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#1 |
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Montezemolo: "Le imprese e i salari: ecco la mia proposta"
Il presidente di Confindustria ha trascorso le vacanze natalizie a New York. «Mai visto così tanti italiani. Un'invasione. Ma che tristezza leggere gli articoli sull'immondizia napoletana. Una sconfitta civile. Il prezzo lo paghiamo tutti, ma soprattutto quell'Italia del lavoro, delle imprese che sa reagire, vince sui mercati, produce e innova e non merita di essere confusa con un'inaccettabile immagine di degrado. Sa qual è il mio grande timore? Il rischio di una lenta ma inesorabile secessione fra la parte del Paese che compete e crea sviluppo e quella dei particolarismi, della politica miope e collusa, della classe dirigente piccina ed egoista». Luca Cordero di Montezemolo, alla guida degli imprenditori italiani fino a maggio, interviene sull'attualità più immediata, la trattativa sul potere d'acquisto. «Guardi, le devo dire subito una cosa. I salari in questi anni sono cresciuti più della produttività, a differenza di quello che è accaduto in Germania, Francia e Gran Bretagna». Sì, ma non negherà che esiste un serio problema di impoverimento relativo, soprattutto per i redditi da lavoro? «No, non lo nego, ma il vero scandalo è nella differenza fra il costo del lavoro e ciò che a fine mese un lavoratore percepisce come netto in busta paga».
«Ho sentito in questi giorni tante affermazioni curiose. Le imprese facciano la loro parte, dice Bersani. Il portafoglio degli imprenditori è pieno, quello dei lavoratori vuoto, sostiene Padoa-Schioppa. Qui non c'è alcun risarcimento da riconoscere. Quando nel luglio del 2004 sollevammo il tema degli assetti contrattuali e del recupero di competitività, la Cgil abbandonò il tavolo. Nel settembre del 2006 abbiamo proposto un patto a tre tra imprenditori, Governo e sindacati per lo sviluppo e la produttività e la Fiom ha detto no. Non siamo noi che non ci siamo seduti al tavolo. E poi non spetta al Governo fissare il livello dei salari». I rapporti con il Governo Prodi sono tutt'altro che semplici. Incomprensioni, sospetti. «Io riconosco al presidente del Consiglio il merito di aver adottato alcune decisioni importanti, dalla riduzione del cuneo fiscale e contributivo alla conferma delle flessibilità nel mercato del lavoro, dalla riduzione delle aliquote dell'Ires e dell'Irap alla detassazione degli straordinari al sostegno della ricerca per la piccola e media impresa ma non mi piace questa polemica sul capitalismo d'altri tempi, sull'idea che i redditi non sono saliti per colpa nostra. Vedo troppa cultura contraria all'impresa che alligna in molti settori della maggioranza. L'imprenditore è il primo a voler pagare di più i propri collaboratori di talento e vorrebbe farlo con contratti aziendali legati alla produttività pur rispettando gli accordi nazionali che sono un ombrello irrinunciabile». Contratti difficili, posizioni lontane, come sui metalmeccanici. «Dove si continua a guardare al passato e a tentare di ridurre la flessibilità. Ma va detto che nel solo 2007 sono stati diciotto i contratti firmati dalle categorie aderenti a Confindustria, quello dei chimici addirittura prima della scadenza. Rimangono aperti altri negoziati che con il nostro sistema non c'entrano, dal pubblico impiego, al commercio, all'editoria. Dal 2000 al 2006 le retribuzioni reali della pubblica amministrazione sono cresciute dell'11,8%, senza alcun recupero di efficienza, quelle del settore privato del 2,6%. I tanti dipendenti pubblici che fanno bene il loro mestiere dovrebbero ribellarsi a un sistema contrattuale che li tratta allo stesso modo di assenteisti e fannulloni. E i dipendenti del settore privato sarebbero i primi a guardare con favore contratti aziendali che premiano il merito, il talento e la laboriosità. Se tutto si concentra sui contratti nazionali è naturale la tendenza all'appiattimento delle retribuzioni. E mi sorprende, tra sindacati e forze politiche, che quelli che più chiedono oggi meno pressione fiscale sui salari siano gli stessi che fino a ieri hanno sostenuto politiche responsabili di aver fatto esplodere la spesa pubblica e quel debito che con 74 miliardi di euro di interessi all'anno ci soffoca e ci deprime». Ma allora, qual è la proposta di Confindustria? «Nonostante il taglio di cinque punti del cuneo, tre alle imprese e due ai lavoratori, la differenza tra il costo per le aziende e il salario netto in busta paga rimane abissale: il rapporto è quasi di uno a due. Noi proponiamo il taglio di altri cinque punti, ma questa volta con una divisione diversa: tre ai lavoratori e due alle imprese». Con quali strumenti fiscali? «Non entro nel dettaglio tecnico, ma se vogliamo guardare ai salari, credo che il sistema di detrazioni per la produzione del reddito da lavoro dipendente sia il più corretto e visibile». Montezemolo ritiene irrinunciabile uno scambio tra salario e produttività «perché solo così si pongono le basi per un recupero di competitività dell'intero Paese, altrimenti vincerebbe una incomprensibile logica risarcitoria, tutta rivolta al passato». E sostiene la necessità di un segnale forte in aiuto alle famiglie che dovrebbe venire però dalla riqualificazione della spesa sociale («Ma è possibile che in Italia gli asili nido li debbano fare quasi esclusivamente le imprese?»). Più concorrenza nei servizi, più donne al lavoro, più ammortizzatori. «Ma il problema culturale di fondo è la scarsa consapevolezza che la crescita è l'unica via possibile, il vero bene comune. E aumentare la spesa pubblica grazie a un maggiore gettito fiscale non può essere un'alternativa alla crescita. È solo un altro modo di tenere la testa rivolta al passato. Dall'inizio degli anni 90 abbiamo perso, per bassa produttività e mancate riforme e troppa burocrazia, l'11% del prodotto interno lordo rispetto ai Paesi dell'area euro e il 14% nel confronto con le 15 principali nazioni europee. Sono 210 miliardi di euro in meno di Pil ogni anno. Lei sa che cosa avremmo potuto fare con quell' autentico tesoro, altro che i tesoretti di cui si parla, e troppo a sproposito, in questi giorni? Spesa sociale, scuole, infrastrutture e reddito in più per i lavoratori. Il vero tema è questo; senza crescita non c'è nulla, solo più degrado, peggiore convivenza civile e, alla fine, meno democrazia perché si lacera il tessuto connettivo delle nostre relazioni sociali. La verità è che negli ultimi 15 anni ci siamo impoveriti». Presidente, le imprese, lei dice, hanno fatto la loro parte e sono disponibili a fare di più. Ma come? «Dia solo un occhio ai dati sullo scambio con l'estero del manifatturiero: il saldo record del 2007, raggiunto nonostante un euro forte, testimonia della capacità di innovazione e internazionalizzazione del sistema. Sono raddoppiati gli accordi a livello internazionale. Oltre 6mila imprese hanno partecipato alle missioni di Confindustria nei principali mercati emergenti. Ma le voglio dare un altro dato: la quota dei dipendenti laureati è cresciuta nelle imprese manifatturiere dal 6,9 al 9,6%. Per la prima volta, nel 2006, la bilancia tecnologica è tornata in attivo. E da quest'anno, con il nuovo importante credito d'imposta introdotto dalla Finanziaria, moltissime piccole imprese potranno sostenere programmi di ricerca. Le aziende, anche se non si fa mai abbastanza e devono ancora crescere, le maniche se le sono rimboccate. Mi chiedo spesso: dove sarebbe questo Paese se non ci fossero le imprese? Gli imprenditori hanno mostrato coraggio anche là dove lo Stato è spesso assente, come è avvenuto per gli imprenditori siciliani che si sono ribellati al "pizzo" e ai ricatti della mafia. «Dal 2001 al 2006 - continua Montezemolo - la spesa pubblica a livello locale è salita di oltre il 30%, a livello nazionale del 24%. Il prodotto interno lordo, in termini nominali è cresciuto molto meno. Il sistema tributario locale, anziché essere alleggerito è diventato più pesante. La Puglia ha appena aumentato l'Irap di un punto. La tassazione, e non solo per le imprese del Sud, ha toccato livelli inaccettabili. Non possiamo andare a Bruxelles e chiedere un'aliquota di vantaggio per il Sud quando noi andiamo esattamente nella direzione opposta. La vicenda amara e drammatica dei rifiuti campani è la rappresentazione simbolica di questa grande sconfitta italiana. È necessaria una terapia d'urto. Chi sbaglia vada a casa. Lo Stato si riappropri del territorio e non lasci soli quei pochi che si ribellano alla malavita». Il tema delle mancate liberalizzazioni e della contemporanea estensione delle municipalizzate è ugualmente critico e negativo. «Le sole imprese a partecipazione degli Enti locali sono mille e pesano per circa l'1% del Pil, il 40% fattura meno di cinque milioni di euro. Ma quello che è peggio è che il costo del lavoro nel Sud assorbe l'82% del fatturato, il 53% al Nord e il 66% al Centro. Aziende private in queste condizioni sarebbero già in gran parte fuori mercato. Fallite. Sa cosa vuol dire questo? Che specialmente al Sud le municipalizzate costano più del servizio che erogano. Sono bacini di voto, discariche di non eletti». Dunque, non c'è soltanto il costo della politica, ma anche quello degli ex politici? «Esatto, se vogliamo è l'unica raccolta differenziata dei rifiuti che funziona...». Arriverà il terzo decreto di liberalizzazioni di Bersani. «Mi auguro che sia meno timido dei due precedenti e che non sia smontato in Parlamento dalla maggioranza come è avvenuto per il provvedimento sui servizi locali del ministro Lanzillotta. Noi siamo il Paese che ha ancora i traghetti di Stato, che non manda Fincantieri in Borsa perché la Fiom non vuole e intanto i coreani sono pronti a portarci via le commesse. Viviamo in una giungla di corporazioni ed egoismi. Una politica che non decide e, quando lo fa, magari dà i soldi dell'università ai camionisti. Il futuro sembra non interessare a nessuno. Prendiamo il caso dell'energia: dipendiamo da gas e petrolio come nessun altro Paese, il greggio ha superato i 100 dollari al barile e ancora non abbiamo un progetto di diversificazione delle fonti che comprenda il nuovo nucleare, anche se finalmente comincia ad esserci più di una proposta in questa direzione. Dei giovani parlano tutti, salvo poi nel concreto non fare nulla. Ecco il rischio fatale di cui le parlavo all'inizio, un Paese che si spacca in due, vicino a una sorta di secessione economica, la parte migliore che se ne va, imprese e persone eccellenti in tutti i campi che sentono ogni giorno allentarsi il proprio legame con il Paese. Una crisi di cittadinanza. Io non sono preoccupato per le imprese, che possono farcela anche internazionalizzandosi e andando all'estero. Il rischio è che non ce la faccia il Paese con i suoi cittadini». La sicurezza sul lavoro, dopo il tragico incidente alla Thyssen Krupp di Torino, va tenuta in primo piano. Non è stata una fatalità, non è un tributo nemmeno lontanamente ammissibile alla necessità del mondo della produzione. Una questione culturale, di rispetto del lavoro, non solo di leggi e controlli. «Ho detto subito che ritengo quello che è accaduto a Torino inaccettabile per un Paese civile. Il 2008 sia l'anno della sicurezza sui posti di lavoro, ma gli incidenti sono numerosi proprio là dove c'è lavoro nero, sottoimpiego e minore tutela dei diritti. La nostra disponibilità è totale, ma finora incontri non ce ne sono stati. Che cosa aspettiamo?».
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#2 |
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#3 |
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Altri chi?
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#4 |
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Fosse per loro sei tu che dovresti pagarli per lavorare da loro
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Fatto affari con: MaxMas, Remok e altri ... ![]() |
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#5 | ||
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Non sono però d'accordo. |
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#6 | |
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Quote:
"Fosse per loro sei tu che dovresti pagarli per scaldar la sedia ![]() Vediamo quanto scriviamo di costruttivo, così facendo?
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#7 | |
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![]() Ok, ho capito. Boh.. alla fine è meritocrazia... cioè: se chi non ha talento viene pagato quanto chi ce l'ha (e potremmo sostituire talento con "voglia di lavorare", "disponibilità", "correttezza" ecc), cosa dovrebbe fare il talentuoso?
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#8 |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2005
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Lui dice che vorrebbe pagare di più i dipendenti "di talento", io sono dell'idea che (ammesso e non concesso che siano corrette le valutazioni sul talento) gli imprenditori vogliano pagare di meno quelli che hanno meno talento e continuare a pagare uguale (magari anche meno) quelli di talento.
Insomma può anche darsi che voglia pagare di più quelli che hanno talento, in relazione a quelli che non ne hanno, ma non ci dice in relazione a oggi se vuole dare di più o di meno. Visto che le imprese non sono opere pie, il loro disegno è aumentare il peso della contrattazione aziendale per comprimere ulteriormente i salari. |
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#9 | |
Senior Member
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#10 |
Senior Member
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Il talentuoso dovrebbe evitare di farsi fregare e capire che ha la possibilità di migliorare le proprie condizioni soltanto se migliorano quelle dei suoi colleghi: arrivare alla contrattazione aziendale (o peggio ancora individuale) non significa che quelli bravi prendono di più: significa che sei più debole e più ricattabile.
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#11 |
Senior Member
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Dovrebbe dirglielo ai miei "capi" , che ci sottopagano da quando ci hanno assunto ( e dopo mesi di sindacato , siamo andati all'ispettorato ).
Caoipzpaz
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#12 | |
Bannato
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#13 | |
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#14 | |
Senior Member
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- migliorare i macchinari o l'organizzazione del lavoro - pagare di meno i lavoratori (meno salario o meno oneri) Dire che l'imprenditore ha interesse ad aumentare i salari è come dire che io ho interesse a prendere dieci euro e buttarli nella stufa. Al limite l'imprenditore con un occhio al di fuori dell'orticello potrà auspicare che i redditi medi aumentino così da poter vendere più prodotti, ma vorrà sempre che a pagare di più i dipendenti siano per prime le imprese concorrenti. Qualsiasi altra condotta sarebbe irrazionale da parte dell'imprenditore, quindi dubito che sia opinabile ![]() |
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#15 |
Bannato
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#16 | |
Bannato
Iscritto dal: Nov 2000
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![]() Comunque è vero, se si aspetta che aumentino i datori il salario siamo freschi, l'unica è abbassare le tasse che paghiamo, caxx tra irpef , regione, contributi sociali, etc... tra il lordo e il netto si passa oltre il 30%.... comincia ad abbassare qualche punticino percentuale in modo da farmi trovare in tasca 100 euro in più al mese, senza che il datore sborsi un euro in più.... |
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#17 | |
Senior Member
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Hai scritto te "migliorari i macchinari": un talentuoso è un macchinario migliore di uno che non lo è. EDIT: il riferimento è al mondo dei servizi.
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#18 |
Senior Member
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Mi domando perchè non fate gli imprenditori... trovare "capitali" e idee per aprire società, soprattutto nel mondo dei servizi, è stupido. Eppure vi lamentate del boss sempre e comunque, ma non fate niente per passare dalla parte di là... strano visto che, è risaputo, l'imprenditore è ricco, gira col suv, è pieno di donne e passa le giornate a grattarsi la pancia.
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#19 | |
Senior Member
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#20 | |
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Fatto affari con: MaxMas, Remok e altri ... ![]() Ultima modifica di Aku : 09-01-2008 alle 10:13. |
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