Senior Member
Iscritto dal: Jan 2002
Città: Germania
Messaggi: 26110
|
Quote:
Originariamente inviato da nickname88
Ma quale leghista !
Appena si sente parlare di immigrazione si parte con sta storia.
Io reputo Salvini solamente un incompetente, così come la quasi totalità dei personaggi nell'attuale teatro politico italico.
Al massimo penso sia meglio di chi oltre che incompetente è pure stupido come chi dedica l'intera politica a certe vaccate come l'accoglienza senza controllo, lo ius soli per facilitare il rilascio della cittadinanza alle bestie, o a quell'altro che vuole introdurre il terzo sesso nella società, piuttosto che pensare a introdurre aggravanti per chi aggredisce gay e trans.
Ma non per questo non devo sentirmi libero di criticare il reddito dei parassiti e la politica italiana sull'immigrazione.
ANZI, Salvini è pure contro il Green Pass, come quell'altra della Meloni, quindi ....
|
Il fatto che tu possa essere leghista è irrilevante in questo contesto.
Uno che parla di "negri", "feccia delinquenziale scura", e "bestie" è semplicemente uno schifoso razzista.
Cosa che peraltro hai dimostrato in più occasioni (anche nei confronti dei cinesi: altra razza per cui nutri un odio viscerale).
Quote:
Originariamente inviato da Helloworld2021
Questa e' la delibera finale:
a) che la condotta posta in essere da Amazon Europe Core S.à r.l., Amazon
Services Europe S.à r.l., Amazon EU S.à r.l., Amazon Italia Services S.r.l. e
Amazon Italia Logistica S.r.l., consistente nell’aver condizionato
l’ottenimento da parte dei venditori terzi sulla piattaforma di commercio
elettronico www.amazon.it di un insieme di vantaggi in termini di visibilità
delle offerte e crescita delle vendite delle offerte dei venditori stessi,
all’acquisto del servizio di logistica offerto da Amazon, denominato Logistica
di Amazon (o Fulfillment by Amazon), costituisce un abuso di posizione
dominante in violazione dell’articolo 102 del Trattamento sul Funzionamento
dell’Unione Europea;
i fondamenti che dici non esistere sono Ben spiegati nelle 200 e rotte pagine precendenti.
Cosi come e ben argomentata la posizione dominante.
ll problema e' che sono 250 pagine e non si possono riassumere piu di tanto.
Diciamo che l'unico e solo modo di dare un giudizio e' leggere l'istruttoria altrimenti cadiamo nell'errore internettiano di commentare i titoli senza consapevolezza.
|
Non è che serva leggere tutte le pagine per appurare quali siano le questioni più importanti.
In particolare riguardo al mercato di riferimento tale questione è trattata a pagina 110 per quanto riguarda l'introduzione / sintesi del documento:
"384. In terzo luogo, la definizione del mercato rilevante (mercato italiano dei servizi di intermediazione su marketplace) sarebbe indebitamente ristretta, in quanto Amazon compete nel più ampio mercato delle vendite al dettaglio. Su tale mercato, Amazon non detiene alcuna posizione dominante, a prescindere dall’indicatore preso a riferimento (§IV.4)."
Mentre nelle pagine 112-120 ci sono le dichiarazioni di Amazon:
"(iv) Google è stata considerata come la porta di accesso a internet, una società super-dominante nel mercato dei servizi di ricerca generica, detentrice di una posizione di quasi-monopolio, sostenuta da elevate barriere all’ingresso (quali, in particolare, gli effetti di rete). Al contrario, Amazon opera nell’ecommerce, ambiente in rapida evoluzione, caratterizzato da basse barriere all’ingresso e all’espansione.
[...]
IV.4. SUI MERCATI RILEVANTI E SULLA POSIZIONE DOMINANTE
406. Con riferimento al mercato dei servizi di intermediazione su
marketplace, Amazon sostiene che i diversi canali di vendita online e offline
sono sostituibili dal punto di vista dei venditori, oltre che dei consumatori.
Pertanto, la corretta definizione del mercato rilevante su cui apprezzare la
posizione della Società sarebbe quella delle vendite al dettaglio,
indipendentemente dal canale utilizzato. Nella (errata) ipotesi di circoscrivere
il mercato rilevante alle sole vendite al dettaglio sul canale online, il rapporto
di sostituibilità esistente fra marketplace e siti web proprietari dovrebbe
condurre a includere questi ultimi nel mercato.
407. Gli stessi risultati della Survey proverebbero l’erronea delimitazione del
mercato rilevante e nella CRI tali risultati sarebbero stati utilizzati in modo
selettivo.
408. Preliminarmente, sarebbe indimostrato che le preferenze dei venditori
stranieri sono diverse da quelle dei retailer italiani. Analogamente
indimostrato sarebbe il fatto che la maggior parte delle aziende presenti sui
marketplace italiani siano straniere.
409. La sostituibilità tra marketplace e siti web proprietari, così come tra
marketplace e canale fisico sarebbe poi dimostrata dalle seguenti risposte dei
retailer italiani nella Survey: il 57% degli intervistati opera esclusivamente
attraverso il proprio sito internet, al quale si somma il 30% di venditori
presenti online sia tramite il proprio sito sia su piattaforme di e-commerce.
Solo il 13% usa esclusivamente i marketplace per la propria attività di
commercio elettronico. Pertanto, ben l’87% dei venditori online intervistati
nella Survey già possiede un sito web proprio, e questo confuterebbe la tesi
secondo la quale la creazione di un sito web rappresenta una scelta onerosa per
molti venditori online.
410. La multicanalità (contemporaneo utilizzo da parte di un venditore di più
canali di vendita) emergerebbe anche dai risultati di uno studio condotto dalla
Società: solo il [1-10%] dei venditori terzi su Amazon.it utilizza
esclusivamente tale canale. Al contrario, il [50-60%] dei venditori si affida a
quattro o più canali.
411. In secondo luogo, lo SSNIP test condotto nella Survey evidenzierebbe
chiaramente la sostituibilità fra i due canali, in ragione dell’elevata porzione
di venditori che a fronte di un aumento non trascurabile e non transitorio del
prezzo dei servizi di intermediazione su tutti i marketplace abbandonerebbe
tale canale di vendita, in favore del proprio sito web o cessando l’e-commerce.
412. Al riguardo, in primis, Amazon sostiene che, diversamente da quanto si
legge nella CRI, la percentuale di venditori che continuerebbe a vendere sui
marketplace anche a fronte di un aumento delle relative commissioni non
sarebbe pari al 63%, ma al 32%. Specularmente, il 68% dei venditori
continuerebbe/inizierebbe a vendere esclusivamente sul proprio sito internet
o cesserebbe l’attività di e-commerce. Tale percentuale, se pesata per il
fatturato dei rispondenti, sarebbe pari al 62%.
Sulla base di tali valori e utilizzando un profitto marginale del [70-80%]
(ovvero il margine di contribuzione realizzato da Amazon stessa nel 2019)
185
,
la Società effettua una Critical-Loss Analysis (CLA)
186, sulla base della quale
conclude che uno SSNIP del 10% non sarebbe conveniente per l’ipotetico
monopolista laddove portasse a una riduzione di fatturato almeno pari al [10-
20%]. Il confronto tra tale perdita critica e la perdita “effettiva” (62%) non
lascerebbe dubbi circa l’esistenza di sostituibilità tra marketplace e siti web
proprietari nella prospettiva dei venditori online187
.
413. Inoltre, il 25% dell’insieme di venditori che cesserebbe del tutto di
vendere online a seguito di un aumento non trascurabile delle commissioni di
vendita sul marketplace è indicativo dell’esistenza di sostituibilità fra negozi
fisici ed elettronici.
414. A detta di Amazon, esisterebbe sostituibilità tra marketplace e siti
proprietari anche dal lato dell’offerta. Sarebbe, infatti, esperienza comune
l’avvio di un proprio marketplace da parte di venditori online affermati.
Esempi in tal senso sono rappresentati da Zalando, IBS, Decathlon, ePrice,
Leroy Merlin e Mango. Tali negozi online andrebbero ricompresi nel
perimetro del mercato rilevante.
415. Anche la delimitazione del mercato alle sole piattaforme orizzontali di
e-commerce è contestata da Amazon, che le ritiene pienamente sostituibili ai
marketplace verticali, poiché i venditori sono generalmente attivi nell’offerta
di prodotti appartenenti a una macrocategoria merceologica (o a categorie
contigue) e, pertanto, offrono il prodotto indistintamente su marketplace
verticali specializzati in tale categoria e su piattaforme generaliste come
Amazon. Dati Amazon indicano che, in media, il [40-50%] delle vendite
generate da un venditore terzo su Amazon.it appartiene alla stessa categoria.
Inoltre, i marketplace verticali offrono sempre più di una categoria di prodotti
e l’ingresso in nuove categorie merceologiche non comporta difficoltà.
416. Amazon, infine, ha sottolineato la sostituibilità tra le diverse modalità
di acquisto dal punto di vista del consumatore finale e come questa vincoli la
condotta dei marketplace nei confronti dei venditori: la multicanalità dei
consumatori e l’elasticità rispetto ai prezzi relativi tra i diversi canali sarebbero
confermate da uno studio ad-hoc condotto dalla Società188
.
417. In aggiunta, Amazon sottolinea che la possibilità di confronto in merito
all’offerta esistente di un dato prodotto e i relativi prezzi si è accresciuta grazie
alla concorrenza introdotta dai social media: negli ultimi due anni, il traffico
sui siti di e-commerce reindirizzato dai social network è cresciuto del 110%,
raggiungendo il 9,1% del traffico e-commerce totale. In Italia, il 30% degli
utenti cerca informazioni sui prodotti da acquistare direttamente sui social
network189
.
418. In conclusione, secondo Amazon, in conformità alla prassi decisionale
delle autorità di concorrenza dell’Unione, i canali di vendita online e offline
costituiscono un unico mercato del prodotto e, nel caso di specie, il mercato
rilevante del prodotto è costituito da tutto il mercato delle vendite al dettaglio.
Amazon cita le decisioni dell’Autorità nel caso Ticketone (A523) e nella
“saga” taxi (I801A, I801B, I832).
421. Amazon ritiene che nel mercato rilevante comprensivo dei canali di
vendita online e offline e di un ambito geografico più ampio dell’Italia, la
quota di mercato della Società sarebbe ben al di sotto di qualsiasi soglia di
dominanza, pari a circa il [1-10%], considerando l’insieme delle vendite al
dettaglio (online e offline), e del [30-40%], tenendo conto delle sole vendite
e-commerce (sia su marketplace che su siti web proprietari)190
.
422. Per quanto attiene al mercato della logistica per e-commerce, la CRI
avrebbe omesso la definizione del perimetro geografico del mercato e ignorato
i precedenti UE e italiani che non sosterrebbero una segmentazione per canale
dei servizi di logistica.
423. I nuovi ingressi e l’espansione di operatori preesistenti suggeriscono
basse barriere all’entrata e un alto grado di sostituibilità dell’offerta. Inoltre,
la CRI non sarebbe coerente con i risultati della Survey e delle risposte e
informazioni ottenute nel corso dell’istruttoria.
424. In primo luogo, il fatto che una percentuale significativa di operatori ecommerce si procurino autonomamente servizi di logistica diversi da FBA
costituirebbe la prova dell’esistenza di un mercato più ampio, a prescindere
dal fatto che un’azienda scelga di operare solo attraverso il proprio sito web,
un altro marketplace o il sito Amazon
.
425. Dal lato degli operatori di logistica, inoltre, non vi sono evidenze di una
mancanza di know how o dell’incapacità di sostenere i costi fissi per servire i
venditori online: la maggior parte dei venditori utilizza operatori di logistica
tradizionali e l’assenza di differenze tra i servizi erogati in favore di venditori
online e offline sarebbe stata confermata dalle risposte degli operatori di
logistica alle richieste di informazioni.
426. Amazon evidenzia poi che la maggior parte dei fornitori di servizi
logistici non differenzia le tariffe per spedizioni connesse alle vendite online
o per spedizioni tradizionali.
427. Da ultimo, Amazon non deterrebbe le quote che l’Integrazione le
attribuisce nel mercato della logistica per e-commerce.
In primis, la crescita realizzata da Amazon nell’attività di consegna pacchi ecommerce negli ultimi anni risulta del tutto irrilevante ai fini della
dimostrazione della teoria del danno esposta, in quanto non collegata
all’accertamento della posizione dominante nel mercato dei servizi di
intermediazione su marketplace, né informativa delle condizioni
concorrenziali prevalenti in quello dei servizi di logistica per e-commerce,
posto che tale crescita è riferita al segmento della consegna pacchi.
428. Inoltre, sarebbe stata attribuita alla Società una quota che include le
consegne relative a tutti gli acquisti effettuati su Amazon.it, anche quelli gestiti
direttamente dai venditori terzi (MFN)
192
. L’inesattezza delle elaborazioni
emergerebbe anche dal fatto che la quota di Amazon nella consegna pacchi
per e-commerce (superiore al [50-60%]) sarebbe pari al [200-300%] della
quota detenuta dalla Società sul totale delle vendite online
"
E infine nelle pagine 139-149 c'è la posizione dell'antitrust:
"V.3. I MERCATI RILEVANTI
507. In ragione delle condotte in esame, i mercati rilevanti interessati sono i
seguenti: (i) il mercato dei servizi di intermediazione su marketplace e (ii) il
mercato dei servizi di logistica per e-commerce. Nel primo dei due mercati
rilevanti sarà accertata la posizione dominante di Amazon, gestore del
marketplace Amazon.it, in forza della quale la Società ha potuto adottare la
strategia abusiva contestata in questa sede, ai danni e con effetti sia sulla
concorrenza nel mercato della logistica per e-commerce, sia tra i gestori di
marketplace.
V.3.1. Il mercato dei servizi di intermediazione su marketplace
508. Si è detto che i servizi di intermediazione su piattaforme di commercio
elettronico (marketplace) corrispondono all’insieme dei servizi erogati dal
proprietario e gestore della piattaforma a vantaggio di operatori economici che
intendono vendere i propri prodotti online, al di fuori di un proprio sito web,
mantenendo la titolarità del rapporto con il consumatore finale.
509. La presenza di due gruppi di utenti - venditori e consumatori - e la
possibilità di incontro e conclusione della transazione consentono di
qualificare i marketplace come two-sided transaction platforms.
510. In presenza di piattaforme a due versanti, la definizione del mercato
rilevante richiede di scegliere il modo in cui osservare le relazioni tra la
piattaforma e ciascuno dei due lati, ovvero se considerarle appartenenti a due
mercati distinti oppure a un unico mercato del prodotto. La prassi della
Commissione ha visto prevalere la scelta di definire un mercato rilevante per
ogni versante della piattaforma, sulla base di un approccio multi-mercato210
.
511. Secondo tale approccio, le piattaforme si considerano operanti in più
mercati diversi, benché strettamente interconnessi. Pertanto, le condizioni
concorrenziali sui due lati della piattaforma sono analizzate separatamente,
pur tenendo in considerazione l’interdipendenza tra gli stessi dovuta alle
esternalità “incrociate” che distinguono le piattaforme a due versanti.
512. Nel presente procedimento, viene in evidenza l’insieme dei servizi di
intermediazione offerti dal gestore del marketplace ai venditori terzi al fine di
raggiungere i consumatori con le proprie offerte commerciali, e non l’attività
di e-commerce in sé, dove invece assumono maggior rilievo le relazioni tra
venditori e consumatori. Di tali relazioni si terrà conto nella misura in cui le
stesse esercitano un’influenza sulla domanda dei servizi d’intermediazione
espressa dai retailer.
In proposito, gli argomenti difensivi di Amazon inerenti alla centralità del
benessere del consumatore finale nel proprio modello di business, seppur
pienamente compresi, saranno tenuti nel giusto rilievo e adeguatamente
soppesati, in considerazione della rilevanza solo indiretta delle preferenze dei
consumatori per l’apprezzamento delle condotte in esame.
513. Ciò detto, nella prospettiva del retailer, i marketplace forniscono tutta
una serie di servizi - il servizio base di vendita e i servizi complementari ad
esso - che consentono ai venditori di accedere a una “vetrina” e di vendere
online senza la necessità di sostenere i relativi investimenti. Da questo punto
di vista, il marketplace rappresenta una modalità di accesso all’e-commerce
“pronta all’uso”. È questa l’opinione di circa la metà delle imprese attive su
marketplace, secondo cui è più veloce e facile iniziare a vendere sulle
piattaforme che creare un proprio “negozio elettronico” con funzionalità di ecommerce (§60). Si tratta, peraltro, delle stesse argomentazioni che la Parte
ritiene applicabili alla preferenza che i retailer di piccole dimensioni
accordano al servizio di logistica FBA (vedi §397 supra).
Ed è proprio l’estensione della gamma dei servizi offerti a caratterizzare una
piattaforma e a differenziarla dalle altre.
514. Infine, i marketplace fungono da intermediari tra venditori e
consumatori, favorendone l’incontro e la conclusione della transazione, ma
rimanendo esterni al rapporto negoziale tra i due soggetti. Il gestore del
marketplace non acquista il prodotto, non interviene nella definizione degli
elementi dell’offerta (in particolare del prezzo), né assume responsabilità
giuridiche nel contratto di compravendita.
515. Le decisioni dei retailer, pur influenzate dalle preferenze dei
consumatori finali, dipendono quindi da fattori specifici che non assumono
rilievo per il consumatore. In particolare, rilevano per il venditore - ma non
anche per il consumatore - i costi delle commissioni richieste per l’esecuzione
del servizio, l’esistenza di una serie di servizi complementari - come il target
advertising, la logistica integrata, il customer care, l’assistenza legale per la
risoluzione delle controversie e altri servizi premium.
In sostanza, alla luce di tali fattori, le decisioni dei retailer sono caratterizzate
da rapporti di sostituibilità tra i vari canali di vendita (siti proprietari, siti di
price comparison, canale fisico) di grado diverso da quelli che connotano le
scelte dei consumatori. In generale, non si può accogliere la posizione della
Parte, che sostiene l’esistenza di piena sostituibilità tra tutti i canali di vendita
di cui il consumatore dispone per i propri acquisti: la sola esistenza di una
“multicanalità” nelle abitudini di acquisto dei consumatori non è indicativa
della sostituibilità tra i diversi canali nella prospettiva dei retailer, ovvero i
soggetti che rappresentano la domanda nel mercato considerato.
516. Ad ogni modo, Amazon ritiene che i venditori mostrino una forte
tendenza alla multicanalità nella propria attività commerciale, affiancando la
vendita nei negozi fisici a quella attraverso il proprio sito web e l’uso di
marketplace, e che tale evidenza giustifichi una definizione del mercato più
ampia, che tenga conto della sostituibilità tra i diversi canali mostrata dai
retailer. Si argomenterà in dettaglio nel seguito che l’operatività su più canali
non può essere intesa come segnale di sostituibilità tra gli stessi, quanto, al
più, come indice della loro natura complementare per l’attività dei retailer.
Peraltro, i canali di vendita individuati da Amazon nel Sondaggio svolto sui
venditori includono modalità di vendita del tutto estranee al mercato rilevante.
517. In conclusione, la possibilità di identificare un mercato rilevante che
corrisponda all’offerta di servizi di intermediazione su marketplace poggia
sull’assenza di sostituibilità dal lato della domanda (dei retailer) tra i vari
canali di vendita dei propri prodotti. Fatta eccezione per la distinzione tra
marketplace e siti di comparazione, che è fondata sull’assenza di una
funzionalità di e-commerce, le restanti soluzioni a disposizione del retailer per
raggiungere i consumatori con la propria offerta rappresentano
sostanzialmente differenti canali di vendita, dal carattere complementare e non
alternativo fra loro.
518. Oltre all’assenza di sostituibilità dal lato della domanda, per ognuno di
tali canali si è considerata anche la possibile sostituibilità dal lato dell’offerta,
ovvero la capacità dei fornitori dei diversi servizi individuati di estendere la
propria offerta ai servizi di intermediazione su marketplace. L’analisi svolta
ha permesso di concludere per l’impossibilità da parte di fornitori di altri
servizi di sviluppare - in tempi brevi e a costi e rischi contenuti - una
piattaforma di e-commerce da mettere a disposizione dei venditori terzi, con
una scala sufficientemente ampia da rappresentare un’alternativa ai
marketplace esistenti.
519. Pertanto, i gestori dei marketplace non trovano nei fornitori di servizi
diversi - motori di ricerca, siti comparatori, retailer plurimarca - un vincolo
concorrenziale alle proprie condotte commerciali, data l’assenza di
sostituibilità sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta.
520. Ciò posto, di seguito si forniranno in maggior dettaglio le ragioni per
cui si ritiene che il mercato rilevante vada circoscritto alle sole vendite su
piattaforme di e-commerce e tenuto distinto dalle attività di vendita di beni in
negozi fisici (cd. brick-and-mortar, §V.3.1.1) e tramite i siti web proprietari
dei venditori (§V.3.1.2), nè vadano inclusi nel perimetro i siti di ricerca o di
price-comparison, quelli di distributori retail plurimarca o specializzati in
vendite temporanee e promozionali (§V.3.1.3).
521. Infine, dalle risultanze istruttorie emerge, dal punto di vista dei
venditori, un rapporto di complementarietà - e non già di sostituibilità - tra
marketplace orizzontali e marketplace verticali, poiché, sebbene tutte le
tipologie di marketplace forniscano al retailer un più o meno vasto set di
servizi di intermediazione, indipendentemente dal grado di specializzazione
merceologica della piattaforma, è indubbio che un marketplace verticale
specializzato in una determinata categoria potrà rappresentare una “vetrina”
appetibile esclusivamente per il retailer attivo nella vendita di beni
appartenenti alla medesima categoria merceologica (§V.3.1.4).
V.3.1.1. Vendita offline vs. vendita online
522. Contrariamente alla tesi sostenuta da Amazon, il canale fisico per la
vendita di prodotti ai consumatori finali non si ritiene sostituibile con le
vendite online - e, nell’ambito dell’e-commerce, con i servizi di
intermediazione offerti dai marketplace. Esistono differenze sostanziali fra le
due modalità di vendita, sia in termini di vantaggi e svantaggi dell’online verso
l’offline, sia in termini di struttura ed entità dei costi necessari all’avvio della
propria attività di vendita nelle due diverse modalità.
Infatti, a prescindere dai comportamenti di acquisto dei consumatori (che
possono comprare lo stesso prodotto sia online sia offline)
211
, nella prospettiva
del retailer - quella di interesse nel presente procedimento - la decisione di
vendere online assume peculiarità che la distinguono in maniera netta dalla
scelta di operare attraverso il canale fisico.
523. In primis, rispetto al canale fisico, negozi virtuali e marketplace
consentono al venditore di: (i) raggiungere una platea di consumatori più
ampia e servire un maggior numero di mercati, pressoché senza limiti
geografici (quantomeno all’interno dei confini nazionali, v. infra) e di orario
(24/7); (ii) generalmente, ridurre i costi di transazione, quelli di market
intelligence, per la raccolta di informazioni sui consumatori, sui nuovi trend e
le nuove opportunità, nonché i costi di ricerca e di negoziazione; (iii) ridurre -
se non azzerare - i costi dovuti all’adeguamento dei prezzi alle variazioni del
mercato (cd. menu costs); (iv) accorciare la filiera, riducendo, ad esempio, il
grado di esternalizzazione dell’attività di distribuzione del prodotto; (v) fornire
al consumatore un insieme di informazioni più ampio e di più agevole
consultazione rispetto a quanto possibile in un negozio fisico, incluse le
opinioni degli altri consumatori e, in alcuni casi, le recensioni degli esperti.
524. Sempre nella prospettiva del venditore, ma osservando i costi da
sostenere al fine di svolgere attività di e-commerce, il commercio elettronico
richiede investimenti specifici necessari alla costruzione della propria
reputazione agli occhi del consumatore e all’ottenimento della sua fiducia. La
“smaterializzazione” delle transazioni tipica del commercio online implica,
infatti, un rapporto a distanza tra venditore e consumatore finale, nel quale
assume importanza cruciale l’affidabilità del venditore.
La costruzione di tale reputazione richiede al venditore online l’introduzione
di strumenti e processi che garantiscano transazioni sicure e assistenza al
cliente in ogni fase della procedura di acquisto. Tipicamente, questo implica
il sostenimento di costi per il set up e la gestione di sistemi di pagamento
sicuri, così come per lo sviluppo di uno strutturato, rapido e affidabile servizio
post-vendita per il consumatore.
L’avvio e l’esercizio di un’attività commerciale attraverso un negozio fisico
comporta una serie di costi differenti, rendendosi necessari processi di set up
e gestione di attività molto diverse: costi di ricerca dei locali commerciali e di
avviamento dell’attività, del personale di vendita, differenti attività di
marketing e analisi di mercato, ecc.
525. Pertanto, per i retailer il canale di vendita online si distingue in modo
fondamentale rispetto all’esercizio di un negozio fisico (o di una catena di
negozi). I due canali consentono di raggiungere una clientela in parte diversa,
ma soprattutto rispondono a due diversi modelli di business. Le differenze nei
costi di avvio dell’attività offline possono incidere sulla profittabilità di breve
periodo. Se confrontata all’operatività tramite un marketplace, la scelta di
vendere attraverso il canale fisico comporta tempi più lunghi per il
raggiungimento del breakeven point tra costi e ricavi. Allo stesso tempo, i costi
operativi dell’e-commerce potrebbero risultare più elevati, perlomeno con
riferimento al costo della logistica (vedi supra).
Si tratta di elementi emersi con chiarezza nel corso del procedimento e, più in
generale, di comune evidenza.
526. Nelle argomentazioni relative alla sostituibilità fra i diversi canali,
Amazon ha assunto una prospettiva focalizzata sul consumatore finale,
ritenendo sostituibili il canale offline e quello online per il solo fatto che
rappresentano diverse opportunità a disposizione del consumatore per
l’acquisto di prodotti. Tuttavia, le differenze tra canale fisico e canale online
sono tangibili anche nella prospettiva del consumatore finale, per il quale i due
canali sembrano porsi in rapporto di complementarietà.
527. Le preferenze circa le modalità di acquisto possono fortemente mutare
da consumatore a consumatore in ragione della diversa alfabetizzazione
digitale, della diversa propensione al rischio, del piacere per il contatto
visivo/fisico nell’attività di shopping, di ragioni contingenti - come la
disponibilità di tempo -, fino anche dell’influenza che le condizioni
geografiche/climatiche possono rivestire nella scelta tra acquisti fisici e
acquisti online. Ciò comporta che la sovrapposizione tra i due canali potrebbe
al più interessare un sottoinsieme di consumatori e, in ogni caso, che anche
all’interno di questo sottogruppo, i due canali possono essere utilizzati in
“parallelo”, a seconda dell’esigenza di acquisto emergente di volta in volta.
A supporto di tale conclusione rilevano i dati del sondaggio sui consumatori
condotto dalla Società stessa e prodotto in occasione della prima audizione
finale: a fronte di un aumento del prezzo dei beni venduti su tutti i marketplace
pari al 5%, solo il [10-20%] dei consumatori “dirotterebbe” i propri acquisti
verso il canale fisico, a fronte del [50-60%] dei rispondenti che continuerebbe
ad acquistare lo stesso prodotto sui marketplace e dell’ulteriore [10-20%] che
continuerebbe ad acquistare su marketplace ma un prodotto diverso. Lo stesso
quesito, posto con riferimento ad un acquisto su un marketplace Amazon,
indica la stessa assenza di elasticità della domanda: il [60-70%] dei
consumatori continuerebbe ad acquistare su Amazon lo stesso prodotto o un
prodotto diverso, a fronte di un [10-20%] che passerebbe a un acquisto nel
canale fisico212
.
528. Tornando alla prospettiva del retailer, tutto quanto sopra implica che
canale fisico e canale online potrebbero al massimo essere considerati
soluzioni complementari, in quanto idonee a raggiungere target di clientela
finale non necessariamente coincidenti, o momenti di acquisto diversi.
529. La mancanza di sostituibilità del canale online rispetto al tradizionale
canale offline, nella prospettiva del retailer, si evince anche da studi interni di
Amazon relativi alle dinamiche competitive e ai concorrenti213 dai quali non
emergono mai riferimenti ai negozi fisici, né quale vincolo concorrenziale né
solo come elemento del contesto competitivo. Al più, è possibile rintracciare
elaborazioni sulle preferenze del consumatore volte a inglobare nel processo
di acquisto online alcuni dei vantaggi dell’esperienza offline [omissis].
530. Analogamente, nessuno degli altri marketplace che hanno dato seguito
alle richieste d’informazioni ha fatto riferimento ai negozi fisici (o a siti online
diversi dai marketplace, v. infra) anche solo quali fattori di contesto. A titolo
d’esempio, uno studio svolto nel 2019 da una società esterna ad eBay intitolato
“eBay Brand Health Monitor - Italy Report” (doc. 157, all. 3), teso all’analisi
delle posizioni di forza di detto marketplace rispetto alla concorrenza, non
prende in considerazione i negozi fisici in qualità di concorrenti.
531. Da ultimo, con riguardo alla sostituibilità tra canale di vendita online e
vendite offline nella prassi dell’Autorità, le precedenti decisioni citate da
Amazon (i casi relativi ai taxi e Ticketone214) sono del tutto inconferenti, in
quanto (i) relative all’acquisto di servizi e non di prodotti e (ii) basate
sull’analisi degli elementi specifici delle condotte in esame215
.
V.3.1.2. Vendita su marketplace vs. vendita su siti proprietari
532. L’attività istruttoria ha evidenziato significative differenze tra
l’esercizio dell’attività di vendita online attraverso una piattaforma e la
costruzione e gestione di un sito web di proprietà con funzionalità ecommerce, nella prospettiva dei retailer. Pertanto, si esclude l’appartenenza
dei due canali di vendita al medesimo mercato rilevante.
533. A sostegno di tale conclusione militano vari elementi che distinguono i
due canali dal punto di vista del venditore che voglia avviare un’attività di
commercio elettronico. In estrema sintesi, i servizi di intermediazione erogati
da una piattaforma online garantiscono al retailer la possibilità di dare inizio
a un’attività di e-commerce raggiungendo un elevato numero di consumatori,
in modo rapido e con costi di set up estremamente limitati, rendendo i
marketplace una soluzione immediatamente fruibile di accesso all’ecommerce, per le ragioni che seguono.
534. In primis, un marketplace consente al venditore di avvantaggiarsi di una
platea di consumatori ben più ampia di quella che potrebbe raggiungere
individualmente attraverso il proprio sito web: la visibilità ottenibile attraverso
una piattaforma di e-commerce è largamente superiore a quella che il singolo
retailer potrebbe ottenere sul suo sito web, quantomeno in tempi brevi, grazie
alla notorietà della piattaforma ma anche alla funzione che essa svolge come
luogo di aggregazione di varie offerte appartenenti a categorie merceologiche
diverse; la varietà di scelta e la pervasività delle offerte disponibili fanno dei
marketplace - in particolare quelli orizzontali - dei veri e propri supermercati
online, con una capacità di attrarre un numero di consumatori molto elevato. I
dati riportati nella Tabella 2 mostrano che i due marketplace più popolari in
Italia hanno un numero di visite mensili incomparabilmente più alto di
qualsiasi altro sito web proprietario, anche se di marchi di grande popolarità.
535. Si tratta di effetti di rete di cui si avvantaggiano i singoli retailer,
soprattutto di piccole e medie dimensioni, così come gli stessi brand owner,
specialmente quando si tratti di marchi non particolarmente affermati.
536. La visibilità garantita al singolo retailer dalla presenza sui marketplace
discende dalla capacità di questi ultimi di: (a) investire ingenti risorse in
pubblicità e campagne promozionali; (b) effettuare la “profilazione” dei
consumatori e realizzare pubblicità mirata (target advertising) grazie alla
disponibilità di una quantità enorme di dati; (c) avere una presenza preminente
sui motori di ricerca. Si tratta di possibilità del tutto precluse non soltanto al
piccolo venditore ma anche ai titolari di grandi marchi affermati.
537. In tema di visibilità, Amazon ha sostenuto che sarebbero in costante
aumento le vendite online generate dai social media e che tali piattaforme
garantiscono un bacino di utenti estremamente ampio. Come si dirà nel
prossimo paragrafo (§V.3.1.3), anche i social media devono ritenersi esclusi
dal perimetro del mercato, trattandosi di piattaforme sulle quali non avviene
la transazione e caratterizzate da un’offerta ai venditori e da un modello di
business significativamente differente da quello dei marketplace.
538. Il secondo fattore caratterizzante i marketplace e determinante nella
loro scelta consiste nella reputazione vantata dalla piattaforma presso i
consumatori. Come si è visto, si tratta di un elemento di importanza decisiva
nelle transazioni a distanza. La fiducia del consumatore discende dal livello di
sicurezza riconosciuto al marketplace, che a sua volta dipende da una serie di
fattori: l’affidabilità dei servizi di pagamento, la sicurezza dei tempi di
consegna, un customer care sollecito ed efficiente nella gestione delle
lamentele e dei resi, ecc. Anche in questo caso, gli investimenti richiesti per
lo sviluppo di tali servizi - che possono qualificarsi come “investimenti in
reputazione” - sono estremamente significativi e accessibili soltanto ad
operatori di grandi dimensioni.
539. Più in generale, l’avvio di un proprio sito web di e-commerce comporta
il sostenimento in proprio di costi fissi e irrecuperabili di set up, contro la
possibilità garantita dal gestore della piattaforma di beneficiare di un insieme
più o meno ampio di servizi, tramite il pagamento delle sole commissioni di
intermediazione. La scelta di vendere tramite un proprio sito web o utilizzando
un marketplace corrisponde, quindi, a due modelli di business differenti, che
implicano una struttura di costo molto diversa, fortemente sbilanciata verso i
costi fissi nel primo caso, caratterizzata dalla prevalenza dei costi variabili,
nell’altro. Da tale differente struttura di costo discende un livello di rischio
imprenditoriale ben inferiore nel caso di utilizzo di un marketplace.
540. Sono proprio la garanzia di un’immediata visibilità della propria offerta
a una platea di consumatori estremamente ampia e l’abbattimento degli
investimenti necessari all’avvio di un proprio sito di e-commerce a emergere
dai risultati della Survey e dai diversi studi di mercato come fattori chiave della
scelta di operare su un marketplace.
541. I dati raccolti indicano che, nella prospettiva dei retailer, soprattutto
medio-piccoli, i marketplace consentono di sopperire alla scarsa conoscenza
del rivenditore da parte del consumatore e di aumentare il grado di
“penetrazione” del mercato: il 62% degli intervistati dalla Survey ritiene che
le piattaforme di e-commerce garantiscano visibilità e un numero di visite
superiori a quelle del proprio sito web. Il 44% dei rispondenti vede i
marketplace come il “punto di partenza” per la ricerca di un prodotto da parte
dei consumatori216
.
542. Per molti rispondenti i marketplace consentono un abbassamento del
livello di investimenti specifici richiesto per svolgere attività di vendita online,
dal momento che consentono di demandare alla piattaforma la gestione di
alcune attività - tra cui il marketing, il target advertising, la spedizione e la
logistica, la gestione dei resi - e di occuparsi esclusivamente delle fasi a monte
di selezione e assortimento della propria offerta. Allo stesso modo, assume
rilievo la sicurezza garantita dai marketplace nella gestione dei dati personali
e dei pagamenti e, più in generale, la reputazione del gestore della piattaforma
che aumentano il grado affidabilità della transazione online per i consumatori.
543. Per quanto affermato in precedenza, non sorprende che il marketplace
rappresenti l’unica soluzione di accesso rapido e a costo contenuto all’attività
di vendita online per le piccole imprese, che vi ricorrono come strumento
esclusivo di accesso all’e-commerce nel doppio dei casi rispetto ai retailer di
dimensioni maggiori, che sono in grado di affiancare i due canali di vendita217
.
Ma v’è di più. Anche per i retailer che dispongono di un proprio sito con
funzionalità e-commerce, il marketplace rappresenta lo strumento per
intercettare una parte di domanda aggiuntiva che non acquista sui siti
proprietari o che - ove possibile - sceglie di acquistare su marketplace. I dati
della Survey, anche in questo caso, confermano tale conclusione: gli operatori
attivi su un marketplace in aggiunta al proprio sito web vedono aumentare il
fatturato totale che realizzano dalle vendite online218
.
544. Dalla Survey è emerso, altresì, che circa un terzo dei retailer italiani
continuerebbe a servirsi dei marketplace a fronte di un ipotetico aumento del
prezzo dei loro servizi di intermediazione, non transitorio e di entità non
trascurabile. Tale risultato, tuttavia, non inficia le conclusioni sopra riportate
sull’insussistenza di un rapporto di sostituibilità tra vendita su marketplace e
su siti proprietari, alla luce delle seguenti considerazioni.
545. In primo luogo, deve considerarsi che la Survey è stata rivolta solamente
ai venditori italiani e, pertanto, non riflette le preferenze dei venditori stranieri,
che rappresentano la maggioranza dei venditori presenti sulle piattaforme
italiane219
. Per tali operatori il ricorso a un marketplace italiano rappresenta
una scelta irrinunciabile per raggiungere i consumatori italiani tenuto conto:
(a) della scarsa conoscenza della propria offerta e/o del proprio sito web presso
questi ultimi; (b) dell’indisponibilità di un sito in lingua italiana; (c) dei costi
della creazione di un dominio italiano del proprio sito. Tale circostanza porta
a ritenere che la reattività dei retailer stranieri all’aumento di prezzo dei
servizi dei marketplace sia inferiore a quella dei venditori italiani, emersa dalla
Survey: pertanto una quota significativa di essi “tollererebbe” l’aumento di
prezzo senza abbandonare la piattaforma rendendo per il gestore di
quest’ultima profittevole l’aumento stesso.
546. Sebbene Amazon giudichi indimostrate le considerazioni appena
esposte con riguardo alle differenti preferenze di retailer italiani e stranieri,
tali valutazioni appaiono una descrizione del tutto razionale dal punto di vista
economico dei diversi fattori che incidono sulla scelta del canale di vendita
online da parte di operatori con sede estera
"
La posizione dominante viene esplicitamente trattata nelle pagine 165-184:
"V.4. LA POSIZIONE DOMINANTE
V.4.1. Premessa
608. L’indicatore più importante dell’esistenza di una posizione dominante
in capo a un’impresa è rappresentato dalla quota di mercato. Salvo circostanze
eccezionali, una quota molto elevata costituisce di per sé prova dell’esistenza
di una posizione dominante, in quanto pone l’impresa che la detiene in una
posizione di forza che la rende controparte obbligatoria per i clienti e che le
garantisce l’indipendenza di comportamento che caratterizza tale posizione di
vantaggio, per la quale, a fronte di una condotta che penalizzi il cliente non
deve temere la reazione di concorrenti in grado di soddisfare rapidamente la
domanda che voglia reagire orientandosi verso imprese diverse231
.
609. Diversi indicatori, calcolati con i dati forniti da Amazon e dai suoi
competitor, evidenziano l’esistenza di una posizione dominante in capo alla
Società sul mercato italiano dei servizi di intermediazione su marketplace. A
prescindere dalla misura utilizzata, infatti, si ottengono valori che non lasciano
dubbi circa il potere di mercato estremamente significativo vantato da
Amazon, al punto da poter configurare l’esistenza di una posizione di super
dominanza.
610. Sulla base della giurisprudenza consolidata, l’esistenza di una posizione
dominante deve essere valutata anche tenendo conto di altri fattori che
caratterizzano gli operatori e la dinamica concorrenziale nel mercato
individuato, come la presenza di barriere all’ingresso di nuovi operatori o alla
crescita degli attuali concorrenti232
. In mercati a due versanti, tali barriere
possono essere rappresentate da esternalità di rete che implicano la necessità
di ingenti investimenti per attrarre nuovi consumatori e da economie di scala
che rendono meno immediato e più costoso per i potenziali concorrenti
l’ingresso nel mercato233
.
611. Si ritiene utile, quindi, apprezzare la rilevanza del potere di mercato
della Società anche alla luce delle peculiarità connesse alla natura a due
versanti dei marketplace, nonché delle dimensioni e del complesso delle
attività del Gruppo Amazon.
612. Preliminarmente, si devono respingere le argomentazioni della Società
circa l’assenza di una posizione dominante, giacché esclusivamente fondate
sulla diversa, e più ampia, delimitazione del mercato rilevante che, come detto
(§V.3), non può essere condivisa nel caso in esame.
613. L’elevata autonomia di cui Amazon gode nella definizione delle proprie
strategie commerciali e, in particolare, nelle relazioni che intrattiene con
clienti e fornitori nei vari mercati in cui opera, discende dalla sua dimensione
complessiva. Amazon opera in numerosi business, tra cui e-commerce, cloud
computing, musica in streaming, video on demand, device, supermercati fisici,
con una capitalizzazione di mercato che ha recentemente superato i mille
miliardi di dollari.
Circoscrivendo l’esame al marketplace italiano, dall’esordio dell’attività ad
oggi, Amazon.it è cresciuto in maniera esponenziale con riguardo a tutti i
principali indicatori. A fine 2019: [500-1.000] milioni di articoli in vendita, di
cui il [80-90%] di venditori terzi; [1-10] milioni di utenti attivi. Nonché oltre
[100-200] milioni di consegne in Italia nel 2018.
614. Il modello di business adottato da Amazon è quello di un ecosistema
completo, tanto per un venditore quanto per un consumatore. Ciò implica un
rapporto con i venditori in cui Amazon riveste molteplici “ruoli”: concorrente
diretto sulla piattaforma (Amazon retail), gestore della stessa (marketplace) e
fornitore di servizi complementari (tra i principali, i servizi di logistica,
pubblicità, pagamento, post-vendita, cloud).
615. La pletora di servizi offerti aumenta la popolarità della piattaforma tra i
consumatori e il loro grado di fidelizzazione (anche attraverso la creazione di
specifici programmi come Prime) generando così “costi di cambiamento”, che
diminuiscono l’incentivo ad usare piattaforme concorrenti.
616. Si è visto, inoltre, come la visibilità garantita dalla piattaforma alle
offerte risulti il fattore principale di scelta del marketplace da parte dei
retailer. Il numero di consumatori che usano Amazon.it determina, pertanto,
un effetto di rete indiretto, poiché accresce l’interesse del venditore ad essere
presente sulla piattaforma, a discapito dei marketplace concorrenti.
In tal senso, la popolarità della piattaforma della Società è indiscussa: la media
mensile di visite uniche totali su Amazon.it nel 2019 è stata pari a [100-150]
milioni234
. Nello stesso anno, il numero medio di visitatori unici mensili della
piattaforma italiana ha raggiunto i [10-20] milioni235 e quello medio mensile
di consumatori attivi i [1-10] milioni236
.
617. In un’ottica concorrenziale, questo si è già tradotto in un affievolimento
delle capacità competitive dei concorrenti già presenti sul mercato, che hanno
visto ridursi progressivamente il proprio peso.
618. Come dimostrano i valori assunti dagli indicatori considerati e le
condotte della Società che si analizzeranno di seguito, negli ultimi anni
Amazon è riuscita a consolidare la propria posizione sul mercato, aumentando
significativamente la propria autonomia di comportamento. Ad oggi, la
contendibilità della posizione di Amazon e la capacità disciplinante da parte
di nuovi entranti appaiono fortemente limitate dalla presenza di significative
barriere all’ingresso: fidelizzazione e vischiosità delle preferenze dei
consumatori, varietà e ampiezza dei servizi offerti, effetti di rete, popolarità e
reputazione del marchio ostacolano, infatti, la possibilità di raggiungere una
dimensione minima sufficiente a esercitare un vincolo concorrenziale237
.
V.4.1.1. I principali competitor di Amazon sul mercato rilevante
619. Alla luce della delimitazione merceologica e geografica del mercato
rilevante identificato (§V.3.1.6), i marketplace potenzialmente in grado di
esercitare un vincolo competitivo nei confronti di Amazon sono quelli con
dominio o sottodominio italiano. Pertanto, considerando anche i marketplace
verticali, i principali concorrenti di Amazon.it risultano essere: eBay (titolare
del dominio italiano www.ebay.it), Zalando (www.zalando.it), ePrice
(www.eprice.it), ManoMano (www.manomano.it), Aliexpress (con il
sottodominio italiano del sito it.aliexpress.com), Wish (www.wish.com) e
Bonanza (www.bonanza.com). Tali operatori saranno considerati ai fini della
valutazione della posizione dominante di Amazon.
V.4.2. Gli indicatori della dominanza
643. Le quote degli operatori attivi nel mercato rilevante sopra definito
(§V.3.1.6) possono essere determinate mediante indicatori differenti, ognuno
dei quali evidenzia aspetti diversi del potere di mercato di Amazon. In
generale, sono stati individuati indicatori idonei a catturare le peculiarità del
funzionamento di una piattaforma di e-commerce.
644. Alcuni indicatori sono volti a misurare la dimensione di un marketplace
in termini, ad esempio, del volume e valore delle transazioni che si realizzano
sulla piattaforma (il cd. Gross Merchandise Volume o Value) o della capacità
del gestore di ottenere ricavi dall’attività di intermediazione. Altri, invece,
evidenziano il grado di “attrattività” della piattaforma, tanto dal lato del
consumatore - come il numero di consumatori attivi, la spesa media annua, la
frequenza di acquisto - quanto da quello del venditore - come il numero di
venditori che utilizzano la piattaforma o quello di prodotti in vendita.
645. In ragione della definizione del mercato rilevante come quello
dell’offerta di servizi di intermediazione da parte dei gestori dei marketplace
ai venditori terzi - servizi che consentono loro di vendere i propri prodotti
online direttamente sulla piattaforma, raggiungendo un’ampia base di
consumatori - si ritiene che l’indicatore più appropriato per valutare la
dominanza di Amazon sia costituito dai ricavi ottenuti dai gestori dei
marketplace dall’offerta di tali servizi. In ogni caso, la stessa forza descrittiva
della posizione di Amazon nel mercato in esame si riscontra nel valore delle
transazioni dei venditori terzi realizzate sulle piattaforme di e-commerce.
646. Posta la complessità dell’articolazione e del funzionamento delle
piattaforme a due versanti e le inevitabili interazioni tra questi, il potere di
mercato di Amazon rispetto ai suoi principali competitor sarà apprezzato,
inoltre, prendendo in considerazione le metriche che riflettono le preferenze
dei consumatori che, in virtù degli effetti di rete indiretti, incidono sulle
decisioni dei retailer in merito al marketplace su cui offrire i propri prodotti
e, da ultimo, sul successo del marketplace stesso.
650. In ragione della natura facoltativa dei servizi accessori, peraltro non tutti
offerti da ognuno dei marketplace (e, anche quando presenti, possono avere
una “scala” significativamente differente), si ritiene pertinente nonché più
favorevole alla Società, valutare la posizione di mercato dei gestori dei
marketplace considerati in funzione del ricavo da questi ultimi ottenuto
dall’offerta del servizio base di vendita sulla piattaforma.
651. Sulla base di tale metrica, Amazon gode di una posizione di assoluta
dominanza nel mercato dei servizi di intermediazione su piattaforme di
commercio elettronico e tale posizione è andata rafforzandosi nel periodo
considerato, con un aumento di dieci punti percentuali in soli tre anni (dal [60-
70%] del 2016 al [70-80%] del 2019) (Tabella 16)
659. Il numero di retailer attivi (vale a dire, che abbiano venduto almeno un
prodotto in un dato mese) su Amazon.it (di base e professionali) è [omissis] in
quattro anni, passando da circa [50-100] mila unità alla fine del 2016 a oltre
[100-200] mila alla fine del 2019, di cui il [90-100%] di tipo professionale.
Nello stesso periodo, la presenza di venditori indipendenti su eBay.it è rimasta
stabile intono a [10-50] mila unità e quella di ePrice.it, benché in crescita, è
pari, nel 2019, a circa [1-10] mila. Molto inferiori i valori di ManoMano e
Zalando, trattandosi di marketplace verticali (Tabella 18).
662. La superiorità di Amazon è indubbia anche in termini di ampiezza e
profondità dell’offerta dei venditori terzi: il numero di prodotti dei retailer su
Amazon.it è passato da meno di [100-200] milioni di prodotti nel 2016 a più
di [600-700] nel 2019247
. Nello stesso periodo, l’offerta su eBay.it è passata
da [100-500] a [100-500] milioni: di conseguenza, mentre nel 2016 eBay.it
aveva il [200-300%] dei prodotti di Amazon.it, nel 2019 l’ampiezza
dell’offerta di Amazon è pari a più del [200-300%] di quella di eBay (Tabella
19).
V.4.2.3. Conclusioni sulla dominanza
680. Gli elementi sopra descritti fanno emergere una posizione di super
dominanza di Amazon nel mercato italiano dei servizi di intermediazione su
marketplace, confermata sulla base di differenti indicatori.
681. In primo luogo, la quota di mercato di Amazon misurata tramite i ricavi
derivanti dall’offerta del servizio di vendita (servizio di intermediazione
essenziale) è in continua crescita dal 2016 a oggi e ha raggiunto nel 2019 il
[75-80%], a fronte del [10-15%] di eBay. I retailer presenti su Amazon
beneficiano, inoltre, dell’insieme di servizi di intermediazione più ampio e
completo tra i marketplace attivi in Italia.
682. In secondo luogo, la significativa crescita di Amazon nel periodo
considerato è avvenuta, in particolar modo, ai danni di eBay, il suo primo
concorrente, segnando una distanza tra le quote di mercato delle due società,
confermata da tutti gli altri indicatori analizzati. Infatti, risulta aumentato
significativamente il numero di visitatori totali, quello di consumatori attivi e
quello di venditori terzi che usano Amazon.it per vendere online i propri
prodotti: per ciascuno di questi indicatori, i valori di Amazon sono sempre pari
al [200-300%] di quelli del suo più immediato concorrente e tale divario si è
fortemente ampliato negli ultimi quattro anni.
683. Tali risultati mostrano l’esistenza di una concorrenza effettiva piuttosto
limitata e attenuatasi nel corso degli ultimi anni nei confronti di Amazon.it da
parte degli altri marketplace attivi sul mercato italiano. Sulla base degli
indicatori considerati nel testo, inoltre, il potere di mercato di Amazon risulta
inequivocabile anche con riguardo a tutti gli altri “attori” del mercato rilevante
come sopra definito: la Società vanta, quindi, una sostanziale indipendenza
nella definizione del proprio comportamento rispetto a concorrenti
(marketplace), clienti (retailer) e, da ultimo, consumatori.
684. Tenuto conto dell’importanza degli effetti di rete, della riconoscibilità
del marchio e delle strategie di fidelizzazione dei consumatori, come
sottolineato in premessa (§V.4.1), la posizione detenuta da Amazon sul
mercato italiano dell’offerta di servizi di intermediazione su marketplace
appare, inoltre, difficilmente contendibile non soltanto da parte dei concorrenti
attuali, ma anche da parte di nuovi operatori che facessero il loro ingresso sul
mercato. Appare, infatti, improbabile che un nuovo marketplace possa, in un
periodo di tempo limitato, attirare un numero di retailer e consumatori tale da
raggiungere una dimensione sufficiente a costituire un’alternativa ad Amazon.
Pertanto, la sostanziale autonomia nella definizione delle proprie condotte
goduta dalla Società non appare limitata neppure dalla minaccia - probabile,
tempestiva e sufficiente - di concorrenti potenziali."
Infine e ancor più interessante, secondo me, è ciò che si trova riportato nelle note delle pagine 139-140, che sintetizza le differenze di posizione di Amazon e antitrust:
"Per definire il mercato rilevante in presenza di piattaforme a due versanti, la discussione accademica e le
decisioni delle Autorità di concorrenza e delle corti in Europa e negli Stati Uniti hanno individuato due
approcci differenti: l’approccio “multi-mercato” e quello “mercato unico” (si vedano, ex multis, Filistrucchi
et al., 2014, Market Definition in Two-Sided Markets: Theory and Practice, Journal of Competition Law and
Economics, vol. 10, issue 2, p. 293-339; Katz M.L. and Sallet J., 2018, Multisided Platforms and Antitrust
Enforcement, Yale Law Journal). La Commissione europea ha adottato l’approccio “multi-mercato” nei casi
riguardanti i sistemi di pagamento: AT.29373, Visa International - Multilateral Interchange Fees, 2002, §43;
nonché i casi congiunti del 2007: AT.34579, MasterCard; AT.36518, EuroCommerce; AT.38580,
CommercialCards, §§283-329; e il Tribunale di primo grado, 2012, T-111/08, MasterCard, EU:T:2012:260,
§21). L’approccio alternativo, che suggerisce di identificare un unico mercato del prodotto nell’offerta di
servizi di intermediazione ad entrambi i “lati” della piattaforma, ha trovato maggiore seguito negli Stati Uniti
ed è stato confermato nella recente sentenza della Corte Suprema nel caso American Express (caso Ohio vs
American Express Co., 25 giugno 2018)."
In estrema sintesi (e ce ne vuole, in effetti, con tutto questo materiale a disposizione), l'antitrust segue quello che viene definito "modello europeo" nel valutare il mercato di riferimento, che nello specifico viene chiamato "multi-mercato". Mentre la posizione di Amazon è quella americana del mercato unico.
In buon sostanza l'orientamento europeo è quello di fare spezzatino del mercato in cui vengono venduti i prodotti, suddividendolo in mercati diversi a seconda del MODO in cui vengano venduti. Lo stesso prodotto può essere venduto in un negozio fisico, in un negozio online, in un sito di aste, o in un marketplace (che aggrega più venditori), e ognuno sarà considerato un mercato diverso perché, secondo l'autorità, si tratta di mercati complementari e non concorrenziali.
E' chiaro che dividendo il mercato in questo modo si può arrivare facilmente a dare patenti di posizione dominante (che peraltro non è nemmeno definita nella normativa europea, sebbene l'antitrust vi si richiami).
Il tutto valutando la situazione dal puro punto di vista dei venditori, escludendo deliberatamente quello dei consumatori. Questo perché i consumatori tendono a non tenere conto di questi spezzatini quando comprano qualcosa, perché per loro conta il prodotto di per sé.
A me pare surreale questa valutazione, perché per un'azienda il riferimento è rappresentato proprio dai consumatori, e quindi sviluppa il suo business in loro funzione. Ovviamente non è che ignora la concorrenza degli altri venditori, ma lo scopo rimane quello di servire i consumatori nel modo migliore per poterne trarre vantaggio per le proprie finanze.
Da notare che la presa di posizione dell'antitrust non è codificata dalle normative (che pure ci sono, e vengono richiamate), ma dalla giurisprudenza: sentenze di altri giudizi o commissioni. La normativa viene citata soltanto quando c'è da classificare gli eventuali abusi, ma su dati e analisi che non traggono origine da definizioni presenti nella normativa. Dunque si tratta di valutazioni arbitrarie.
La cosa non sorprende, perché è proprio lo stesso orientamento della commissione europea alla concorrenza. D'altra parte se la presidente s'è sparata che Apple sarebbe in regime di monopolio nel mercato... di iOS, si capisce bene che vento tiri in Europa in materia di antitrust.
Infine un paio di punti abbastanza rilevanti. Il primo è che nella sua sentenza l'antitrust faccia riferimento ai ricavi di Amazon e delle aziende per le sue valutazioni. Il che mi sembra ancora una volta assurdo, visto che dovrebbe contare soltanto sul numero di prodotti venduti, mentre il ricavato dalla vendita di un prodotto è funzione del valore del prodotto.
Il secondo è che nel rilevare il mercato di riferimento (come ho riportato prima delle due parte che gli competono) l'antitrust assume che Amazon operi esclusivamente in quello online. Salvo citare successivamente (nella seconda parte che ho riportato) che operi anche in quello dei negozi fisici (come sappiamo).
Quindi da una parte suddivide il mercato unico in diversi mercati, appioppandone uno solo ad Amazon, mentre dall'altra parte gli contesta di operare in più mercati.
Con ciò si conclude la mia analisi. Sempre più convinto che le autorità antitrust siano degli enti autoreferenziali che ignorano non soltanto le norme, ma anche gli stessi mercati sulla base dei quali giudicano.
|