Spazio alle valvole, il futuro ne ha ancora bisogno

Sebbene nascosta nell'ombra, l'elettronica del vuoto ha continuato il proprio cammino evolutivo negli ultimi 50 anni: il prossimo passo è il tubo a vuoto con catodo freddo, che potrebbe essere tra noi entro la fine del decennio - liberamente tradotto e adattato da IEEE Spectrum
di Andrea Bai pubblicato il 22 Gennaio 2016 nel canale SistemiVerso il catodo freddo
Per quanto un catodo in ossido di scandio possa rappresentare un'evoluzione molto interessante, la vera rivoluzione vi sarebbe se si potesse sostituire l'emettitore termoionico con un catodo che non abbia bisogno di essere riscaldato. Ed è questo l'ambito più interessante delle attività di ricerca attorno ai tubi a vuoto: la missione verso il TWT a catodo freddo.
Un catodo capace di operare a temperatura ambiente potrebbe avere ogni sorta di vantaggio: non c'è bisogno di un elemento riscaldante, il catodo non si usurerebbe, si eliminerebbero i tempi di warm-up e il dispositivo potrebbe essere acceso e spento istantaneamente e la densità di corrente potrebbe essere molto più elevata perché la sua emissione non sarebbe limitata dalla temperatura d'esercizio.
E c'è un ulteriore vantaggio: la corrente del raggio può essere modulata direttamente al catodo, come accade nei tubi ad alta potenza usati per i trasmettitori televisivi UHF, con la differenza di operare alle frequenze delle microonde. I TWT a catodo freddo consentirebbero di dar vita ad una nuova generazione di amplificatori ultracompatti ad alta fedeltà ed elevata efficienza per l'uso, ad esempio, in potenti trasmettitori RF di piccole dimensioni o in piccoli satelliti.
Sono i motivi per i quali il mondo della ricerca si concentra da anni sulle possibilità e sui metodi di realizzare un TWT a catodo freddo. Già nel 1966 Charles Spindt e Kenneth Shoulders dello Stanford Research Institute (SRI) International di Menlo Park in California sono stati i primi ad articolarne le virtù in una pubblicazione del 1966 dal titolo "Research in Micron-size Field Emission Tubes". Sebbene vi siano varie tecniche per arrivare all'emissione di un raggio di elettroni senza riscaldamento, quello descritto da Spind e Shoulders circa 50 anni fa è ancora quello più promettente: l'emissione per effetto di campo. In estrema sintesi, quel che c'è da fare è creare un forte campo elettrico alla superficie dell'emettitore, tra questo e il vuoto.
Torniamo per un attimo all'emettitore termoionico: gli elettroni liberi in un metallo a temperatura ambiente incontrano una barriera energetica vicino alla superficie del metallo, che li mantiene confinati all'interno di esso. Quando il metallo viene riscaldato, come accade, appunto, nel caso dell'emettitore termoionico, alcuni di questi elettroni hanno l'energia sufficiente per superare la barriera e sfuggire dal metallo.
Se alla superficie del metallo si applica invece un campo elettrico il cui flusso è orientato all'interno del metallo stesso, sugli elettroni al suo interno viene esercitata una forza verso l'esterno che ha l'effetto di "assottigliare la barriera energetica": più cresce il campo elettrico, più la barriera sarà "sottile". Per ottenere un'emissione per effetto di campo al livello necessario in un TWT, la barriera deve essere così sottile che gli elettroni possano scappare attraverso di essa. Se si osserva il fenomeno con gli occhiali della meccanica quantistica, si dice che gli elettroni attraversano la barriera per effetto tunnel. Per ottenere un numero significativo di "elettroni in fuga" è necessario applicare un campo elettrico straordinariamente elevato, nell'ordine di un miliardo di volt su metro: basti pensare che nel corso di un violento temporale un campo elettrico di 2000 volt per metro è considerato pericoloso.
La strada per ottenere un campo elettrico senza dover applicare una tensione eccessiva è nella microfabbricazione. Il campo elettrico tra due elettrodi cresce alla riduzione della distanza tra di essi. Se prendiamo l'elettrodo gate caricato positivamente (cioè quello che modula l'emissione dal catodo) e l'emettitore elettrico caricato negativamente e li collochiamo ad una distanza reciproca di meno di un micrometro, si genera un forte campo elettrico il cui flusso è orientato verso l'interno alla superficie dell'emettitore. Se l'emettitore viene ridotto a scala nanometrica e sfruttando il vantaggio che avviene fisiologicamente ai punti di bordo, si crea una sorta di nanoscopico parafulmine. Questo dà luogo ad un catodo ad emissione per effetto di campo capace di operare a meno di 100V.