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Old 19-07-2007, 22:49   #1
Igor
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Lettera di Salvatore Borsellino

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Quindici anni fa veniva ucciso Paolo Borsellino, con gli uomini di scorta. La verità è ancora latitante. E forse inconfessabile. Ecco la lettera diffusa da Salvatore, fratello di Paolo

19 Luglio 1992 : Una strage di Stato.


"Per anni, dopo l’estate del 1992 sono stato in tante scuole d’Italia a parlare del sogno di Paolo e Giovanni, a parlare di speranza, di volontà di lottare, di quell’alba che vedevo vicina grazie alla rinascita della coscienza civile dopo illoro sacrificio, dopo la lunga notte di stragi senza colpevoli e della interminabile serie di assassini di magistrati, poliziotti e giornalisti indegna di un paese cosiddetto civile.
Poi quell’alba si è rivelata solo un miraggio, la coscienza civile che purtroppo in Italia deve sempre essere svegliata da tragedie come quella di Capaci o di Via D’Amelio, si è di nuovo assopita sotto il peso dell’ indifferenza e quella che sembrava essere la volontà di riscatto dello Stato nella lotta alla mafia si è di nuovo spenta, sepolta dalla volontà di normalizzazione e compromesso e contro i giudici, almeno contro quelli onesti e ancora vivi, è iniziata un altro tipo di lotta, non più con il tritolo ma con armi più subdole, come la delegittimazione della stessa funzione del magistrato, e di quelli morti si è cercato da ogni parte di appropriarsene mistificandone il messaggio.
Per anni allora ho sentito crescere in me, giorno per giorno, sentimenti di disillusione, di rabbia e a poco a poco la speranza veniva sostituita dalla sfiducia nello Stato, nelle Istituzioni che non avevano saputo raccogliere il frutto del sacrificio di quegli uomini, e allora ho smesso di parlare ai giovani convinto che non era mio diritto comunicare loro questi sentimenti, soprattutto che non era mio diritto di farlo come fratello di Paolo che, sino all’ultimo momento della sua vita, aveva sempre tenuto accesa dentro di sé, e in quelli che gli stavano vicino, la speranza, anzi la certezza, di un domani diverso per la sua Sicilia e per il suo Paese.
Per anni allora non sono neanche più tornato in Sicilia, rifiutandomi di vedere, almeno con gli occhi, l’abisso in cui questa terra era ancora sprofondata, di vedere, almeno con gli occhi, come tutto quello contro cui Paolo aveva lottato, la corruzione, il clientelismo, la contiguità fossero di nuovo imperanti, come nella politica, nel governo della cosa pubblica, fossero riemersi tutti i vecchi personaggi più ambigui, spesso dallo stesso Paolo inquisiti quando ancora in vita, e nuovi personaggi ancora peggiori dato che ormai oggi essere inquisiti sembra conferire un’aureola di persecuzione e quasi costituire un titolo di merito.
Da questa mia apatia, da questo rinchiudermi in una torre d’avorio limitandomi a giudicare ma senza più volere agire, sono stato di recente scosso da un incontro illuminante con Gioacchino Basile, un uomo che ha pagato sempre di persona le sue scelte, che, all’interno dei Cantieri Navali di Palermo e della Fincantrieri, ha sempre condotto, praticamente da solo e avendo contro lo stesso sindacato, quella lotta contro la mafia che sarebbe stata compito degli organismi dello Stato, Stato che invece, secondo le sue circostanziate denunce, intesseva accordi con la mafia trasformando le Partecipazioni Statali in un organismo di partecipazione al finanziamento e al potere della mafia in Sicilia.
I fatti riferiti in queste denunce, di cui Paolo Borsellino si era occupato nei giorni immediatamente precedenti il suo assassinio, sono state oggetto di una “Relazione sull’infiltrazione mafiosa nei Cantieri Navali di Palermo” da parte della Commissione Parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia (relatore on. Mantovano) ma come purtroppo troppo spesso succede in Italia con gli atti delle commissioni parlamentari, non hanno poi avuto sviluppi sul piano parlamentare mentre su quello giudiziario, come sempre succede quando si passa dalle indagini sulla mafia a quello sui livelli “superiori”, hanno subito la consueta sorte dell’archiviazione.
Gioacchino Basile è convinto che l’interesse personale che Paolo gli aveva assicurato nell’approfondimento di questo filone di indagine e l’averne riferito in uno dei suoi incontri a Roma nei giorni immediatamente precedenti la sua morte, sia il motivo principale della “necessità” di eliminarlo con una rapidità definita “anomala” dalla stessa Procura di Caltanissetta e che la sparizione di questo dossier dalla borsa di Paolo sia stata contestuale alla sottrazione dell’agenda rossa.
Per parte mia io credo che questo possa essere stato soltanto uno dei motivi, all’interno del più ampio filone “mafia-appalti” che lo stesso Paolo aveva fatto intuire fosse il motivo principale dell’eliminazione di Giovanni Falcone insieme alla sua ormai certa nomina a Procuratore Nazionale Antimafia.
Il motivo principale credo invece sia stato quell’accordo di non belligeranza tra lo Stato e il potere mafioso che deve essergli stato prospettato nello studio di un ministro negli incontri di Paolo a Roma nei giorni immediatamente precedenti la strage, accordo al quale Paolo deve di sicuro essersi sdegnosamente opposto.
Su questi incontri, che Paolo deve sicuramente aver annotato nella sua agenda scomparsa, pesa un silenzio inquietante e l’epidemia di amnesie che ha colpito dopo la morte di Paolo tutti i presunti partecipanti lo ha fatto diventare l’ultimo, inquietante, segreto di Stato, come inquietanti sono i segreti di Stato e gli “omissis” che riempiono le inchieste su tutte le altre stragi di Stato in Italia.
Ma il vero segreto di Stato, anche se segreto credo non sia più per nessuno, è lo scellerato accordo di mutuo soccorso stabilito negli anni tra lo Stato e la mafia.
A partire da quando i voti assicurati dalla mafia in Sicilia consentivano alla Democrazia Cristiana di governare nel resto dell’Italia anche se questo aveva come conseguenza l’abbandono della Sicilia, così come di tutto il Sud al potere mafioso, la rinuncia al controllo del territorio, l’accettazione della coesistenza, insieme alle tasse dello Stato, delle tasse imposte dalla mafia, il pizzo e il taglieggiamento.
E, conseguenza ancora più grave, la rinunzia, da parte dei giovani del sud, alla speranza di un lavoro se non ottenuto, da pochi, a prezzo di favori e clientelismo e negato, a molti, per il mancato sviluppo dell’ industrializzazione rispetto al resto del paese.
A seguire con il “papello” contrattato da Riina con lo Stato con la minaccia di portare la guerra anche nel resto del paese (vedi via dei Georgofili e via Palestro), contrattazione che è stata a mio avviso la causa principale della necessità di eliminare Paolo Borsellino, e di eliminarlo in fretta.
A seguire, infine, con l’individuazione di nuovi referenti politici dopo che le vicende di tangentopoli aveva fatto piazza pulita di buona parte della precedente classe politica e dei referenti “storici”.
Accordi questi che costituiscono la causa del degrado civile di oggi dove si consente che indagati per associazione mafiosa governino la Sicilia e dove, a livello nazionale, cresce, almeno nei sondaggi, il consenso popolare verso chi ha probabilmente adoperato capitali di provenienza mafiosa per creare il proprio impero industriale con annesso partito politico.
Come possono allora chiamarsi “deviati” e non consoni all’essenza stesso di questo Stato quei “Servizi” che, per “silenzio-assenso” del capo del Governo o su sua esplicita richiesta, hanno spiato magistrati ritenuti e definiti “nemici” nei relativi dossier e addirittura convinto altri magistati a spiare quei loro colleghi che, sempre negli stessi dossier, venivano definiti come “nemici”, “comunisti” e “braccio armato” della magistratura, con un linguaggio che non è difficile ritrovare negli articoli di certi giornali e nelle dichiarazioni di certi poltici.
Giaocchino Basile mi dice che sarebbe mio diritto “pretendere” dallo Stato di conoscere la verità sull’assassinio di Paolo, ma da “questo” Stato, dal quale ho respinto “l’indennizzo” che pretendeva di offrirmi quale fratello di Paolo, indennizzo che andrebbe semmai offerto a tutti i giovani siciliani e italiani per quello che gli è stato tolto, sono sicuro che non otterrò altro che silenzi.
Gli stessi silenzi, lo stesso “muro di gomma”, che hanno dovuto subire i figli del Generale Dalla Chiesa, i parenti dei morti in quella interminabile serie di stragi, la strage di Portella della Ginestra, la strage di Piazza Fontana, la strage di Piazza della Loggia, la strage del Treno Italicus, la strage di Ustica, la strage di Natale del rapido 904, la strage di Pizzolungo, le stragi di Via dei Georgofili e di Via Palestro, delle quali oggi si conoscono raramente gli esecutori, mai i mandanti e spesso neanche il movente, susseguitesi mentre nel nostro Sud, grazie alla latitanza delle altre istituzioni dello Stato, uno dopo l’altro venivano uccisi tutti i Magistrati e i rappresentanti delle forze dell’ordine che della lotta alla mafia avevano fatto la propria ragione di vita, in una tragica sequenza che non ha eguali in nessuno degli altri paesi del mondo cosiddetto civile.
Io mi chiedo invece, con amarezza , di quante altre stragi, di quanti altri morti avremo ancora bisogno perché da parte dello Stato ci sia finalmente quella reazione decisa e soprattutto duratura, come finora non è mai stata, che porti alla sconfitta delle criminalità mafiosa e soprattutto dei poteri, sempre meno occulti, ad essa legati, perché venga finalmente rotto quel patto scellerato di non belligeranza che, come disse il giudice Di Lello il 20 Luglio del 1992, pezzi dello Stato hanno da decenni stretto con la mafia e che ha permesso e continua a permettere non solo la passata decennale latitanza di boss famosi come Riina e Provenzano ma la latitanza e l’impunità di decine di “capi mandamento” che sono i veri padroni sia di Palermo che delle altre città della Sicilia.
Da parte mia sono certo che non riuscirò a conoscere la verità in quel poco che mi resta da vivere dato che, a 65 anni, sono solo un sopravvissuto in una famiglia in cui mio padre, il fratello di mio padre, mio fratello, sono tutti morti a 52 anni, i primi per cause naturali, l’ultimo perché era diventato un corpo estraneo allo Stato le cui Istituzioni egli invece profondamente rispettava (sempre le Istituzioni, non sempre invece quelli che le rappresentavano).
Spero soltanto che, in questo anniversario, mi siano risparmiate la vista e le parole dei tanti ipocriti che oggi piangono su Paolo e Giovanni quando, se fossero ancora in vita, li osteggerebbero accusandoli, nella migliore della ipotesi , di essere dei “professionisti dell’antimafia” o li farebbero addirittura spiare da squallidi personaggi come Pio Pompa come “nemici” o come “braccio armato della magistratura” .
Chiedo solo, in questa occasione, di avere delle risposte ad almeno alcune delle tante domande, dei tanti dubbi che non mi lasciano pace.
Chiedo al Proc. Pietro Giammanco, allontanato da Palermo dopo l’assassinio di Paolo, ma promosso ad un incarico più alto piuttosto che rimosso come avrebbe meritato, perché non abbia disposto la bonifica e la zona di rimozione per Via D’Amelio.
Eppure nella stessa via, al n.68 era stato da poco scoperto un covo dei Madonia e, a parte il pericolo oggettivo per l’incolumità di Paolo Borsellino, le segnalazioni di pericolo reale che pervenivano i quei giorni erano tali da da far confidare da Paolo a Pippo Tricoli lo stesso 19 Luglio: “è arrivato in città il carico di tritolo per me”.
A meno che, come affermato dal Sen. Mancino in un suo intervento del 20 Luglio alla camera, anche lui credesse che “Borsellino non era un frequentatore abituale della casa della madre” : infatti vi si recava appena almeno tre volte alla settimana!
La stessa domanda inoltro all’allora prefetto di Palermo Mario Jovine anche se la risposta ritiene di averla già data con l’affermazione fatta in quei giorni: “Nessuno segnalò la pericolosità di Via D’Amelio” .
Affermazione palesemente risibile : in quei giorni si erano susseguite le segnalazioni di possibili attentati a Paolo Borsellino e bastava interrogare gli stessi agenti della scorta, cinque dei quali morti insieme a lui, per sapere quali erano i punti più a rischio.
Chiedo alla Procura di Caltanissetta, e in particolare al gip Giovanbattista Tona, il motivo dell’archiviazione delle indagini relative alla pista del Castello Utveggio: eppure proprio da questo luogo partirono, subito dopo l’attentato, delle telefonate dal cellulare clonato di Borsellino a quello del dott.Contrada, oggi finalmente condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione per collusione e favoreggiamento.
Chiedo alla stessa Procura di Caltanissetta, e sempre allo stesso gip Giovanbattista Tona, i motivi dell’archiviazione dell’inchiesta relativa ai mandanti occulti delle stragi.
Per un’altra archivazione, quella relativa alle vicissitudini del fascicolo Fincantieri ho già inoltrato richiesta di chiarimenti in via ufficiale.
Chiedo alla Procura di Caltanissetta di non archiviare, se non lo ha già fatto, le indagini relative alla sparizione dell’agenda rossa di Paolo e di chiarire il coinvolgimento dei tutte le persone, dei servizi e non, in essa coinvolte.
Chiedo soprattutto al sen. Nicola Mancino, del quale ricordo, negli anni immediatamente successivi al 1992, una sua lacrima spremuta a forza durante una commemorazione di Paolo a Palermo, lacrima che mi fece indignare al punto da alzarmi ed abbandonare la sala, di sforzare la memoria per raccontarci di che cosa si parlò nell’incontro con Paolo nei giorni immediatamente precedenti alla sua morte.
O spiegarci perché, dopo avere telefonato a Paolo per incontrarlo mentre stava interrogando Gaspare Mutolo, a sole 48 ore dalla strage, gli fece invece incontrare il capo della Poliza dott. Parisi e il dott. Contrada, incontro dal quale Paolo uscì sconvolto tanto, come raccontò lo stesso Mutolo, da tenere in mano due sigarette accese contemporaneamente. Altrimenti, grazie alla sparizione dell’agenda rossa di Paolo, non saremo mai in grado di saperlo.
E in quel colloquio si trova sicuramente la chiave dalla sua morte e della strage di Via D’Amelio."


Salvatore Borsellino
Dopo il l maxi-processo di Palermo, lo Stato anzichè sostenere Falcone e Borsellino finì con l'ostacolarli e lasciarli soli. Come scrive Alexander Stille nel suo libro "Cadaveri Eccellenti", in un altro Paese “gli artefici di una tale vittoria sarebbero stati considerati un patrimonio nazionale. Dopo aver vinto la prima battaglia a Palermo, ci si sarebbe aspettato che Falcone e i suoi colleghi fossero messi nelle condizioni di vincere la guerra. Invece in Italia avvenne proprio il contrario”
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Old 20-07-2007, 00:24   #2
gigio2005
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in un altro Paese “gli artefici di una tale vittoria sarebbero stati considerati un patrimonio nazionale. Dopo aver vinto la prima battaglia a Palermo, ci si sarebbe aspettato che Falcone e i suoi colleghi fossero messi nelle condizioni di vincere la guerra. Invece in Italia avvenne proprio il contrario”
per favore mettiamo in evidenza questo 3d!


ps: ho appena finito di vedere per la sesta volta il film "PAOLO BORSELLINO"
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Old 20-07-2007, 00:32   #3
gigio2005
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L'assenza dei palermitani. A testimoniare il ricordo dell'eccidio, oltre al presidente del Senato Franco Marini, al prefetto Giosué Marino, ad alcuni politici, al questore Giuseppe Caruso, molti bambini. Ma la città normale, quella degli impiegati, dei commercianti e dei lavoratori, è rimasta estranea. Non c'erano persone affacciate ai balconi e la strada era colorata solo dai bambini che facevano il gioco dell'oca della legalità. Sul cippo che ricorda la strage vi sono solo le corone d'alloro ufficiali, mancano i mazzi di fiori che fino ad alcuni anni fa portavano le persone lasciando un biglietto con una frase di speranza per il futuro.

http://www.repubblica.it/2007/07/sez...dici-anni.html
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Old 20-07-2007, 07:23   #4
Ser21
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E' la triste realtà di un paese corrotto nelle sue radici più profonde....
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Old 20-07-2007, 07:52   #5
astimas
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ho visto ieri sera il film. quanto mi sono commosso e indignato
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Old 20-07-2007, 09:23   #6
Dreammaker21
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Secondo me è uno dei film migliori del filone TV-popolare che abbiamo in Italia, mi è piaciuta molta la metafora del finale, la figlia che va a fare l'esame, attraverso cui è emerso l'invito a fare il proprio dovere fino in fondo.

Per quanto riguarda la nostra storia, io provo solo una desolante pena per come il nostro paese sia ostaggio di così tanta corruzione e indolenza.
Dreammaker21 è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 20-07-2007, 12:40   #7
dantes76
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io non riesco a guardarlo tutto il film... mi bolle il sangue...

cmq, Cvd non e' cambiato niente, dalla morte di borsellino/falcone, anzi come disse qualcuno.. con la mafia bisogna convivere....

Quote:
La lotta alla mafia dev'essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità. »
Paolo Borsellino
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Ultima modifica di dantes76 : 20-07-2007 alle 12:42.
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Old 20-07-2007, 14:09   #8
Onisem
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Indovina indovinello: di chi si parla? Chi è il piagnone perseguitato dai giudici numero uno d'Italia!?
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Tanto poco un uomo si interessa dell'altro, che persino il cristianesimo raccomanda di fare il bene per amore di Dio. (Cesare Pavese)
"Sono un liberale di destra, come potrei votare uno come Berlusconi?"
Marcello Dell'Utri, fondatore del partito Forza Italia, è stato condannato per mafia.
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Old 20-07-2007, 14:18   #9
ferste
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Indovina indovinello: di chi si parla? Chi è il piagnone perseguitato dai giudici numero uno d'Italia!?
ta dan!!!!!pensavo ci mettesse di meno a venir fuori LUI.......causa e manifestazione di tutti i mali dell'italico suolo, prima di LUI era tutto un fiorellin di campo, durante LUI il maleficio avvolse tutto, dopo LUI i volenterosi, coraggiosi non faranno un cazzo lo stesso tanto la colpa è sempre di LUI!
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Addio Pierpo, motociclista.
Se il cameriere di un locale per me è un idiota, non conosce le regole del locale, tratta bene solo i suoi leccaculo ma va bene al proprietario...cambio locale.
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Old 20-07-2007, 14:27   #10
Wolfgang Grimmer
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ta dan!!!!!pensavo ci mettesse di meno a venir fuori LUI.......causa e manifestazione di tutti i mali dell'italico suolo, prima di LUI era tutto un fiorellin di campo, durante LUI il maleficio avvolse tutto, dopo LUI i volenterosi, coraggiosi non faranno un cazzo lo stesso tanto la colpa è sempre di LUI!
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Ma allora You-Know-Who è V...V... Voldemort?!?
Ci vorrebbe una rivoluzione popolare contro la mafia, lo stato è inutile.
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Old 20-07-2007, 15:16   #11
Onisem
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ta dan!!!!!pensavo ci mettesse di meno a venir fuori LUI.......causa e manifestazione di tutti i mali dell'italico suolo, prima di LUI era tutto un fiorellin di campo, durante LUI il maleficio avvolse tutto, dopo LUI i volenterosi, coraggiosi non faranno un cazzo lo stesso tanto la colpa è sempre di LUI!
Lui è solo il televenditore... per conto di qualcuno. L'evoluzione della specie. Leggi almeno quello che c'è scritto prima di attaccare con il solito repertorio degli ossessionati. E sono parole di Borsellino quelle; si parla di mafia, riciclaggio, imprenditoria, politica. E' naturale che salti fuori il nome di Berlusconi.
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Tanto poco un uomo si interessa dell'altro, che persino il cristianesimo raccomanda di fare il bene per amore di Dio. (Cesare Pavese)
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Old 20-07-2007, 16:09   #12
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dantes76
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Indovina indovinello: di chi si parla? Chi è il piagnone perseguitato dai giudici numero uno d'Italia!?
che i mandanti siano due,uno sceso a patti con la mafia, ed essendo uno di loro la mafia, dopo la morte del referente politico della mafia Salvo lima, non me lo levera' nessuno della mente....manco se m'ammazzassero
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Old 20-07-2007, 17:03   #14
Maxmel
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Dopo il l maxi-processo di Palermo, lo Stato anzichè sostenere Falcone e Borsellino finì con l'ostacolarli e lasciarli soli. Come scrive Alexander Stille nel suo libro "Cadaveri Eccellenti", in un altro Paese “gli artefici di una tale vittoria sarebbero stati considerati un patrimonio nazionale. Dopo aver vinto la prima battaglia a Palermo, ci si sarebbe aspettato che Falcone e i suoi colleghi fossero messi nelle condizioni di vincere la guerra. Invece in Italia avvenne proprio il contrario”
In un altro Paese.
L'Italia è un paese di stragi impunite e impunità generale di verità nascoste o semplicemente dimenticate, politici corrotti ma SOPRATUTTO assenza di un etica pubblica e senso morale.
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"A pessimist is someone who is waiting for it to rain. But I'm already soaked to the skin." L. Cohen.
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Old 20-07-2007, 18:46   #15
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Italia rosso tenebra

Pubblico una lettera sulla nascita della Seconda Repubblica che per il giudice Antonio Ingroia: "affonda i suoi pilastri nel sangue". Me l'hanno inviata Sandra Rizza e Giuseppe Lo Bianco, autori del libro: "L'agenda rossa di Paolo Borsellino". Un'agenda che portava sempre con sè e scomparsa dopo l'attentato. Ho letto il libro. In via D'amelio sembra che quel giorno ci fosse un traffico istituzionale da ora di punta e che tutti sapessero quello che sarebbe succcesso a Paolo Borsellino. Un uomo solo che difendeva uno Stato inesistente.

"Chi ha rubato l'agenda rossa di Paolo Borsellino? Chi se ne serve, da quindici anni, probabilmente a scopo di ricatto? Se non cerchiamo di rispondere a queste domande, non possiamo dirci cittadini italiani consapevoli, ma soprattutto non possiamo illuderci di aver onorato la memoria di Paolo Borsellino e dei cinque agenti della sua scorta assassinati 15 anni fa in via D’Amelio con l’ennesima esplosione stragista della storia repubblicana... Molti giovani, oggi, non sanno neppure cosa sono state le stragi del ’92 e del ’93 in Italia, perché ci sono state, da chi siano state volute, chi siano stati gli esecutori, chi possano essere i “mandanti occulti’’ ....
Noi non ci stanchiamo di ripetere che dietro le stragi del 1992 e del 1993, 1000 chili di tritolo stragista confezionato con composti militari, oltre venti morti, cento feriti, eseguite da Cosa nostra e dai soliti ignoti committenti, c'è la coscienza sporca del nostro presente, perché dietro quelle stragi c’è la genesi della nostra Seconda Repubblica che, come ripete da anni il pm Antonio Ingroia, ex allievo prediletto di Paolo Borsellino, “affonda i suoi pilastri nel sangue’’.
Non ci stanchiamo di ripetere che quelle stragi sono state il folle rilancio di una partita (che qualcuno ha definito “trattativa’’) giocata da raffinatissime menti criminali, che hanno messo lo Stato italiano sotto scacco per occupare le istituzioni, traballanti dopo Tangentopoli e il crollo dei partiti tradizionali, e conquistare una posta tutta politica: l’abolizione del 41 bis, l’abolizione dell’ergastolo, l’abolizione della confisca dei beni, la revisione dei processi, leggi più favorevoli al rientro dall’ estero e alla gestione di ingenti capitali di provenienza oscura.
Il guaio è che, cessate di colpo le stragi, con la nascita della Seconda Repubblica, poco alla volta, una botta da destra e una da sinistra, queste richieste sono diventate materia di riforme, di autentiche concessioni, ovvero leggi dello Stato, in nome di un garantismo ipertrofico che non si capisce a chi debba servire se non agli stessi manovratori occulti della strategia della tensione, alle stesse centrali del potere criminale. Perché?
Quale eredità hanno lasciato le stragi del ’92 e del ‘93 nelle stanze del potere in Italia?
La paura di un nuovo Novantadue, oggi, torna ad agitare il paese: dai veleni del caso Bnl-Unipol, alla nuova contrapposizione tra politica e magistratura, tra ceto politico e informazione, fino all' allarme lanciato recentemente sul ritorno all' operatività di una “nuova P2’’, o meglio di un ''agglomerato oscuro'' che si muove in una logica di ricatto, un “network di potere’’ in possesso di un disegno strategico per indebolire i partiti, per minare la loro credibilità, proprio come avvenne quindici anni fa, con Tangentopoli, in un clima di destabilizzazione sempre più forte culminato poi nella stagione delle stragi. Pensiamo al caso Visco-Speciale, allo spionaggio militare, alla ''control room'' di Telecom, al dossieraggio diffuso, alle campagne di discredito contro Prodi prima delle elezioni 2006. Lo stesso Ingroia, recentemente, in un’intervista tv, ha giudicato la politica italiana una politica ''debole'', sottolineando la necessità della massima vigilanza democratica, per evitare il pericolo di una ''spallata'' alle istituzioni, nuovamente e tristemente attuale nel paese.. Come mai l’indifferenza, l’ostruzionismo, l’ottusita’ e la distrazione, le “apparenti ingenuità’’’ degli apparati istituzionali preposti alla protezione di Paolo Borsellino, quelle omissioni colpevoli che quindici anni fa portarono alla morte del procuratore aggiunto di Palermo, non hanno finora suscitato una mobilitazione politica, vera, concreta, alla ricerca della verità ulteriore su quell' eccidio?
Perché nessuno all’interno dei partiti, all’interno del Parlamento, all’interno del governo di centro-sinistra, raccoglie la richiesta, più volte avanzata da Rita Borsellino, di istituire una commissione parlamentare d’ inchiesta che scavi sui misteri ancora irrisolti delle stragi del ’92 e del ’93?
C'entra, con questa apatia istituzionale, quell'agenda rubata, forse a scopo di ricatto? I protagonisti occulti di quella stagione di terrore e di trattative sommerse, rimasti impuniti, oggi dove sono? ...
"

Sandra Rizza e Giuseppe Lo Bianco

Lettera completa:
http://www.beppegrillo.it/immagini/i...0LO_BIANCO.pdf
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Old 21-07-2007, 08:52   #16
gigio2005
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scusate non so voi ma io mi vergogno profondamente....questo 3d ha meno post di quello su totti e la nazionale....
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Old 21-07-2007, 09:18   #17
Ser21
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che i mandanti siano due,uno sceso a patti con la mafia, ed essendo uno di loro la mafia, dopo la morte del referente politico della mafia Salvo lima, non me lo levera' nessuno della mente....manco se m'ammazzassero
ci mancherebbe e' così...ci sn i rapporti tra i graviano e dell'utri a testimoniare..
come al soliti c'è di mezzo il sisde con il buon BRUNO CONTRADA...(ma ci rendiamo conto?) condannato per mafia..
Arriva tangentopoli,vengono spazzati via i referenti di cosa nostra e casualmente si costituisce forza italia,ideata da dell0utri,un associato mafioso,che viene votata da tutta la mafia siciliana e come dissi riina "berlusconi e dell'utri ce li abbiamo in mano"....oppure come dissi riina "per compiere gli attentati mi hanno preso per mano".

C'è stato un bell'accordo tra la politica emergente,la mafia potente e settori marci delle istituzioni per far fuori due persone scomode che stavano rivoluzionando l'italia.
Ricordatevi che l'accelerazione dell'uccisione dei due PM avvenen dopo che il pool antimafia si incontroò con il pool tangentopoli,per unirsi in un unico MEGA inchiesta che riguardava Politica-Economia-Mafia e chi più indicato di Mr.B per essere l'indagato #1?
Quella prevedibile inchiesta,collegata ai provenienti illeciti delle holding mediaset tramite mangano,sarebbe costato molto al cavaliere....

Insomma...1+1..
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Old 22-07-2007, 16:10   #18
Igor
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La Mafia e i suoi Complici
Gian Carlo Caselli


Paolo Borsellino: «Una di quelle creature rare che ogni tanto il cielo manda su questa terra. Ad una terra che non se la merita». Queste parole di Nino Caponnetto ci interpellano sul che fare per «meritarsi» davvero uomini come Borsellino. Sembrerà una bestemmia, ma sul punto persino la mafia può insegnarci qualcosa. Tre anni fa, ad esempio, la mafia ha «celebrato» a suo modo l'anniversario di via D'Amelio L'ha celebrato dando fuoco ad una decina di ettari coltivati a grano, ormai prossimi alla mietitura, nella zona di Portella delle Ginestre. «Normale» gesto di protervia delinquenziale? Di più: l'avvio di una strategia di aggressione contro le Cooperative con le quali giovani coraggiosi si organizzano per lavorare le terre confiscate ai mafiosi. In un territorio dove l'egemonia mafiosa impedisce ogni regolare sviluppo dell'economia, violentando il futuro di intere generazioni, queste Cooperative esprimono una grande voglia di riscatto, sono la tangibile speranza di un forte rinnovamento sociale e culturale. È per ricacciare indietro riscatto e speranza che gli attacchi (incendi e danneggiamenti) cominciati tre anni fa si sono via via intensificati ed estesi. Ecco allora che anche la belva mafiosa può insegnarci qualcosa. Può aiutarci a capire che non teme i proclami, ma le azioni positive. Come quelle delle Cooperative, appunto. Perché l'olio, il vino e la pasta prodotti coltivando le terre confiscate ai mafiosi sono antimafia robusta e concreta. La dimostrazione che la legalità, oltre che manette, può essere piattaforma di lancio per diritti, opportunità, migliore qualità della vita. Quei prodotti sono sintesi di dignità e indipendenza conquistate col lavoro. Sono recupero (parziale ma simbolicamente sempre più significativo) delle ricchezze rapinate dalla mafia alla collettività mediante il sistematico drenaggio delle risorse e la «vampirizzazione» del tessuto economico legale, a forza di estorsioni, usure, truffe, appalti truccati, tangenti, riciclaggio... Dunque, un modo serio per fare memoria di Paolo Borsellino (per «meritarci» tutti i morti di mafia che hanno dato la vita per il nostro Paese — in segno d'amore — come testimonianza della loro fede laica o religiosa) è anche sostenere queste Cooperative e tutte le attività finalizzate al reimpiego a fini socialmente utili dei beni confiscati ai mafiosi, in forza della legge 109 del 1996 per la quale «Libera» (l'associazione guidata da Luigi Ciotti) raccolse a suo tempo oltre un milione di firme.

Un altro modo per «meritarsi» Paolo Borsellino è fare tesoro delle parole che egli, pochi giorni prima di essere ucciso, pronunziò alla commemorazione di Giovanni Falcone organizzata dall'Agesci di Palermo, nel trigesimo della strage di Capaci. Borsellino (che sapeva di essere condannato a raggiungere l'amico) consegnò ai giovani un suo testamento spirituale, secondo cui «la lotta alla mafia non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolgesse tutti, che tutti aiutasse a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità». Dopo le stragi, per un certo periodo (due/tre anni) sembrò che questo puzzo potesse finalmente scomparire. Oggi, invece, lo si sente di nuovo. Vi sono politici, amministratori, imprenditori, operatori economici, medici... che ancora intrattengono — abitualmente — proficui rapporti, d'affari o di scambio, con mafiosi o con stabili collaboratori dell' organizzazione. Queste vergognose complicità o contiguità dovrebbero far rizzare i capelli in testa a tutti. Invece, quelli che si indignano sono sempre di meno. Meglio turarsi il naso fingendo di non sentire il puzzo. O cercare di esorcizzarlo autoconvincendosi che così va il mondo. Intanto, chi viene colto con le mani nel sacco può sempre contare sulla solidarietà dei suoi capi cordata, locali e nazionali. Come se la verità e certa politica fossero diventate incompatibili. Come se certa politica — autoassolvendosi in perpetuo — volesse stingere, fino a cancellarle, le frontiere fra lecito ed illecito, morale ed immorale. Ma così, invece di «meritarsi» Paolo Borsellino, si disperde la ricchezza che nasce dal suo sacrificio. Si calpestano la sua esperienza e la sua memoria. E le mafie prosperano.

Corriere della Sera
19-07-2007
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Old 22-07-2007, 17:35   #19
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ta dan!!!!!pensavo ci mettesse di meno a venir fuori LUI.......causa e manifestazione di tutti i mali dell'italico suolo, prima di LUI era tutto un fiorellin di campo, durante LUI il maleficio avvolse tutto, dopo LUI i volenterosi, coraggiosi non faranno un cazzo lo stesso tanto la colpa è sempre di LUI!
rileggere le carte dei processi? troppo difficile? se ci mettiamo l'indebolimento della magistratura, le leggi fatte per prescrivere i reati commessi, l'archiviazione dei mandanti occulti delle stragi da parte di un giudice sotto inchiesta in quanto corrotto, la bellissima legge fatta per caselli, si possiamo dire che é colpa sua se i delinquenti non sono dietro le sbarre...
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Old 22-07-2007, 17:41   #20
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giusto pre non dimenticare...

2 giorni prima che morisse borsellino fece questa intervista...
come tutti siappiamo lui era un grande comunista amico di stalin ma sopratutto é stato il fondatore dell'antiberlusconismo


http://video.google.com/videoplay?do...36472151465047
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