Thom Yorke si chiama fuori da Spotify

Il frontman dei Radiohead ritira da Spotify tutti i suoi lavori da solista. "Il meccanismo non funziona" è l'accusa dell'artista che lamenta lo scarso compenso corrisposto ai colleghi dal servizio di streaming musicale
di Andrea Bai pubblicata il 16 Luglio 2013, alle 15:08 nel canale MultimediaSpotify
Thom Yorke, frontman del gruppo rock britannico Radiohead, ha deciso di rimuovere i propri lavori da solista dal servizio di streaming musicale Spotify. Le ragioni sono state espresse su Twitter, in uno scambio con il produttore Nigel Godrich, nonché compagno di Yorke nella band Atoms For Peace.
"Una piccola e insignificante ribellione" viene descritta dai due musicisti, con Godrich che tiene a precisare: "I nuovi artisti non vengono pagati con questo modello. E' un'equazione che non funziona. Le piccole etichette ed i nuovi artisti non possono nemmeno tenere le luci accese. Non è giusto". In un altro twit Yorke afferma: "I nuovi artisti scoperti su Spotify non vengono pagati, nel frattempo gli azionisti si arricchiscono". Per amor di precisione è però opportuno osservare che attualmente Spotify non è una società quotata in borsa.
Spotify non è, ovviamente, d'accordo con Yorke e Godrich e ha emesso una dichiarazione di risposta allo scambio tra i due musicisti: "Siamo ancora nelle fasi iniziali di un progetto a lungo termine che ha già avuto un effetto positivo sugli artisti e sulla nuova musica. Abbiamo già versato 500 milioni di dollari ai proprietari dei diritti ed entro la fine del 2013 arriveremo ad 1 miliardo di dollari. Una gran parte di questa somma viene investita per allevare nuovi talenti e per produrre nuova musica. Siamo impegnati al 100% per rendere Spotify un servizio che sia il più artist-friendly possibile e siamo costantemente in contatto con artisti e manager per confrontarci sul modo in cui Spotify può aiutarli a costruire le loro carriere".
Nel corso del mese di marzo 2012 Spotify ha affermato che il 70% circa del fatturato viene corrisposto agli artisti sottoforma di royalties e che il tasso per stream è raddoppiato dall'avvio del servizio sino ai giorni nostri. Charles Caldas, CEO di Merlin Network per gli artisti indipendenti, ha però voluto osservare che il problema non è l'assenza del pagamento di un compenso equo da parte di Spotify, ma che le royalties vengono corrisposte alle etichette, le quali ne tratterrebbero gran parte prima di girare i compensi agli artisti.
6 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - info... mumble mumble ... e cosa cambia ? Anche le società non quotate hanno gli azionisti, ai quali, semplificando le cose, vengono corrisposti i dividendi periodicamente e/o su delibera dei cda.
Per una band emergente essere su Spotify è un grosso plus, indipendentemente da quanti soldi prenda.
Poi se Thom Yorke vuole far l'anticonformista anticorporate destocazzo faccia pure ma lo faccia fino in fondo e tolga i brani dei Radiohead, poi magari ci dà l'indirizzo Bandcamp e ce li ascoltiamo lì (approposito quando paga Bandcamp rispetto a Spotify? ZERO?)
Per una band emergente essere su Spotify è un grosso plus, indipendentemente da quanti soldi prenda.
Poi se Thom Yorke vuole far l'anticonformista anticorporate destocazzo faccia pure ma lo faccia fino in fondo e tolga i brani dei Radiohead, poi magari ci dà l'indirizzo Bandcamp e ce li ascoltiamo lì (approposito quando paga Bandcamp rispetto a Spotify? ZERO?)
Guardando i numeri pubblicati su un articolo de ilPost non si guadagna praticamente niente su Spotify.
Non si guadagna niente ma intanto Spotify dichiara di pagare 1 miliardo di $ in royalties, tanta roba.
Dove vanno a finire, in un buco nero?
Dove vanno a finire, in un buco nero?
Vanno a finire ai detentori dei diritti (Case discografiche) che le redistribuiscono secondo accordi precedentemente presi.
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