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Uomini e senza laurea dirigenti made in Italy
Repubblica On line
di GABRIELE ROMAGNOLI Uomini e senza laurea dirigenti made in Italy È tutta colpa dei manager? O, come Jessica Rabbit, sono stati "disegnati così"? Se le squadre-azienda italiane non giocano più nella Champions League dell'economia il problema è in panchina? Tutta colpa dei manager? O, come Jessica Rabbit, sono stati "disegnati così"? Se le squadre-azienda italiane non giocano più nella Champions League dell'economia il problema è in panchina? O in quelli che scelgono chi metterci, come incentivarlo e perché, eventualmente, licenziarlo? E, infine, che cosa fa veramente un manager? Nel momento in cui la parola più pronunciata è crisi e le imprese palleggiano la responsabilità nel vecchio gioco dello scaricabarile, sui manager si addossano colpe: miopi nelle strategie, accecati dal miraggio dei bonus, hanno guidato il pulmino aziendale andando a sbattere contro il muro della recessione. Ma in Italia il declino è cominciato molto prima, esattamente dal 1995. E la copertina dell'Economist che ci definiva "Sick Man of Europe" è del maggio 2005. Che questo morbo abbia a che fare con i manager, con i criteri che ne determinano la scelta, con il modo in cui lavorano? Due studi aiutano a farsi un'idea. Provengono entrambi dalla London School of Economics, ma sono opera di quattro ricercatori italiani: Oriana Bandiera, Luigi Guiso, Andrea Prat e Raffaella Sadun. Il primo si intitola "Italian Managers: fidelity or performance". Completato nel 2008, sarà discusso al Festival dell'economia di Trento. Spiega, in soldoni, come un capitano d'industria italiano nomina i suoi ufficiali. Il secondo ("What does a Ceo do?") è ancora in fase preliminare e risponde all'interrogativo: ma poi, che cosa diavolo fa, esattamente, un amministratore delegato? Come spesso, la realtà è un'intuizione, ma tocca alla scienza suffragarla con prove. Per farlo i 4 studiosi hanno valutato la carriera di 600 manager, di cui 121 amministratori delegati. Sono entrati in possesso delle loro agende ricostruendo gli impegni di una settimana lavorativa. Hanno verificato all'Inps le loro retribuzioni (al netto dei bonus e della soave prassi delle aziende italiche di pagarne una parte in nero). Il risultato? Prevedibilmente sconfortante. Ineludibilmente di cattivo auspicio. Vediamo in dettaglio. Come viene scelto un manager in Italia? Una minoranza di imprese (quelle non familistiche e a vocazione multinazionale) si basa sulle performance, incarica cacciatori di teste, mette annunci, fa riferimento a precedenti contatti d'affari. Ma la maggioranza decide altrimenti. Come? Sulla base delle relazioni personali. Al limite di quelle familiari. Tradotto: non si sceglie qualcuno che ha dimostrato di valere, ma uno con cui si è fatto il liceo, o il compagno di merende del cugino. I dirigenti delle aziende di Silvio Berlusconi non sono forse stati in maggioranza suoi compagni di scuola? E non è poi venuta la volta dei compagni di Pier Silvio (cooptato per eredità)? Ci sono sistemi peggiori? Forse sì: il presidente Moratti affidò la panchina dell'Inter a Orrico dopo averlo sottoposto a prova grafologica e Gabriella Spada, moglie del fondatore della Giacomelli Sport, non si fidava di nessuno che non fosse stato approvato dalla cartomante (poi Orrico fu esonerato e la Giacomelli ha fatto crac). Proviamo a confrontare i manager italiani usciti da questa ricerca con quelli di un sondaggio effettuato in 4mila aziende di 12 Paesi esteri. Per età sono simili. Per genere l'Italia si rivela più misogina (benché sia risalita negli ultimi vent'anni e abbia una donna alla guida di Confindustria). Più che altrove, da noi la scelta è domestica (solo il 4% dei manager è straniero). Se il paragone regge: 1 sola squadra italiana delle 4 presenti in Champions League aveva un allenatore straniero. Risultato: tutte fuori. Tre squadre inglesi su 4 si affidavano a un tecnico venuto da fuori. Esito: tutte in corsa. Ma dove, quasi letteralmente, casca l'asino è nel livello di studi del manager italiano. La metà non possiede laurea. E quando ce l'ha, è lontana dalla lode. Ora, se deponiamo un attimo la ricerca e proviamo ad incrociare questi dati con l'esperienza recente per cercare il modello perfetto, l'impresa italiana che riassume tutte queste condizioni, struttura familistica, management maschile, scelto nel cortile di casa e con basso livello culturale, che risultato otteniamo? Parmalat. Otteniamo il più grosso crac made in Italy degli ultimi anni. Otteniamo un'azienda gestita da Calisto Tanzi come un padre padrone. Dove entravano figli e nipoti con cariche non commisurate alle capacità. Dove a parte due donne (ovviamente una figlia e una nipote) tutti i dirigenti erano maschi. Dove le carte d'identità recavano inevitabilmente la scritta "Nato a: Collecchio (Parma)". Dove tutti erano, con orgoglio, ragionieri, Tanzi incluso. Dunque, questo modello porta allo sfascio? Non necessariamente. È tuttavia provato che l'altro, quello che valuta le performance, è più fruttuoso per l'azienda. Che i manager scelti per il curriculum e i risultati lavorano di più, sono più soddisfatti, spingono l'impresa più avanti, avendo più propensione al rischio. Il problema è che la maggioranza non solo viene assunta per affidabilità, ma fa anche carriera per le stesse ragioni e viene licenziata non quando manca gli obiettivi, ma se non si sdraia sulla linea tracciata dal padre-padrone. Questo determina il larga misura l'esito del secondo studio: che cosa fa un manager? Dei 121 a cui è stata "rubata l'agenda" questo sappiamo: lavorano in media 48 ore alla settimana. Ogni giorno svolgono 7 diversi tipi di attività. Quali? Metà del tempo lo spendono in "riunioni". Il 14% soli alla scrivania. Il 12% in viaggi. Nel restante 25% telefonano, partecipano a videoconferenze, pranzi di lavoro, eventi speciali. Chi incontrano? Questa può apparire una sorpresa. Principalmente consulenti esterni all'azienda. Piuttosto che i capi divisione interni vedono persone che ruotano in altre orbite. A seguire: clienti, investitori, banche, politici, fornitori. Come si spiega? Perché un amministratore delegato passa più tempo con un faccendiere, un ministro, un banchiere che con il direttore marketing o il capo del personale della propria azienda? Mettiamola così: tu sei un manager rampante, pensi che ti sarà più utile per fare carriera il risultato ottenuto nell'attuale incarico o la conoscenza non superficiale di Gianni Letta? È una conclusione ancora provvisoria, non essendo lo studio terminato, ma l'impressione è che le due ricerche siano strettamente correlate. In un universo in cui la determinazione delle posizioni non è legata ai titoli né ai risultati, ma ai rapporti, i manager dedicano più tempo a tessere questi che a far funzionare le aziende di cui hanno la responsabilità. Ecco che il circolo vizioso si chiude: in mezzo restano aziende che non brillano più da oltre un decennio, lavoratori che ne pagano le conseguenze, un marchio, "Made in Italy", appannato. Segnali di un'inversione di tendenza? Nessuno. Hai una laurea con il massimo dei voti, hai un carattere indipendente, non sei propenso alle relazioni pubbliche, tendi a dire quel che pensi e contrastare anche chi ti paga se pensi che sia per il bene comune? Sei magari perfino donna? Non pensare di fare il manager in Italia. Al limite vai all'estero, alla London School of Economics a fare un'impietosa ricerca sui manager. Fine articolo Pura filosofia berlusconiana quella del management made in Italy..... e poi chi ne paga le conseguenze sono i cittadini ma, il popolo bue, il volgo di manzoniana memoria continua a votarlo.
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"mo va a fer dal pugnàt! THO' UN CUOCO .....(Daniele Luttazzi Raiperunanotte 25/03/2010) |
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#2 |
Senior Member
Iscritto dal: Oct 2003
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che esagerazione, i manager in italia non sono mica tutti così e non sono tutti scelti e/o al servizio di berlusconi
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Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai idea (James Russel Lowell)
Vuoi capire qualcosa? Bene, chiudi la bocca ed apri le orecchie (luckyluke5) |
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#3 | |
Senior Member
Iscritto dal: Apr 2006
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Quote:
Ferrovie dello Stato Nel 1996 il governo Prodi lo sceglie come risanatore delle Ferrovie dello Stato dopo la discutibile gestione di Lorenzo Necci, coinvolto nell'inchiesta mani pulite. Guida il gruppo ferroviario per otto anni (ma dal 1998 al 2001 la presidenza è di Claudio Demattè) procedendo ad uno snellimento del personale ed alla societarizzazione delle varie attività. Durante il suo mandato nascono Trenitalia, RFI, Grandi Stazioni. Per un breve periodo il Tesoro gli affianca come presidente l'economista Claudio Demattè, ex presidente della Rai e rettore della Luiss; i risultati della sua amministrazione sono deleteri e portano le Ferrovie Italiane al disastro economico e ad una totale inefficienza del servizio[1]. Lascia FS nel 2004 con un premio di buona uscita di 6 milioni e 700.000 euro[2] e viene nominato dal governo Berlusconi al vertice della compagnia Alitalia[3]. Alitalia Per il risanamento della compagnia aerea, Cimoli realizza il "Piano industriale 2005-2008", che avrebbe avuto l'obiettivo di riportare in pareggio i conti a partire dal bilancio 2006 e portarli in attivo dal 2008[4]. Pressato dalla Consob che chiede una gestione trasparente durante l'iter della privatizzazione della compagnia[5], Cimoli all'inizio 2007 stima in circa 380 milioni di euro il rosso per l'esercizio dell'anno precedente. La gestione Cimoli non piace ai sindacati che hanno chiesto ripetutamente al governo il suo avvicendamento. Nel febbraio 2007 il Governo Prodi constata la crisi della compagnia aerea prossima al fallimento a cui l'ha condotta Cimoli[6]; decaduto il consiglio di amministrazione, il Ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa non gli rinnova la fiducia[7], indicando come nuovo presidente della compagnia Berardino Libonati[8]. La sua gestione non ha raggiunto nessuno degli obiettivi prefissati. Buonuscite "generose" In una compagnia in profondo rosso come Alitalia, particolare scalpore ha destato la seconda buonuscita che Cimoli si è autoattribuito, di quasi 3 milioni di euro[9]: uno stipendio considerevolmente più alto di quello dei capiazienda delle altre compagnie europee in utile, 6 volte quello di Air France e il triplo di British Airways, aziende decisamente più importanti di Alitalia. E anche per l'addio alle FS Cimoli ha ricevuto un'altra buonuscita: 6 milioni di euro[2].
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#4 |
Bannato
Iscritto dal: Jan 2007
Città: Bergamo
Messaggi: 35
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Che i premi di produzione di Cimoli siano vergnosi e immotivati non c'è dubbio,
ma altretanto immotivata è l'attacco alla dirigenza italiana, sarebbe sciocco analizzare i dati delle aziende italiane senza leggere il resto dei dati mondiali. L'Italia pur essendo l'unico paese del G8 senza materie prime riesce ad avere aziende (dirette da italiani) nei primi posti ondiali per categorie. Basti pensare al gruppo Tenaris (unico al mondo per la realizzazione di tubi non saldati), al gruppo Luxottica, a Finmeccanica, Beretta(leader mondiale per armi leggere e non nocive), alla Fiat(che se ne dica ha al suo interno la Ferrari), Enel/Snam, Brembo, Generali( nella top ten mondiale dell'assicurazione) e via dicendo. Concludo ricordando che i manager laureati americani hanno fatto fallire Lemhan Brothers, portato sull'astrico Merril Linch e General Motors. Scusate se è poco. |
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#5 | |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2005
Città: Abano Terme (Padova)
Messaggi: 1205
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![]() Se controlli bene puoi trovare che la diga crollata in Indonesia è colpa di Berlusconi e pure il kamikaze in Pakistan è colpa di Berlusconi... Ultima modifica di EarendilSI : 27-03-2009 alle 15:19. |
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#6 |
Senior Member
Iscritto dal: Oct 2003
Messaggi: 1372
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Quante panzane! Si assiste proprio ora a quanto gli anglosassoni siano dirigenti di razza. Le loro economie vanno a rotoli. Sir Fred Goodwin tanto per fare un esempio.
Riguardo all'Italia, in quegli articoli sono state riportate solo le eccezioni che confermano la regola: a propria disposizione l'impresa privata italiana ha la migliore classe dirigente del pianeta. Trovatemi un altro paese con tante e tali aziente di successo che affrontano ogni giorno, a testa alta, non solo i più agguerriti concorrenti internazionali, ma anche uno stato corrotto, sindacati che non fanno affatto gli interessi dei lavoratori e una criminalità organizzata capillare. Certo, non tutto il marcio è da buttar via. C'è un esempio che andrebbe adeguatamente rivisto e, similmente a quanto fatto in Giappone, revisionato ed esportartato in modo che sia vero supporto all'economia nazionale. Link
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Trabant Meglio comprare un litro di latte quando serve, piuttosto che mantenere una vacca per tutta la vita ... P54C 133Mhz Icomp Index 1110 Matrox Millenniun HD SCSI Seagate + IBM Creative Awe 32 DXR2 Win95C Mozilla Firebird 0.7 (Dec/1995-13/Apr/2009 ![]() |
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#7 | |
Member
Iscritto dal: Feb 2008
Città: dire paesino sarebbe essere generosi :asd:
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Sampdoria o Lazio,ditemi voi chi ha bruciato di piu,la sconfitta diretta o la sconfitta morale? |
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#8 |
Bannato
Iscritto dal: Jan 2009
Messaggi: 194
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Spesso/Talvolta l'imprenditore nn arriva alla 3a media, volendo, il pezzo di carta
potrebbe comprarselo, e magari pure nelle piu' prestigiose universita' straniere, probabilmente nn gli serve.. ![]() |
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#9 |
Member
Iscritto dal: Jan 2006
Città: casalecchio di reno
Messaggi: 310
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Che i nostri dirigenti siano, per la maggior parte, senza laurea, ci può pure stare.
Basta vedere la loro età media e confrontare con le percentuali di laureati nella loro fascia d'età. UNA VOLTA l'università era una cosa veramente 'per pochi' ![]() E non è detto che chi riesce all'università sia uno realmente capace nella parte pratica (in quanto all'università RARAMENTE vieni in contatto con la parte pratica) e non è detto che uno che non se la cava all'università non sia in grado di riuscire benissimo nella parte pratica. In fondo, non stiamo parlando di materie come fisica, matematica, biologia e medicina. Se una persona ha uno spiccato spirito imprenditoriale lo ha che sia laureato o meno, e se non sa redigere un bilancio, i ragionieri e i commercialisti stanno lì per questo ![]()
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Mi chiedete perchè non posso prendere sul serio questa Europa? Perchè il grado di sviluppo e maturità dei cocomeri va determinato in modo congruo e l'indice rifrattometrico della polpa, misurato al centro della polpa, nella sezione massima normale dell'asse deve essere uguale o superiore all'8° brix. |
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#10 | |
Senior Member
Iscritto dal: Apr 2006
Città: dove mi pare. Linux per sempre
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"mo va a fer dal pugnàt! THO' UN CUOCO .....(Daniele Luttazzi Raiperunanotte 25/03/2010) |
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#11 |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2008
Città: ...dove Sile a Cagnan s'accompagna...
Messaggi: 1056
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mica vero
il mio capo ne ha 2 vecchio ordinamento, di cui una fatta serale ...
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And did you exchange a walk on part in the war for a lead role in a cage? nerdtest: 36% - http://www.nerdtests.com |
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#12 | |
Member
Iscritto dal: Jan 2006
Città: casalecchio di reno
Messaggi: 310
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Quote:
Se stiamo parlando di trentenni, beh, no, non è praticamente accettabile che sia senza laurea (e vorrei vedere in faccia CHI lo ha assunto). Ma se andiamo da circa i 40-45 anni in su, e quindi perlopiù parliamo di persone che si sono fatti un mazzo tanto in gavetta&co., diciamo che l'esperienza può compensare la mancanza di studi. Poi il problema non è il manager non laureato (se ci riportiamo a quanto detto qualche riga più su), ma è il sistema che non punisce chi sbaglia o peggio.
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Mi chiedete perchè non posso prendere sul serio questa Europa? Perchè il grado di sviluppo e maturità dei cocomeri va determinato in modo congruo e l'indice rifrattometrico della polpa, misurato al centro della polpa, nella sezione massima normale dell'asse deve essere uguale o superiore all'8° brix. |
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#13 |
Senior Member
Iscritto dal: Mar 2001
Messaggi: 2164
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possono anche avere ragione, ma da quegli stronzi deli inglesi non accetto critiche. che prima inizino a lavarsi il c*lo come le persone civili. da quando ci sto a contatto per lavoro, li odio. spocchiosi, arroganti, pieni di sè, e financo imbecilli.
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#14 | |
Senior Member
Iscritto dal: Nov 2005
Città: Palermo
Messaggi: 1474
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A mio parere manager e dirigenti (come dice lo stesso articolo) dovrebbero imparare a gestire meglio le loro aziende invece di fare i guappi in giro per l'italia! :'D D'accordissimo sul punire pesantemente chi approfitta della propria posizione per fare i soldi facili invece di fare il bene dell'azienda e quindi anche dei propri dipendenti ai livelli più bassi. |
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#15 |
Senior Member
Iscritto dal: Dec 2002
Città: AnTuDo ---------- Messaggi Totali: 10196
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quando esci dal tuo coma chiamami....
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#16 |
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Iscritto dal: Jul 2000
Città: La città più brutta della Toscana: Prato
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vabbbene ora difendiamo pure manager italiani
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#17 |
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Iscritto dal: Jul 2005
Città: Roma
Messaggi: 423
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Il fatto che dei dirigenti non abbiano la laurea non penso sia la causa principale dello schifo del sistema Italia, ho conosciuto dirigenti laureati che hanno fatto danni enormi (sforamenti e mancato raggiungimento del budget per milioni), e dirigenti non laureati ma davvero capaci, ripotare aziende in attivo ( dopo che i managerdi cui sopra avevano fatto danni).
Semplicemente e indipendentemente dalla laurea, spesso vengono messi in posti di comando gli amici degli amici, che magari sino al giorno prima erano addetti alle fotocopie. Il problema italiano quindi non è la laura ma la meritocrazia, ovvio che poi un laureato dovrebbe avere dalla sua un'istruzione superiore che gli consente di svolgere al meglio certe funzioni, ma è anche vero che l'univeristà Italiana nella maggior parte dei casi è mediocre, e sforna laureati mediocri ![]() ![]() |
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#18 |
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Città: Roma-Milano Utente:Deberlusconizzato Iscritto:20/2/2000 Status:SuperUtenteAdm Messaggi totali:107634 Auto:BMW X3 3.0 SD M
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Finiremo tutti sull'astrico
![]() Comunque concordo con lupotto ![]() LuVi
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#19 |
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Iscritto dal: Jul 2000
Città: La città più brutta della Toscana: Prato
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e ricordiamoci di napoletone....
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#20 |
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quale coma?
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