Addio alle password tradizionali? La nuova frontiera è una molecola di plastica

Un team di ricercatori ha sviluppato una tecnologia che permette di memorizzare password all’interno di molecole di plastica, leggibili tramite segnali elettrici e potenzialmente più sicure rispetto ai metodi tradizionali di autenticazione digitale. Ma quali sono i pro e i contro?
di Lorenzo Tirotta pubblicata il 19 Maggio 2025, alle 16:30 nel canale Sicurezza
Password di plastica: la rivoluzione della sicurezza digitale parte dai polimeri
L’idea di utilizzare le molecole come supporto per la memorizzazione delle informazioni non è del tutto nuova: la natura ci offre già esempi straordinari, come il DNA, capace di conservare dati per millenni senza bisogno di energia. Però, la vera sfida è sempre stata l’accessibilità: leggere le informazioni codificate in una molecola richiede spesso strumenti complessi e costosi, come i spettrometri di massa, poco pratici per un uso quotidiano o su larga scala.
Il team texano ha superato questo ostacolo progettando molecole che racchiudono sequenze di informazioni elettrochimiche. In pratica, hanno creato una sorta di “alfabeto” composto da 256 caratteri, ognuno rappresentato da una combinazione di quattro diversi monomeri, ciascuno con proprietà elettrochimiche uniche. Unendo questi monomeri in catene, hanno codificato una password di 11 caratteri (“Dh&@dR%P0W¢”) direttamente nella struttura di un polimero.
Come funziona la lettura della password
La vera innovazione sta nel metodo di lettura, infatti invece di ricorrere a strumenti ingombranti, i ricercatori hanno sviluppato una tecnica che sfrutta segnali elettrici. Il polimero viene “smontato” sequenzialmente, un monomero alla volta, e ogni unità rilasciata produce un segnale elettrochimico distinto. Questi segnali vengono poi interpretati tramite voltammetria, consentendo di ricostruire la sequenza originale della password.
Il processo, seppur ancora lento (circa 2,5 ore per una password di 11 caratteri) è comunque una grande scoperta: la lettura avviene senza necessità di energia continua per la conservazione dei dati e con strumenti potenzialmente più compatti ed economici rispetto ai sistemi attuali.
Password del futuro: pro e contro
Tra i principali punti di forza di questa soluzione abbiamo:
-
Durata nel tempo: le molecole possono conservare informazioni per periodi molto lunghi senza alimentazione.
-
Sicurezza fisica: la password è nascosta nella materia stessa, rendendo estremamente difficile l’accesso non autorizzato senza il materiale fisico.
-
Potenziale integrazione con dispositivi elettronici: la lettura tramite segnali elettrici apre la strada a future applicazioni nei chip e nei dispositivi di uso quotidiano.
D'altro canto, non mancano i limiti:
-
Lettura monouso: una volta decodificata, la catena molecolare viene distrutta e non può essere ricostruita automaticamente, rendendo la password utilizzabile una sola volta.
-
Velocità: il processo di lettura è ancora troppo lento per un impiego pratico su larga scala, ma i ricercatori sono già al lavoro per accelerarlo.
Secondo gli autori dello studio, l’obiettivo ora è miniaturizzare ulteriormente la tecnologia e integrarla nei sistemi elettronici moderni. Forse, in un futuro non troppo lontano, la nostra prossima password sarà davvero un piccolo pezzo di plastica.
7 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoLa vera notizia è che è un primo passo verso un nuovo tipo di memorie "molecolari".
Vabbe antendiamo ancora che hanno dimostrato con test che tutti i supporti a memorizzazione non fisica, ad esempio SSD se non alimentati regolarmente nel breve periodo (qualche anno) perdono parte dei dati.
l'avevo letta sta cosa, e sta anche a significare che non è manco improbabile una larga quantità di dati persi per sto motivo.
Non è che ti stai confondendo? Che io sappia con memoria fisica si indicano proprio "quelle su chip" tra cui anche i vari tipi di Nand flash
https://phoenixnap.it/glossario/memoria-fisica
Già, ad una ricerca veloce ho ritrovato questo articolo https://www.ilsoftware.it/attenzione-le-unita-ssd-possono-perdere-dati-dopo-2-anni-se-non-alimentate/
Che parla di dati corrotti dopo circa 2 anni di inattività e di come sia bene tenere gli ssd alimentati
[COLOR="DarkRed"]Perché avvengono le perdite di dati su SSD?
Le celle NAND, sulle quali le unità SSD basano il loro funzionamento, memorizzano i dati intrappolando elettroni in un componente chiamato floating gate (o nel caso delle NAND più recenti, in una charge trap). Il numero di elettroni presenti determina il livello di carica, che a sua volta rappresenta un valore binario (0 o 1, oppure più stati nei modelli MLC, TLC, QLC). Questa carica non è permanente: con il tempo può dissiparsi anche se non ci sono letture o scritture in corso.
Le memorie di tipo SLC (Single-Level Cell) mantengono la carica più a lungo (anni), mentre MLC, TLC e QLC hanno una retention inferiore perché i livelli di carica sono più vicini tra loro e più sensibili al degrado.
Gli algoritmi di correzione degli errori (ECC) e di refresh delle celle richiedono un’alimentazione attiva. Quando l’unità è spenta, questi meccanismi non possono agire, lasciando i dati esposti ad errori.[/COLOR]
E perle MLC (che se non erro vengono più che altro usati nei datacenter) mi pare si parli di tempi molto inferiori tipo 6 mesi...
Che parla di dati corrotti dopo circa 2 anni di inattività e di come sia bene tenere gli ssd alimentati
[COLOR="DarkRed"]Perché avvengono le perdite di dati su SSD?
Le celle NAND, sulle quali le unità SSD basano il loro funzionamento, memorizzano i dati intrappolando elettroni in un componente chiamato floating gate (o nel caso delle NAND più recenti, in una charge trap). Il numero di elettroni presenti determina il livello di carica, che a sua volta rappresenta un valore binario (0 o 1, oppure più stati nei modelli MLC, TLC, QLC). Questa carica non è permanente: con il tempo può dissiparsi anche se non ci sono letture o scritture in corso.
Le memorie di tipo SLC (Single-Level Cell) mantengono la carica più a lungo (anni), mentre MLC, TLC e QLC hanno una retention inferiore perché i livelli di carica sono più vicini tra loro e più sensibili al degrado.
Gli algoritmi di correzione degli errori (ECC) e di refresh delle celle richiedono un’alimentazione attiva. Quando l’unità è spenta, questi meccanismi non possono agire, lasciando i dati esposti ad errori.[/COLOR]
E perle MLC (che se non erro vengono più che altro usati nei datacenter) mi pare si parli di tempi molto inferiori tipo 6 mesi...
Conta che il fisso di mia sorella, finché lo usavo io era acceso una volta al giorno, poi è stato staccato per almeno 4-5 mesi , quindi totalmente inusato, e non c'ha avuto problemi (vabbè che a supporto c'ha un HD "normale"
Tempo fa per esempio avevo letto una cosa simile riguardo i supporti, li ho notato che giusto qualche CD/DVD scrauso non veniva più letto*, il resto a distanza anche di 2 decadi funzionano benissimo.
Insomma, se a sto punto se ne escono fuori con qualche altra novità e neanche troppo costosa non sarebbe male.
* dimenticavo, ai tempi del XP avevo un lettore CD/DVD che mi leggeva letteralmente tutto, non ho visto su un pc successivo a quello che non aveva problemi nella lettura anche di supporti letteralmente messi male.
E non parlo "tanto per..." avevo avuto modo casualmente di testare più cose su vari pc e vedere come al mio aveva meno difficoltà nella lettura.
Devi effettuare il login per poter commentare
Se non sei ancora registrato, puoi farlo attraverso questo form.
Se sei già registrato e loggato nel sito, puoi inserire il tuo commento.
Si tenga presente quanto letto nel regolamento, nel rispetto del "quieto vivere".