I datacenter nascono come funghi: la soluzione è salvare i dati nel DNA?

L'archiviazione dei dati sul DNA potrebbe essere la prossima frontiera per salvare moltissimi dati in modo affidabile per migliaia di anni. L'azienda Genomika, insieme all'Università di Tecnologia di Kaunas e ad altri partner, mira a sviluppare una soluzione autonoma per l'archiviazione dei dati nelle strutture del DNA.
di Manolo De Agostini pubblicata il 15 Luglio 2024, alle 10:31 nel canale StorageSalvare informazioni digitali nel DNA è qualcosa di cui si parla da alcuni anni e tra le società che più si sono spese in questo filone di ricerca troviamo Microsoft. La casa di Redmond sa bene che oggi, e ancora di più in futuro, la produzione di dati aumenterà a dismisura dando vita a un problema: come stoccare le informazioni a lungo e a basso costo.
Il DNA si configura come una soluzione ideale, può infatti mantenere intatti i dati per migliaia di anni e può contenere quantità enormi, nell'ordine dei petabyte o persino zettabyte, in pochi grammi.
Nel mondo gli sforzi di ricerca per rendere la molecola della vita un supporto di storage sono diversi e in queste settimane uno sviluppo in merito arriva dalla Lituania. L'azienda Genomika, insieme alla Kaunas University of Technology e ad altri partner, ha annunciato che mira a sviluppare una soluzione autonoma per l'archiviazione dei dati nelle strutture del DNA. Il valore complessivo del progetto supera i 5 milioni di euro.
Secondo Renaldas Raišutis, direttore dell'Istituto di ricerca sugli ultrasuoni K. Baršauskas dell'ateneo (KTU URI), il DNA può archiviare perfettamente grandi quantità di dati.
"In una società digitalizzata a livello globale, ogni anno vengono creati e utilizzati sempre più dati. I centri di archiviazione dati convenzionali consumano l'1,5% dell'elettricità mondiale ed emettono 200 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO2) all'anno".
Secondo il professore è in corso una ricerca globale di soluzioni di archiviazione dati affidabili, ad alta densità, sostenibili ed economicamente vantaggiose. Per questo motivo si sta lavorando sulla memorizzazione dei dati nelle molecole di DNA.
Mentre 65 anni fa un hard disk da 5 megabyte (MB) poteva a malapena entrare in un aereo da carico, oggi tale dimensione è equivalente alle dimensioni di una fotografia digitale media. Tuttavia, nonostante l'evoluzione delle tecnologie di archiviazione dei dati, quelle attuali non riescono a soddisfare la crescente domanda.
Il progetto DNA Microfactory for Autonomous Archiving (DNAMIC), guidato dall'azienda lituana Genomika e da un team internazionale di ricercatori, punta a sviluppare entro 3 anni "un hard disk" basato sull'archiviazione dei dati nelle molecole di DNA.
Il progetto è finanziato dal programma EIC Pathfinder, parte di European Horizon, e conta partner come la società Kilobaser, la Technical University of Munich, la University of Applied Sciences and Arts of Western Switzerland, la University of Geneva e l'Imperial College di Londra.
Secondo il dottor Lukas Žemaitis, cofondatore di Genomika, una tecnologia di archiviazione sviluppata e perfezionata nel corso di miliardi di anni potrebbe essere la risposta ai problemi attuali e futuri.
Ignas Galminas, altro cofondatore di Genomika, spiega che questa invenzione potrebbe risolvere una moltitudine di problemi legati all'archiviazione dei dati, come l'utilizzo di acqua e metalli rari, la longevità e altri ancora.
"Se non si risolve il problema dell'archiviazione dei dati, entro il 2060 i grandi datacenter copriranno l'intera superficie della Terra", osserva.
Genomika, KTU e ricercatori di altri quattro Paesi stanno lavorando insieme per sviluppare la prima unità modulare che consentirà a un utente senza conoscenze specifiche di tecnologie genetiche di registrare e leggere informazioni digitali utilizzando il DNA.
"Una caratteristica interessante delle cache di DNA è la loro capacità di memorizzare grandi quantità di informazioni in uno spazio molto ridotto. È significativamente più compatto dei tradizionali supporti digitali. Il DNA è estremamente stabile e affidabile per la memorizzazione di informazioni a lungo termine", ha concluso il professor Raišutis.
11 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoEsatto, magari usando l'intelligenza artificiale, quello che uno ha cercato online 10 anni fa non credo abbia una qualche importanza
Tutto sta a riuscire a codificare il singolo dato...
Condivido anche i commenti sulla selezione del materiale da conservare... l’articolo parla di 5mb per foto, e in effetti un qualunque smartphone fa foto di quel "peso".
Le app per scattare foto ormai non permettono nè di impostare la risoluzione, nè la compressione....
Ma più che altro è un trucco dei produttori per riempire la memoria del telefono rapidamente, perchè se le si riscala alla metà o a 1/4, oppure le si ricomprime a 1mb o anche a qualche centinaio di kb, la differenza è totalmente impercettibile.
Basterebbe evitare di produrre milioni di video spazzatura, vedi Tik Tok. Ma in fondo i social si basano sopratutto sulle fesserie.
Ben detto. Tutti e di corsa !
Sono anni che non leggo qualcuno che lo dice.
Se solo chi archivia, chi programma, anche chi solo mi invia le foto di un foglio via email di 15MB si impegnasse, vedreste 10x IN MENO di spazio come minimo e software leggeri, eh ma cosi' non servirebbe piu' cambiare cosi' spesso HW.. eh allora nulla, come non detto..
Si vero, perche' si basano su cio' che interessa ed e' vitale per' la maggioranza delle Persone.
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