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Old 04-12-2004, 20:21   #1
fabius00
 
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falso in bilancio nel calcio

Decine di club sotto inchiesta

Plusvalenze: Sensi e Cragnotti indagati. Ma nel mirino ci sono anche Juve e Milan

di VALENTINA ERRANTE

ROMA -Lazio e Roma: falso in bilancio. Torna a tremare il calcio italiano, con i nomi di Sergio Cragnotti e Franco Sensi iscritti sul registro degli indagati della procura di Roma e i fascicoli stralcio, relativi alle altre squadre, che partono dalla Capitale per approdare sulle scrivanie dei magistrati di mezza Italia. Milano, Torino, Perugia, Parma, Messina.
Non passato neanche un anno, eppure il blitz della Guardia di Finanza che lo scorso febbraio aveva sequestrato 500 scatoloni di documenti nelle sedi di 56 club sembrava dimenticato. Invece i pm romani Luca Palamara e Maria Cristina Palaia, coordinati dal procuratore aggiunto Ettore Torri, sono andati avanti. L’inchiesta sul “Doping amministrativo” è arrivata a una svolta. Una consulenza sui bilanci delle squadre presentati dal ’99 al 2002 avrebbe messo in luce alcune irregolarità: plusvalenze. Attivi virtuali, compravendite di giocatori gonfiate nei bilanci.
Soltanto poco tempo fa, dopo gli accertamenti, i magistrati hanno deciso di procedere nei confronti dei due club della capitale, Roma e Lazio; e di inviare, per competenza territoriale, alle altre procure i fascicoli sui club del resto d’Italia. Nel mirino anche Milan, Inter, Juventus, Perugia, Parma e Messina. Ma la lista delle squadre di A e B coinvolte è molto più lunga. E dopo le iscrizioni dell’ex patron della Lazio, Sergio Cragnotti, e del presidente della AS Roma Franco Sensi, anche la lista degli indagati potrebbe allungarsi. Da Roma potrebbero partire analoghi provvedimenti per altri dirigenti sportivi, un professionista, collaboratore della squadra giallorossa, è già stato iscritto nel registro indagati, mentre i magistrati delle altre procure potrebbero procedere nei confronti dei presidenti dei club “segnalati” dalla capitale.
L'attenzione della magistratura si è spostata dagli organi federali ai vertici delle squadre, perché le plusvalenze rappresentano una violazione da affrontare sul piano civilistico e non riguardano le iscrizioni ai campionati. Secondo i periti nominati dai pm, i club avrebbero iscritto in bilancio attivi giustificati dalla compravendita di calciatori, pezzi da novanta ma anche sconosciuti, fatti passare per campioni e mai scesi in campo nonostante l’alta quotazione. Un modo per sanare i bilanci e coprire i buchi evitando esborsi di denaro. Nella perizia finale depositata alcune settimane fa sono evidenziati centinaia di passaggi di casacca di calciatori di Roma e Lazio e quelli tra le squadre capitoline e decine di altri club di serie A e B. Ma i tecnici avrebbero anche evidenziato un sistema per creare “fondi neri”, pagando i giocatori meno di quanto risultava in busta paga. Nel fascicolo, aperto meno di un anno fa, si ipotizza anche il reato di abuso d’ufficio e i magistrati avevano acquisito centinaia di documenti, oltre che nelle sedi dei club, negli uffici di Federcalcio, Covisoc e Lega calcio. Ma l’indagine puntava anche alla Gea World, la società che cura gli interessi dei calciatori e media i rapporti con le squadre.
A far decollare le indagini è stato un rapporto delle Fiamme gialle, confermato poi dal lavoro dei consulenti: nel dossier si parlava di acquisti e cessioni di calciatori, che consentivano di far risultare floridi i bilanci societari. Nella consulenza si spiega che quello delle plusvalenze era un fenomeno particolarmente diffuso, sicuramente fino al 2002, grazie al quale la maggior parte dei club riuscivano a mascherare i debiti.
«Mi dispiace per le persone coinvolte nell'inchiesta, ma le cose che dicevo erano abbastanza chiare», commenta Giuseppe Gazzoni Frascara, presidente del Bologna che per primo punto il dito su un sistema malato. «Adesso le regole sono più strette e le iscrizioni al campionato non possono più avvenire con gli stessi criteri di prima. E’già un inizio. Speriamo che a Roma, dopo tanti condoni, tutti paghino le rate dell'Irpef».
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Old 04-12-2004, 20:22   #2
fabius00
 
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Le indagini sono partite a febbraio dalla Procura di Roma: fra le società coinvolte anche Inter, Parma, Messina e Perugia



di ROBERTO RENGA

ROMA - Da quando è nato, il calcio è stato gestito da chi, più ricco, deteneva il potere. Doveva essere uno sport per giovani e in particolare per studenti, ma le grandi industrie del nord capirono al volo, come era già successo in Inghilterra e Belgio, che il calcio avrebbe coinvolto a tal punto le masse da farle pensare solo a quello. La Lega sempre al nord è stata e la Federcalcio come presidente ha avuto addirittura Umberto Agnelli, padrone della Juventus. Adesso, tanto per cambiare, la Lega è retta dal vice di Berlusconi al Milan, mentre il federale in capo Carraro, nonostante le sue indubbie qualità, resta l’esponente della classe dominante. Per la prima volta i regnanti rischiano però di perdere la corona.
Non sono giorni qualsiasi, questi: sono i giorni in cui il calcio italiano può effettivamente finire in altre mani. Da una parte la battaglia politica, dall’altra gli scandali, uno dietro l’altro, che hanno aperto crepe nelle fondamenta del Palazzo. I passaporti falsi, il nero, le iscrizioni fasulle, la Covisoc che non controlla e cade, il doping e adesso a pochi giorni dalla sentenza di Torino, con un tempismo sorprendente se non sospetto, il falso in bilancio, ossia il doping amministrativo, come lo definì Giraudo, che voleva allontanare i riflettori dalla Juve, ma aveva mille volte ragione nel denunciare i reati economici. Che non casualmente da allora sono stati equiparati all’illecito sportivo e come questo sanzionabili. Tanto che le società colpite, passando attraverso Covisoc e Disciplinare, potrebbero incorrere nelle consuete sanzioni: ammenda, penalizzazione, perdita del titolo, retrocessione.
Un quadro da brividi cui ogni giorno si aggiunge una pennellata. E ogni volta è la magistratura a intervenire: fosse stato per il calcio, non sarebbe successo niente. Basta non parlarne, del resto. Non guardare o non essere visti, la testa sotto la sabbia e siamo a posto, come gli struzzi. Doping? Quando mai. Plusvalenze? E che sono? Il nero? Non ci riguarda. Passaporti falsi? Per carità.
Una difesa ad altranza di consolidati privilegi, la sicurezza di potersela sempre cavare, essendo il calcio un intoccabile fenomeno sociale. Ma gli scandali prima o poi scoppiano ed è necessario che succeda, perché se ne esce comunque migliori. I reati scappano di mano e finiscono in tribunale, con la consueta brutta figura di chi comanda e della giustizia sportiva, così lenta a mettersi in moto e sempre obbligata a chiedere e ricevere una spinta. Questa la situazione a pochi giorni dall’elezione del presidente federale, che ci sarà il venti di questo mese, pochi giorni prima di Natale, tanto per passare bene le feste.
Sino alla settimana scorsa, prima cioè della sentenza di Torino e di questa storia del falso in bilancio, prima anche della netta presa di posizione di Della Valle, i giochi erano fatti ed erano i consueti giochi: Galliani in Lega e Carraro in Federcalcio. Ma come è cambiato lo scenario in poche ore. Guardi il calcio e non lo riconosci. Gli stessi protagonisti hanno perso sorriso e baldanza.
Galliani cerca di venire a patti, tende la mano a nuovi alleati. Se perde, la Lega non candida Carraro, ma Abete e la stessa cosa fanno, a scalare, la Lega di C e quella dei dilettanti, che non è poi così convinta di votare l’attuale presidente. E Abete, sempre silenzioso, sempre fedele a Carraro che da tempo l’ha scelto come erede, potrebbe trovarsi a un passo dalla poltrona più comoda. Abete viene dai dilettanti ed è una persona pulita. Ha un difetto, dicono: non piace a Juventus e Milan. Che anche per questo temono, nel momento in cui è ancora viva l’eco della sentenza sul doping, di lasciare ad altri lo scettro.
La Roma, che aveva sempre combattuto il potere, ora, a braccetto con la Lazio, difende le posizioni di Galliani e Carraro ed è così strano che si fa fatica a crederci.



«Pallone scoppiato, ora si cambi rotta»

Uckmar: rinegoziare i contratti e fare gli investimenti giusti

di CORRADO GIUSTINIANI

ROMA - Prende un impegno solenne, il professor Victor Uckmar: «Questa è l’ultima volta che discuto di calcio. Il paese ha ben altri problemi con i quali misurarsi». Parla dall’estero, il più famoso fiscalista italiano, giunto ormai alla gloriosa soglia degli 80 anni. Per sette anni, dal marzo 1993 all’ottobre del 2001, ha presieduto la Covisoc, la Commissione di vigilanza sulle società calcistiche. E tanto per cominciare, fa una precisazione: «Io non ho accusato proprio nessuno».
Le agenzie di stampa scrivono che l’inchiesta della Procura di Roma che inguaia Sensi e Cragnotti è partita da una sua denuncia.
«Ma nemmeno per sogno. E’ falso, lo smentisco nel modo più assoluto. Io non ho sporto denuncia contro chicchessia. Non ne avevo le ragioni nè il titolo. Anzi, a me dispiace quando delle persone sono colpite da avvisi di garanzia, che in ogni caso sono degli atti doverosi, ma non certo delle sentenze di colpevolezza. Sul falso in bilancio, poi...»
Che intende dire?
«Che questo è un reato depenalizzato, non preoccupa più nessuno. Anzi, è una sorta di fiore all’occhiello, il poter dire di aver avuto un avviso di garanzia per questo. E’ stato l’attuale presidente del Consiglio a renderlo innocuo tre anni fa, come sappiamo tutti, e pure a ridurre, dimezzare i termini di prescrizione. Silvio Berlusconi ha fruito della sua stessa legge».
Lei però venne detronizzato dalla Covisoc
«Più semplicemente non venni confermato, come gli altri commissari che lavoravano con me, ad eccezione, se ricordo bene, dell’avvocato D’Ercole. Ma è la Covisoc che era stata in un certo senso detronizzata, esautorata, e questa è stata una grave responsabilità del governo di centro-sinistra. Le sono stati tolti i poteri d’indagine e di controllo, a cominciare dalla cancellazione della norma che prevedeva che solo la Commissione potesse autorizzare l’indebitamento delle società di calcio con le banche. Poi ci sono le responsabilità dell’attuale governo, che ha consentito il falso in bilancio e ha spalmato i debiti in dieci anni».
Tutta colpa della politica, se il calcio è andato in rosso?
«Assolutamente no. Quello è stato soltanto il terzo anello della catena. Il primo è rappresentato dalle società e dai loro presidenti, il secondo dal lassismo del governo del calcio, dei Carraro e dei Galliani, tanto per capirci».
Che errore hanno fatto i presidenti?
«Lo vediamo tutti, che solo il 30 per cento degli incassi, in Italia, è costituito dalla voce ingressi e abbonamenti. Il resto viene dai diritti tv e da capitali privati. Come per la new economy, così per il calcio sono stati ipotizzati sviluppi finanziari stratosferici che poi non si sono realizzati, e questa illusione ha condotto a siglare con i tesserati contratti altrettanto stratosferici. Ma il pallone è scoppiato, proprio come la bolla dell’economia. Quanto poi alla Borsa, un anno prima che la Lazio venisse quotata dichiarai che sarebbe stato opportuno indicare a caratteri cubitali, nei vari prospetti, che i titoli delle società di calcio non dovevano essere raccomandati alle vedove e agli orfani».
E il lassismo del governo del calcio?
«Lega e Fgci si sono sempre mossi con un’unica preoccupazione: salvare i calendari. Consentire che il campionato inizi, evitare che si interrompa. Stop».
Come si esce dalla crisi, professore?
«La ricetta è obbligata. Accorciare il passo della gamba. Rinegoziare al ribasso i contratti dei tesserati, fare investimenti appropriati di tipo commerciale, come quelli delle società inglesi e apportare capitali adeguati».
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Old 04-12-2004, 20:23   #3
fabius00
 
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COSI’ FAN TUTTI
Da Lentini a Iannuzzi, la galleria degli strani affari

Prezzi stellari pagati per giocatori mai diventati campioni: così sono stati coperti per anni i buchi di bilancio

ROMA - Il primo caso di compravendita ”strana” fu quello di Gianluigi Lentini, che nell’anno di grazia 1992 era il giocatore più amato del paese, il nuovo golden boy del calcio italiano. Passò dal Toro al Milan ufficialmente per 18 miliardi, prezzo già stellare, più 8 lordi di compenso l’anno al giocatore, più un’una tantum di 4. Secondo altre voci il prezzo d’acquisto fu di 27 miliardi che salivano a 65 con l’ingaggio, cifra peraltro smentita da Adriano Galliani. Il problema è che di lì a poco Borsano, il presidente del Torino, fece bancarotta e ai magistrati rivelò che la Fininvest gli aveva pagato dai 6 agli 8 miliardi in Svizzera. La procura milanese ipotizzò che la cassaforte di Berlusconi avesse pagato coi suoi fondi neri. Borsano finì male: il tribunale di Torino lo condannò a 3 anni e 4 mesi per bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e appropriazione indebita, archiviando tutti il resto. Milano rinviò invece a giudizio nel 1998 Berlusconi e Galliani per falso in bilancio, ma poi intervenne la depenalizzazione del reato.
In seguito balzò alla ribalta un sistema per risollevare i bilanci sempre più rossi delle squadre di calcio: quello delle plusvalenze, ovvero guadagni contabili grazie a scambi di giocatotori a valori gonfiati. La prima plusvalenza incrociata e fittizia che si conosca risale alla stagione 1998-1999, tra Lazio e Milan, e fruttò a ciascuna delle due società circa 10 miliardi di vecchie lire. I biancocelesti cedettero un giovane attaccante, Alessandro Iannuzzi e acquistarono dal Milan un anonimo centrocampista, Federico Crovari. Che quell’affare fosse più che sospetto lo dimostra il fatto che nello stesso anno il Milan realizzò plusvalenze di due soli miliardi dando al Venezia un portiere del valore di Massimo Taibi e di un solo miliardo vendendo, sempre al Venezia, il centravanti Filippo Maniero, come osservano Salvatore Napolitano e Marco Liguori nel loro libro ”Il pallone nel burrone”. Secondo i due autori, anche per la Juve ci sono sospetti di plusvalenze, ma la società bianconera non è mai stata pizzicata.
Quanto a Franco Sensi, al 30 giugno 2002 segnò la cifra record di 95,3 milioni di euro di plusvalenze, chiudendo il bilancio con un utile di 790 mila euro grazie alla cessione di 20 giovani giocatori: Marco Amelia, Cesare Bovo, Franco Brienza, Simone Casavola, Daniele Cennicola, Daniele De Vezze, Alberto Fontana, Gianmarco Frezza, Armando Guastella, Matteo Napoli, Manuel Parla e tanti altri ancora. L’anno prima le plusvalenze giallorosse avevano sfiorato i 50 miliardi di vecchie lire, cedendo al Parma Sergej Gurenko, Amedeo Mangone e Paolo Poggi, e portando a Roma Saliou Lassisi, Raffele Longo e Diego Fuser. E Tanzi incamerò ben 51 miliardi, uno in più di Sensi.
Ma in vetta a questi scambi con plusvalenza incrociata in odore di bluff sembrano esserci Milan e Inter, con nomi assai noti ai tifosi che hanno cambiato casacca da una squadra all’altra: Francesco Coco, Andrea Pirlo, Clarence Seedorf, Andres Guglielminpietro, Dario Simic, Cyril Domoraud, Christian Brocchi, Umit Davala.
C.G.
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Old 05-12-2004, 14:23   #4
lnessuno
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calcio italiano = schifo totale e assoluto.


dico l'italiano, perchè non so come stanno all'estero...
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Old 06-12-2004, 09:50   #5
fabius00
 
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Old 06-12-2004, 10:18   #6
marcolan
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A me sta cosa rimbalza completamente.
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CHI L'AVREBBE MAI DETTO???
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Old 06-12-2004, 10:29   #7
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perchè??? è indfagato anche il milan
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Old 06-12-2004, 10:43   #8
alex10
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Old 06-12-2004, 10:43   #9
marcolan
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perchè??? è indfagato anche il milan
Eh be', credo che i prezzi dei giocatori siano soggettivi, quindi ognuno li valuta quanto crede.
Vediamo, cmq non mi pare una cosa importante.
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