reclusi che hanno annunciato l'astensione dal cibo, avranno diritto all'assistenza sanitaria di medici che dovranno tenere sotto controllo costantemente le loro condizioni di salute. Per i 40 che hanno deciso di scioperare ad oltranza si prospetta una situazione etica di non facile soluzione: potrà il direttore del carcere costringerli a nutrirsi? A questo dilemma risponde la senatrice Maria Luisa Boccia, fra i pochi politici a sostenere i detenuti "fine pena mai" in lotta e per questo da loro battezzata la "fata rossa degli ergastolani". "I detenuti a vita - ha dichiarato la senatrice Boccia - hanno diritto di fare lo sciopero della fame. E i direttori delle carceri non hanno alcuna facoltà di impedirglielo con la nutrizione coatta". L'organizzazione della protesta è affidata al sito Internet dell'associazione di volontariato fiorentina "Pantagruel". È proprio su questo network del detenuto italiano che approda il tam-tam carcerario e consente a chi sta in prigione di "mettersi in rete", pubblicando tutto ciò che la censura gli consente: racconti, poesie, lettere. Ma anche denunce di condizioni disumane di vita. L'idea di organizzare uno sciopero della fame l'ha avuta un ergastolano di Spoleto, Carmelo Musumeci: la sua lettera, pubblicata su Internet ("consapevole che le cose non si ottengono solo con la speranza, ho deciso di fare qualcosa: non mangiare"), ha fatto ben presto il giro dei lunghi corridoi delle prigioni. E in poche settimane sul sito sono comparse le risposte, centinaia di adesioni da tutte le carceri italiane. Con un testo sempre uguale: "Per il rispetto dell'articolo 27 della Costituzione secondo cui le pene devono tendere alla rieducazione del condannato, dichiaro che dal primo dicembre 2007 inizierò uno sciopero della fame ad oltranza a sostegno dell'abolizione dell'ergastolo". Lo slogan dello protesta Internet degli ergastolani è "Non abbiamo niente da perdere, se non le nostre catene". E a dimostrazione che l'ergastolo sia spesso davvero una condanna a vita, c'è la storia di Giuseppe Sanzone, 58 anni, in cella dal 3 febbraio del 1969. Pur fra alterne vicende, compreso un delitto commesso durante un'evasione, è lui il "nonno" degli ergastolani: aveva 21 anni quando entrò in carcere, ne ha trascorsi dentro 38, attualmente si trova a Milano Opera. Altri due uomini risultano imprigionati - anch'essi con storie complesse alle spalle - dal 1970, Angelo D'Auria e Vito D'Angelo, entrambi a Favignana. Per gli ergastolani la fine della pena, sulla sentenza, è indicata non con una data, ma con un avverbio: "mai". Da qui lo spunto per chiamare provocatoriamente la loro campagna per l'abolizione dell'ergastolo con il titolo del film del regista Irvin Kershnre, "Mai dire mai". Lo spirito che anima questa mobilitazione carceraria è contenuto nella lettera di uno dei più "anziani" detenuti a vita, Antonino Marano - in carcere da 30 anni - scritta dall'Ucciardone. Diventata, se così si può dire, il manifesto politico del movimento "ergastolani in lotta". "All'ergastolo - dice Marano - preferisco la pena di morte. Ma mi devono fucilare loro, perché io, da vero siciliano, considero il suicidio un atto di vigliaccheria. E non lo farò mai". Lo sciopero della fame è stato sottoscritto non solo dai 750 ergastolani, ma anche da altre 10 mila persone, fra familiari, detenuti comuni, politici. Fra questi anche il deputato di Rc Francesco Caruso. Nell'elenco di chi ha aderito alla protesta spiccano boss del calibro di Carlo Greco, uno dei 16 mandanti, secondo la Corte d'Assise d'Appello di Catania, delle stragi del '92 in cui furono uccisi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Compaiono anche Domenico Belfiore, condannato per l'omicidio del procuratore torinese Bruno Caccia, e Bernardo Riina, l'uomo che poteva raggiungere direttamente il covo di Bernardo Provenzano. Ma c'è anche il re delle evasioni Klodjan Ndoj, protagonista di una fuga rocambolesca, nell'aprile del 2005, da San Vittore. E Angelo Nuvoletta, accusato dell'omicidio del giornalista Giancarlo Siani. La protesta anti-ergastolo ha provocato, in carcere, un fenomeno del tutto nuovo sotto osservazione ora da parte dell'Ucigos: la solidarietà ai carcerati in sciopero della fame da parte di alcuni detenuti accusati di terrorismo islamico. Anche Yamine Bouhrama, sospettato insieme ad altri sei magrebini di far parte del "Gruppo Salafita per la predicazione e il combattimento", rifiuterà da oggi il cibo. È difficile, tuttavia, che dopo le polemiche sollevate dall'indulto, il governo metta all'ordine del giorno una discussione parlamentare per l'abolizione dell'ergastolo. "Le proteste dei detenuti - ha dichiarato Luigi Manconi, sottosegretario alla Giustizia - evidenziano un problema reale. Sono favorevole al superamento della pena a vita, anche perché non ha la minima relazione con le esigenze di sicurezza dei cittadini. Ma non è questo l'orientamento del ministro e del governo che non ritengono attuale la questione". Premesso ciò, per Luigi Manconi "lo sciopero della fame dei carcerati è uno strumento legittimo di manifestazione della propria opinione, come tale va rispettato. E, nei limiti del possibile, ascoltato". (1 dicembre 2007) http://www.repubblica.it/2007/12/sez...pero-cibo.html ecco la lettera: Eterno e impossibile - uno scritto di Pietro Ingrao Scrivi una lettera di adesione anche tu La lettera Non credo minimamente alla costituzionalità della pena dell’ergastolo. Checchè ne abbiano detto la Cassazione e la Corte Costituzionale, non riesco a comprendere come la reclusione in un carcere per tutta la vita possa avere quella funzione rieducativi e quel senso di umanità, che l’art. 27, 3° comma della Costituzione chiede per le pene: per tutte le pene. Rieducare – questo compito così complesso – può significare solo ricondurre in una comunità condivisa (e quindi in una regola) chi ha rotto con la regola. Ma quale recupero per la società c’è, quando si è condannati a stare dentro quattro mura per tutta l’esistenza? Il recupero è negato dal fatto. Il fatto è scritto nella pena: l’eventuale “grazia” o “liberazione condizionale” non cancella il carattere atrocemente “afflittivo–intimidativo”, che reca in sé quella pena. Perciò l’ergastolo è, in modo flagrante, fuori dalla nozione di pena scritta dentro la Costituzione. Ma non si tratta solo di ripristinare una legalità costituzionale per tanti anni negata. Paradossalmente, io sono contro l’ergastolo prima di tutto perché non riesco ad immaginarlo. Infliggere una pena (quando non è pura vendetta) significa stabilire (o tentare) una comparazione: fra l’atto – il delitto – compiuto da colui che è condannato e l’atto che compie colui che condanna (in fondo la legge, la norma pretende di essere questa comparazione: questo vogliono essere i codici). È in base a questa comparazione che si può ritenere (o credere) “giusta”, o “legittima”, o utile la condanna, persino quando essa voglia essere puramente “afflittiva”. Questa comparazione non riesco a farla, perché non riesco a immaginare l’ergastolo. Si può immaginare la pena di morte, perché si può “pensare” l’assenza di vita. Trovo molto più difficile immaginare una vita umana che c’è, ma che si svolge fino al suo termine dentro un luogo in cui si instaura una doppia condizione: la segregazione fisica dal fluire della società, e una regolazione abnorme – per tutta la propria esistenza – di momenti essenziali del proprio vivere. Non so che suono possa assumere per tutta una vita l’eco delle esistenze che si svolgono e che si intrecciano di là dalle mura del carcere: cioè una vita totalmente separata, che solo per frammenti avverte (e ricorda?) il rombo di un fiume che non potrà più vedere.Queste mie sono rappresentazioni sommarie, persino opache. Ma proprio questa opacità insuperabile, questa impossibilità di rappresentarsi una simile condizione per tutta l’esistenza, mi sembra ridicolo e anche mostruoso, addirittura metterla in codice: cioè darle la veste solenne di “legge”. E soprattutto sono contro l’ergastolo perché esso suppone una immutabilità. Ammettiamo che il condannato abbia commesso un delitto atroce o una catena di delitti: l’ergastolo lo inchioda a quei delitti infami della sua vita: gli dice: ormai sei questo che hai commesso, e perciò ti nego la possibilità di rientrare nella comunità per tutto il resto della tua esistenza. Gli stampa un marchio.Forse sbaglio: ma questa è una confessione di impotenza; una rinuncia a ogni possibilità di dialogo. Quando la pena era mozzare un orecchio o un braccio, si ammetteva che – sia pure mutilato – il colpevole potesse ritrovare un terreno di convivenza con la comunità e con la legge imperante. L’ergastolo confessa invece l’incapacità di persuadere, di spostare: sia pure attraverso lo strumento della forza. Se soltanto si suppone che ci sia un grammo di probabilità di recupero, perché dire invece: sta dentro un carcere per tutta la vita? Un carcere non è solo una separazione, un isolamento: è una modificazione violenta di esperienze e di relazioni essenziali nella vita umana: la sessualità, l’affettività, la comunità familiare, il lavoro come espressività di se stessi (almeno come potenzialità, come speranza), il rapporto con l’ambiente naturale. Tutti questi momenti noi li consideriamo costitutivi della nostra esistenza. Ciascuno di noi è una figura umana o l’altra, a seconda di come pesano e si sviluppano dentro la sua vita e si incontrano questi momenti. Non possiamo nasconderci che il carcere “curva” coattivamente, deforma questi momenti, o addirittura li sopprime, o li tronca per tempi anche lunghi. Si può sostenere che siamo costretti a questa risposta violenta: ma dobbiamo sapere l’aspra curvatura che il carcere esercita sull’esperienza umana. Dire: questo è per tutta la vita, significa proporre per sempre una torsione terribile dell’esistenza. È utile? Personalmente, non riesco a trovare altra motivazione del carcere che non sia la sua “utilità”, per quanto questa parola possa apparire disadatta. “Utile” per evitare altra violenza: “utile” per provare (almeno provare) a spingere fuori dal cerchio della violenza chi vi è entrato. Ma dire: sarai in carcere per tutto il resto della tua vita significa dire: per noi, per la “legge”, ormai sei entrato irreparabilmente in un cerchio di violenza. Ma allora non è logico che l’ergastolano, così fissato nel cerchio della violenza, dica a se stesso: solo questo cerchio è ormai la mia vita possibile? E se è così, dove sta l’utilità di quella pena? A chi giova, allora? E perché? E che diventa allora quella pena se non inutile vendetta? Noi dobbiamo sapere che tanti ancora vedono il carcere come puro fatto materiale. Lo riducono – come dire? – alla “cosa”, al recinto “carcere”. È estremamente difficile – e in realtà lo comprendono solo quelli che entrano in contatto di dialogo coi carcerati – percepire che cosa è il carcere come modo diverso (terribilmente “curvato”) di vita. Da fuori vediamo quelle quattro mura: e pensiamo che quelli che stanno dentro sono soltanto separati. Non affermiamo che tutta la loro resistenza è stravolta, diventa altra da quella di coloro che stanno fuori: sono il loro corpo e la loro anima che sono costretti a compiere una mutazione su aspetti essenziali. Forse nell’opinione pubblica sta avvenendo ora un primo spostamento: nel senso della percezione del carcere, come una “sventura”, sia pure sventura legittimata da una colpa, da una trasgressione. E questa percezione già sta determinando atteggiamenti nuovi. Ma fin quando non sarà chiaro quale sia realmente (e anche in modo differenziato, da singolo a singolo) questa “sventura”, e come questa sia qualcosa che va oltre la stessa costrizione fisica, tutto il discorso sulla pena e quindi anche sull’intollerabilità dell’ergastolo faticherà a camminare realmente. Perché solo vedendo la carcerazione come mutamento psichico, come umanità “stravolta”, distorta negli aspetti più intimi e costitutivi dello stesso essere “umanità” – solo allora potrà cominciare veramente un altro discorso su questo “enigma” che è la pena, la sua motivazione, il suo senso, i suoi obiettivi, la sua legittimità. Di Pietro Ingrao (da Ora d’Aria – anno III n° 2 – 1989) Voi che ne pensate? Io trovo che ci siano anche spunti interessanti ma la questione va valutata con molta attenzione, poichè se da un lato si tende a proteggere i diritti umani dell'individuo, dall'altra occorre tutelare la comunità da soggetti ad alta probabilità di recidiva e che spesso continuano a delinquere dall'interno delle stesse mura carcerarie (come nel caso di molti boss mafiosi ) , quindi un'abolizione dell'ergastolo secondo me è ancora molto prematura .
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Cooler Master Praetorian , Seasonic X-460 fanless, intel Core 2 E8400 + Scythe Katana 3, Gigabyte GA-EP45C-DS3R, ram 2x2gb Adata Vitesta Extreme Ed. Cas 4 ddr2 800, Asus 9600GT silent 512mb GDDR3, samsung 830 SSD, dvdrw sony-nec optiarc 5240s , monitor DELL U2312hm |
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#2 |
Registered User
Iscritto dal: Sep 2002
Messaggi: 1025
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l'ergastolo serve ed è utile quando lo scopo rieducativo fallisce ed è necessario lo scopo contenitivo.
Un boss mafioso neanche dopo 70 anni lo lascerei uscire. Detto questo, io sono favorevole all'abolizione del carcere se non a scopo contenitivo (e quindi solo ergastolani) |
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#3 |
Senior Member
Iscritto dal: Aug 2002
Messaggi: 1334
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Cosa c'è da riflettere? Io direi loro solo di scontare la loro pena in silenzio dato che, per aver preso l'ergastolo, chissà quante persone hanno mandato sotto terra. Per le vittime non si può abolire la morte, quindi non vedo perché per i loro carnefici si debba fare questo sconto.
Ma i mass media non si vergognano a dare voce a richieste tanto vergognose? ![]() |
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#4 |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2006
Messaggi: 8933
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che faccia tosta...
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...continuate a morire finchè non viene giorno... ...forse solo uno che si erge con la spada infranta dalla più profonda disperazione... |
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#5 |
Registered User
Iscritto dal: Sep 2002
Messaggi: 1025
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#6 |
Senior Member
Iscritto dal: Aug 2006
Città: Messina
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#7 |
Registered User
Iscritto dal: Sep 2002
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#8 | ||
Senior Member
Iscritto dal: Aug 2006
Città: Messina
Messaggi: 9293
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![]() ah poi un altra cosa che ho notato ora Quote:
brave persone,mettiamole fuori ![]() |
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#9 |
Member
Iscritto dal: Dec 2005
Messaggi: 63
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geniale abolire l'ergastolo...così in italia la persona che si fa più anni...ne farebbe 20!
mi spiego: se viene abolito l'ergastolo la condanna massima sarebbe a 30 anni. Con il rito abbreviato, richiedibile da chiunque, si ottiene un terzo secco di sconto sulla pena...ergo...se uno si piglia 30 anni---->20 anni.
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tiriamo fuori il tricolore solo quando 11 uomini corrono dietro a un pallone... |
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#10 |
Senior Member
Iscritto dal: Oct 2003
Messaggi: 2987
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Giusto togliere l'ergastolo...ma solo se facciamo come in america.
Le pene non si scontano in contemporanea per cui un mandante di 4 omicidi (ad esempio), considerando 30 anni ad omicidio, dovrebbe avere scritto: fine pena 120 anni. Se ci arriva vuol dire che è pronto a rientrare in società. Ovviamente IMHO! Xwang
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ASUS N752VX Arch AMD64 + KDE |
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#11 |
Senior Member
Iscritto dal: Jun 2005
Città: Brescia
Messaggi: 1642
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non ho parole
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#12 |
Member
Iscritto dal: Dec 2003
Città: FM
Messaggi: 152
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Non esiste l'ergastolo, è stato limitato costituzionalmente a 50 anni.
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#13 |
Senior Member
Iscritto dal: Aug 2002
Messaggi: 1334
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#14 |
Member
Iscritto dal: Dec 2003
Città: FM
Messaggi: 152
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Art. 22 del Codice Penale (non della costituzione, errore mio).
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#15 |
Senior Member
Iscritto dal: Aug 2002
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#16 |
Member
Iscritto dal: Dec 2003
Città: FM
Messaggi: 152
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Questa è una tua opinione. Quando sarai re potrai abrogare quello che ti pare.
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#17 | |
Senior Member
Iscritto dal: Aug 2002
Messaggi: 1334
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![]() Questo buonismo ipocrita sta rovinando il Paese... ![]() |
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#18 | |
Bannato
Iscritto dal: Apr 2002
Messaggi: 1905
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Lo ha già rovinato... |
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#19 | |
Registered User
Iscritto dal: Sep 2002
Messaggi: 1025
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Allora voglio sentirti condannare Forza Italia, perchè fondata da una persona condannata per mafia. Sennò il tuo è buonismo ipocrita, no? |
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#20 |
Registered User
Iscritto dal: Sep 2002
Messaggi: 1025
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