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"Hannu campatu cent'anni in paci..."
"Hannu campatu cent'anni in paci..."
Quando per le vie di Brancaccio, a Palermo, qualcuno esprime un giudizio simile di qualcun altro, presto ci sarà una mattanza. Brancaccio... Brancaccio è stato il quartiere simbolo di un coraggioso tentativo di restituire tanti ragazzini ad una vita normale. E attraverso i ragazzini, Don Puglisi, si rivolgeva ai loro genitori, assuefatti, impauriti, condizionati dalle famiglie mafiose e dal terrore. Prima di essere ucciso, Don Puglisi aveva sostenuto il Comitato Intercondominiale del quartiere e il 25 luglio del 1993, una bella domenica di luglio come sanno essere belle le domeniche d'estate in tutta la Sicilia, organizzò con loro una serie di gare sportive per bambini dai 7 ai 12 anni. Per la prima volta nella chiesa di Brancaccio si organizzò un'iniziativa fino alle nove di sera. C'era anche tanta voglia di ricordare i morti ammazzati dalla mafia, Falcone, Borsellino, la scorta... Ci pensate? Nel cuore di Palermo, a Brancaccio, Don Puglisi ricordava i morti per mano delle "famiglie" di Palermo... Quel giorno, tra i tanti ospiti, c'era Rita Borsellino che distribuiva i premi ai bambini; ma c'era anche la sig. ra Schiera per ricordare suo figlio, l'agente Agostino ucciso il 5 agosto del 1989 assieme alla moglie Ida Castelluccio e al bambino che lei aspettava. E tra una premiazione e l'altra qualcuno lesse il ricordo straziato di una madre: "Vorrei come mamma cominciare questa mia testimonianza ricordando con poche, semplici, sicuramente insufficienti parole, il mio dolore, il mio sgomento, il mio orrore per questa strage. Vorrei rendervi partecipe di come mi sono sentita nel vedere i miei cari uccisi davanti i miei occhi, a terra in un lago di sangue. Quel figlio che avevo concepito, cullato, cresciuto, amato. Vedere la sua giovane sposa a terra che cercava di avvicinarsi al suo Nino per morire accanto a lui. Come si può dimenticare che Nino e Ida hanno avuto stroncato sul nascere quelle dolci speranze di diventare genitori, di vedere il proprio figlio, di crescerlo e amarlo, e chissà se fosse stato un maschio sarebbe sicuramente stato leale e coraggioso come il suo papà, che avrebbe potuto dare tanto all'Italia del domani. Oppure, se fosse stata una bambina sarebbe diventata una coraggiosa e combattente donna siciliana che avrebbe contribuito assieme alle altre donne a una Sicilia migliore. Come familiare di vittima vorrei precisare che la morte non colpisce soltanto le persone uccise, ma tutta la loro famiglia. Perchè da quel momento in poi la vita diventa un incubo, questa gente non ha nulla sulla coscienza solo le vittime che loro hanno materialmente ucciso, ma anche le persone care, le mogli e i figli, i genitori, i fratelli, le sorelle che subiscono questa violenza inaspettata seguita da un profondo senso di impotenza. Mio figlio come tutte le altre vittime della mafia ha sacrificato la sua giovane vita e quella della moglie per servire lo Stato, e allo Stato io chiedo giustizia. I miei cari sono forse morti inutilmente? Non possono ferirmi ancora, ed è per questo motivo che finchè avrò un filo di vita continuerò a lottare, andrò dovunque a protestare e a gridare il mio dolore di madre, perchè quando mi vedranno "tutti dovranno pensare, ecco la mamma dell'Agente Agostino Antonino, aspetta ancora che sia fatta giustizia". Dove non sono andati due poveri genitori per ottenerla... Vincenzo Agostino, il padre di Nino, era nei giorni scorsi agli "stati generali dell'antimafia" organizzati da Don Ciotti a Roma. Chi è Vincenzo Agostino? E' l'uomo che da 17 anni non si taglia barba e capelli per ricordare a chiunque lo incontri che sta ancora aspettando giustizia dallo Stato italiano; vuole sapere perché e da chi, suo figlio e la di lui moglie, incinta di 5 mesi, sono stati uccisi. Questa volta, stanco di essere preso per i fondelli, ha anche annunciato provocatoriamente che si rivolgerà alla mafia direttamente, per avere quelle notizie che lo Stato non accenna, da quasi vent'anni, a tirare fuori. D'altronde "lo Stato", c'ha già provato più di una volta a mettere la parola FINE a questo ennesimo capitolo vergognoso che come un nodo scorsoio sta asfissiando una democrazia, la nostra, sempre in bilico verso i totalitarismi più arretrati. Ma lascio parlare alcune notizie date dai giornali negli ultimi anni: Quote:
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Voglio anche riportare il testo di un'interrogazione parlamentare della scorsa legislatura, che consente di capire ancora meglio quali sono i termini della questione: Quote:
Sorvolando su tutti i sorrisi di sufficienza di chi pensa che la battaglia di Vincenzo Agostino sia una battaglia persa, proprio perché gli atti secretati e quindi sottoposti alla legge sul segreto di stato non saranno mai resi pubblici, io rispondo che coloro che sono preposti alla decisione in merito, vanno sempre più assomigliando ai becchini del cimitero, perché custodiscono i cadaveri della giustizia e della democrazia italiane. Scritto da Antonio Persia martedì 21 novembre 2006 http://inpolitica.net/index.php?opti...d=191&Itemid=9
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