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Old 19-09-2007, 00:34   #21
3nigma666
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Ma la smettiamo con 'sta panzana che Fascismo=Ordine?

Ma pensate che tutti i prefetti fascisti fossere come Mori?
Inanzittutto bisogna distinguere bene le cose.

Punto prima io sto parlando dell'ideologia , il 20ennio l'ho citato ma solo x completezza del discorso che stavo facendo.

Punto secondo una cosa è l'ideologia e un'altra è stata la realtà. E se leggi lo statuto e l'ideologia fascista vedi che l'ordine è tra i primi punti !

Che poi nella realtà non sia stata applicata è tutto 1 altro paio di maniche.. io infatti sto parlando dell'ideologia,della dottrina. non sto rievocando il periodo osannandolo.. lungi da me..
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Old 19-09-2007, 00:37   #22
3nigma666
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Così cattolici che Mussolini era ateo.

I diversamente abili non erano assolutamente ben visti, ma proprio per nulla in epoca fascista, epoca in cui veniva esaltata la forza fisica e lo splendore del corpo perfetto sopra molte altre virtù.
scherzi ? avevo un nonno disabile. Spedi una lettere a mussolini con la sua foto , il tesserino e la spiegazione del suo handicap. dopo 20 giorni ricevette GRATIS una carrozzina a rotelle ..
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Old 19-09-2007, 00:38   #23
lowenz
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è corretto vietare solo 1 faccia della medaglia. non c'entra niente con la nostalgia..
Te lo dico chiaro e tondo: l'idealismo fascista (indipendemente dalla guerra e da tutto quello che concretamente ha fatto il PNF all'Italia) è la peggior medicina che possa esistere alla condizione italiana, ed in genere per la mente umana.

Una chemioterapia ad un malato di cancro in confronto è acqua di fonte.
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Old 19-09-2007, 00:38   #24
Maxmel
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si
Basti pensare che persino la mafia era entrata in serissima difficoltà... emigrata in america la gran parte...
Iniziamo dalla fine?

Il "prefetto di ferro"


Con alterne vicende, la situazione descritta nel capitolo sulla mafia rurale andò avanti fino all'avvento del Fascismo.

Con il nuovo regime, divenne evidente che la funzione della mafia di concorrenza con i poteri dello stato non poteva essere tollerata da un sistema di potere che dall'esercizio assoluto del monopolio non solo della forza, ma anche del controllo sociale, traeva la sua ragion d'essere. Fu per questo che mafia e Fascismo entrarono in rotta di collisione.

Il 22 ottobre 1925 si insediò a Palermo il prefetto Cesare Mori, che sarebbe passato alla storia con il soprannome di "prefetto di ferro". I suoi metodi si rivelarono subito di estrema decisione e violenza. Leggiamone il resoconto dal volume di C. Duggan:

""L'assedio di Gangi" ebbe inizio la notte del 1 gennaio 1926 [...] Carabinieri e membri della Milizia occuparono come posti d'osservazione le cime delle colline. Nevicava abbondantemente. I banditi erano stati spinti dal freddo a tornare alle loro famiglie, e la polizia sapeva più o meno esattamente dove si trovavano. L'unico problema fu che Gangi era un paradiso per i banditi. La cittadina era costruita sul fianco di una collina ripida e molte case avevano due ingressi, uno al pianterreno e l'altro al primo piano. Vi erano anche nascondigli abilmente costruiti dietro muri, sotto i pavimenti o nei solai, ad opera di un certo "Tovanella".
In queste condizioni, l'operazione ebbe un andamento più lento del previsto. Il primo bandito ad arrendersi fu Gaetano Ferrarello, un uomo alto, anziano, con una lunga barba, molto orgoglio e dotato di una certa nobiltà d'animo. Era stato latitante per trent'anni. Uscì dal nascondiglio la mattina del 2 gennaio, si avviò verso la casa del barone Li Destri, attigua alla piazza centrale, e si costituì al questore Crimi, l'uomo inviato da Mori a condurre l'operazione. [...]
Ferrarello si sbagliava se pensava che a quel punto Mori avrebbe desistito. Scopo dell'azione non era semplicemente la resa dei banditi, ma anche la loro umiliazione: "Volevo dare alle popolazioni la tangibile prova della viltà della malvivenza", scrisse Mori nelle sue memorie. Non si doveva sparare: i banditi dovevano essere privati dell'onore di una resistenza armata. "La gente si aspettava che facessimo interrogatori - ingiuriassimo e agissimo con violenza - e ce ne andassimo senza aver ottenuto alcun risultato", disse Mori al diplomatico americano R. Washburn: "Ma io avevo un'idea diversa. Dissi ai miei uomini di entrare nelle case dei criminali, dormire nei loro letti, bere il loro vino, mangiarele loro galline, uccidere il loro bestiame e venderne la carne ai contadini della zona a prezzo ridotto". Fu dato ordine di prendere ostaggi: come per le operazioni successive, sembra che gli obiettivi principali siano stati donne e bambini. Che le donne siano state maltrattate, come affermarono in seguito critici di Mori, non è certo. Sarebbe stato indubbiamente conforme allo spirito, se non alla lettera dell'impresa, perché scopo della cattura di ostaggi era far leva sul senso dell'onore dell'uomo nei confronti della moglie e della famiglia: così un pizzico di durezza non sarebbe stato inopportuno".

Dunque una violenza e dei metodi che erano accettabili solo in uno stato non più democratico, dove le garanzie per i cittadini erano considerate molto meno della necessità di assicurare banditi alla giustizia. Testimonianze autorevoli, inoltre, dicono che Mori, durante l'assedio di Gangi e molte altre volte in seguito, si servì dell'intermediazione di personaggi al confine della legalità per ottenere la resa dei latitanti. Nell'assedio di Gangi una parte importante ebbe ad esempio il barone Sgadari, grosso proprietario terriero da tempo in affari con i mafiosi ed ora pronto a tradirli in cambio dell'impunità personale.

Tali metodi furono perseguiti per anni: furono fatti migliaia di arresti, senza troppe preoccupazioni se nel mucchio finivano anche molti innocenti. Si procedeva all'arresto, ed alla condanna per associazione per delinquere, sulla base di un semplice sospetto, o della cosiddetta "notorietàmafiosa". In questo modo alcune correnti all'interno del partito fascista, riuscirono a far arrestare, con accuse spesso infondate, i propri avversari politici. Una delle vittime più illustri fu Alfredo Cucco (fascista della prima ora e già segretario del partito, dell'ala radicale del Fascismo, in contrasto con i latifondisti e la vecchia nobiltà palermitana) che fu accusato e fatto incarcerare proprio da coloro i quali, nel partito, invece volevano appoggiarsi a questa classe sociale. Dopo undici processi, l'innocenza di Cucco fu provata, ma la sua carriera politica era terminata da tempo.

I metodi brutali del prefetto Mori ebbero sicuri risultati in termini militari. Il 1927 viene ancor oggi ricordato come l'anno in cui furono arrestati più mafiosi (ma forse anche più innocenti accusati di esserlo). Moltissimi altri furono costretti a fuggire, per lo più "rifugiandosi" negli Stati Uniti, andando a rimpolpare la nascente mafia italo-americana, che troverà poi, com'è noto, negli anni Trenta, una grande occasione di crescita nel proibizionismo.

A fianco di questi positivi risultati polizieschi, la lotta alla mafia condotta dal Fascismo presenta alcune notevoli pecche:

1. La lotta antimafia fu usata a volte per fini poco limpidi. Fu lo stesso Mori a riconoscere, nelle sue memorie, che "La qualifica di mafioso venne spesso usata in perfetta malafede ed in ogni campo, compreso quello politico, come mezzo per compiere vendette, per sfogare rancori, per abbattere avversari" (citato da Lupo, p. 148).

2. Il Fascismo non unì alla lotta sul piano militare, alcun intervento di tipo sociale, facendo anzi dei passi indietro, soprattutto nelle campagne, riaffidando quasi interamente il potere ai latifondisti. Ha scritto uno dei massimi storici dell'Italia contemporanea, Denis Mack Smith: "Mori era amico dei latifondisti. [...] Dal 1927 gli agrari erano di nuovo al potere, e la Sicilia ne pagò a caro prezzo la riabilitazione; e gli anni Trenta furono caratterizzati da abbandono e declino" ("Introduzione" a Duggan, p. IX). Un dato può dare l'idea di cosa significò questo nuovo ordine sociale in Sicilia: dal 1928 al 1935 le paghe agricole, secondo le statistiche ufficiali, diminuirono del 28% (Comm. Antim., p. 66).

3. I metodi brutali di Mori crearono malcontento nella popolazione, che spesso fu tentata a schierarsi dalla parte dei mafiosi, di fronte a forze di polizia che apparivano quasi come invasori stranieri, senza rispetto delle più elementari regole di legalità. Leggiamo ancora Mack Smith: "Ironicamente, l'operato di Mori potrebbe aver rafforzato proprio quella diffidenza nei confronti dello Stato che, come il governo, era stato così desideroso di vincere".

4. Alcune ricostruzioni storiche sembrano indicare che anche il Fascismo non fu immune da compromessi con la mafia. La cosa pare ormai accertata per il Fascismo delle origini (Duggan, Lupo), ma alcuni indizi vi sono per supporre che anche dopo l'azione di Mori, in alcune zone, l'alleanza del Fascismo con i latifondisti condusse ad un quieto vivere dove, in realtà, i vecchi mafiosi ebbero un qualche ruolo (Lupo).


http://scuole.monet.modena.it/ipcorni/mafia/stocn2.htm


Mori, il «prefetto di ferro», rappresenta nella «memoria storica» della lotta alla mafia, la cosiddetta «soluzione forte» ovvero quella della sospensione di ogni diritto, delle manieri forti, delle città in stato d'assedio. E' la carta giocata dal neonato regime fascista e spesso rivendicata, ai tempi della «civetta» ma ancora oggi, come esempio d'un duro e determinato modo di affrontare la malavita organizzata.


Cesare Mori si insedia a Palermo il 22 ottobre 1925 e gode di pieni poteri conferiti da Mussolini in persona. Il primo gennaio del '26 occupa militarmente la zona di Gangi e rastrella il paese con Carabinieri e uomini della milizia. I banditi, piccoli mafiosi rurali e vecchi latitanti, vengono stanati e umiliati. Donne e bambini vengono usati come ostaggi per costringere i malviventi alla resa. Particolare non secondario nell’assedio di Gangi il ruolo giocato dal barone Sgadari, grosso proprietario terriero, da tempo in affari con i mafiosi locali e salvato con l’impunità dal Mori in cambio d’una mediazione atta a convincere i resistenti.

L’azione di Mori continuerà nel biennio ‘26-’27, il numero degli arrestati raggiungerà livelli record e anche quello dei latitanti indotti alla «fuga» negli Usa dove ben s’accomodarono nei «ruggenti» anni del proibizionismo. In ogni caso sul finire del ‘27 il prefetto fu nominato senatore del regno mentre Mussolini alla Camera dichiarava solennemente «la Mafia è sconfitta».


In realtà, a) il prefetto Mori picchiò duro soprattutto sulla Mafia rurale e sui suoi strati deboli, b) usò metodi in linea con la logica del regime e quasi riesumando la guerra «contro il brigantaggio» condotta nell’Italia postunitaria, c) l’azione di Mori s’avvalse dell’opera di agrari e grandi latifondisti che trovarono così una legittimazione forte, durata in Sicilia fino alla soglia degli anni ‘70, d) Mori non distingueva tra colpevoli e innocenti e nel suo approccio «militare» del problema contava soltanto il numero dei prigionieri con cui chiudere ogni campagna operativa, e) l’azione di Mori fu usata anche per scopi poco limpidi e, va dato atto, fu lui stesso a riconoscere che la «qualifica di mafioso viene spesso usata in malafede.. come mezzo per compiere vendette, per sfogare rancori, abbattere avversari.» (S. Lupo, Storia della mafia, Roma, Donzelli, 1994) qui il riferimento più clamoroso è al caso di Alfredo Cocco, fascista della prima ora e esponente dell’ala radicale del partito in contrasto con latifondisti e vecchia nobiltà palermitana, (il Cocco fu così tolto di mezzo e la sua odissea politico-giudiziaria favorì giustappunto la convergenza tra l’ala conservatrice del Pnf e gli agrari siciliani), f) i metodi del Mori generarono diffuso malcontento nelle popolazioni interessate e queste finirono dunque per vedere nelle forze di polizia un esercito straniero da temere e nello Stato un nemico di cui diffidare a futura memoria, disperdendo definitivamente quelle tradizioni «risorgimentali» che avevano fatto della Sicilia elemento indiscutibile dell’unità nazionale (in Sicilia non c’è traccia del brigantaggio, secondo qualcuno «guerra di resistenza del sud», al consolidamento dello stato unitario dopo il 1860).


http://www.italialibri.net/dossier/m...esaremori.html
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Old 19-09-2007, 00:39   #25
3nigma666
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Il "prefetto di ferro"


Con alterne vicende, la situazione descritta nel capitolo sulla mafia rurale andò avanti fino all'avvento del Fascismo.

Con il nuovo regime, divenne evidente che la funzione della mafia di concorrenza con i poteri dello stato non poteva essere tollerata da un sistema di potere che dall'esercizio assoluto del monopolio non solo della forza, ma anche del controllo sociale, traeva la sua ragion d'essere. Fu per questo che mafia e Fascismo entrarono in rotta di collisione.

Il 22 ottobre 1925 si insediò a Palermo il prefetto Cesare Mori, che sarebbe passato alla storia con il soprannome di "prefetto di ferro". I suoi metodi si rivelarono subito di estrema decisione e violenza. Leggiamone il resoconto dal volume di C. Duggan:

""L'assedio di Gangi" ebbe inizio la notte del 1 gennaio 1926 [...] Carabinieri e membri della Milizia occuparono come posti d'osservazione le cime delle colline. Nevicava abbondantemente. I banditi erano stati spinti dal freddo a tornare alle loro famiglie, e la polizia sapeva più o meno esattamente dove si trovavano. L'unico problema fu che Gangi era un paradiso per i banditi. La cittadina era costruita sul fianco di una collina ripida e molte case avevano due ingressi, uno al pianterreno e l'altro al primo piano. Vi erano anche nascondigli abilmente costruiti dietro muri, sotto i pavimenti o nei solai, ad opera di un certo "Tovanella".
In queste condizioni, l'operazione ebbe un andamento più lento del previsto. Il primo bandito ad arrendersi fu Gaetano Ferrarello, un uomo alto, anziano, con una lunga barba, molto orgoglio e dotato di una certa nobiltà d'animo. Era stato latitante per trent'anni. Uscì dal nascondiglio la mattina del 2 gennaio, si avviò verso la casa del barone Li Destri, attigua alla piazza centrale, e si costituì al questore Crimi, l'uomo inviato da Mori a condurre l'operazione. [...]
Ferrarello si sbagliava se pensava che a quel punto Mori avrebbe desistito. Scopo dell'azione non era semplicemente la resa dei banditi, ma anche la loro umiliazione: "Volevo dare alle popolazioni la tangibile prova della viltà della malvivenza", scrisse Mori nelle sue memorie. Non si doveva sparare: i banditi dovevano essere privati dell'onore di una resistenza armata. "La gente si aspettava che facessimo interrogatori - ingiuriassimo e agissimo con violenza - e ce ne andassimo senza aver ottenuto alcun risultato", disse Mori al diplomatico americano R. Washburn: "Ma io avevo un'idea diversa. Dissi ai miei uomini di entrare nelle case dei criminali, dormire nei loro letti, bere il loro vino, mangiarele loro galline, uccidere il loro bestiame e venderne la carne ai contadini della zona a prezzo ridotto". Fu dato ordine di prendere ostaggi: come per le operazioni successive, sembra che gli obiettivi principali siano stati donne e bambini. Che le donne siano state maltrattate, come affermarono in seguito critici di Mori, non è certo. Sarebbe stato indubbiamente conforme allo spirito, se non alla lettera dell'impresa, perché scopo della cattura di ostaggi era far leva sul senso dell'onore dell'uomo nei confronti della moglie e della famiglia: così un pizzico di durezza non sarebbe stato inopportuno".

Dunque una violenza e dei metodi che erano accettabili solo in uno stato non più democratico, dove le garanzie per i cittadini erano considerate molto meno della necessità di assicurare banditi alla giustizia. Testimonianze autorevoli, inoltre, dicono che Mori, durante l'assedio di Gangi e molte altre volte in seguito, si servì dell'intermediazione di personaggi al confine della legalità per ottenere la resa dei latitanti. Nell'assedio di Gangi una parte importante ebbe ad esempio il barone Sgadari, grosso proprietario terriero da tempo in affari con i mafiosi ed ora pronto a tradirli in cambio dell'impunità personale.

Tali metodi furono perseguiti per anni: furono fatti migliaia di arresti, senza troppe preoccupazioni se nel mucchio finivano anche molti innocenti. Si procedeva all'arresto, ed alla condanna per associazione per delinquere, sulla base di un semplice sospetto, o della cosiddetta "notorietàmafiosa". In questo modo alcune correnti all'interno del partito fascista, riuscirono a far arrestare, con accuse spesso infondate, i propri avversari politici. Una delle vittime più illustri fu Alfredo Cucco (fascista della prima ora e già segretario del partito, dell'ala radicale del Fascismo, in contrasto con i latifondisti e la vecchia nobiltà palermitana) che fu accusato e fatto incarcerare proprio da coloro i quali, nel partito, invece volevano appoggiarsi a questa classe sociale. Dopo undici processi, l'innocenza di Cucco fu provata, ma la sua carriera politica era terminata da tempo.

I metodi brutali del prefetto Mori ebbero sicuri risultati in termini militari. Il 1927 viene ancor oggi ricordato come l'anno in cui furono arrestati più mafiosi (ma forse anche più innocenti accusati di esserlo). Moltissimi altri furono costretti a fuggire, per lo più "rifugiandosi" negli Stati Uniti, andando a rimpolpare la nascente mafia italo-americana, che troverà poi, com'è noto, negli anni Trenta, una grande occasione di crescita nel proibizionismo.

A fianco di questi positivi risultati polizieschi, la lotta alla mafia condotta dal Fascismo presenta alcune notevoli pecche:

1. La lotta antimafia fu usata a volte per fini poco limpidi. Fu lo stesso Mori a riconoscere, nelle sue memorie, che "La qualifica di mafioso venne spesso usata in perfetta malafede ed in ogni campo, compreso quello politico, come mezzo per compiere vendette, per sfogare rancori, per abbattere avversari" (citato da Lupo, p. 148).

2. Il Fascismo non unì alla lotta sul piano militare, alcun intervento di tipo sociale, facendo anzi dei passi indietro, soprattutto nelle campagne, riaffidando quasi interamente il potere ai latifondisti. Ha scritto uno dei massimi storici dell'Italia contemporanea, Denis Mack Smith: "Mori era amico dei latifondisti. [...] Dal 1927 gli agrari erano di nuovo al potere, e la Sicilia ne pagò a caro prezzo la riabilitazione; e gli anni Trenta furono caratterizzati da abbandono e declino" ("Introduzione" a Duggan, p. IX). Un dato può dare l'idea di cosa significò questo nuovo ordine sociale in Sicilia: dal 1928 al 1935 le paghe agricole, secondo le statistiche ufficiali, diminuirono del 28% (Comm. Antim., p. 66).

3. I metodi brutali di Mori crearono malcontento nella popolazione, che spesso fu tentata a schierarsi dalla parte dei mafiosi, di fronte a forze di polizia che apparivano quasi come invasori stranieri, senza rispetto delle più elementari regole di legalità. Leggiamo ancora Mack Smith: "Ironicamente, l'operato di Mori potrebbe aver rafforzato proprio quella diffidenza nei confronti dello Stato che, come il governo, era stato così desideroso di vincere".

4. Alcune ricostruzioni storiche sembrano indicare che anche il Fascismo non fu immune da compromessi con la mafia. La cosa pare ormai accertata per il Fascismo delle origini (Duggan, Lupo), ma alcuni indizi vi sono per supporre che anche dopo l'azione di Mori, in alcune zone, l'alleanza del Fascismo con i latifondisti condusse ad un quieto vivere dove, in realtà, i vecchi mafiosi ebbero un qualche ruolo (Lupo).


http://scuole.monet.modena.it/ipcorni/mafia/stocn2.htm


Mori, il «prefetto di ferro», rappresenta nella «memoria storica» della lotta alla mafia, la cosiddetta «soluzione forte» ovvero quella della sospensione di ogni diritto, delle manieri forti, delle città in stato d'assedio. E' la carta giocata dal neonato regime fascista e spesso rivendicata, ai tempi della «civetta» ma ancora oggi, come esempio d'un duro e determinato modo di affrontare la malavita organizzata.


Cesare Mori si insedia a Palermo il 22 ottobre 1925 e gode di pieni poteri conferiti da Mussolini in persona. Il primo gennaio del '26 occupa militarmente la zona di Gangi e rastrella il paese con Carabinieri e uomini della milizia. I banditi, piccoli mafiosi rurali e vecchi latitanti, vengono stanati e umiliati. Donne e bambini vengono usati come ostaggi per costringere i malviventi alla resa. Particolare non secondario nell’assedio di Gangi il ruolo giocato dal barone Sgadari, grosso proprietario terriero, da tempo in affari con i mafiosi locali e salvato con l’impunità dal Mori in cambio d’una mediazione atta a convincere i resistenti.

L’azione di Mori continuerà nel biennio ‘26-’27, il numero degli arrestati raggiungerà livelli record e anche quello dei latitanti indotti alla «fuga» negli Usa dove ben s’accomodarono nei «ruggenti» anni del proibizionismo. In ogni caso sul finire del ‘27 il prefetto fu nominato senatore del regno mentre Mussolini alla Camera dichiarava solennemente «la Mafia è sconfitta».


In realtà, a) il prefetto Mori picchiò duro soprattutto sulla Mafia rurale e sui suoi strati deboli, b) usò metodi in linea con la logica del regime e quasi riesumando la guerra «contro il brigantaggio» condotta nell’Italia postunitaria, c) l’azione di Mori s’avvalse dell’opera di agrari e grandi latifondisti che trovarono così una legittimazione forte, durata in Sicilia fino alla soglia degli anni ‘70, d) Mori non distingueva tra colpevoli e innocenti e nel suo approccio «militare» del problema contava soltanto il numero dei prigionieri con cui chiudere ogni campagna operativa, e) l’azione di Mori fu usata anche per scopi poco limpidi e, va dato atto, fu lui stesso a riconoscere che la «qualifica di mafioso viene spesso usata in malafede.. come mezzo per compiere vendette, per sfogare rancori, abbattere avversari.» (S. Lupo, Storia della mafia, Roma, Donzelli, 1994) qui il riferimento più clamoroso è al caso di Alfredo Cocco, fascista della prima ora e esponente dell’ala radicale del partito in contrasto con latifondisti e vecchia nobiltà palermitana, (il Cocco fu così tolto di mezzo e la sua odissea politico-giudiziaria favorì giustappunto la convergenza tra l’ala conservatrice del Pnf e gli agrari siciliani), f) i metodi del Mori generarono diffuso malcontento nelle popolazioni interessate e queste finirono dunque per vedere nelle forze di polizia un esercito straniero da temere e nello Stato un nemico di cui diffidare a futura memoria, disperdendo definitivamente quelle tradizioni «risorgimentali» che avevano fatto della Sicilia elemento indiscutibile dell’unità nazionale (in Sicilia non c’è traccia del brigantaggio, secondo qualcuno «guerra di resistenza del sud», al consolidamento dello stato unitario dopo il 1860).


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fa un sunto va , che sono quasi le 2 di notte..
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Old 19-09-2007, 00:40   #26
lowenz
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scherzi ? avevo un nonno disabile. Spedi una lettere a mussolini con la sua foto , il tesserino e la spiegazione del suo handicap. dopo 20 giorni ricevette GRATIS una carrozzina a rotelle ..
WOW, e questo sarebbe il "rispetto"?

Inoltre se l'handicap era per la guerra è ovvio che si facesse di tutto per dare una mano: il PNF aveva la sua base di voto nei reduci della Prima Guerra Mondiale.

Te lo ripeto: l'ideologia fascista premia la perfezione fisica, quindi adesso sei tu che confondi ideologia con pragmatismo populista (le regalie).
lowenz è offline  
Old 19-09-2007, 00:41   #27
Maxmel
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Ma la smettiamo con 'sta panzana che Fascismo=Ordine?

Ma pensate che tutti i prefetti fascisti fossero come Mori?
E anche quando? Vedi sopra
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Old 19-09-2007, 00:43   #28
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Te lo dico chiaro e tondo: l'idealismo fascista (indipendemente dalla guerra e da tutto quello che concretamente ha fatto il PNF all'Italia) è la peggior medicina che possa esistere alla condizione italiana, ed in genere per la mente umana.

Una chemioterapia ad un malato di cancro in confronto è acqua di fonte.
se la mettiamo cosi, qualsiasi ideologia ,proprio perke ideologia è un potenziale problema per la mente umana.. qualsiasi ideologia può sfociare in deviazione ,anche la piu innoncente , xke soggetta a rielaborazione e interpretazione umana, che come tale è fallace.
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Old 19-09-2007, 00:44   #29
lowenz
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se la mettiamo cosi, qualsiasi ideologia ,proprio perke ideologia è un potenziale problema per la mente umana.. qualsiasi ideologia può sfociare in deviazione ,anche la piu innoncente , xke soggetta a rielaborazione e interpretazione umana, che come tale è fallace.
Ma hai capito che io sto parlando di IDEALISMO e non di IDEOLOGIA?

lowenz è offline  
Old 19-09-2007, 00:45   #30
Maxmel
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fa un sunto va , che sono quasi le 2 di notte..
Nessun sunto.
Va letto nella sua interezza e senza perdere una virgola
Naturalmente se uno è interessato a conoscere un minimo la storia
Fai con calma nei prossimo giorni.
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Old 19-09-2007, 00:46   #31
lowenz
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E anche quando? Vedi sopra
Infatti intendevo Mori come leggenda
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Old 19-09-2007, 00:47   #32
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Ma hai capito che io sto parlando di IDEALISMO e non di IDEOLOGIA?

non fa differenza (non nel senso che non c'è differenza tra idealismo e ideologia) ma nel senso che qualsiasi forma di pensiero umano è soggetto a deviazione. quindi sia l'idealismo (qualunque esso sia) che l'ideologia (qualunque essa sia) è potenzialmente dannosa.
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Old 19-09-2007, 00:50   #33
3nigma666
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Nessun sunto.
Va letto nella sua interezza e senza perdere una virgola
Naturalmente se uno è interessato a conoscere un minimo la storia
Fai con calma nei prossimo giorni.
non mancherò.. bisogna leggere tutte le facce della medaglia per capire.. cmq stiamo andando off.topic.
La mia questione rimane. è giusto vietare l'ideologia fascista e non l'ideologia comunista ? è giusto garantire la libertà di pensiero con riserva? indifferentemente che il mio pensiero sia giusto o sbagliato... il pensiero è mio , punto. Non esiste un metro per giudicare cosa è giusto o meno in assoluto..

Ultima modifica di 3nigma666 : 19-09-2007 alle 00:52.
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Old 19-09-2007, 00:51   #34
lowenz
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non fa differenza (non nel senso che non c'è differenza tra idealismo e ideologia) ma nel senso che qualsiasi forma di pensiero umano è soggetto a deviazione. quindi sia l'idealismo (qualunque esso sia) che l'ideologia (qualunque essa sia) è potenzialmente dannosa.
L'idealismo è deviato di natura, non è paragonabile il danno che può fare rispetto, non so, ad una "cattiva interpretazione" del pragmatismo.

Un conto sono dei binari che portano inevitabilmente ad un baratro, un conto dei binari dai quali si può deragliare.
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Old 19-09-2007, 01:01   #35
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L'idealismo è deviato di natura, non è paragonabile il danno che può fare rispetto, non so, ad una "cattiva interpretazione" del pragmatismo.

Un conto sono dei binari che portano inevitabilmente ad un baratro, un conto dei binari dai quali si può deragliare.
non sono d'accordissimo.. il pragmatismo può portare, proprio per la sua natura, a "strade senza ritorno" (che metaforico che sono stasera.. sarà l'ora..)
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Old 19-09-2007, 01:02   #36
lowenz
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non sono d'accordissimo.. il pragmatismo può portare, proprio per la sua natura, a "strade senza ritorno" (che metaforico che sono stasera.. sarà l'ora..)
Non vedo come possa farlo, dato che ciò che lo compone è frutto di convenzione, diversamente dall'idealismo.
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Old 19-09-2007, 01:04   #37
Maxmel
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non mancherò.. bisogna leggere tutte le facce della medaglia per capire.. cmq stiamo andando off.topic.
La mia questione rimane. è giusto vietare l'ideologia fascista e non l'ideologia comunista ? è giusto garantire la libertà di pensiero con riserva? indifferentemente che il mio pensiero sia giusto o sbagliato... il pensiero è mio , punto. Non esiste un metro per giudicare cosa è giusto o meno in assoluto..
Non si tratta di pensiero giusto o sbagliato. Si tratta della condizione della possibilità di dire un pensiero giusto o sbagliato. Laddove il fascismo quale idealismo nega appunto questa possibilità e come ideologia (in senso marxista) nega pure qualsiasi altra realtà.
In ciò sta l'essenza del totalitarismo negatore della democrazia.
Percui, ripeto, nel momento in cui si rivendica il fascismo si nega la democrazia e con essa il diritto di rivendicarlo secondo libertà di pensiero. E' un discorso che si taglia le gambe da solo, conseguenza non sta in piedi. E' un puro e semplice cortocircuito logico.
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"A pessimist is someone who is waiting for it to rain. But I'm already soaked to the skin." L. Cohen.

Ultima modifica di Maxmel : 19-09-2007 alle 01:11.
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Old 19-09-2007, 01:11   #38
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Non vedo come possa farlo, dato che ciò che lo compone è frutto di convenzione, diversamente dall'idealismo.
Per il pragmatismo il fine del pensiero è guidare l'azione, giusto ?
bisogna presupporre che il pensiero sia giusto.. xke se non lo è neanche l'azione lo è
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Old 19-09-2007, 01:17   #39
lowenz
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Per il pragmatismo il fine del pensiero è guidare l'azione, giusto ?
bisogna presupporre che il pensiero sia giusto.. xke se non lo è neanche l'azione lo è
Mica vero, una conseguenza può essere giusta eppure la causa sbagliata. E' il viceversa che non è permesso.

F->V è permesso.

V->F non è permesso.
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Old 19-09-2007, 08:31   #40
Marco83_an
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Veramente ridicolo che c'è chi ancora cerca in una qualche maniera di rivalutare il fascismo , mi spiace tanto , ma nn si può , nel 2007 ancora collegare i valori al fascismo , la famiglia al fascismo eccc......; Basta !
Sarebbe meglio cercare nuovi spunti "attuali ed attuabili" per risollevare dalla cacchina la nostra bella Italia , e la gente (nn parlo dell'autore sia ben chiaro) gioca ancora a fare i "duri e puri" i balilla , e avrei veramente voluto vederli all'epoca come sarebbero andati avanti nella vita ! .
Cmq bella discussione , pacata e ben argomentata da entrambi i lati , me la stò gustando proprio !
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