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#41 | |
Senior Member
Iscritto dal: Jun 2004
Città: BOLZANO/BOZEN
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molto interessante: riporto un pezzo
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#42 |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2002
Città: Reggio Calabria -> London
Messaggi: 12112
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boh... vedo d leggerlo e poi vediamo....
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#43 | ||
Senior Member
Iscritto dal: Apr 2002
Città: PD
Messaggi: 11711
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Allora le razze sono definite dal punto di vista sociale ? Dal punto di vista biologico le "razze" sono difficilmente definibili , e basate su differenze perlopiù cosmetiche che non hanno nessun impatto sul comportamento o sull' intelligenza . Quote:
Intanto il QI non misura affatto l' intelligenza , ma solamente l' abilità di una persona a risolvere una serie di quiz , questo tipo di abilità aumenta con il livello di istruzione , con la pratica e con l' utilizzo di diverse tecniche si possono raggiungere risultati eccellenti , un aborigeno che conta solo la cui matematica é limitata al 1 2 o "tanti" potrebbe essere anche l' uomo più intelligente del mondo ma non potrà mai fare grandi risultati . In un' indagine statistica la scelta del campione é fondamentale per ottenere risultati che abbiano valore , se la scelta é sbagliata i risultati sono assolutamente fuorvianti , la scelta del campione poi dipende direttamente dal tipo di inchiesta che si vuol fare , per esempio uno dei metodi più utilizzati per ottenere un campione casuale é quello di scegliere a caso dei numeri di telefono , questo può essere soddisfacente in molti casi , ma se l' analisi fosse mirata a stabilire quante persone hanno il telefono in casa ? La distorsione colpisce in maniera evidente questo tipo di test , le popolazioni di colore americane per esempio discendono tutte da schiavi deportati , fino a qualche decina di anni fa ( e spesso ancora adesso ) erano pesantemente penalizzati nell' accesso all' istruzione , quindi sono persone che generalmente nascono in famiglie povere e hanno poche possibilità di ottenere un' istruzione di livello adeguato , al contrario gli ebrei immigrati in america sono generalmente discendenti di famiglie assai ricche , che si potevano permettere il costoso viaggio , e hanno spesso e volentieri la possibilità di studiare in scuole di alto livello , cosa dicevamo prima degli effetti dello studio sui risultati del test QI ? A questo punto risulta chiaro come certi test "statistici" possano essere manipolati e i risultati usati per gli scopi più vari ottenendo in ogni caso il risultato voluto .
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Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn |
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#44 |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2002
Città: Reggio Calabria -> London
Messaggi: 12112
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cmq nn so quanto possa essere esatto...
ad oggi non si sa niente dell'antenato comune dell'uomo.. tant'è vero ke ci sono solo ipotesi, ma manca il cosiddetto anello di congiunzione tra ominidi e uomo vero e proprio..... e poi quest'ominide ergaster nn me lo ricordavo.... mi ricordavo l'afarensis (lucy), quelli ke si cibavano piu' di vegetali ke iniziavano kn la m... mi pare (mi viene melanogaster km il moscerino ![]() ma ke io sappia nn c'era nessuna teoria accreditata ke indicava l'uomo discendere da un particolare ominide, e in particolare dall'ergaster..... boh.... vedo se trovo qualkosa al volo su google..... [EDIT]era l'australopitecus robustus... nn c'entrava 'na cippa kn melanogaster! ![]()
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![]() Ultima modifica di ^TiGeRShArK^ : 09-08-2005 alle 13:39. |
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#45 |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2002
Città: Reggio Calabria -> London
Messaggi: 12112
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mavaff...
x homo ergaster intendono le prime versioni africane di homo erectus....... cmq manka sempre il collegamento tra gli ominidi e l'herectus, dato ke quest'ultimo appartiene già al genere homo.....e ovviamente il collegamento tra homo herectus e sapiens sapiens... ke è tutt'oggi piuttosto enigmatico (vista anke la presenza del neanderthal in mezzo)
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#46 | |
Senior Member
Iscritto dal: Apr 2002
Città: PD
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![]() La teoria "classica" dice che l' uomo si sarebbe evoluto in un solo posto e da lì poi si sarebbe spostato in tutto il mondo differenziandosi . Secondo la teoria "multicentrica" uomo si sarebbe evoluto in diverse zone del globo , questa teoria prevede questa teoria prevede che gli scambi genetici fra le varie parti del mondo siano stati assai più elevati , in caso contrario la deriva genetica avrebbe dato luogo a popolazioni distinte , come i Neanderthal . Occhio poi a come si definiscono le varie "razze" , per esempio si misurano alcuni marcatori genetici , nella popolazione "A" un certo carattere si trova nel 70% del campione , nella popolazione "B" esso si rileva nel 20% , da qui si definisce che la razza "A" é quella che ha il 70% di un certo gene , la razza "B" lo esprime al 20% ... Ma una persona può avere o meno una determinata caratteristica genetica , e su quale base si assegna questa persona a una razza piuttosto che a un' altra ? Quando si dice che la "variabilità genetica" di una popolazione é maggiore rispetto alla differenza tra le varie "razze" si intende proprio questo tipo di problema , data una persona e il suo corredo genetico non é possibile stabilirne la razza se non in termini probabilistici quindi uno può essere al 40% caucasico , al 30% africano , al 20% asiatico e al 10% americano , che senso ha tutto questo ?
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Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn |
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#47 | |
Bannato
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LuVi |
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#48 | |
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Comunque in ogni caso studi genetici hanno dimostrato che la variabilità genetica fra razze è minore della variabilità all'interno della stessa razza, quindi non vedo perchè mettere tutta questa enfasi sulle differenze razziali ![]()
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echo 'main(k){float r,i,j,x,y=-15;while(puts(""),y++<16)for(x=-39;x++<40;putchar(" .:-;!/>"[k&7])) for(k=0,r=x/20,i=y/8;j=r*r-i*i+.1, i=2*r*i+.6,j*j+i*i<11&&k++<111;r=j);}'&>jul.c;gcc -o jul jul.c;./jul |Only Connect| "To understand is to perceive patterns" Isaiah Berlin "People often speak of their faith, but act according to their instincts." Nietzsche - Bayesian Empirimancer - wizardry |
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#49 | |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2004
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Qualche volta l'ho letto e ho visto certe cose da fare accapponare la pelle. |
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#50 | |
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ho concluso con Miky71 |
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#51 |
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Christopher Brand ed il "G FACTOR"
Ragazzi , questa è una teoria eugenetica sulle razze piuttosto accreditata :
http://www.crispian.demon.co.uk/ Questo psicologo sostiene che le differenze di Qi tra le etnie esistono eccome , e surroga la sua tesi con test svolti su persone di vari ceppi genetici. |
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#52 | |
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Welcome to the fight against Political Correctness*, Multiculturalism** and Feminazism – the war which modern 'conservatives' are too fearful to wage, so it must be conducted by modern National Liberals.***
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ho concluso con Miky71 |
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#53 | |
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#54 | |
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ho concluso con Miky71 |
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#55 | |
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#56 | |
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si dice pure che la donna abbia un potenziale di qi più elevato del maschio magari di questa distinzione qualcosa si può cavare di utile: mandatele a governare il mondo così forse staremo tutti un po' meglio ![]() |
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#57 | |
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#58 | |
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http://en.wikipedia.org/wiki/Chris_Brand Il "fattore G" su cui insiste tanto è questo: http://en.wikipedia.org/wiki/G_factor è un indice molto controverso, e dal momento che si basa pesantemente sui test di intelligenza, rientra nell'interpretazione data da Cfranco: in un ambiente che stimola un determinato modo di ragionare, è più facile sviluppare determinate capacità. Infatti non a caso in questi giorni il notiziaro di leScienze riporta che probabilmente la minore capacità delle ragazze in matematica è dato da fattori culturali più che biologici: http://www.lescienze.it/sixcms/detail.php3?id=11079 Inoltre il G-factor ha oppositori illustri, come il genetista Gould (equilibri punteggiati), nonchè vari esperti del settore.
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echo 'main(k){float r,i,j,x,y=-15;while(puts(""),y++<16)for(x=-39;x++<40;putchar(" .:-;!/>"[k&7])) for(k=0,r=x/20,i=y/8;j=r*r-i*i+.1, i=2*r*i+.6,j*j+i*i<11&&k++<111;r=j);}'&>jul.c;gcc -o jul jul.c;./jul |Only Connect| "To understand is to perceive patterns" Isaiah Berlin "People often speak of their faith, but act according to their instincts." Nietzsche - Bayesian Empirimancer - wizardry |
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#59 | |
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Gli esperimenti hanno dimostrato già da lungo tempo che il cervello é un organo plastico che risponde alle sollecitazioni modificandosi continuamente , il suo comportamento é simile a quello di un muscolo , più si usa e più si diventa intelligenti .
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Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn |
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#60 |
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QI, scienza o fandonia?
di STEVEN JOHNSON VENTITRÉ ANNI FA, un professore di filosofia americana di nome James Flynn ha scoperto un trend sorprendente: da decenni, i profili QI medi, in tutti i paesi industrializzati del pianeta crescono in maniera costante. Malgrado le preoccupazioni sull’intontimento generale della società – le scuole che non assolvono al meglio la loro funzione, la Tv spazzatura, il declino della pratica della lettura – la popolazione, nel suo complesso, si stava facendo progressivamente più sveglia. Da allora, il trend di crescita si è mantenuto inalterato, e gli studi più recenti mostrano un’accelerazione significativa nel quoziente intellettivo della popolazione mondiale. Analogamente al fenomeno del riscaldamento globale e alle legge di Moore, il cosiddetto effetto Flynn pare uno dei tratti distintivi nella struttura sempre più complessa dell’esistenza moderna, indicando una tendenza particolarmente ottimistica. Abbiamo ancora parecchi problemi da risolvere, ma almeno una consolazione: il nostro cervello sta particolarmente migliorando nella pratica del problem solving. A meno che uno non pensi che in generale tutta la faccenda della misurazione del quoziente d’intelligenza sia una gigantesca fandonia. Chiunque abbia letto The Mismeasure of Man di Stephen Jay Gould o i lavori di Howard Gardner sull’intelligenza multipla o una qualsiasi critica della Bell Curve è libero di liquidare il QI come pura rivisitazione della frenologia, come una pseudoscienza che maschera ideologie razziste ed elitarie per non chiamarle con il loro vero nome. Scettici di questo genere sono contro il concetto di QI in sé o, più precisamente criticano quello che l’esperto di intelligenza Arthur Jensen chiamava g, e che starebbe ad indicare l’intelligenza “generale” latente. Gli psicometristi misurano g attraverso un’analisi fattoriale che comprende test di intelligenza multipla da cui poi ricavare un pattern di correlazione tra i vari aspetti (e il QI è solo uno di questi aspetti). Pare che gli individui con una maggiore intelligenza generale rispetto alla media ottengano prestazioni migliori in una gamma svariata di differenti test. Al contrario che per molti scettici, per James Flynn il g non era solo una variabile statistica. Si trattava piuttosto di misurare un qualcosa di reale, da considerare in rapporto a un’asse temporale. Scattare un’istantanea del g in un dato momento non serve, non ha senso. Bisogna monitorarne l’evoluzione. Detto fatto. E così il g è improvvisamente diventato molto più che una misura dell’abilità mentale. Perché ha rivelato il trend di crescita nei risultati dei test di intelligenza, suggerendo l’ipotesi che qualcosa nell’ambiente circostante – una qualche forza sociale o culturale – potesse guidare tale processo. Le intuizioni più significative arrivano generalmente quando si è occupati a fare qualcos’altro. Lo stesso dicasi per Flynn e l’effetto a cui ha dato il nome. Ha lasciato l’America all’inizio degli anni Sessanta per insegnare filosofia morale all’Università di Otaga, in Nuova Zelanda. A fine anni Settanta, ha iniziato a investigare il background intellettuale delle ideologie razziste. “Allora mi sono imbattuto in Arthur Jensen, uno studioso di fama, e ho scoperto che riteneva i negri in media geneticamente inferiori”, spiega. “È stato uno shock. Jensen era al di là del bene e del male, e certamente non un razzista. E ho capito che dovevo studiare meglio la faccenda”. Dall’indagine nacque, nel 1980, un saggio dal titolo Race, IQ, and Jensen, nel quale si forniva una teoria ambientale – e non genetica – del gap di quoziente intellettivo tra bianchi e neri. Una volta terminato il libro, Flynn decise di cercare le prove del fatto che i neri stavano riguadagnando terreno sui bianchi man mano che le loro possibilità di accesso all’istruzione aumentavano, e quindi iniziò a passare in rassegna i registri militari americani, perché chiunque voglia diventare membro delle forze armate viene sottoposto a un test del QI. Così facendo, scoprì che i neri stavano impercettibilmente ma costantemente conquistando punti rispetto ai bianchi nei test di intelligenza, il che confermava la sua ipotesi dell’influenza del contesto. Ma nei dati raccolti, anche qualcos’altro gli saltò all’occhio. Ogni dieci anni o giù di lì, venivano formulati e ricalibrati nuovi test in modo che il punteggio medio fosse uguale a 100. Per essere sicuri che i nuovi questionari fossero conformi a quelli precedenti, un gruppo di studenti veniva sottoposto ad entrambi. Lo scopo era quello di dimostrare che chi aveva un’intelligenza superiore alla media nella nuova versione l’aveva anche nella vecchia, e in effetti i risultati confermavano la correlazione. Ma evidenziavano anche un altro pattern, che le aziende avevano stranamente trascurato. “Immancabilmente, il punteggio sui test vecchi si rivelava migliore”, spiega Flynn. “Molto strano”. Le aziende interessate avevano pubblicato i dati comparati quasi con noncuranza. “Non parevano trovare sorprendente il fatto che i profili risultassero migliori nella vecchia versione del test”, continua. “Ma io sì, perché ero nuovo del campo”. Successivamente, Flynn inviò le sue conclusioni all’Harvard Educational Review, che però rifiutò il saggio a causa delle sue ridotte dimensioni. Così, lo studioso si dette da fare a scovare tutti i casi americani di soggetti sottoposti a due diverse versioni successive di test d’intelligenza. “Esaminando quella mole impressionante di dati, riscontrai un incremento di 14 punti QI tra il 1932 e il 1978”. Secondo le sue stime, se un individuo classificato al top 18 per cento all’epoca dell’elezione di Roosevelt fosse stato riesaminato a metà dell’amministrazione Carter avrebbe ottenuto un 50° percentile. Una volta pubblicato il lavoro, nel 1984, Flynn si vide obiettare da Jensen che la sua tesi poggiava su test che riflettevano un background di apprendimento. A suo parere, l’effetto Flynn sarebbe scomparso se ci si fosse riferiti a test come il Raven Progressive Matrices, che calcola approssimativamente il grado di g tramite la misurazione dell’abilità di ragionamento astratto, di riconoscimento di pattern e di facoltà di articolazione del linguaggio. Allora Flynn passò a raccogliere dati QI di individui di tutto il mondo. E in tutti riscontrò gli stessi significativi incrementi. “I maggiori risultavano proprio dai Raven”, racconta, con una punta di soddisfazione nella voce. |
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