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SUDAN 23/5/2006 3.18
EST, RILASCIATI TRE ESPONENTI DELL’OPPOSIZIONE IN VISTA DI COLLOQUI I tre membri del principale partito d’opposizione a matrice etnica dell’est del Sudan arrestati due mesi fa a Kassala, perché accusati di essersi recati in zone controllate dai gruppi armati dei Beja, sono stati rilasciati. Lo ha detto il segretario generale del ‘Partito del Congresso dei Beja’, Abdallah Moussa Abdallah, egli stesso arrestato e detenuto per alcuni mesi lo scorso anno dopo che la polizia aveva aperto il fuoco contro una marcia pacifica a Port Sudan, uccidendo almeno 14 persone. Il rilascio degli ultimi detenuti politici nell’est, richiesto dall’opposizione, dovrebbe aprire la strada ai colloqui di pace che si spera pongano fine a decenni di tensioni tra il governo centrale sudanese e i gruppi armati della comunità etnica dei Beja. Questi ultimi, come le loro controparti nel Darfur occidentale e nel Sud Sudan, accusano il governo di discriminare le periferie, pur sfruttandone le risorse naturali. L’est del paese colpito dalla recente siccità, presenta uno dei più alti tassi di malnutrizione del paese, pur ospitando la più grande miniera d’oro, il principale porto e il maggiore oleodotto del paese. I colloqui di pace si terranno ad Asmara, la capitale dell’Eritrea, accusata in passato dal governo di Khartoum di sostenere e armare i gruppi ribelli dell’est e del sud. L’avvio dei negoziati era previsto entro la fine di maggio, ma Abdullah non ha confermato la data.
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SUDAN 25/5/2006 10.27
DARFUR: GOVERNO PER ORA CONTRARIO A INVIO MISSIONE DI PACE ONU L’esecutivo di Khartoum ha espresso la sua contrarietà al dispiegamento dei ‘caschi blu’ in Darfur, quando è ormai scaduta la settimana di tempo fissata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per ottenere l’autorizzazione all’ingresso in Sudan di una ‘missione esplorativa’ incaricata di studiare tempi e modi per il passaggio di consegne tra i soldati dell’Unione Africana (Ua) e le forze Onu nella regione occidentale. “Il governo non accetta l’invio di forze straniere in base al capitolo VII” ha detto ai giornalisti il consigliere del presidente Omar el-Beshir, Majzoub al-Khalifa Ahmed, in riferimento alle disposizioni della Carta dell’Onu che prevedono l’uso della forza “per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale”. Khartoum “non si oppone all’aumento delle forze di pace dell’Ua in Darfur, se la misura è volta a stabilizzare la situazione” ha aggiunto Ahmed, ribadendo quanto manifestato a più riprese nei mesi scorsi dalle autorità sudanesi e giudicando “non necessaria la missione di valutazione Onu, perché esistono già elementi sufficienti portati dall’Ua su cosa sta succedendo in Darfur”. Anche il ministro degli Esteri, Lam Akol, ha confermato che Khartoum non consentirà all’Onu di entrare in Darfur, dopo un incontro con l’inviato speciale di Kofi Annan, Lakhdar Brahimi: “Il ministro ha spiegato la posizione del Sudan sulla risoluzione del Consiglio di sicurezza, rilevando che l’accordo di pace per il Darfur – firmato il 5 maggio ad Abuja (Nigeria) dal governo di Khartoum e una parte dell’Esercito di liberazione del Sudan (Sla) – non prevede nei passaggi relativi alla sicurezza alcun ruolo per l’Onu né per alcuna altra parte, eccetto l’Ua” ha riferito il portavoce del dicastero Jamal Mohamed Ibrahim. Il tentativo dell’inviato di Annan, di ottenere l’avallo al dispiegamento dei ‘caschi blu’ sembrerebbe dunque sostanzialmente fallito, ma l’esito finale si conoscerà più tardi in giornata dopo un incontro in programma tra Brahimi e el-Beshir; Brahimi lascerà il Sudan domattina.
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SUDAN 27/5/2006 9.06
KHARTOUM ANNUNCIA VISITA UFFICIALE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA ONU Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite al completo si recherà in Sudan dal 5 al 10 giugno per una visita ufficiale. Lo ha detto oggi l’ambasciatore sudanese al Palazzo di Vetro, Omer Bashir, parlando con l’agenzia di stampa sudanese ‘Suna’, alla quale ha precisato che la visita dei 15 membri del Consiglio prevede una serie di incontri con i massimi responsabili del governo nazionale e delle amministrazioni locali della regione del Darfur, la zona occidentale sudanese teatro dal febbraio 2003 di scontri e violenze e in cui si fa sempre più probabile la possibilità di un dispiegamento di una missione Onu a difesa dei civili. La visita avverrà all’interno del viaggio che il Consiglio di Sicurezza farà in Africa in quello stesso periodo e che vedrà gli esponenti del massimo organo decisionale dell’Onu toccare vari paesi africani.
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SUDAN 29/5/2006 10.50
DARFUR: IMBOSCATA CONTRO PATTUGLIA MISSIONE AFRICANA Un soldato della Missione di verifica dell’Unione Africana (Ua) è stato ucciso e un altro è rimasto ferito nel corso di un’imboscata tesa a una pattuglia dell’Ua non lontano da un accampamento del contingente africano nel Darfur occidentale, uno dei 3 stati che compone l’omonima regione occidentale sudanese. Lo hanno fatto sapere fonti delle Nazioni Unite in una nota in cui si precisa che l’attacco è stato condotto da un “numero imprecisato di aggressori, compreso tra i 6 e i 12 (…) armati con lanciarazzi e mitragliatori”. Per il momento non si conosce ancora l’identità degli aggressori. Nonostante l’accordo di pace siglato il 5 maggio scorso dai due principali protagonisti del conflitto del Darfur – il governo di Khartoum e i ribelli dell’Esercito di liberazione del Sudan (Sla/m) – l’insicurezza sul terreno resta ancora estremamente alta. REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 29/5/2006 13.15 ITURI: ATTACCO CONTRO CASCHI BLU, ALMENO UNA VITTIMA Almeno un componente della missione delle Nazioni Unite in Congo (Monuc) è stato ucciso ieri nei pressi di Mahagi, a nord di Bunia, capoluogo della turbolenta provincia orientale congolese dell’Ituri. La MISNA lo ha appreso da fonti Onu, le quali precisano che nell’attacco lanciato da alcuni miliziani armati contro i caschi blu sarebbero rimasti feriti altri elementi della missione Onu. Secondo Radio Okapi, l’emittente radiofonica della Monuc, l’attacco contro i caschi blu sarebbe stato lanciato dai miliziani del Fni, uno dei gruppi armati che non hanno mai deposto le armi.
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SUDAN 29/5/2006 17.24
DARFUR, MEDIAZIONE SLOVENA PER CONVINCERE GRUPPI ARMATI AD ACCORDO “Non firmeremo quest’accordo finché non ci saranno cambiamenti radicali: un governo regionale reale per il Darfur e la ricostruzione della regione, risarcimenti per la nostra gente e un’onesta ripartizione delle riforme”: lo ha detto Khalil Ibrahim, presidente del Movimento per la giustizia e l’uguaglianza (Jem) che – insieme alla fazione dissidente del Movimento di liberazione del Sudan (Slm) guidata da Abdel Wahed Mohammed al-Nur – ha respinto l’accordo di pace per la regione occidentale del Darfur, firmato il 5 maggio scorso dal governo di Khartoum e dalla principale fazione dello Slm guidata da Minni Arcua Minnawi. Ibrahim ha aggiunto che domani si recherà a Lubiana, in Slovenia, dove – presente anche una delegazione della fazione dissidente dello Slm – si tenterà di trovare un terreno comune di dialogo tra i due gruppi ribelli e i mediatori dell’Unione Africana (Ua) che li hanno minacciati di sanzioni se non sottoscriveranno l’accordo entro il 31 maggio. “La Slovenia – ha precisato – sta cercando di trovare una via d’uscita. Noi presenteremo le nostre posizioni. Se potranno aggiungere emendamenti all’accordo, bene; se no, non penso ci possa essere una soluzione”. Intanto, riguardo all’imboscata tesa a una pattuglia della Missione di verifica dell’Ua in Darfur e all’uccisione di un soldato del contingente africano di cui è stata data notizia stamani, una fonte dell’Onu ha precisato che l’attacco è avvenuto venerdì scorso a circa 2 chilometri dalla base dell’Ua a Masteri, presso il confine sudoccidentale con il Ciad, e che la stessa base è stata attaccata durante la notte. Tra i molti soldati feriti, uno è in pericolo di vita. L’area al confine con il Ciad è stata più volte assaltata dai Janjaweed, le milizie di predoni arabi sostenuta dall’esercito sudanese.
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CIAD 30/5/2006 6.33
DEBY CONFERMATO PRESIDENTE, MA CON MENO VOTI Il Consiglio costituzionale del Ciad ha confermato la vittoria di Idriss Deby alle elezioni presidenziali del 3 maggio scorso, pur rivedendo al ribasso la percentuale di votanti che lo hanno scelto per il terzo mandato consecutivo. Secondo i dati definitivi diffusi dal Consiglio costituzionale, Deby ha vinto col 64,67% e non con il 77,53% inizialmente assegnatogli dalla Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni) il 14 maggio scorso. Il consiglio ha abbassato anche i dati relativi all’affluenza, passati dal 61,4% diffuso al 53,8% sancito definitivamente. Divenuto presidente nel 1990 dopo un colpo di stato,Deby era stato già eletto nel 1996 e nel 2001. L’opposizione aveva respinto i risultati elettorali diffusi dalla Ceni, definendo le elezioni del 3 maggio “una messa in scena grottesca". In seguito al boicottaggio dell'opposizione, il presidente in carica si era trovato ad affrontare quattro sfidanti tutti ritenuti vicini alla sua amministrazione. Da mesi Deby deve fare i conti con una forte opposizione politica ma anche in parte armata, acuitasi dopo le modifiche apportate alla Costituzione per consentirgli il terzo mandato.
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UGANDA 29/5/2006 20.11
GOVERNO IRRITATO PER FONDI SUD SUDAN A CAPO RIBELLI Forte risentimento è stato espresso dal governo ugandese per la consegna di circa 20.000 dollari in contanti al comandante dei ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (Lra), Joseph Kony, da parte del vicepresidente del Sud Sudan Riek Machar durante un incontro avvenuto all’inizio di maggio con l’obiettivo di avviare una mediazione. Lo scrive la stampa sudanese, indicando che le autorità di Kampala temono che con quei denari il famigerato comandante possa acquistare armi per proseguire attacchi contro la popolazione civile del nord Uganda che durano ormai da 20 anni e che hanno finora provocato circa 1,5 milioni di sfollati. “Prima di consegnare i soldi avrebbero dovuto esserci delle discussioni e un chiaro impegno al dialogo” ha detto Henry Ocello Oryem, ministro del nuovo governo ugandese. La consegna del denaro è stata resa nota grazie alla videoregistrazione dell’incontro tra Kony e il vicepresidente del Sud Sudan, che ha avviato una trattativa per convincere al dialogo i ribelli dello Lra, i quali hanno basi nelle zone meridionali del territorio sudanese. Le autorità del Sud Sudan – cioè gli ex-ribelli indipendentisti saliti al potere nel 2005 dopo l’accordo di pace con Khartoum – hanno dichiarato di voler facilitare il negoziato tra i miliziani di Kony e il governo di Kampala, mettendo fine anche agli attacchi dei ribelli sul proprio territorio. Kony, nel filmato – il primo in tanti anni - afferma di essere pronto alla pace e al dialogo con le autorità di Kampala. Il presidente ugandese Yoweri Museveni, da parte sua, ha concetto a Kony fino alla fine di luglio per arrendersi e non consegnarlo alla Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja, che ha incriminato il capo ribelle e altri 4 comandanti per crimini di guerra e contro l’impunità. Contattata dalla MISNA, la procura della Cpi non ha voluto commentare la scelta di consegnare denaro a Kony, limitandosi a richiamare – attraverso un portavoce – la dichiarazione con cui nei giorni scorsi il procuratore capo Luis Moreno Ocampo ribadiva a Uganda, Sudan e Repubblica democratica del Congo la necessità di arrestare i cinque ricercati.
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UGANDA 30/5/2006 12.31
ANCHE CONTROVERSO FRATELLO PRESIDENTE TRA NUOVE NOMINE GOVERNATIVE Il Parlamento di Kampala ha approvato l’elenco dei 65 ministri e viceministri del nuovo governo, tra cui il fratello del presidente Yoweri Museveni, il generale Salim Saleh, già accusato in un rapporto dell’Onu del 2003 di sfruttamento illegale delle risorse naturali durante l’occupazione ugandese nella confinante Repubblica democratica del Congo. Lo scrive stamani la stampa locale, precisando che l’approvazione dei nuovi componenti del governo – anche se in realtà mancano ancora 4 nomi – fa parte di una complessa procedura. La scorsa settimana l’apposito comitato parlamentare aveva parzialmente respinto una prima proposta del presidente Museveni, che in base la legge deve inviare ai deputati un elenco di nomi e soltanto dopo tale approvazione può assegnare i diversi ministeri. Secondo il quotidiano ’Monitor’ , la lista aggiornata – con 33 nuove nomine – ha ottenuto il necessario ‘via libera’ parlamentare. Assai contrastata, scrive il quotidiano, l’autorizzazione a far parte del nuovo governo per Salim Saleh, fratello del capo di Stato: oltre alle gravi accuse lanciate dagli esperti Onu incaricati di individuare i responsabili dello sfruttamento illegale di diamanti, oro, legname e coltan dell’ex-Zaire, il generale era stato al centro di uno scandalo per l’acquisto di due elicotteri dalla Bielorussia e lo stesso governo, nel novembre 2003, ne aveva chiesto il rinvio a giudizio. I giornali locali scrivono che il generale Saleh, il cui vero nome è Kaleb Akandwanaho, è considerato uno dei businessman più ricchi dell’Africa orientale; ha interessi diretti nel settore minerario, bancario, edile, della sicurezza e delle compagnie aeree locali. Nel 1998, dopo un’operazione poco trasparente di acquisto del 49 per cento della Banca commerciale ugandese, fu costretto a dimettersi dal ruolo di consigliere per la sicurezza militare di Museveni. In compenso venne rapidamente nominato alla guida dei riservisti dell’esercito.
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 30/5/2006 14.49
ITURI: ONU CHIEDE RILASCIO "CASCHI BLU" SEQUESTRATI DA RIBELLI L’immediato e incondizionato rilascio dei sette caschi blu nepalesi catturati da un gruppo ribelle nel nord-est della Repubblica democratica del Congo è stato chiesto oggi dal portavoce della missione di pace dell’Onu (conosciuta come Monuc), Kemal Saiki. Ieri sera lo stesso portavoce aveva confermato il sequestro dei militari del contingente internazionale – che ne conta 17.000 in tutto l’ex-Zaire – da parte di miliziani legati probabilmente al Fronte nazionalista integrazionista (Fni), una delle ultime fazioni armate ancora attive nella provincia dell’Ituri. Parlando a ‘Radio Okapi’, emittente radiofonica della Monuc, Saiki ha detto oggi che “ritiene personalmente responsabile” della sorte dei caschi blu Peter ‘Karim’ Udaga, un ex-capo locale del Fni. I caschi blu sono stati sequestrati durante un’operazione militare condotta dall’esercito congolese a nord del capoluogo Bunia, nella quale un soldato nepalese è rimasto ucciso e altri tre feriti. La Monuc, intanto, si sarebbe messa in contatto con i ribelli che – secondo voci non controllate raccolte già ieri dalla MISNA a Bunia – avrebbero chiesto un riscatto per il rilascio dei caschi blu. Il gruppo comandato dallo stesso Karim – il suo nome compare anche in un’inchiesta dell’Onu sul traffico illegale di risorse minerarie nella zona - è accusato di attacchi contro altri caschi blu e dell’uccisione di un militare nepalese nel marzo 2005. Malgrado la presenza di migliaia di soldati della Monuc, l’Ituri continua a essere una delle regioni più instabili dell’ex-Zaire. Secondo l’Onu, circa 15.000 ribelli hanno deposto le armi, ma un numero impreciso di uomini armati – forse alcune migliaia - continuano a costituire una minaccia per la popolazione. Proprio in queste ore, alcuni operatori di agenzie umanitarie dell’Onu hanno trovato deserta la località di Aveba, una settantina di chilometri a sud di Bunia. Nei giorni scorsi era stata lanciata anche un’altra operazione militare in un’altra zona non lontano dal capoluogo, con l’obiettivo di eliminare i gruppi armati ancora operativi, impegnati soprattutto a difesa dello sfruttamento illegale delle risorse naturali, a vantaggi dei paesi confinanti e di società internazionali.
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UGANDA 31/5/2006 9.03
SUD SUDAN DIFENDE AIUTO ECONOMICO A RIBELLI UGANDESI Consegnare 20.000 dollari in contanti al capo dei ribelli ugandesi dell’Esercito di resistenza del signore (Lra) “era l’unico modo per fermare le uccisioni e le violenze contro i sud-sudanesi”: lo ha detto il vicepresidente sudan Salva Kiir, difendendo la scelta di avviare la mediazione con questo gesto, criticato duramente dalle autorità ugandesi. “Sono sicuro – ha aggiunto – che quando inizieremo i colloqui tra Joseph Kony e il governo dell’Uganda, in poco tempo porteremo la pace in nord Uganda e questo la porterà anche in Sud Sudan”. All’inizio di maggio il vicepresidente sud-sudanese Riek Machar aveva incontrato il famigerato capo dello Lra al confine con la Repubblica democratica del Congo per avviare una mediazione e porre fine agli attacchi dei ribelli sia nel Sud Sudan, dove da anni mantengono le loro basi, che in nord Uganda, dove le aggressioni armate hanno provocato 1,5 milioni di sfollati. Kony e altri 4 comandanti sono ricercati dalla Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja per crimini contro l’umanità; per questo motivo – secondo alcuni osservatori – avrebbe abbandonato la sua base in Sud Sudan per cercare rifugio nelle foreste del nord dell’ex-Zaire. Il governo ugandese ha dato tempo fino al 31 luglio al capo ribelle per arrendersi, ma la Cpi – che non ha una sua forza di polizia – ne chiede l’arresto. Il Sudan, da parte sua, ha finora rifiutato la collaborazione con la Corte dell’Aja su un altro fascicolo riguardante gravi violazioni dei diritti umani avvenute in Darfur.
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CIAD 31/5/2006 19.49
N’DJAMENA ACCUSA SUDAN DI “INGERENZA”, KHARTOUM NEGA E APRE A DIALOGO Una richiesta di esercitare pressioni perché il Sudan “sospenda il suo sostegno ai ribelli che vogliono rovesciare il governo del Ciad” è stata rivolta oggi ai Paesi della Comunità degli stati del Sahel-Sahara (Cen-Sad) dal ministro degli esteri di N’Djamena, Ahmat Allami. “Il Sudan ha superato i limiti, ci aggredisce e noi siamo le vittime” ha detto il capo della diplomazia del Ciad a margine della riunione dei ministri degli esteri dell’organismo regionale a Tripoli, in Libia. Il suo omologo sudanese, Lam Akol, ha tuttavia negato ogni ingerenza, spiegando che le autorità di Khartoum “sono pronte a risolvere il contenzioso”. Dal 2003 la guerra nella confinante regione sudanese del Darfur ha esacerbato i rapporti tra i due paesi, anche perché oltre 200.000 rifugiati sono da tempo ospitati nell’est del Ciad. Khartoum e N’Djamena si accusano a vicenda di sostenere le relative ribellioni; nei mesi scorsi le tensioni hanno provocato la rottura delle relazioni diplomatiche. Il Ciad è stato a lungo mediatore nel conflitto del Darfur, ma ha poi abbandonato il tavolo della trattativa accusando il Sudan di sostenere i ribelli ciadiani attivi nell’est del paese, che a metà aprile tentarono di rovesciare il presidente Idriss Deby, da poco riconfermato al potere dopo una consultazione boicottata dall’opposizione.
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SUDAN 1/6/2006 10.49
DARFUR, NESSUN ACCORDO DI PACE A SCADENZA ULTIMATUM È scaduto senza alcuna novità l’ultimatum imposto dall’Unione Africana (Ua) ai due gruppi ribelli che non hanno ancora firmato l’accordo di pace per il Darfur: entro la mezzanotte di ieri avrebbero dovuto accettare il piano già sottoscritto dal governo del Sudan e da una fazione armata. È fallito anche il tentativo di mediazione avanzato negli ultimi giorni dalla Slovenia. “L’accordo è inaccettabile per la gente del Darfur e del Sudan, perché minaccia e ignora l’identità del Darfur” ha detto Khalil Ibrahim, capo del Movimento per la giustizia e l’uguaglianza (Jem), aggiungendo che il suo gruppo – considerato il meno organizzato sul terreno dal punto di vista militare – intende comunque continuare la trattativa chiedendo ulteriori concessioni. Secondo Khalil il documento firmato lo scorso 5 maggio in Nigeria dal governo del Sudan e da una fazione dell’Esercito di liberazione del Sudan (Slm) è stato appoggiato dalla comunità internazionale “non perché utile al Darfur”, ma perché la regione è diventata teatro di “contrapposti interessi economici e politici”. Intanto si è appreso che il vicepresidente sudanese Salva Kiir – capo del movimento ex-ribelle al potere nel Sud-Sudan dopo gli accordi di pace del 2005 – incontrerà entro tre giorni nella città di Yei i leader delle due fazioni rivali dello Slm con l’obiettivo di far accettare il piano di pace anche ai dissidenti guidati da Mohamed al-Nur, i quali hanno finora respinto l’accordo. Segnali di distensione, almeno a parole, arrivano anche da Khartoum, dove il capo di Stato maggiore dell’esercito ha detto che il disarmo delle milizie arabe janjaweed – accusate di gravi violazioni dei diritti umani contro la popolazione nera del Darfur – “è questione di giorni”. L’accordo di pace firmato ad Abuja all’inizio di maggio prevedeva la smobilitazione completa e verificabile di queste bande armate entro la metà di ottobre. Il disarmo, ha spiegato un portavoce delle forze armate, avverrà in due fasi: la prima volontaria, per la quale i Janjaweed riceveranno una compensazione economica, la seconda invece sarà obbligatoria. Si calcola che dall’inizio del 2003 decine di migliaia di civili siano stati uccisi da janjaweed, ribelli e soldati governativi (fino a 300.000 secondo alcune stime); oltre 2 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare case e villaggi, oltre 200.000 sono rifugiate in Ciad.
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UGANDA 1/6/2006 11.11
RIBELLI LRA, SUD SUDAN PREPARA COLLOQUI CON GOVERNO KAMPALA Entro un paio di settimane potrebbero iniziare i colloqui tra i ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (Lord’s resistance army, Lra) e il governo dell’Uganda, con la mediazione del Sud Sudan: lo ha detto alla MISNA John Garang Deng, viceministro dell’informazione sud-sudanese. “Non abbiamo ancora fissato una data né un luogo, ma i contatti stanno procedendo in modo positivo” ha detto Garang Deng. Stamani il quotidiano ugandese ‘New Vision’ scrive che settimana prossima si potrebbe svolgere un primo incontro nella capitale sud-sudanese Juba. “Per ora confermiamo che ci sono trattative dirette con i ribelli e che il vicepresidente del Sud Sudan Riek Machar è pronto a incontrarli di nuovo” ha detto ancora Garang Deng alla MISNA, parlando al telefono da Juba. Machar ha incontrato il capo dello Lra Joseph Kony all’inizio di maggio in una località al confine con la Repubblica democratica del Congo: il colloquio è stato videoregistrato ed ha avuto un’ampia eco sui mass-media perché il fantomatico comandante ribelle è apparso per la prima volta in pubblico e, tra l'altro, ha ricevuto 20.000 dollari in contanti dal vicepresidente del Sud Sudan. Da 20 anni i miliziani dello Lra compiono violenze nel nord Uganda e, più di recente, in Sud Sudan, dove lo Lra ha a lungo avuto le sue basi (secondo molti osservatori, con la protezione del governo di Khartoum). Da alcuni mesi i ribelli si trovano nella zona del Parco della Garamba, nell’estremo nord-est dell’ex-Zaire, dove la loro presenza era stata confermata anche da fonti della MISNA. Nell’incontro con il vicepresidente sud-sudanese, Kony si è impegnato a fermare gli attacchi contro la popolazione. “Da quel momento non si sono registrate aggressioni” ha confermato alla MISNA Garang Deng. Le autorità ugandesi hanno concesso a Kony fino alla fine di luglio per accettare un piano di pace e arrendersi, promettendo in cambio non meglio precisate “garanzie”. Kony, insieme a 4 comandanti ribelli, è ricercato dalla Corte penale internazionale dell’Aja (Cpi), con l'accusa di crimini di guerra e contro l’umanità: nei giorni scorsi la Procura della Cpi – che non dispone di una propria forza di polizia – ha ribadito a Uganda, Sudan e Congo la richiesta di arresto di Kony e degli altri capi ribelli.
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 1/6/2006 11.45
CRIMINI DI GUERRA, RINVIATA UDIENZA ALL'AJA PER TIMORI SICUREZZA TESTIMONI La necessità di garantire ulteriori misure di sicurezza a vittime e testimoni di crimini di guerra nella Repubblica democratica del Congo ha provocato il rinvio della seconda apparizione dell’ex-capo ribelle Thomas Lubanga davanti ai giudici della Corte penale internazionale dell’Aja (Cpi): lo ha detto il procuratore Luis Moreno Ocampo incontrando i giornalisti. La cosiddetta udienza di conferma – relativa alle accuse per le violenze contro i civili nella regione nord-orientale dell’Ituri - era stata fissata a fine giugno: “La Procura – ha spiegato Moreno Ocampo – ha chiesto un rinvio a causa della necessità di assicurare misure di sicurezza più adeguate per le vittime e i testimoni”. Lubanga, 45 anni, è il primo detenuto presso la Cpi, l’unico tribunale mondiale con competenze relative a violazioni dei diritti umani e genocidio, istituito nel luglio 2002. L’ex-capo ribelle, arrestato in Ituri nel 2005, è stato trasferito all’Aja lo scorso 20 marzo, dove tra l’altro gli sono state contestate accuse di reclutamento di bambini-soldato. Testimoni oculari della MISNA confermano di aver visto ragazzini e bambini tra le fila dei suoi miliziani, in particolare nel capoluogo Bunia nel giugno 2003, quando Lubanga – all’epoca capo dell’Unione patrioti congolesi (Upc), una formazione legata alla comunità Hema - prese il controllo del capoluogo dell’Ituri malgrado la presenza di circa 700 ‘caschi blu’ uruguayani della missione di pace dell’Onu. Il suo è uno dei numerosi gruppi armati attivi nel nord-est del Congo nel periodo della guerra 1998-2003, che in quell’area secondo fonti umanitarie ha provocato circa 50.000 vittime e mezzo milione di sfollati. Anche dopo l’accordo di pace, gruppi ribelli sostenuti da Uganda e Rwanda sono rimasti attivi soprattutto per difendere lo sfruttamento illegale delle ricche risorse minerarie. La missione Onu (Monuc) ha disarmato migliaia di ribelli, ma un numero impreciso è ancora attivo, come conferma il sequestro di questi giorni di sette soldati nepalesi del contingente internazionale.
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RD CONGO – L’immediato rilascio dei sette ‘caschi blu’ nepalesi della missione di pace dell’Onu (Monuc) sequestrati dai ribelli nel nord-est del Congo è stato richiesto dal segretario generale Kofi Annan, che ha anche deplorato l’uccisione di un militare della Monuc durante un’operazione contro gruppi armati nella regione dell’Ituri.
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 1/6/2006 22.12
PARLAMENTO TEDESCO APPROVA INVIO SOLDATI IN VISTA ELEZIONI L’invio di soldati tedeschi nell’ambito della forza militare che l’Unione europea dispiegherà nella Repubblica democratica del Congo in vista delle elezioni del 30 luglio ha avuto l’ultimo ‘imprimatur’: con 440 voti favore, 135 contrari e sei astensioni, anche il Bundestag, la Camera bassa del Parlamento tedesco, ha approvato la missione, nonostante lo scetticismo popolare. Verranno inviati 780 uomini: 500 soldati e 280 operatori logistici e sanitari. Appena ieri un sondaggio commissionato a ‘Forsa’ dalla rivista ‘Stern’ aveva rivelato che il 57% dei tedeschi è contrario alla missione, avversata tra l’altro dai politici dell’opposizione che denunciano difetti strategici. Ciononostante sarà proprio la Germania, insieme alla Francia, a guidare la missione ‘Eurofor R. D. Congo’ che per quattro mesi vedrà i contingenti di 16 paesi europei impegnati nello stato africano e lungo il confine con le nazioni vicine. La Germania la guiderà dal suo quartiere generale, Potsdam, nei pressi di Berlino, la Francia invece da un centro di controllo nella stessa Repubblica democratica del Congo. L’avallo formale europeo probabilmente arriverà il 12 giugno, quando i ministri degli Esteri europei si incontreranno in Lussemburgo, mentre già pochi giorni dopo verranno inviati i primi contingenti.
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UGANDA 3/6/2006 11.49
NUOVO GOVERNO, FRATELLO PRESIDENTE MINISTRO DELLE FINANZE Ha sollevato dure critiche la nomina a ministro delle finanze dell’ex-generale Salim Saleh, controverso fratello del presidente Yoweri Museveni: ha giurato ieri insieme ad altri 68 tra titolari di dicasteri e viceministri, malgrado il suo precedente coinvolgimento in scandali finanziari. Saleh è tra l’altro accusato in un rapporto dell’Onu del 2003 di sfruttamento illegale delle risorse naturali durante l’occupazione ugandese nella confinante Repubblica democratica del Congo. Per Wafula Oguttu, del principale partito di opposizione, Saleh “è conosciuto per la sua scorretta gestione di fondi pubblici e non è saggio assegnarli questo incarico perché potrebbe provocare delle perdite finanziarie”. Museveni, che a febbraio ottenne il terzo mandato presidenziale, ha detto che suo fratello ha le caratteristiche per guidare il ministero della finanza. Oltre alle gravi accuse lanciate dagli esperti Onu incaricati di individuare i responsabili dello sfruttamento illegale di diamanti, oro, legname e coltan dell’ex-Zaire, il generale era stato al centro di uno scandalo per l’acquisto di due elicotteri dalla Bielorussia e lo stesso governo, nel novembre 2003, ne aveva chiesto il rinvio a giudizio e venne successivamente prosciolto. I giornali locali scrivono che il generale Saleh, il cui vero nome è Kaleb Akandwanaho, è considerato uno dei businessman più ricchi dell’Africa orientale; ha interessi diretti nel settore minerario, bancario, edile, della sicurezza e delle compagnie aeree locali. Nel 1998, dopo un’operazione poco trasparente di acquisto del 49 per cento della Banca commerciale ugandese, fu costretto a dimettersi dal ruolo di consigliere per la sicurezza militare di Museveni. In compenso venne rapidamente nominato alla guida dei riservisti dell’esercito.
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SUDAN 3/6/2006 13.45
DARFUR: ACCORDO DI PACE, MANCANO LE FIRME MA RESTANO LE SPERANZE Malgrado la scadenza dell’ultimatum imposto dall’Unione Africana (Ua) ai ribelli che non hanno firmato l’accordo di pace sul Darfur all’inizio di maggio, stando alle dichiarazioni di esponenti di alcuni gruppi armati dissidenti ci sarebbero possibilità di sottoscrivere l’intesa. Rappresentanti delle due formazioni che finora hanno respinto il piano di pace dell’Ua – un’ala del Movimento per la liberazione del Sudan (Slm) e il Movimento per l’uguaglianza e la giustizia (Jem) – hanno detto che l’Unione Africana starebbe preparando ulteriori appositi documenti da firmare nei prossimi giorni. Nessuna conferma ufficiale, per ora, da parte dell’organismo panafricano, che per mesi ha promossi i colloqui di pace di Abuja, in Nigeria, con l’obiettivo di fermare il conflitto in Darfur che - secondo stime Onu - dal marzo 2003 ha provocato oltre 300.000 vittime e più di 200.000 tra sfollati e rifugiati nel vicino Ciad. Intanto il Sudan avrebbe chiesto un aumento dei circa 7.000 soldati di pace dell’Unione Africana, schierati da mesi in Darfur ma incapaci finora di arrestare le violenze contro la popolazione civile da parte sia dei ribelli che dei predoni d’origine araba Janjaweed, sostenuti dall’esercito di Khartoum. La richiesta è stata inoltrata in questi giorni durante il vertice dei Paesi del Sahel-Sahara a Tripoli, in Libia. In realtà, la missione di pace dell’Ua potrebbe essere sostituita da quella dell’Onu, anche se il Sudan non si è espresso ancora in modo chiaro e definitivo sulla questione e in precedenza aveva anzi respinto l’ipotesi di un contingente di peacekeeping inviato dal Palazzo di vetro. In un altalenante serie di dichiarazioni – tra aperture e rifiuti alla missione Onu – il ministero degli Esteri sudanese ha comunque definito una “buona opportunità” la visita dei rappresentanti del Consiglio di sicurezza, prevista a partire da lunedì.
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UGANDA 3/6/2006 16.44
INTERPOL CHIEDE ARRESTO CAPO RIBELLE KONY E 4 COMANDANTI Una richiesta di arresto e di detenzione nei confronti del capo dell’Esercito di resistenza del signore (Lra) Joseph Kony e di altri 4 comandanti è stata diffusa dall’Interpol, facendo seguito ai mandati di cattura emessi dalla Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja a ottobre dell’anno scorso. Lo ha reso noto la stessa Procura della Cpi, spiegando che l’organizzazione internazionale della polizia criminale (Interpol) ha diffuso a 184 uffici in altrettanti paesi le “red notice” (“avviso rosso”, letteralmente) per l’arresto dei vertici della ribellione attiva da 20 in Nord Uganda e Sud Sudan. La notizia arriva mentre da alcuni giorni sembra prendere forma l’ipotesi di mediazione avanzata dal governo sud-sudanese tra i ribelli e le autorità di Kampala. I cinque comandanti – si legge in un comunicato – “sono ricercati per rispondere davanti alla Cpi di numerosi capi d’accusa di crimini contro l’umanità e crimini di guerra, tra cui omicidi, sequestri e sfruttamento sessuale”. Si tratta dei primi mandati di cattura della Corte che ha sede all’Aja, unico tribunale permanente con giurisdizione per le gravi violazioni dei diritti umani (compreso il genocidio), varato con lo Statuto di Roma nel 2002. Nei giorni scorsi il procuratore Luis Moreno Ocampo ha ribadito a Uganda, Sudan e Repubblica democratica del Congo la richiesta di arresto di Kony e dei suoi luogotenenti, dopo che il governo di Kampala aveva promesso “garanzie” a Kony in caso di trattative entro la fine di luglio. Secondo fonti concordanti, i vertici dello Lra si troverebbero – insieme al grosso dei miliziani – nella zona del Parco della Garamba, nel nord dell’ex-Zaire. In quella zona, al confine con il Sudan, all’inizio di maggio Kony ha incontrato il vicepresidente del Sud Sudan Riek Machar e ha ricevuto 20.000 dollari in contanti, dichiarandosi pronto a colloqui con il governo ugandese.
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CIAD 5/6/2006 10.23
SCONTRI TRA RIBELLI E FORZE GOVERNATIVE AL CONFINE CON SUDAN Nuovi scontri sono avvenuti tra ribelli e forze governative nella città di Tiné, al confine con il Sudan, i primi dall’attacco lanciato il 13 aprile scorso dal Fronte unito per il cambiamento democratico (Fuc) nella capitale N’Djamena. “Due ufficiali delle forze dell’esercito stavano cercando di unirsi a noi e hanno chiesto il nostro aiuto. Perciò abbiamo inviato combattenti per aiutare queste persone a disertare” ha spiegato Yaya Dillo Djerou dello ‘Scud’, uno dei due principali movimenti ribelli con base nell’est del paese, guidato da due nipoti del presidente Idriss Deby. I ribelli – ha precisato Djerou – avrebbero assaltato Tiné sabato notte e si sarebbero ritirati l’indomani dopo aver rapito attrezzature e distrutto alcuni veicoli. Secondo un comunicato governativo, ad attaccare la città sarebbe stato un convoglio di 67 veicoli di “mercenari al soldo di Khartoum”, che sono state “sconfitte dalle forze di difesa e di sicurezza”. I gruppi ribelli, formati in gran parte da dissidenti militari ed ex-ufficiali sostenuti – secondo Deby – dal governo sudanese, hanno annunciato un’alleanza militare per esautorare il presidente Deby che, al potere dal 1990, lo scorso mese è stato rieletto per il terzo mandato consecutivo, ma è continuamente minacciato da ammutinamenti e diserzioni anche di componenti della sua famiglia e del suo clan Zaghawa. Nei giorni scorsi, Brahim Deby - figlio maggiore del presidente e suo consigliere, è stato arrestato in una discoteca parigina per possesso di un’arma illegale e di droghe e condannato a sei mesi con il beneficio della sospensione condizionale.
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