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Bush,i Gay e l'insostenibile peso della tauromachia
Lucia Annunziata per La Stampa
Il destino ha deciso molte cose a favore di George Bush, ma, come il famoso diavolo, non ha fatto delle sue pentole tutti i coperchi. E’ successo così l’impensabile: che il severo, abile, capace vicepresidente Cheney venisse in politica con in dote una figlia bella, intelligente, abile quanto e forse più di lui, ma gay. Gay e felice di esserlo, che ha fatto della sua identità sessuale la sua fortuna professionale: Mary Cheney, 32 anni, è infatti una manager di altissimo livello della casa di produzione della birra Coor´s, società per la quale è incaricata di definire le vendite per il settore gay; e oggi è organizzatrice politica (a pagamento) della campagna di rielezione del padre e del presidente. Un paradosso politico, in apparenza, che però nella tesissima battaglia in corso sta avendo il ruolo di una cartina di tornasole che, a ogni svolta del dibattito politico (approvazione, disaccordo, polemiche) rivela un lato del pragmatismo e della complessità sociale della politica americana. Società e sistema in cui è sempre più chiaro che essere gay non porta a una identificazione politica univoca: non tutti i gay sono per Kerry. D’altra parte, che cosa significa essere gay e repubblicani, sostenitori cioè di un partito che è ufficialmente contro il matrimonio fra coppie dello stesso sesso, e che condanna l’omosessualità come un peccato? Cominciamo con le vicende recenti. Mary Cheney è tornata alla ribalta politica quando, nel corso del terzo e ultimo faccia a faccia fra i candidati, Kerry ne ha fatto il nome indicandola come lesbica. Una volgarità, una furbizia elettorale, un colpo basso: la mossa del democratico ha trasformato di colpo in uno scontro nazionale un capitolo sociale tenuto finora solo discretamente in vista. La domanda che nell’ultimo dibattito ha provocato la risposta di Kerry era fatta in realtà per imbarazzare lui, cattolico dichiarato, agli occhi dei suoi tanti elettori cattolici: «L’omosessualità è una scelta?». Il candidato aveva poche vie di uscita: appellarsi alla teoria genetica («nasciamo così», secondo una tesi che i conservatori usano per giustificare l’omosessualità come fosse una malattia) o dire che certo è una scelta (ma insomma, allora si può evitare!). Con un colpo d’ala Kerry ha invece ribaltato la palla in campo avverso. «Siamo tutti figli di Dio», ha esordito ecumenicamente, per poi aggiungere con perfidia: «E io credo che se voi parlaste con la figlia di Cheney, che è lesbica, lei vi direbbe che è quello che è, che è quello che è nata per essere. Io credo che se parlate con chiunque, ci dirà che non è una scelta». L’intera nazione, e certamente l’aula magna dell’Università dove il dibattito si è svolto, ha per un momento trattenuto il respiro: in prima fila infatti c’era tutta la famiglia Cheney, con figlia e compagna della figlia. Molti, anche fra i democratici, hanno trovato l’affondo di cattivo gusto. E il giorno dopo Lynne Cheney, una donna molto silenziosa che gode però di grande reputazione politica soprattutto fra i neocon, ha rotto la mielosa convenzione che vuole le mogli zitte e sorridenti, e ha detto: «Che disgustoso e volgare trucco politico... Questo qui non è un buon uomo. Ed è ovvio che parlo come madre, e madre furiosa». Cheney padre ha seguito a ruota: «Chi avete visto è un uomo che non si ferma davanti a nulla per essere eletto. E anch’io parlo come padre, e sicuramente arrabbiato». Apriti cielo! Rotto il clima di correttezza politica di solito tenuto intorno all’argomento gay, finalmente la polemica è partita con la violenza di una bottiglia agitata dopo essere stata tenuta troppo a lungo chiusa. Kerry e i suoi si sono difesi dichiarandosi finti sorpresi: ma come, allora è offensivo essere gay? Ma come, hanno riempito pagine e pagine di blog i militanti gay, Mary non aveva fatto una professione della sua identità sessuale? «Il mio voleva essere un apprezzamento», ha detto Kerry, giocando a scoprire le radici dell’indignazione dei Cheney. La verità che c’è infatti dietro l’offesa sentita dalla famiglia del vicepresidente è in fondo un po’ la rivelazione della sofferta ambiguità con cui la questione omosessuale è vissuta in campo repubblicano: la stessa Mary, usata finora per dimostrare che anche in campo conservatore c’è posto per ampia tolleranza, si rivela poi una ferita aperta per la famiglia, se viene pubblicamente indicata come lesbica. Un problema per altro di natura tutt’altro che familiare. Nelle ultime elezioni un milione di gay votarono George Bush. Essi contano per l’uno per cento del totale elettorale e il 25 per cento del voto gay: la corsa ad accaparrarsi anche l’ultima scheda che domina la campagna elettorale fa del voto gay un ampio serbatoio, le cui oscillazioni potrebbero essere decisive. Da qui la complessa e delicata congiuntura in cui i repubblicani sono finiti, e in cui si è incagliato il dibattito della stessa comunità omosessuale, che ritorna sempre sulla stessa questione: esiste, dopotutto, un gay repubblicano, e come è fatto? In un recente film, un gran successo cripto-anti-Bush, «Stepford wife» (in Italia: La donna perfetta) interpretato da Nicole Kidman, c’è una risposta a questa domanda. Il film narra di coppie che si spostano dalla grande città nell’idillica cittadina di Stepford, in Connecticut, e trovano lì serenità, con donne che diventano perfette - appunto - nei loro vestiti a fiori e nella sorridente sottomissione ai mariti. E i mariti tornano ragazzini, passando il tempo al club e giocando con le macchinine. Nelle coppie che cambiano c’è anche una coppia gay: nel giro di alcune settimane la parte femminile dei due si trasforma, lascia le camicie di Dolce e Gabbana, i pantaloni Prada e i capelli gelatinati, per indossare un completo Brooks Brothers, cravatta regimental, e presentarsi, con voce tonante, candidato al Senato. E’ la trasformazione di un gay trasgressivo in un gay benpensante, di un gay cittadino, votante democratico, nel perfetto candidato di minoranza repubblicano. La sua trasformazione è così descritta: «Si può essere gay senza essere checche». Nel film, naturalmente, tutto questo finisce presto: la trasformazione è dovuta a una scienziata pazza che impianta dei microchip nei cervelli delle donne di Stepford per farle tornare a uno stato di perfezione femminile. I microchip vengono battuti da Nicole Kidman, e il gay risvegliandosi dalla manipolazione si guarda ed esclama in orrore: «Ma cosa indosso?». La sua buffa parabola coglie tuttavia il dilemma. I repubblicani gay votarono Bush nelle scorse elezioni soprattutto negando la loro specifica identità di voto: «C’è questa falsa idea che per i gay conti soprattutto la sessualità; invece il nostro voto va, come quello di tutti, al merito delle diverse questioni: tasse o terrorismo o sicurezza». Quattro anni dopo, tuttavia, questa posizione non è facile da mantenere. Soprattutto per la scelta del presidente di opporsi al matrimonio tra coppie dello stesso sesso. Fin dalla primavera scorsa, quando la questione è salita agli onori della cronaca, i gay repubblicani sono divisi tra lealtà a Bush e propri principi. Alcuni, come Patrick Guerriero, leader di un conosciutissimo gruppo, il «Log Cabin Repubblican» (si prega notare il nome: «Log Cabin» è la famosa capanna di tronchi simbolo del machismo del West), hanno protestato ma solo a mezza voce; altri, come Charles Francis, leader gay della coalizione «Republican Unity Coalition», si sono dichiarati contro le posizioni del presidente, ma con la motivazione che «tradiscono l’idea di Federalismo e di non ingerenza del governo centrale» proprie dei conservatori. Quasi tutti loro si sono rivolti a Mary Cheney perché si schierasse apertamente in merito. Ma «la sventurata non rispose». Nonostante il suo impegno e la sua orgogliosa rivendicazione del suo destino. Lasciando così poi che fosse Kerry a richiamarla al peso di questa sorte.
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che i repubblicani siano contro il matrimonio gay è esatto
che lo considerino un peccato è errato, in quanto non tutti i repubblicani sono religiosi, e anche all'interno del partito ci sono quelli che o sono omosessuali o comunque non considerano un peccatto essere omosessuali ("perchè se Dio li ha creati così, di certo non può essersi sbagliato") la diatriba sui gay è abbastanza ridicola se si esclude il punto di vista del matrimonio, dato che negli USA i gay hanno gli stessi diritti degli eterosessuali da quando "Zapatero faceva la pipì a letto". l'articolo è interessante ma inesatto
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Secondo Human Rights Watch, la politica dell'esercito Statunitense che prevede il licenziamento dei soldati gay che rivelano il loro orientamento sessuale viola i diritti umani. Qualsiasi persona appartenente al personale militare che riconosca la sua omosessualità a parole o nei fatti viene congedata. Tra il 1994 e la fine del 2001, oltre 7800 persone sono state espulse dall'esercito a causa di tale politica. HRW ha chiesto al Presidente Bush di mettere fine a questi congedi basati sull'orientamento sessuale e di lavorare con il Congresso per annullare la legge del 1993 che codifica questa politica discriminatoria. I gay e le lesbiche sono congedati senza riguardo alle loro capacità o impegno, e sono solo vittime di timori irrazionali e di stereotipi che gli eterosessuali hanno nei loro riguardi. Coloro che sostengono questa politica dicono che permettere ai gay e alle lesbiche dichiarati di servire nell'esercito indebolirebbe la coesione e quindi l'efficacia dell'esercito. Ma non ci sono prove che supportano tale tesi. Gli altri membri della NATO e molti alleati degli USA che hanno partecipato all'operazione Enduring Freedom permettono agli omosessuali di servire nell'esercito con le stesse regole degli eterosessuali. Nell'ultimo decennio, molti alleati degli USA come la Gran Bretagna, la Germania, il Canada e Israele hanno cambiato le politiche discriminatorie accettando i gay e le lesbiche nell'esercito senza che quest'ultimo abbia perso efficacia. Un tempo, i sostenitori delle unità militari separate in base alle razze insistevano nel dire che l'integrazione razziale in ambiente militare avrebbe distrutto l'esercito. Gli stessi argomenti indifendibili vengono fatti per i gay e le lesbiche. Secondo HRW, tra l'Ottobre 2001 e il Settembre 2002, l'esercito ha congedato 10 linguisti perché erano gay. Nel solo 2001 ben 1.256 persone sono state congedate per il loro orientamento sessuale - il doppio dei congedati del 1992, l'anno prima della promulgazione della legge. Questa politica è costata all'esercito circa 218 milioni di dollari per reclutare e addestrare nuovo personale al fine di sostituire coloro che erano stati congedati per il loro orientamento. HRW sostiene che tale politica ha perpetuato il pregiudizio contro i gay e le lesbiche che lavorano nell'esercito. La violenza contro i gay rimane comune: i gay nell'esercito sono sottoposti a minacce e attacchi fisici e psicologici. Il pentagono ha fatto poco per proteggere i gay e le lesbiche da trattamenti ostili o violenze, e i colpevoli godono di totale impunità. Molti scelgono di continuare a essere vittime della violenza in silenzio per il timore che la denuncia dei fatti porterebbe alla divulgazione del loro orientamento sessuale e quindi al congedo. Sebbene il Pentagono abbia annunciato nel 2000 un piano di azione per combattere le violenze contro i gay, secondo HRW, ha fallito nell'implementarlo. Il primo caso di congedo di militari gay negli USA si è verificato nel 1778, ma la legislazione non ha espressamente escluso i gay dall'esercito fino alla prima guerra mondiale, a partire dalla quale la sodomia nell'esercito è stata criminalizzata. Nel 1993, Clinton chiese di riformare la legislazione, ma incontrò una forte opposizione sia in parlamento che in ambiente militare. Così si arrivò ad un compromesso: i gay e le lesbiche possono servire nell'esercito finché non riconoscono la loro omosessualità a parole o nei fatti. Questa politica è chiamata "don't ask, don't tell" perché i soldati non devono dire di esser gay, e l'esercito non deve chiedere se lo sono. fonte: Human Rights Watch; traduzione di: Fabio Quattrocchi http://www.ecplanet.com/canale/varie.../ecplanet.rxdf
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#4 | |
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bisogna sempre andare a cercare i casi limite i gay nell'esercito non sono mai stati visti di buon occhio praticamente ovunque adesso viene fuori che se sei gay negli USA sei discriminato ormai a nessuno fa piu ne caldo ne freddo qua da me in provincia di treviso e negli USA invece... sempre a piangere il morto... che palle... ok allora rettifico FUORI DALL'ESERCITO negli USA i gay hanno gli stessi diritti degli eterosessuali da quando "Zapatero faceva la pipì a letto". mamma mia...
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#5 |
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Interessante e dotto lo scambio di opinioni fra Adriano Sofri e Giuliano Ferrara su diritti degli omosessuali e libertà sessuale. Al centro la questione del matrimonio che viene ripresa anche da Luca Sofri (su Wittgenstein), il quale sembra ricondurla esclusivamente ad un problema di libertà di scelta: un concetto che in generale qui si apprezza parecchio ma che in certi casi non basta a spiegare tutto. A mio parere l’equivoco di fondo consiste nella definizione del matrimonio tra persone dello stesso sesso come «diritto» e nella relativa pretesa di includere nella categoria dei «diritti» ogni rivendicazione - per quanto rispettabile o condivisibile - di qualsiasi gruppo sociale. In primo luogo il fatto che gli omosessuali (o alcuni tra essi, o i loro rappresentanti) ritengano che il matrimonio sia un concetto del tutto indipendente dall’identità sessuale non implica automaticamente che così debba essere per chiunque (opinione pubblica, istituzioni, legislatore). Ma soprattutto è falso che l’impossibilità di accedere ad una medesima condizione giuridica di altri soggetti determini sempre e comunque una discriminazione. In quanto negozio giuridico, dal matrimonio discendono diritti ed obblighi. Ma in ogni contratto (o negozio giuridico bilaterale), esistono anche motivi di incapacità che non ne consentono la stipula a determinati soggetti senza che per questo si gridi all’intollerabile diseguaglianza di trattamento (prego astenersi dal «come puoi paragonare l’essere gay con la minore età del contraente...», perchè non attacca).
Sembra invece che i sostenitori senza se e senza ma del matrimonio tra persone dello stesso sesso considerino il suo mancato riconoscimento come violazione di un diritto alla stessa stregua (per esempio) della privazione del voto o di altri diritti civili e politici. La tesi però è quantomeno discutibile. I diritti civili e politici - almeno nella dottrina liberale – appartengono alla persona in quanto tale. La loro negazione risulta intollerabile perchè priva la persona di prerogative fondamentali senza le quali la piena espressione della propria personalità, delle proprie ambizioni, del proprio essere diventa impossibile. E’ per questo che nessuna inclinazione sessuale, nessuna credenza religiosa, nessuna appartenenza etnica possono – nelle società che rispettano i diritti individuali – giustificare la violazione o la negazione di queste prerogative. E’ per questo che se si impedisce ad un omosessuale (in quanto tale e in quanto persona) di votare o ad un nero (in quanto tale e in quanto persona) di esprimere pubblicamente la propria opinione si commette un crimine. Ma l’estensione del matrimonio a persone dello stesso sesso non risponde alla medesima logica perchè, invece di riconoscere un’uguaglianza di diritti nella diversità, annulla la diversità in nome del riconoscimento di un preteso diritto. Quel che più sorprende, infatti, nei fautori del matrimonio tra omosessuali è il darne per scontata l’assoluta equiparabilità al matrimonio eterosessuale: il caso spagnolo è – ancora una volta – esemplare. Il governo socialista ha approvato una riforma di questa portata senza che nella società si sia sviluppato alcun dibattito al proposito. Ogni voce contraria è stata immediatamente bollata come «reazionaria» e «retrograda» e la componente cattolica (che può non piacere ma esiste ed ha un peso) semplicemente tacitata e spesso in modo sprezzante. Ora: si può pensare quel che si vuole del matrimonio omosessuale e certamente sia chi è favorevole sia chi è contrario ha dalla sua argomenti sostenibili. Ma che si tratti di materia controversa è sicuro. Anche senza scomodare improbabili teorie su sconvolgimenti epocali che la riforma provocherebbe nel tessuto sociale, è chiaro che matrimonio eterosessuale e matrimonio omosessuale non sono la stessa cosa, per alcune ragioni evidenti che sarebbe superfluo perfino sottolineare. Ciò non implica di per sé il rifiuto del secondo ma la mancata considerazione di questa differenza rende di per sé dubbie le motivazioni di una sua acritica accettazione. Ecco perchè far passare una decisione dalle forti connotazioni ideologiche (l’ideologia è il motore di ogni mossa del governo Zapatero) come l’unica possibile, nella pretesa di rappresentare eticamente l’intera società e tentando (riuscendoci) di emarginare ogni voce dissenziente è un po’ come trattare da paria un commissario europeo cattolico dopo aver fatto scempio delle sue dichiarazioni e poi andare a dormire convinti di aver dato lezioni di progresso.
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#6 |
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La cosa che più mi fa sorridere in questi giorni-settimane, ma sorridere in senso non di scherno o denigrazione, bensì sorridere nel senso più puro del termine, è che improvvisamente il "popolo omosessuale" ha acquisito una risonanza, una ribalta, un'importanza impressionanti e, forse, senza nemmeno un reale fondamento.
Che due persone che si amano abbiano come obiettivo il vivere il proprio amore in modo non clandestino ma alla luce del sole, il veder riconosciuta la propria unione non come un semplice soddisfacimento di una pulsione sessuale ma come la volontà concreta di dividere insieme ogni giorno della propria vita con tutte le gioie e difficoltà che ne conseguono, credo non sia poi niente di trascendentale o "nuovo"... più o meno da sempre questo è stato il desiderio di due persone innamorate l'una dell'altra. Quindi, mi stupisce vedere o leggere dichiarazioni e commenti che suonano quasi come di stupore di fronte alla richiesta crescente da parte delle coppie omosessuali di avere un riconoscimento giuridico della propria volontà di unione. Volontà di unione che, probabilmente per evitare termini lunghi o per chissà quale altra ragione viene etichettato come "matrimonio" per quanto non abbia col matrimonio stesso alcuna reale attinenza (e in questo ha avuto ragione Buttiglione nello specificare l'etimologia di tale parola... peccato che l'abbia detto troppo tardi anziché al momento giusto). Sarebbe più giusto chiamarla sempre "unione civile", se non si trova un vocabolo più adatto a descriverla; si eviterebbero fraintendimenti e sarebbe più comprensibile per chiunque. E ci sarebbero forse anche meno polemiche e "atti di forza" che francamente appaiono un po' "tirati per la giacca". Perché non riesco a credere che Buttiglione sia stato bocciato solo per le sue parole sugli omosessuali, anche se sicuramente per tutti è la spiegazione più semplice dare la colpa alla "lobby dei gay"... solletica giusto giusto quell'omofobia che per anni e secoli ha imperato e un bel po' impera ancora... direi quasi che "fa chic e non impegna", si da la colpa ai finocchi ed evitiamo di pensare se magari i motivi siano stati altri. Così come ci si meraviglia e si grida allo scandalo per le decisioni politiche di Zapatero... legalizzare le coppie gay e addirittura fargli adottare dei figli!!! Peccato che in Spagna i gay avessero giä dei figli, dato che i single lì possono adottare dei bambini... in barba a tutti gli studi ed etiche che noi in Italia abbiamo subito rispolverato a tambur battente. Ci si meraviglia di come su un tema come quello delle unioni omosessuali la Chiesa Cattolica si sia trovata sola e isolata a "combattere" una battaglia di cui essa stessa ha posto le fondamenta da anni... almeno dal 2000 quando incredibilmente ha chiesto la libertà per i carcerati e condannato a gran voce l'omosessualità solo perché qualche carnevalaio fuori stagione ha sfilato per la città di Roma. Eppure... in molti si sono chiesti come mai liberare chi aveva fatto del male (perché se si va in galera non è poi tanto facile andarci senza aver fatto nulla) e condannare chi del male non ne faceva di sicuro allontanandolo in maniera brutale da quella comunione di credenti che non si era fatta problemi ad accogliere al suo interno boss e criminali mafiosi (andando anche a dirgli Messa in casa) in nome del "siamo tutti figli di Dio". Che poi a guardar bene nel Catechismo la Chiesa non "condanna" affatto gli omosessuali... non si lancia in anatemi o scomuniche, ma anzi dice che devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione (http://www.vatican.va/archive/catech...s2c2a6_it.htm, punto 2358) ![]() In definitiva: davvero gli omosessuali hanno tutta questa importanza? O ancora una volta è più semplice usarli come "capro espiatorio" per attizzare uno scontro ormai fattosi pesante tra potere temporale e potere spirituale?
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#7 |
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Paracleto, ma l'hai scritto tu quello che hai postato?
![]() Interessante anche la prima parte l'ultimo intervento di blue (sulla seconda parte qualche osservazioni l'avrei). Converrai pero' che quelle distinzioni di cui hai parlato all'inzio non sono sempre così chiare all'opinione pubblica.
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#8 | |
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sostiene che non è la privazione di un diritto ma che "esistono anche motivi di incapacità che non ne consentono la stipula a determinati soggetti senza che per questo si gridi all’intollerabile diseguaglianza di trattamento" senza però saper specificare quali... in definitiva più che sostenere qualcosa si limita a punzecchiare le posizioni altrui... in effetti ricorda molto uno dei tuoi post ![]() |
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#9 |
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spiritosone
![]() a me va bene quello che ha espresso blue, "un riconoscimento giuridico della propria volontà di unione", per il resto mi sembra che Paracleto abbia evidenziato bene l'uso improprio di alcuni vocaboli
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#10 | |
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#11 | |
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#12 |
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calma calma bluelake
calma nessuno ha mai detto ne sostenuto che i gay non debbano vedere riconosciuta la propria unione, ed anzi gia oggi, se non esiste il matrimonio omosessuale, esiste il riconoscimento delle coppie "de facto", una coppia omosessuale ha lo stesso trattamento di una eterosessuale ad esempio per quanto riguarda il lascito patrimoniale del partner (ricordo anche una causa a forum al riguardo) o comunque altre tutele che si applicano alla coppia in quanto tale ma il matrimonio è un'istituzione nata come unione tra uomo e donna, un'unione che serve a dare vita ad una famiglia, un nucleo che rappresenta la società in nuce, la parte più piccola della società e ciò da cui la società ha origine alla persona, sia gay che eterosessuale, i diritti non debbono venire negati, mai e per nessun motivo, ma esistono anche situazioni che non possono essere accessibili a tutti, semplicemente perchè mancano i presupposti perchè tali situazioni si verifichino da un punto di vista giuridico, è sacrosanto che alle coppie gay vengano riconosciuti i medesimi diritti e doveri delle coppie eterosessuali per quanto riguarda lo "status" di coppia, non è però sensato che possano accedere ad una stipula che ha necessariamente come contraenti un uomo e una donna, che si presuppone daranno origine a una famiglia ed a dei discendenti, cosa che una coppia gay non può fare. la famiglia è il motore pulsante che rigenera le cellule del tessuto sociale, senza famiglie si cesserebbe ogni forma di società ordinata, che educa i piccoli ad allevare i futuri membri e così via una famiglia omosessuale non è una spinta sociale in quanto non può riprodursi, forma solo una coppia di persone che volontariamente stipula un contratto, un contratto che permetta loro di "dividere insieme ogni giorno della propria vita con tutte le gioie e difficoltà che ne conseguono" ma nessuno vuole impedire che questo accada, sia ben chiaro ciò che si vuole impedire è l'equiparare una coppia eterosessuale ad una omosessuale, per il semplice fatto che sono evidentemente, biologicamente e fattualmente differenti NON da un punto di vista di diritti o doveri ma da un punto di vista di impatto sulla società. -@Bet quando le fonti non sono "repubblica", "liberazione", "unità" eccetera, preferisco glissare, se avessi linkato 1972 , come già accaduto con il foglio et alia, il commento sarebbe stato "quel fascista di enzo reale" e si sarebbe passati oltre cmq ti mando per PM le fonti degli articoli piu interessanti ![]() per carità, anche io non mi riterrei molto equilibrato se postassi link a roba scritta da storace, ma ad esempio un giornalista che amo molto, mattia feltri, scrive su libero, giornale che a me non piace se linkassi un suo articolo e nel link ci fosse il rimando al sito del giornale di feltri (per fare un esempio) gia immagino (non a torto, devo dire) lo sghignazzare eccetera, e un articolo magari valido resterebbe non letto- jumpermax la spiegazione sul perchè un matrimonio gay andrebbe "proibito" è scritta chiara, se poi non sai leggere è altro discorso "esistono anche motivi di incapacità che non ne consentono la stipula a determinati soggetti senza che per questo si gridi all’intollerabile diseguaglianza di trattamento" è un esempio ad esempio, non puoi far firmare un contratto a uno dopo averlo ubriacato è una intollerabile diseguaglianza di trattamento? no, non lo è si tratta di una frase che serve ad esplicare basta leggere...
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#13 | |
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![]() Sul fatto che oggi una coppia omosessuale abbia delle tutele, non mi risulta che sia così semplice come tu lo descrivi... io e Dario davanti alla legge siamo due perfetti estranei, come due studenti universitari che dividono lo stesso tetto... devo parlarne con Nemorino appena lo ribecco astemio ![]()
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#15 | |
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#17 | |
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#18 | |
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in primis, ho detto che nessuno vuole vietare una unione fra persone dello stesso sesso in secundis, ribadisco però che il matrimonio in quanto tale è un'istituzione che prevede un UOMO e una DONNA l'esempio sulla firma di un minore o di un ubriaco non si rifa al fatto che la persona non sappia decidere in modo autonomo, si rifa al fatto che questa persona non ha le caratteristiche necessarie per prendere parte ad un determinato tipo di contratto magari un 17enne può essere lucidissimo, intelligentissimo, capacissimo di sapere cosa va bene per lui MA non ha 18 anni fine e l'attinenza sta nel fatto che una coppia gay non è composta da un uomo e una donna. Come lo stesso bluelake sottolinea, non ha importanza che si chiami "matrimonio", ben venga anche un nome diverso, purchè sia riconosciuto uno status giuridico di coppia insomma è piu una questione di forma che altro ma non è possibile equiparare il matrimonio ad una unione fra persone dello stesso sesso chiamiamola "unione fra persone dello stesso sesso" ma il matrimonio è un'altra cosa, potrà sembrare inutile e ridicolo fare una distinzione in questo senso ma equiparare un'istituzione secolare che ha un significato ben preciso ad una unione fra gay è inattuabile e sia ben chiaro che non sto dicendo che le coppie gay non debbano avere gli stessi diritti delle coppie eterosessuali, come, correggimi se sbaglio, mi pare di estrapolare dalle tue parole, jumpermax.
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#19 | |
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#20 |
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siam sempre lì, l'equivoco nasce dal fatto che quest'istituto sia considerato un "diritto" e quindi, il fatto che sia previsto solo in determinate situazioni viene considerato come "privazione di diritto" per altri... il che non è corretto
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