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Old 16-08-2007, 20:10   #1
Igor
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Io Saviano, condannato a morte

http://espresso.repubblica.it/dettag...508&ref=hpstr1

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di Gianluca Di Feo

La sentenza dei Casalesi: aspetteremo il momento giusto. La vita blindata senza più libertà. Le paure per i familiari. E il coraggio di scrivere e accusare. Per dare una speranza ai giovani. Colloquio con Roberto Saviano


Sono tardarielli ma non scurdarielli. "I Casalesi arrivano tardi, ma non dimenticano mai". Lo spiegò ai magistrati l'unico vero pentito della camorra casertana, ricostruendo come i boss avessero atteso 11 anni prima di eseguire la sentenza contro un loro nemico. Hanno fatto calmare le acque, ridotto al minimo l'attenzione sulla vittima e solo a quel punto sono partiti i killer. Clemenza o perdono non gli appartengono: i signori della nuova mafia hanno dimostrato con il piombo e con il sangue che la loro parola è peggio di una fatwa. Perché loro sanno ricordare.

Oggi le dichiarazioni raccolte nelle carceri e l'attività informativa nel triangolo dei boss, tra Casapesenna, Casal di Principe e San Cipriano d'Aversa, il feudo dei Casalesi, sono concordi: anche contro Roberto Saviano è stato emesso il verdetto. I padrini hanno lasciato in bianco solo la data dell'esecuzione: "Basta aspettare, verrà il momento giusto. E allora si chiuderanno i conti". L'autore di 'Gomorra' non si sente un condannato a morte. Quando gli poni la domanda, il volto si illumina con un sorriso ingenuo che tradisce i suoi 28 anni. Perché non accetta nemmeno l'idea di essere costretto all'esilio: "Napoli mi manca tantissimo. Come per tutte le cose che si perdono aumenta il carico di nostalgia. La mia esperienza viene da lì". Oggi può tornare a Napoli quando vuole, circondato però da carabinieri e auto corazzate. E ogni movimento deve essere concordato con la scorta. Il che lo spinge a stare chiuso in casa, a leggere e scrivere. Ma senza radici, senza succhiare linfa alla vita reale, tutto diventa un isolamento sterile. Un incubo che fa passare in secondo piano ogni altra preoccupazione. "Paura non ne ho. Fin quando c'è la parola, la possibilità di trasmettere le proprie idee, quella è la vera difesa. Certo, con il mio lavoro ho esposto anche i miei familiari. L'unico motivo per cui ho maledetto il mio libro è per le pressioni che hanno subito i miei cari e di cui non mi perdonerò".


Attorno a lui spesso c'è il vuoto. Il condominio del centro di Roma dove viveva in una stanza da studente ha protestato per la quiete disturbata dalla scorta. E i vicini della madre hanno addirittura scritto al Comune chiedendo che alla donna venisse 'assegnata una residenza più sicura': un modo burocratico per chiederne il trasloco. Alla 'Süddeutsche Zeitung' ha parlato di una quotidianità randagia, senza fissa dimora, senza più punti cardinali. Tranne quello che considera più importante: la scrittura. "Scoprire quanto potesse essere potente la scrittura è stato uno choc. Non solo per lo sconvolgimento totale della mia esistenza. In genere, un libro non riesce a influire sulla vita dell'autore. Invece intorno a 'Gomorra' si è creato subito un passaparola, una catena di persone che attraverso il libro si sentivano a me vicine e io ho sentito questo contatto con loro. Non avrei mai immaginato tanto. Due siti Web di solidarietà, la vicinanza di amici nuovissimi che hanno protetto le mie parole. E quella di alcuni colleghi".

Ci tiene anche a ricordare le persone che si sono occupate della sua sicurezza, gli stessi investigatori che portano avanti le indagini sui Casalesi: il coordinatore della Procura antimafia di Napoli, Franco Roberti; i pm Antonello Ardituro e Raffaele Marino, il colonnello Gaetano Maruccia. A Raffaele Cantone, il pubblico ministero che conduce i processi più importanti contro la camorra casertana, lo unisce anche la pressione continua dei clan. E c'è poi Tano Grasso che lo ha consolato con l'esperienza di chi ha vissuto sotto scorta per un intero decennio.

Molte cose l'hanno sorpreso negativamente. "Soprattutto l'accusa di aver infangato la mia terra. Di aver speculato sul suo dolore. C'è stata prima diffidenza e poi ostilità per il modo con cui ho raccontato la criminalità. Da molta intellighenzia napoletana e dal mondo puritano delle lettere che si è sentito invaso da nuovi codici, nuove visioni e soprattutto nuovi lettori".

Poi c'è stata una gelosia verso il successo, come se fosse frutto di chissà quale operazione di marketing editoriale. "Invece 'Gomorra' sancisce l'ascesa del lettore e dimostra la grande possibilità della scrittura. Rivoluzionaria. Perché non è la scrittura che apre la testa, non è lo scrittore che rende liberi i lettori. No: è il lettore che rende libero lo scrittore, che cancella la censura. Pamuk, Politkovskaja, Rushdie - che hanno dovuto affrontare situazioni ben più gravi della mia come testimonia il sacrificio della giornalista russa - hanno imposto le loro idee grazie alla spinta dei lettori. È un meccanismo che trasforma il mercato, legando consumo e libertà di scrittura".

Innegabile che le prime minacce dei padrini campani abbiano fatto da volano al successo del volume. "Sono rimasti spiazzati pure loro. Finora in quel territorio persino l'omicidio di un sindacalista non aveva fatto notizia, persino il piano per assassinare un magistrato con il tritolo già pronto non era arrivato sui media nazionali. Non si preoccupavano di intimidire un ragazzotto che aveva scritto un libro di cui si parlava troppo: perché avrebbe dovuto mai attirare attenzione?". La lezione di 'Gomorra' non è passata inosservata anche dentro le altre mafie: le pagine stampate hanno cominciato a dare fastidio. Saviano cita la vicenda di Lirio Abate, costretto a lasciare Palermo dopo il saggio sui complici illustri di Provenzano. Il segno di un'insofferenza crescente contro chi smaschera il vero volto della nuova mafia.

Per i Casalesi quella dello scrittore è diventata una sfida continua. Il discorso sulla piazza di Casal di Principe, chiamando per nome i padrini latitanti e invitando la gente a ribellarsi, non è stata perdonato. Poi la presenza in tribunale nel giorno della requisitoria, di fronte ai killer detenuti. "Da anni la criminalità organizzata non si trova più davanti persone che vogliano svelare il meccanismo delle loro attività, il sistema del loro potere. Hanno preso come una sfida il mio guardargli in faccia. Loro accettano i professionisti: accettano di venire descritti negli atti dei magistrati, degli avvocati, degli investigatori e in qualche misura anche dei giornalisti. Non accettano invece la mia volontà di usare strumenti 'sporchi' che non possono gestire. Personaggi come Raffaele Cutolo sanno condizionare l'immagine: hanno cercato la pubblicità, le interviste. Ne hanno fatto come uno strumento. Cutolo o altri boss come Augusto La Torre invece hanno reagito perché 'Gomorra' ha spezzato lo schema. Si sono sentiti gestiti da qualcun altro: gli piace essere raccontati, ma alle loro condizioni. La piazza di Casale? Ho chiesto ai cittadini di cacciare i boss, gli ho spiegato che la camorra non portava ricchezza, ma la distruggeva. Nessuno pronuncia mai quei nomi in pubblico a Casale e quel giorno in piazza c'erano tanti ragazzi: bisognava farlo".

Nel pensiero di Saviano c'è un chiodo fisso: la questione meridionale. Un concetto su cui si è discusso fino al punto da renderlo logoro, svuotandolo di ogni proposta e soprattutto di qualunque progetto. Ma che oggi si incarna nella realtà di una generazione senza futuro. "Una speranza può nascere solo dai giovani meridionali. La mia è l'unica generazione che emigra in massa, l'unica dagli anni Cinquanta. Si sta imponendo un modello culturale secondo il quale chi resta è un incapace, un fallito, un traffichino. È una cosa pericolosa, contro la quale bisogna reagire. Perché si lasciano andare via i talenti migliori e si spengono le speranze di chi resta, destinandolo a un futuro di mediocrità". E accusa: "La politica ha perso la sua carica riformista, che era stata una caratteristica continua del dopoguerra". Elenca come modelli Gaetano Salvemini, Giustino Fortunato, Ernesto Rossi. "Se i politici di oggi si fossero formati su questi libri, invece di avere sul comodino gli scritti di Ho Chi Min o di altri mostri sacri del '68, adesso riuscirebbero a inquadrare i problemi. Il Sud ha prodotto pensatori che avevano capito tutto. Bisogna ripartire da lì: non dimenticare che esiste una questione meridionale".

Ma il Sud cambierà? Saprà reagire alla grande slavina che lentamente sommerge la vita civile, l'imprenditoria, la cultura, la politica. Saviano schiera un'ironia amara e inverte il canone di Giacomo Leopardi: "Io ho l'ottimismo della ragione e il pessimismo della volontà".

Cambiare richiederà tempo, almeno un'intera generazione: "Nemmeno io riuscirò a vederlo. Ma se non si comincia, non accadrà mai. Io credo che ci siano realtà che non hanno l'ossessione del turismo, l'idea di un Meridione ridotto a bacheca. Ci sono imprenditori agricoli che recuperano l'eccellenza, maestranze tra le migliori in Europa nel cemento, una leva dinamica di piccoli imprenditori che sono la forza dell'economia campana". Già, ma sono anche i settori più esposti all'assalto della mafia. "Certo, la criminalità organizzata investe dove c'è eccellenza e potenzia queste aziende. Non è vero che la camorra non genera crescita. No. Ma genera una crescita distorta, che non migliora la qualità della vita delle persone; che fa arricchire solo pochi e trasferisce i capitali lontano. È una crescita che impoverisce il Sud". L'altra faccia della medaglia è una classe politica e intellettuale che considera lesa maestà denunciare il dramma della regione. "Sono un'intellighenzia che parla solo di presunta bellezza e ignora i problemi reali. Spendono ore per Caravaggio e non si guardano intorno. È ora di finirla con questo sistema. Chi osserva non ignora la bellezza di Napoli ma proprio da essa parte per denunciare: da Caravaggio bisogna apprendere la forza del guardare in faccia la vita. Loro invece si cullano in una visione consolatoria del Sud, una visione che piuttosto che essere innovativa è terribilmente oscurantista".

I leader di partito lo hanno quasi corteggiato, stupiti dalla sua capacità di parlare ai giovani. Da Fassino a Fini, da Visco a Berlusconi, tanti gli hanno trasmesso interesse e manifestato solidarietà. "A parole, ci sarebbero nell'intero arco costituzionale le condizioni per rilanciare la lotta alla camorra". La prova di concretezza verrà anche dalle risposte all'appello del procuratore Roberti (leggi), che ha invocato le migliori forze per rispondere alle nuove minacce dei Casalesi. Perché in Campania la grande politica fa come i boss: latita. "Fausto Bertinotti è stato l'unico esponente nazionale ad andare a Casal di Principe, non era mai accaduto prima". Saviano è rimasto colpito dalla scoperta che anche nella base della destra, inascoltata spesso dalle dirigenze, è ancora viva quella mobilitazione antimafia, punto di forza del Msi legalitario di Almirante. Un risveglio che diventa provocazione verso il torpore della sinistra. "È stato bello vedere che c'è una forma di destra sociale che sul territorio sta riscoprendo l'orgoglio di un'identità che non scende a patti con la camorra. La sinistra continua a vivere in un equivoco. Gli slogan sono quelli che vengono da un passato di militanza concreta, ora non hanno più niente dietro. Ma la consapevolezza degli elettori è superiore a quella dei politici. O la politica lo capisce o è finita".

(16 agosto 2007)

In Campania la politica lo disprezza pure. Il sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino, nel consegnargli il premio Siani, lo definì "simbolo di quella Napoli che lui denuncia", offendendo non solo lui ma anche la memoria del giornalista ucciso 21 anni fa.
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Old 16-08-2007, 22:47   #2
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Io sono contrario alla pena capitale, ma nel caso di :

+ Carriera di criminale di lunga durata 10/20 anni
+ decine di reati piccoli o grossi perpetuati nel tempo
+ mandante di più di 4 omicidi perpetuati nel tempo
+ appartenenza ad organizzazione malavitosa
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= PENA DI MORTE, SUBITO !

Perchè è irrecuperabile x la società e pericoloso x sè e per gli altri.



Ma diciamoci la verità, che tanto negli USA che in Italy,
I boss malavitosi non si toccano mai, xchè quasi sempre
sono intimamente collegati con il mondo politico...

e di esempi se ne potrebbero fare tanti...
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Old 17-08-2007, 11:58   #3
dantes76
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in italia le persone temono di piu la criminalita', che la giustizia.. strano paese..
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Old 17-08-2007, 12:01   #4
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...
Ma diciamoci la verità, che tanto negli USA che in Italy,
I boss malavitosi non si toccano mai, xchè quasi sempre
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e di esempi se ne potrebbero fare tanti...
Be', Totò Riina non se la passa mica tanto bene...
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Old 17-08-2007, 12:35   #5
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in italia le persone temono di piu la criminalita', che la giustizia.. strano paese..
Potresti spiegarmi meglio il concetto?
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Old 17-08-2007, 13:44   #6
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in italia le persone temono di piu la criminalita', che la giustizia.. strano paese..
terribilmente vero...

PS: secondo voi quando parla dei pentiti che si fanno raccontare ad arte dai giornalisti,di chi parla??per me si riferisce a Cancemi....
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Old 17-08-2007, 14:04   #7
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Potresti spiegarmi meglio il concetto?
le persone non parlano,stanno in quiete, perche temono piu la vendetta della criminalita', che la giustizia dello stato...

tranne pochi

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E il coraggio di scrivere e accusare.
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Old 18-08-2007, 21:31   #8
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Be', Totò Riina non se la passa mica tanto bene...
Forse ha chiesto, al politico di turno, una percentuale troppo elevata...
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Old 18-08-2007, 22:02   #9
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Potresti spiegarmi meglio il concetto?
Ma? Capisci l'italiano? Più chiaro di cosi...


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Old 18-08-2007, 22:29   #10
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in italia le persone temono di piu la criminalita', che la giustizia.. strano paese..
Mica tanto strano...la criminalità organizzata non concede indulto o sconti di pena ..in alcune zone d'Italia il controllo della malavita è più effettivo di quello dello stato (riscuote le "sue tasse", dà "protezione", garantisce gli appalti, distribuisce il lavoro. etc,etc..) funziona più dello stato, in un certo qual modo.
E' chiaro quindi che tra uno stato che non garantisce il monopolio della forza ed un organizzazione criminale che lo fa, in molti finiscano per temere di più la criminalità.

Ultima modifica di zerothehero : 18-08-2007 alle 22:31.
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Old 18-08-2007, 22:32   #11
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Io sono contrario alla pena capitale, ma nel caso di :

+ Carriera di criminale di lunga durata 10/20 anni
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Perchè è irrecuperabile x la società e pericoloso x sè e per gli altri.



Ma diciamoci la verità, che tanto negli USA che in Italy,
I boss malavitosi non si toccano mai, xchè quasi sempre
sono intimamente collegati con il mondo politico...

e di esempi se ne potrebbero fare tanti...

Mica tanto vero..negli Usa i boss mafiosi li hanno fatti a pezzi...idem in ITalia nei primi anni 90.
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Old 18-08-2007, 22:34   #12
zerothehero
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Il bello che di questi criminali si conosce dove abitano, chi sono e cosa fanno..surreale.
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Old 19-08-2007, 14:21   #13
Acrobat
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Il bello che di questi criminali si conosce dove abitano, chi sono e cosa fanno..surreale.
STRAQUOTO.

E aggiungo che, se fossimo un paese serio..
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Old 19-08-2007, 17:51   #14
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Old 16-09-2007, 13:19   #15
Igor
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http://www.repubblica.it/2007/09/sez...o/saviano.html

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Parla lo scrittore, che domani sarà nel suo paese con Bertinotti e Lirio Abbate
Salirà sul palco e si rivolgerà ai giovani: "La politica deve ricominciare da qui"
Saviano: "Torno a Casal di Principe per dire che non c'è da avere paura"

dal nostro inviato CONCHITA SANNINO


CASAL DI PRINCIPE - "Torno a Casal di Principe per dire che non c'è da avere paura". Un anno e 800 mila copie dopo, Roberto Saviano, l'autore del caso "Gomorra", il ventottenne scrittore finito sotto scorta della Procura antimafia per aver raccontato segreti e affari dell'impero dei casalesi, è pronto al suo primo bagno di folla. Un rientro che già si annuncia teso, emozionante, gremito.

Alla vigilia della sua prima testimonianza pubblica dopo l'exploit di Gomorra, Saviano si racconta con pudore. "Nessuno si aspetti slogan morali, non mi piace parlare di legalità attingendo alla retorica del male. Torno a Casale perché Campania e Calabria sono i grandi rimossi dell'agenda nazionale. Perché la politica deve ricominciare da qui. La sinistra deve ricominciare. Daccapo. Anzi, in questo senso è ancora tutto da fare. Troppo poco è stato fatto finora".

Domani mattina a Casale, con Saviano, per l'inaugurazione dell'anno scolastico in Campania, ci saranno anche il presidente della Camera Fausto Bertinotti, il presidente della commissione parlamentare antimafia Francesco Forgione, il Movimento giovani di Locri e Lirio Abbate, il giornalista siciliano minacciato dalla mafia, insieme con l'assessore regionale all'Istruzione Corrado Gabriele, autore della lunga agenda di giornata.

Lo scrittore salirà sullo stesso palco dal quale, dodici mesi fa, incitò i ragazzi del paese dominato dall'impero criminale: "Cacciateli! Non sono di questa terra, la stuprano, la usano. Schiavone, Bidognetti, Zagaria: voi non valete niente". Era il 23 settembre, il ventesimo anniversario dell'assassinio di un giornalista coraggioso, Giancarlo Siani, e Gomorra aveva venduto 80mila copie in appena qualche mese. Ma tra la folla, quel giorno, ciondolavano anche i figli di quei padrini: per la prima volta chiamati per nome, esposti al pubblico anatema. Trafitti dalle parole, per una volta.

Ora lo scrittore Saviano, l'aria da universitario fuoricorso, è al centro di un exploit che ha superato in Italia le 800mila copie e si appresta a replicare in Europa (circa 90mila copie vendute in Germania in 10 giorni, mentre è in preparazione un tour negli Usa). Forse a 28 anni si può davvero non provare paura?

Saviano sorride, tenta di dissimulare il privato e di non prendersi sul serio: "Ci sono in Italia grandi cancri rimossi. Posti dove non la mafia e la criminalità organizzata non uccidono, non fanno rumore, non fanno una piega. Dove scorre meno sangue di anni fa, ma si decidono strategie economiche. Posti come Casal di Principe, come Platì. Posti che la politica rimuove. Bisognerebbe ascoltare le parole di Franco Roberti, procuratore aggiunto antimafia a Napoli, che chiede maggiori risorse per le indagini economiche. Mi piacerebbe che la sinistra cominciasse daccapo. Mi piacerebbe che la destra potesse riprendere quella vocazione antimafia che fu del Msi, e che in molta parte del sud riuscì ad essere riferimento e in cui si riconosceva anche Paolo Borsellino, quando provava a individuare e fermare i rapporti tra clan e politica".

Domani, avrà i ragazzi di Casal di Principe ad ascoltarlo, ragazzi come è stato lui a Casale, posto di connivenze e intrecci sì, ma anche radice di una mobilitazione antimafia che portò all'assassinio di don Peppe Diana, sacerdote ucciso il 19 marzo del 1993 dai clan locali perché aveva urlato dal pulpito contro il potere mafioso; memoria di un martire che la Chiesa ufficiale continua a onorare a metà, con malcelato imbarazzo, perché quel sacerdote coraggioso era troppo giovane, magari troppo amico di ragazze e ragazzi, troppo incline alla "politica" d'una spiritualità militante.

E' a quei ragazzi cresciuti con l'ombra dei casalesi e il mito di don Peppe che si rivolge, domani, Saviano: "Mi piacerebbe raccontargli di come ci sia un unico principio per cui vale la pena combattere i clan: il diritto alla felicità. Non mi piace andare a parlare di legalità con slogan morali. Lontani dai clan si vive meglio, pretendere che non abbiano potere significa decidere della propria esistenza. Significa non crepare nei cantieri, non essere costretti ad emigrare. Io stesso riconosco il fascino che i boss hanno, le loro vite costruite come leggende. Ma è importante riconoscere questo fascino e smontarlo. Torno a Casale per dire che non c'è da aver paura. I nomi possono essere fatti e si può raccontare, capire". Già, dopo le minacce e le tensioni, i boss non possono pensare di averlo cacciato.

"Il vaccino è comprendere. Poi ognuno deciderà come agire - spiega il giovane Roberto - Ma bisogna guardare oltre. Casal di Principe, Platì. Oggi sono queste le trincee in cui misurarsi".


(16 settembre 2007)
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Old 16-09-2007, 13:26   #16
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Spiegati meglio.Io sono favorevolissima alla pena di moret.Ma uno che mi dice che e' contario alla pena di morte, ma in scerti casi si, in verita' cosa pensa della pena di morte.E' favorevole o contrario?
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Old 16-09-2007, 16:53   #17
momo-racing
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il problema è che si chiede sempre a questa gente di denunciare ciò che sanno, poi quando lo fanno vengono lasciati soli. con che coraggio un concittadino di Saviano denuncerà gli atti criminali delle persone che lo circondano se poi sanno che lo stato non farà niente e firmeranno la loro condanna a morte?
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Old 16-09-2007, 17:12   #18
naitsirhC
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il problema è che si chiede sempre a questa gente di denunciare ciò che sanno, poi quando lo fanno vengono lasciati soli. con che coraggio un concittadino di Saviano denuncerà gli atti criminali delle persone che lo circondano se poi sanno che lo stato non farà niente e firmeranno la loro condanna a morte?
*
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Old 16-09-2007, 20:33   #19
Feric Jaggar
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La camorra è arrivata ad inquinare persino... i Testimoni di Geova. Nella Sala del Tempio si son notati pure Barone e Zagarìa.
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Se c'è rimedio, perché ti disperi? Se non c'è rimedio, perché ti disperi?
Feric Jaggar è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 17-09-2007, 07:02   #20
dinomite
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io non conosco la Campania, le sue problematiche e la sua popolazione, ma nel leggere il libro "Gomorra" sono stato invaso da un profondo senso di sconforto.
Sconforto per quei poveracci che, malgrado tutto, cercano di andare avanti cercando di sopravvivere in un sistema completamente alla sbando.
dinomite è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
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