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Asia minacciata dalla xenofobia fra Cina, Giappone e Corea
17 Dicembre 2005
ASIA L’Asia minacciata dalla xenofobia fra Cina, Giappone e Corea Secondo un rapporto dell’International Crisis Group le tensioni nell’area orientale dell’Asia sono in aumento. “Se non si calma la situazione si può arrivare a degli scontri gravi”. Seoul (Asianews) - Cresce la xenofobia reciproca tra Cina, Giappone e Corea e in futuro “potrebbe causare gravi conflitti”. Lo denuncia Peter Beck, direttore della sezione Asia del nord-est dell’International Crisis Group (Icg), organizzazione internazionale non governativa che studia le aree di conflitto mondiali. In un documento pubblicato il 15 dicembre, l’Icg si dice “allarmato” dalla situazione nella regione e invita Pechino, Tokio e Seoul a “contenere la fobia verso lo straniero”. Per mantenere la situazione “stabile” l’organizzazione spinge le 3 potenze asiatiche ad “alleggerire la loro retorica nazionalistica” ed a “separare la diplomazia dalla storia”. Un passo importante sarebbe inoltre quello di “creare istituzioni che costruiscano enti regionali invece di indebolirli”. Il nazionalismo cinese, coreano e giapponese rende difficili i rapporti politici, aggravati da rivendicazioni territoriali che vanno avanti da anni e da interpretazioni storiche differenti. “Nel peggiore dei casi questa xenofobia reciproca porterà a gravi scontri”. Le 3 maggiori potenze dell’economia asiatica, che insieme costituiscono la terza regione economica più grande al mondo dopo Stati Uniti e l’Unione Europea, formano una tra le zone del mondo meno integrata. Fra le cause recenti che contribuiscono all’aumento della xenofobia vi sono le recenti dispute sulla sovranità territoriale nel mare Cinese orientale e i problemi di interpretazione storica sull'imperialismo giapponese. Il documento dell’Icg - intitolato “Norheast Asia’s Undercurrents of Conflict” - sostiene che gli scontri fra le nazioni dell’area sono in aumento anche per la crescita economica cinese, per i grandi cambiamenti generazionali sudcoreani e per il declino economico giapponese. Per far fronte alle tensioni causate dalla xenofobia, l’Icg sollecita il Giappone a dare sostegno economico alle vittime dei crimini di guerra e a costruire un’alternativa al tempio Yasukuni. A Pechino è chiesto di riconoscere il ruolo che ha avuto il Giappone nel suo sviluppo economico, usare i codici di condotta internazionali e rendere libero l’accesso ai media stranieri ai cittadini cinesi. “Questi – conclude Beck - possono essere i primi passi verso una riduzione delle tensioni che permetterà di focalizzarsi su problemi ben più gravi, come la sicurezza, la non proliferazione delle armi e la protezione ambientale”.
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10 Aprile 2006
GIAPPONE - CINA Lo Yasukuni continua a fermare la riconciliazione tra Cina e Giappone di Pino Cazzaniga Una proposta del leader dell’opposizione giapponese di togliere dal tempio i criminali di guerra sembra rispondere alle frasi di Hu Jintao contro le visite di Koizumi, che hanno raffreddato le speranze di riconciliazione. Tokyo (AsiaNews) – Rimuovere dal tempio Yasukuni i 14 criminali di guerra “di prima categoria”, la presenza dei quali è all’origine delle contestazioni cinesi e coreane. La proposta avanzata ieri da Ichiro Ozawa, leader del Partito democratico, il maggior gruppo di opposizione giapponese, segue di pochi giorni le affermazioni fatte da Hu Jintao proprio contro le visite del primo ministro giapponese Koizumi allo Yasukuni. Le frasi del presidente cinese hanno provocato la reazione di Tokyo e hanno quindi allontanato le prospettive di una riconciliazione a breve termine. Il 31 marzo, infatti, una delegazione giapponese di rappresentanti di sette gruppi “amici della Cina” è stata accolta dal presidente cinese Hu Jintao nella grande sala del palazzo del Popolo a Pechino. La personalità dell’ospitante, il luogo dell’incontro e la sua durata (90 minuti) sono già indice dell’importanza data all’udienza, anche perché a guidare il gruppo giapponese è stato Ryutaro Hashimoto, predecessore di Junichiro Koizumi nella carica di primo ministro. L’incontro è stato, senza dubbio, l’avvenimento più importante per le prospettive di disgelo tra le due nazioni da oltre un anno. Ad esso guardavano con speranza anche le diplomazie di molte nazioni dell’Asia e degli Stati Uniti. Ma, malgrado l’atmosfera di cordialità, che ha caratterizzato l’inizio dell’udienza, lo scopo non è stato raggiunto. La responsabilità immediata del fallimento è da attribuirsi al discorso del presidente cinese, che nell’intenzione dei compilatori doveva essere rivolto al popolo giapponese; è risultato, invece, una filippica contro Koizumi. Il contenuto del discorso può essere riassunto in tre punti. Innanzitutto Hu Jintao ha riconosciuto che le relazioni tra la Cina e il Giappone sono della massima importanza per lo sviluppo dei due popoli e per la pace in Asia. Per questo è suo desiderio migliorarle. Secondo: ha assicurato che la Cina non ha alcuna intenzione di minacciare militarmente altre nazioni né tende a egemonia economica perchè, ha detto, “ è ancora un Paese in via di sviluppo”. Affrontando infine il problema degli incontri al vertice interrotti da cinque anni, ha detto: “Siamo pronti a attuarli in qualsiasi momento a condizione che il premier giapponese (l’attuale e i successori) d’ora innanzi non visiti più il santuario Yasukuni dove, assieme ai caduti per la patria, sono onorati anche alcuni criminali di guerra”. La frase ha rovinato l’atmosfera dell’incontro, anche perché era stato preventivamente escluso ogni accenno diretto allo Yasukuni e ai criminali di guerra e, poco prima della partenza, alcuni membri della delegazione si erano recati all’ambasciata cinese a Tokyo chiedendo, a loro volta, l’esclusione di tale accenno. Hu Jintao, invece, ne ha parlato esplicitamente. I giapponesi hanno interpretato l’offerta condizionata come un’insopportabile interferenza negli affari interni della loro nazione e le reazioni negative del governo non si sono fatte attendere. Il ministro degli esteri Taro Aso ha denunciato la grave scorrettezza diplomatica cinese: “I loro metodi - ha detto - sono incomprensibili. Ritengo che i leader di due Paesi debbano incontrarsi per risolvere i problemi e non imporre soluzioni prima dei colloqui”, e non si è trattenuto dall’indicare la Cina come una minaccia militare. E per il presidente dell’associazione degli industriali, Kakutaro Kitashiro, che pure è pro-cinese, “Un commento come questo rischia di fare delle visite allo Yasukuni un tema politico. L’opinione pubblica giapponese diventerà tale che sarà impossibile ai politici interrompere le visite al tempio contestato”. Sembra, tuttavia, che il rischio che il presidente cinese ha voluto correre sia calcolato. Secondo gli analisti i motivi, non confessati, ma sostanziali, sono due. Innanzitutto Hu sapeva che l’uditorio del discorso non era un solo popolo ma due: il giapponese e il suo. Dopo le gravi dimostrazioni popolari antigiapponesi dell’anno scorso, non poteva dare l’impressione di sottovalutare le loro motivazioni. Inoltre, sapendo che Koizumi lascerà la carica il prossimo settembre, pare che stia tentando di influire indirettamente sulla scelta del successore e del relativo programma di politica estera.
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28 Aprile 2006
COREA DEL SUD - GIAPPONE Per due isolette, quasi una guerra tra Corea del sud e Giappone di Pino Cazzaniga Chiamate Takeshima dai giapponesi e Dokdo dai coreani, le due isole, 0,39 chilometri quadrati, sono rivendicate da entrambi i Paesi. Un confronto che si è fatto molto aspro. Seoul (AsiaNews) - “Dokdo è nostro territorio”: è cominciato con queste parole un discorso col quale il presidente della Corea del sud, Roh Moo-hyun, il 27 aprile, ha denunciato il passato imperialista del Giappone e l’attuale sua pretesa di sovranità su due isolette (di 0,39 chilometri quadrati) che i coreani chiamano Dokdo e i giapponesi Takeshima. Dall’anno della normalizzazione tra le due nazioni (1965) mai un presidente sud-coreano aveva parlato tanto duramente contro la vicina nazione. La frase di Roh è il ritornello che da due anni si sente gridato e cantato nelle assemblee e nei cortei anti-nipponici e nelle scuole. Roh ha aggiunto: “Oltre ad essere terra nostra, ha anche particolare significato storico”, in quanto simbolo dell’aggressione dell’imperialismo nipponico. “La Corea del sud - ha continuato - mobiliterà tutte le risorse nazionali e diplomatiche per opporsi alle irragionevoli pretese del Giappone e per costringerlo a rettificare le sue malefatte”. Il discorso, messo in onda quasi senza preavviso, è stato una sorpresa per tutti, in Corea in Giappone e all’estero. Solo tre giorni prima Yu Myung-hwan, vice ministro degli esteri sud-coreano, e Shotaro Yachi, controparte giapponese, erano riusciti a raggiungere un accordo che sembrava aver disinnescato una crisi, cominciata verso la metà di aprile, quando il governo giapponese aveva informato l’organizzazione oceanografica internazionale (IHO: International Hidrographic Organization) che intendeva eseguire rilevamenti sottomarini per aggiornare le mappe marittime in una zona del mar del Giappone. Ma da quelle acque emergono le due isolette.. Corea e Giappone ne reclamano la sovranità. Dal 1954 vi stanzia una guarnigione coreana. Nel 1965, durante le trattative per la normalizzazione dei rapporti, il problema della loro appartenenza era stato aggiornato e i colloqui condotti dal 1996 per stabilire i rispettivi confini marittimi sono stati interrotti nel 2000. Il Giappone, facendo conoscere all’IHO la zona dei rilevamenti sottomarini che intendeva attuare, implicitamente rivendicava la sovranità delle isole contestate. La Corea ha reagito con massicce dimostrazioni di piazza e il ministro degli esteri, Ban Ki-moon, ha convocato l’ambasciatore giapponese chiedendo che il suo governo annullasse immediatamente il programma di ricerche. Tokyo, ritenendo di agire in ottemperanza alle leggi internazionali, non ha accettato la richiesta e ha proceduto nel piano facendo attraccare due navi da ricerca, quindi non armate, nel porto di Sakaiminato nel nord-est del Giappone. Seoul ha risposto mandando nella zona di Dokdo 18 navi della guardia costiera, armate. In realtà il piano provocatorio giapponese era una reazione a una provocazione coreana. Nel mese di giugno in Germania si terrà l’assemblea della IHO. Il governo di Seoul aveva già preparato un piano per richiedere all’organizzazione di mutare il nome della zona sottomarina che si stende tra i due affioramenti rocciosi e l’isola di Ullung. I giapponesi l’avevano già esplorata negli anni ’70 e fatta registrare con il nome di Tsuhima Il 22 aprile la diplomazia è sembrata avere la meglio sui cannoni. Dopo 10 ore di colloqui, Tokyo ha annullato il piano di ricerca; Seoul si è impegnata a non richiedere all’IHO, per ora, il cambiamento dei nomi; e i due si sono accordati di riprendere i colloqui in maggio, per determinare con chiarezza i confini marittimi nella zona contestata. Ma il discorso di Roh, il 27, è tornato ad accendere il fuoco della contesa. Circa la sovranità coreana sulle due isolette, pare che storicamente non ci siano dubbi. Secondo il professore Mark Selden della Cornell University “i dati degli archivi storici danno ragione alla Corea. Essa può rivendicarne il possesso fino dal tempo della dinastia Silla (sec. VIII)”. La diplomazia giapponese tenta di annullare l’argomento storico presentando un documento secondo cui il regno di Corea avrebbe ceduto le due isolette al Giappone nel 1905. Argomento sibillino. È vero che l’annessione della penisola è avvenuta nel 1910, ma nei primi anni del secolo XX il governo imperialista nipponico aveva già tolto al regno di Corea ogni potere nel settore della politica estera. “Dokto - per Roh- e’ il primo territorio preso dal Giappone, durante la guerra di aggressione contro la nostra penisola”
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12 Luglio 2006
CINA – COREA DEL NORD Pechino, Hu Jintao invita la Corea del Nord a non aggravare la crisi diplomatica Con un inusuale appello pubblico al regime di Kim Jong-il, il presidente cinese ha chiesto un impegno concreto per la pace e si è detto seriamente preoccupato per la crisi relativa ai testi missilistici nordcoreani. Pechino (Agenzie) – Il presidente cinese Hu Jintao ha rivolto ieri un inusuale appello pubblico alla Corea del Nord affinché “eviti di aggravare la tensione relativa ai suoi test missilistici”, mentre gli Stati Uniti ed il Giappone continuano a chiedere a Pechino di intervenire con il suo alleato affinché ceda sulla questione ed interrompa le manovre militari. L’appello è stato rivolto al vice-presidente del Parlamento nordcoreano, Yang Hyon-sop. “Siamo contrari – ha detto Hu – ad ogni azione che porti ad un aggravarsi della situazione. Speriamo che tutte le parti in causa facciano il possibile per giungere alla pace ed alla stabilità della penisola coreana”. “La Cina – ha aggiunto – è sempre stata impegnata per questo scopo ed ha sempre insistito affinché i punti cruciali venissero risolti tramite il dialogo pacifico e la negoziazione. Chiediamo a tutti di rimanere calmi”. Hu ha poi definito il governo cinese “seriamente preoccupato al riguardo” ed ha chiesto che “si vada oltre lo stallo in cui si trova impantanato il tavolo dei dialoghi a sei sul nucleare” disertatati da Pyongyang, che cercano di trovare una soluzione al programma nucleare nordcoreano. I commenti del presidente cinese, che raramente ha parlato in pubblico del regime guidato da Kim Jong-il, rappresentano una inusuale presa di posizione del governo e sembrano – secondo alcuni analisti – il “riflesso della frustrazione di Pechino nei confronti dei suo alleato storico”. L’arrivo di Yang a Pechino è coinciso con l’arrivo di un negoziatore cinese a Pyongyang, Wu Dawei. I test condotti da Pyongyang la scorsa settimana – sette missili esplosi in aria o caduti sopra il Mare del Giappone – hanno scatenato una serie di proteste diplomatiche e di scambi fra il Giappone, gli Stati Uniti e le altre nazioni che compongono il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Le prime due cercano dure sanzioni contro il regime, mentre Cina, Russia e Corea del Sud tengono viva la linea del dialogo. Il voto all’Onu sulla questione, previsto per due giorni fa, è stato rinviato all’unanimità proprio per permettere alla diplomazia di Pechino di cercare una soluzione pacifica.
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13 Luglio 2006
COREA DEL NORD – CINA –USA Sulla questione dei missili, la Cina “non ha ottenuto nulla” da Pyongyang Lo sostiene Christopher Hill, da due giorni a Pechino per consultazioni sulla risposta dell’Onu alla provocazione nordcoreana. Il regime di Kim Jong-il chiede a Seoul aiuti alimentari in cambio della protezione militare offerta a tutta la penisola. Pechino (Agenzie) – I cinesi non hanno fatto “alcun progresso” con la Corea del Nord e la delegazione di Pechino che da tre giorni è a Pyongyang “finora non ha ottenuto nulla”. E’ negativo il giudizio del segretario aggiunto per gli affari asiatici del Dipartimento di Stato Usa, Christopher Hill sul tentativo che le autorità cinesi stanno compiendo per mediare sulla risposta dell’Onu ai lanci di missili nordcoreani. Pyongyang, intanto, ha chiesto alla Corea del Sud aiuti alimentari in cambio della protezione militare che offre a tutta la penisola. Hill, che sta compiendo un giro tra le capitali asiatiche maggiormente coinvolte nella vicenda dei missili nordcoreani, è giunto a Pechino dopo essere stato a Seoul e Tokyo. Nel corso dei due giorni della sua attuale permanenza a Pechino ha incontrato il ministro degli Esteri Li Zhaoxing. Ora, al momento di lasciare il Paese ha sostenuto di prevedere un “messaggio molto forte” della comunità internazionale alla Corea del Nord. “Ho parlato finché ho potuto – ha detto - della missione dei cinesi a Pyongyang. Non c’è stato alcun progresso”. Hill, che si è detto “preoccupato” dell’atteggiamento mordcoreano, ha detto che “i cinesi sembrano perplessi quanto noi. La Cina – ha aggiunto – ha fatto talmente tanto per quel Paese, che sembra voler ricevere senza dare nulla in cambio”. “I cinesi – ha concluso – mi sembrano un po’ frustrati”. La missione di Hill ha fatto seguito al rinvio della decisione su quale progetto di risoluzione – uno di Giappone e Stati Uniti che prevede sanzioni ed uno sino-russo che non le prevede - il Consiglio di sicurezza dovesse adottare sulla Corea del Nord. Il rinvio era stato deciso lunedì 9 proprio per consentire la mediazione cinese. Nel frattempo, il regime stalinista guidato da Kim Jong-il ha chiesto a Seoul di “fornire al più presto gli aiuti umanitari promessi alla popolazione” come ricompensa per la “protezione” che assicurano a tutta la penisola. Kwon Ho-ung, consigliere del gabinetto presidenziale nordcoreano, ha detto ieri che “l’ideologia Songun [che predica lo sviluppo delle forze militari come prima necessità per il Paese ndr] ci ha impoveriti, ma in questo modo siamo in grado di aiutare Seoul e la popolazione sudcoreano a difendere la propria sicurezza”. Inoltre, Kwon ha chiesto di sospendere le esercitazioni militari congiunte fra Corea del Sud e Stati Uniti ed ha invitato “ogni patriota della penisola coreana” a visitare “i luoghi sacri del Nord” per festeggiare la liberazione dal regime colonialista giapponese, il 15 agosto. Fra questi “sacrari” sono inclusi il mausoleo dove giace imbalsamato Kim Il-sung, tuttora presidente della Corea del Nord nonostante sia morto 12 anni fa, ed il “cimitero dei martiri patrioti”.
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#9 |
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Corea Nord respinge risoluzione Onu
Netto 'no' di Pyongyang al Consiglio di Sicurezza (ANSA) - NEW YORK, 15 LUG - La Corea del Nord "respinge in modo totale" la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu che condanna i lanci missilistici. Lo ha detto il suo ambasciatore alle Nazioni Unite, Pak Gil Yon. Subito dopo l'approvazione del documento, Pak Gil Yon ha detto che la risoluzione intende "isolare e fare pressioni" sul governo, quando invece "lo sviluppo dei missili da parte della Corea del Nord e' una chiave per tenere in equilibrio le varie forze nel nordest asiatico".
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#10 |
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Corea Nord passa a guerra di parole
Dopo risoluzione Onu di condanna a esperimenti missilistici La Corea del Nord risponde con una guerra di parole alla risoluzione dell'Onu che la condanna per gli esperimenti missilistici del 5 luglio.Una dichiarazione del ministero degli esteri nordcoreano ripresa dalla 'Kcna' accusa il Consiglio di sicurezza di aver agito 'irresponsabilmente' nell'adottare la risoluzione. Cauta la reazione della Corea del Sud, mentre il Giappone sollecita Pyongyang a conformarsi ad essa. Per il segretario di stato Usa Rice la Corea del Nord tornera' ai negoziati.
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Corea Nord: Bush per negoziati a 6
Presidente, grazie a Pechino per ruolo su risoluzione Onu Gli Stati Uniti e la Cina sono d'accordo perche' i negoziati a sei sulla Corea del Nord riprendano e Washington. Il presidente Usa ha ringraziato inoltre il presidente cinese Hu Jintao per il ruolo avuto da Pechino nel voto unanime del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sulla risoluzione, varata ieri, di condanna di Pyongyang dopo i lanci di missili compiuti il 4 luglio. Il documento e' stato approvato a partire da una bozza presentata da Cina e Russia.
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17 Luglio 2006
COREA DEL NORD – STATI UNITI – RUSSIA Pyongyang “accetti la risoluzione Onu e torni al tavolo del disarmo nucleare” Bush e Putin, ai margini del G8 moscovita, siglano un comunicato congiunto che chiede alla Corea del Nord di accettare le sanzioni del Consiglio di Sicurezza e di tornare “senza condizioni” al tavolo dei dialoghi a sei sul nucleare. Sulla stessa linea, Seoul minaccia il blocco degli aiuti. Mosca (AsiaNews) – La Corea del Nord “deve accettare il contenuto della risoluzione adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite” e tornare “senza condizioni ed il prima possibile al tavolo dei dialoghi a sei sul disarmo nucleare”. E’ questo il senso del comunicato congiunto siglato questa mattina dal presidente americano George W. Bush e dalla sua controparte russa Vladimir Putin, reso pubblico ai margini del G8 moscovita. I due presidenti hanno poi ribadito la loro “seria preoccupazione” nei confronti dei recenti esperimenti missilistici effettuati dalla Corea del Nord ed esprimono “piena fiducia” che Pyongyang accetti le condizioni imposte dall’Onu. L’organismo internazionale ha trovato il 15 luglio scorso a New York – dopo dieci giorni di dibattiti – una linea comune da adottare nei confronti del regime guidato dal “caro leader” Kim Jong-il. Il voto unanime del Consiglio chiede alla Corea del Nord di “sospendere immediatamente i test condotti con i missili balistici” ed impone a Pyongyang delle sanzioni che colpiscono però solo l’import-export di materiale e tecnologia missilistica. Il testo chiede inoltre alla comunità internazionale “di vigilare sulla proliferazione della tecnologia missilistica e nucleare”. La proposta finale è stata presentata da Francia e Gran Bretagna: i due governi hanno emendato la precedente bozza giapponese che chiedeva l’intervento militare dei caschi blu ed un embargo economico che senza alcun dubbio avrebbe spezzato l’economia, già traballante, della parte nord della penisola coreana. In sede di voto, Pak Gil Yon – ambasciatore nordcoreano presso le Nazioni Unite – ha “respinto totalmente la risoluzione” ed ha spiegato che i test sono stati condotti “come una normale operazione militare”. Secondo Park, “il Consiglio di Sicurezza sta cercando di isolare il suo Paese per indebolirlo e piegarlo ai desideri dei nuovi colonialisti”. “Per evitare ciò – ha aggiunto - la Corea del Nord continuerà i test sui missili balistici, l’unico modo a disposizione per rafforzare le proprie capacità di auto-difesa”. In risposta, il governo di Seoul ha minacciato la sospensione immediata dell’invio di materiale umanitario a Pyongyang, unica fonte di sostentamento per buona parte della popolazione nordcoreana. Visualizza per la stampa
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19 Luglio 2006
COREA DEL NORD Pyongyang ordina la mobilitazione generale E’ legata alla decisione cinese, che ancora non è arrivata, la proposta di Usa e Corea del Sud di dar vita a colloqui “a cinque” sul nucleare nordcoreano. Seoul (Agenzie) – Mobilitazione generale nella Corea del Nord, in risposta alla risoluzione di condanna del Consiglio di sicurezza, mentre si attende solo il sì cinese per dare il via ad un “colloquio a cinque” (Usa, Russia, Cina, Giappone e Corea del Sud) sulla questione nucleare nordcoreana, mirata a convincere Pyongyang a tornare ai colloqui “a sei”. Dell’ordine di mobilitazione generale ha dato notizia un funzionario di alto grado dell’intelligence di Seoul, secondo il quale la disposizione è stata data subito dopo la mezzanotte di domenica, quattro ore dopo l’adozione della risoluzione di condanna della Corea del Nord per i suoi programmi militari e missilistici. La questione sarà esaminata oggi dal presidente Roh Moo-hyun con i responsabili della sicurezza, anche per esaminare le altre questioni legate alla risoluzione dell’Onu. L’ordine di mobilitazione, che non è stato trasmesso né dalla radio né dalla televisione, è il primo da 13 anni, dal marzo 1993, alla vigilia dell’uscita della Corea del Nord dal Trattato di non proliferazione. Dato in nome del “caro leader” Kim Jong-il, l’ordine, secondo un funzionario dell’intelligence sudcoreana, è un tentativo di rinserrare sotto di lui i ranghi della nazione. Ancora non si sa se la mossa di Pyongyang spingerà la Cina ad aderire alla proposta avanzata da Usa e Corea del Sud di dare seguito agli spenti colloqui “a sei” sul nucleare della Corea del Nord, trasformandoli in colloqui “ a cinque”. La Cina, infatti, non ha ancora dato una risposta all’idea elaborata dal rappresentante sudcoreano Chun Young-woo e dallo statunitense Christopher Hill che lunedì hanno proposto i colloqui “a cinque”, escludendo la Corea del Nord, per, ha scritto la Yonhap, agenzia di Seoul, “impedire una situazione di stallo, nella quale i colloqui a sei non riprenderanno per un lungo periodo, e per mantenere lo slancio degli incontri a sei”. Chun ha sostenuto che Seoul vorrebbe la ripresa dei colloqui a sei, “ma se ciò non è possibile, penso sia meglio avere colloqui a cinque che non averne”. Il procrastinarsi della risposta cinese, a fronte della prevista disponibilità degli altri Paesi, viene interpretato a Seoul come un segno che Pechino non vuole una situazione nella quale altri prendono la guida, cercando di risolvere un problema di sicurezza nel Nordest asiatico. Per questo, la Cina, secondo una fonte diplomatica, “darebbe il via libera se potesse prendere il ruolo di presidente”. Secondo la stessa fonte, comunque, sono “assai scarse” le possibilità di convocazione dei colloqui. Gli stessi Chun e Hill non hanno voluto avanzare previsioni sui tempi di un loro eventuale avvio.
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Giappone: sistema antimissile Usa
Nuova strategia di difesa nipponico-americana - Gli Usa inizieranno la realizzazione di un sistema di difesa missilistico terra-aria in Giappone, nell'isola di Okinawa, entro agosto.La decisione, annunciata oggi a Tokyo da fonti governative nipponiche, rientra nella nuova strategia di difesa messa in atto da Tokyo e Washington in previsione di un eventuale attacco missilistico della Corea del Nord. Il progetto sembra aver subito una decisa accelerazione dopo l'improvviso esperimento balistico del 5 luglio scorso effettuato da Pyongyang.
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#15 |
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Città: Altrove (eh, magari vicino una certa base....chissà)
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![]() il giappone mi fa troppo pro-USA ultimamente ![]() ma dov'è la novità ? i giapponesi vogliono mettere al tappeto i cinesi (xenofobia) e schiavizzare i coreani (supremazia), i cinesi altrettanto volevano fare anche l'altra corea stato satellite (e ridurre il sud come il nord ![]() ![]() la storia non finirà mai, finché uno di loro non prevarrà sugli altri ![]()
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26 Luglio 2006
CINA – COREA DEL NORD Per la prima volta Pechino permette a dei nordcoreani di espatriare verso gli Usa Per gli analisti politici, è un modo per dimostrare insoddisfazione per i test missilistici del 4 luglio scorso. Possibile anche un ritardo dell’invio di aiuti umanitari. Pechino (Agenzie) – Il governo cinese ha permesso per la prima volta a dei rifugiati nordcoreani di cercare asilo negli Stati Uniti: la mossa viene letta dagli analisti politici come un segnale dell’insoddisfazione di Pechino nei confronti di Pyongyang per i test missilistici compiuti due settimane fa. I tre rifugiati – i nomi non sono stati resi noti – sono partiti per gli Usa sabato 22 luglio, dopo essere riusciti ad entrare nel consolato americano nella città nord-orientale di Shenyang lo scorso maggio. Pechino aveva permesso in passato di lasciare il suo territorio per una terza nazione – di solito la Corea del Sud – solo ad esuli di alto livello provenienti dal regime guidato da Kim Jong-il. Secondo il professor Joseph Cheng Yu-shek, docente di scienze politiche all’Università di Hong Kong, la decisione è “un altro modo con cui il governo cinese vuole dimostrare il suo desiderio di continuare ad esercitare pressione sulla Corea del Nord per farla tornare al tavolo dei colloqui a sei sul disarmo nucleare. Ci potrebbero anche essere ritardi nell’invio di aiuti umanitari ed energetici a Pyongyang”. La notizia di oggi si affianca alla conferma del congelamento dei conti nordcoreani da parte della Banca di Cina, filiale di Macao, anticipata dalla stampa sudcoreano: questa mossa, tuttavia, sarebbe precedente ai missili del 4 luglio e quindi correlata solo alle pressioni internazionali per far tornare Pyongyang al tavolo dei colloqui.
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#17 |
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Corea Nord: missili, Iran coopera
Lo afferma un istituto statale di Seu La Corea del Nord si e' avvalsa e continua ad avvalersi della cooperazione dell'Iran nello sviluppo di missili balistici a lunga gittata. E' quanto emerge da un rapporto pubblicato da un istituto statale sudcoreano, secondo il quale e' 'altamente probabile' che questi vettori impieghino tecnologie cinesi. 'Lo sviluppo del vettore Taepodong-2 - si legge in uno studio dell'Istituto per gli Affari esteri e la Sicurezza nazionale - e' portato avanti congiuntamente con l'Iran.
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#18 |
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8 Agosto 2006
COREA DEL NORD Dopo i test missilistici, perse le tracce del “caro leader” Dal 4 luglio Kim Jong-il sembra scomparso dalla scena pubblica nazionale. Voci sostengono che stia studiando come gestire le forti pressioni internazionali seguite al lancio di missili un mese fa. Seoul (Agenzie) – Il “caro leader” nordcoreano, Kim Jong-il è scomparso dalla scena pubblica dopo i test missilistici che il mese scorso gli hanno attirato la condanna internazionale e le sanzioni del Consiglio di sicurezza Onu. Il leader dell’impenetrabile Paese comunista non compare più sui media nazionali dal 4 luglio, quando ha visitato una fabbrica di copertoni, un giorno prima del lancio dei missili. Il blackout mediatico ha sollevato voci su possibili problemi interni al regime e sulla cattiva salute di Kim. Il leader 64enne di rado si sottrae all’attenzione pubblica in Corea del Nord, dove gode di un'aurea semi-divina. Le sue ispezioni a campi, fabbriche e basi militari sono il costante pezzo forte dei media di Stato. Esperti in Corea del sud notano che non vi è stata neppure notizia del tradizionale omaggio del “caro leader” al defunto padre Kim Il-sung, l’8 luglio. Al di là di sporadiche assenze - come quella durata 40 giorni nel 2003 – Kim non ha mai mancato la visita annuale al mausoleo del padre, morto nel 1994 e ancora ritenuto il presidente della Corea del nord. Voci pubblicate ieri sul quotidiano sudcoreano Dong-A Ilbo sostengono che Kim si sia ritirato per studiare una serie di questioni di politica interna e estera. Secondo Paik Hak-soon, osservatore della Corea del nord al Sejong Institute, “l’ipotesi più probabile è che sia immerso nel pensare a come gestire la forte pressione internazionale suscitata dai test missilistici”. Nella notte fra il 4 ed il 5 luglio, Pyongyang ha effettuato 7 test missilistici e, anche se questi non hanno provocato alcun danno, scatenando un’ondata di proteste da parte della comunità internazionale. I lanci sono avvenuti nonostante le minacce di Stati Uniti e Giappone, ma anche a dispetto delle richieste di Cina e Russia, alleati tradizionali del regime stalinista. A metà luglio una risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu ha imposto alla Corea del Nord sanzioni, che colpiscono l’import-export di materiale e tecnologia missilistica e chiesto “l’immediata sospensione dei test condotti con i missili balistici”. Altri analisti ricordano che pure la prolungata assenza nel 2003 aveva coinciso con l’aumento delle tensioni per la questione nucleare e aggiungono che forse Kim è preoccupato per la sua sicurezza.
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#19 |
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Corea del Sud:Lo slogan del governo: fate più figli per fare la guerra
03.08.2006 10:59 [Libero] La Corea del Sud ha bisogno di soldati e per questo motivo ha lanciato un appello alle sue truppe perché facciano più bambini. L'esercito sudcoreano ha rivelato una nuova politica che punta a rendere più semplice la riproduzione dei soldati, concedendo agevolazioni alle coppie per stimolarle a fare e crescere figli. La nazione asiatica ha il tasso di fertilità più basso di tutti i paesi sviluppati con una media di 1,08 figli per ogni donna. I funzionari dell'esercito hanno riferito che il tasso di fertilità fra coppie di soldati è di 0,83. "Un tasso di fertilità così basso può seriamente danneggiare la nostra economia, la politica e persino la sicurezza nazionale", ha detto il tenente Hong Kyung-moon, un funzionario del personale militare. L'esercito tenterà di tenere insieme le coppie di novelli sposi, permettendo loro di rimanere nello stesso posto di lavoro per cinque anni, in modo tale da concedere loro il tempo necessario per mettere su una famiglia e crescere i loro figli, secondo quanto riferito da Hong in un'intervista telefonica. Se una famiglia dell'esercito dovesse avere un figlio, allora in quel caso il soldato potrà scegliere un'area geografica a suo piacimento nel paese dove preferisce lavorare. Questa politica e altri espedienti sono entrati in vigore dal primo agosto. "Abbiamo migliorato il sistema e riteniamo che queste innovazioni porteranno ad una crescita del tasso di fertilità", ha detto Hong. La Corea del Nord, di regime comunista, che mette la politica militare al primo posto, ha esortato le sue donne ad avere più bambini possibili, lodando i membri delle coppie più fertili, definendoli eroi del movimento rivoluzionario. Le due Coree sono tecnicamente ancora in guerra perché alla Guerra Coreana del 1950-1953 è stata posta una tregua, ma non è stato firmato nessun trattato di pace.
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#20 |
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COREA DEL NORD – COREA DEL SUD
Pyongyang cancella la festa intercoreana della Liberazione Il motivo ufficiale è l'inondazione. Ma forse è un tentativo del regime di isolare di nuovo la nazione e di riavere gli aiuti umanitari bloccati dopo i missili del 4 luglio. Seoul (Jad) – Il governo nordcoreano ha annunciato ieri a Seoul la sua decisione di cancellare la celebrazione intercoreana per la Liberazione, che ogni 15 agosto ricorda la liberazione della penisola dal dominio giapponese. Pyongyang ha addotto come scusa i danni provocati dalle recenti inondazioni che hanno colpito il Paese, ma molti analisti ritengono che la mossa sia un estremo tentativo da parte del regime stalinista di isolare di nuovo la nazione, a seguito delle sanzioni decise dalla comunità internazionale per punirla dei test missilistici del 4 luglio scorso. La Commissione nordcoreana che si occupa di migliorare i rapporti con il sud della penisola ha dato una spiegazione ufficiale: “A causa delle eccezionali piogge che ci hanno colpito entrambe le Coree hanno subito gravi danni: non possiamo celebrare l’avvenimento insieme”. Ma Koh Yu-hwan, studioso del regime del Caro Leader per conto dell’Università Dongguk, a Seoul, mette in luce altre ragioni: “Il Nord - egli dice - ha affrontato la piogge nel pieno della vera crisi, quella missilistica e la Corea del Sud inizierà delle esercitazioni militari congiunte con gli Stati Uniti il 21 agosto prossimo. E’ questa, con molta probabilità, la vera causa dell’annullamento delle cerimonie congiunte”. E aggiunge: “Pyongyang vuole dare un’impressione di grande debolezza, per cercare di nuovo l’aiuto umanitario della comunità internazionale, che dopo i missili lanciati verso il Giappone e l’America non ha più molta intenzione di aiutare il regime. Ecco perché enfatizza così tanto i danni che ha subito”. La prima celebrazione intercoreana per la Liberazione si è svolta nel 2001 in forma di “evento privato”; lo scorso anno, per la prima volta, vi hanno partecipato i rappresentanti ufficiali dei due governi.
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