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La favola del Meridione senza fondi
Strutture a pezzi e interventi «gonfiati»
La favola del Meridione senza fondi L'indice di soddisfazione dei pazienti è del 67, 6 in Emilia Romagna e crolla al 9,8 in Calabria Un Obama meridionale, questo ci vorrebbe. Uno che, forte d'uno spiccato accento siciliano, campano o calabrese avesse l'autorevolezza e il fegato di dire cose scomode come quelle dette dal presidente nero ai giovani neri d'America: basta alibi. Non è sempre e solo colpa degli «altri». Lo sfascio della sanità nel Sud va messo in carico soprattutto ai politici, agli amministratori, ai tecnici meridionali. Ma certo, Bassolino ha buone ragioni per chiedere, come ieri sul Riformista, cosa sarebbe successo se Malpensa fosse stata «terrona». Quante accuse, quante prediche, quanti stereotipi sarebbero stati rovesciati addosso al Mezzogiorno se un aeroporto enorme e sottoutilizzato e privo di decenti collegamenti e liquidato come troppo periferico dagli stessi clienti teorici (uno per tutti, Giancarlo Galan: «Nessun veneto andrà mai a Varese a prendere un volo per Francoforte») fosse stato costruito in Calabria o in Sicilia? Altrettanto difficile è negare che il caso della Santa Rita, con quelle truffe ciniche e quelle protesi usate infette trapiantate lo stesso perché «quella costa 450 euro, e mica la butto», sarebbe stato cavalcato con parole pesanti se fosse successo non a Milano ma a Napoli. Detto questo, la tesi che la catastrofe della sanità meridionale sia una raffigurazione forzata «dai media, la cui proprietà è tutta tra Roma e Milano» è dura da far passare. Sostiene il governatore: «I meridionali non capiscono come mai, dopo aver stretto tutti i cordoni della borsa, il governo dica loro: avete speso male i soldi. Quali soldi? Le statistiche della spesa pubblica ormai le conoscono tutti. I governi centrali, di centrodestra e di centrosinistra, hanno tagliato risorse al Sud». Sui tagli, come è noto, il dibattito è aperto. Che siano stati stretti «tutti i cordoni della borsa», però, è un'affermazione avventurosa. Dicono le statistiche che l'assistenza a un cittadino medio italiano costa 1.797 euro l'anno ma che lo Stato ne spende 2.263 per un altoatesino (grazie allo statuto speciale) e 1.658 per un calabrese. Uno squilibrio netto. Sul quale è bene discutere. Ma non abbastanza netto da giustificare l'abisso nell'offerta sanitaria fotografato a un convegno dell'Anaao sulla Sanità e il Sud da un rapporto di Concetta Vaccaro, responsabile welfare del Censis, sulla base di dati dell'Istat e del Ministero della Salute: offerta ospedaliera, medici, personale del servizio sanitario, posti letto per acuti, nuove tecnologie, assistenza territoriale, soddisfazione degli utenti... Bene: l'indice per il Trentino-Alto Adige sta al 52,9 e quello per la Calabria al 9,8. Per non dire del Veneto (55), della Toscana (62,9) o dell'Emilia Romagna che svetta al 67,6 . Il sistema sanitario meridionale sta davvero sprofondando e mettendo a rischio la salute dei cittadini del Sud, ma di chi è la responsabilità? Prendiamo alcuni casi emblematici. Il primo: Vibo Valentia. L'ospedale cittadino cade a pezzi, i 191 pazienti ricoverati medi giornalieri possono contare sulla carta su 40 primari, 85 dirigenti di strutture semplici e 153 medici ad «alta specializzazione» (compresi alcuni che non esercitano perché hanno il certificato di inidoneità, come un ostetrico che non può assistere ai parti perché va in agitazione), il direttore sanitario Pietro Schirripa (già vicino a monsignor Giancarlo Bregantini quando era vescovo di Locri) ha malinconicamente inanellato 98 «documenti di rilevante interesse» dati ai carabinieri e «126 principali richieste di adeguamento degli impianti» e sollecitato ispezioni dei Nas che hanno «individuato 803 infrazioni penali». Eppure della nuova struttura, prevista da decenni, non c'è traccia. E intanto, in una provincia di 170mila abitanti, dopo anni di promesse e di girandole di assessori regionali restano in vita perché nessuno ha il coraggio di chiuderli sei vecchi e costosi ospedali. Per non dire di Palmi, dove ci sono 268 dipendenti per 28 letti utilizzati, o di Cittanova: tredici posti letto. Secondo esempio: la sanità siciliana, demolita tempo fa dalla Corte dei Conti che ci tenne a sottolineare che con i suoi 8 miliardi e mezzo di euro pesava «il 30% in più di quanto si spende per la Sanità in Finlandia». L'assessore che da un anno s'è fatto carico del fardello, l'ex magistrato Massimo Russo, sta cercando disperatamente di far tornare i conti . Le resistenze che incontra, però, sono fortissime. Ovvio: è «prima» dell'esplosione dello scandalo un certo trattamento alla prostata alla clinica Villa Santa Teresa di Bagheria veniva pagato dalla Regione 136.439,95 euro: adesso 8093 «Prima» la terapia tradizionale per il tumore alla mammella era arrivata a costare anche 46.480: adesso 2.324. . Terzo esempio? Il vecchio policlinico di Napoli , dove ha sede la facoltà di medicina della Seconda Università. Nato per «decongestionare» Napoli, avrebbe dovuto spostarsi a Caserta ma dopo diciotto anni il nuovo policlinico casertano non è ancora pronto (adesso hanno scoperto che sta tra due cave e dunque urgono pure due eleganti muraglioni d'acqua per arginare la polvere...) e in ogni caso baroni e baronetti non hanno alcuna intenzione di subire la scomodità di trasferirsi da un'altra parte. Il nuovo assessore Mario Santangelo ha intimato un iniziale trasloco entro settembre all'ospedale Monaldi ma finora ha trovato orecchie da mercante. Tanto che, seccato, si è spinto a scrivere che l'università «non fornisce alcun contributo al fine di realizzare le economie per le quali la Regione si è impegnata». Ovvio: dove la trovano, certi dipendenti, un posto simile? Il personale non docente benedetto dalla indennità di assistenza ospedaliera (come se andasse in corsia coi malati) a Trieste risulta essere lo 0,1%, alla Seconda Università l'83%. Quanto all'altro Policlinico , quella della Federico II, non è meno costoso. Solo pochi giorni fa il rettore, soddisfatto, ha spiegato di avere avuto dalla Regione quanto sperava: un aumento dei fondi da 155 a 190 milioni di euro: «In più c'è il ripiano del deficit del 2008, pari a 65 milioni, a carico del servizio sanitario nazionale». Sì vede che non erano stati poi stretti tutti, i cordoni della borsa... Gian Antonio Stella 26 luglio 2009
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We are the flame and darkness fears us ! Ultima modifica di zerothehero : 27-07-2009 alle 23:35. |
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#2 |
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per parlare bene di russo, Stella non ha capito na mazza....
esempio pratico: la riforma prevedeva il taglio dei dirigenti sanitari in sicilia nella pratica sono aumentati a dismisura con la creazione dei " incomprensibili e inspiegabili distretti sanitari" in sicilia i 3.100 autisti e portantini per 269 ambulanze stanno ancora li.. pero' taglia posti letto, che non dovrebbero essere tagliati[marsala] chiude il 118 dalle 20.00 fino alle 08.00 a marineo... come vedi stella aprlasse di quello che sa...
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“ Fiat iustitia, et pereat mundus”-המעז מנצח - ![]() Ultima modifica di dantes76 : 27-07-2009 alle 23:36. |
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#3 | |
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#4 |
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Non ho seguito bene il piano di rientro della regione Sicilia per il deficit, ma cmq da quel che leggo è in via di riduzione.
http://www.infopediatria.it/default....17966®Code= Da -572 a -332 milioni di euro (deficit sanità) è un buon risultato (2008).
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We are the flame and darkness fears us ! Ultima modifica di zerothehero : 27-07-2009 alle 23:47. |
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#5 | |
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#7 | |
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![]() Cmq il thread non verte solo sulla Sicilia.
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#8 |
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autoconvinciti...
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#9 |
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Non conoscendo bene la situazione, mi fido delle cifre..e le cifre son cifre.
![]() Ciò che va bene alla Corte dei conti, va bene anche a Zero (cit.).
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#10 | |
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va bene a voi... pensa a noi...
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#11 |
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L DOSSIERE
Salute, conti a posto solo per 5 Regioni E al Nord Veneto e Liguria sono in rosso Anche la Calabria a rischio commissario. Il disavanzo totale è di 3,9 miliardi: 3,2 al Centro Sud ROMA — Dopo Lazio, Abruzzo, Campania e Molise, la prossima Regione a subire il commissariamento della Sanità potrebbe essere la Calabria. È quanto si ricava dal dossier informale che i tecnici del ministero del Welfare hanno elaborato per fare il punto sui sistemi sanitari regionali, sia dal punto di vista degli equilibri di bilancio sia da quello dell'efficienza delle prestazioni. Il quadro, come è già stato anticipato l'altro ieri dal governo a commento della decisione di commissariare Campania e Molise, è «devastante», in particolare per i deficit accumulati dalle Regioni del Centro-Sud, che sembrano destinati ad aggravarsi nel 2010. + Problemi anche al Nord La spesa sanitaria, scrivono gli esperti che lavorano nel ministero guidato da Maurizio Sacconi, impegna quasi l'80% del bilancio delle Regioni e quindi la salute finanziaria delle stesse dipende dalla capacità di contenere il deficit in questo settore. Nel 2008 ben 14 Regioni (più la provincia di Trento) hanno chiuso i conti sanitari con un disavanzo strutturale. Solo 5 Regioni (più la provincia di Bolzano) in attivo: Lombardia (9,7 milioni), Friuli (6,6), Toscana (7,4), Umbria (20,1) e Marche (21,7). La classifica delle Regioni in rosso è guidata dal Lazio con 1,6 miliardi. Nelle prime posizioni troviamo poi: Campania (-554 milioni), Piemonte (-363), Sicilia (-350), Puglia (-211), Veneto (-201), Calabria (-159), Liguria (-111), Sardegna (-109), Abruzzo (-99), Molise (-80) ed Emilia Romagna (-37). Complessivamente, il disavanzo strutturale nazionale ammonta a 3,9 miliardi, dei quali 3,2 si concentrano nel Centro-Sud. Ma la cosa più preoccupante, aggiungono i tecnici, è che la spesa sale «negli ultimi anni a ritmi del 4-6%», molto più dell'inflazione. Considerando che il Fondo sanitario nazionale, che nel 2009 è stato di 102,6 miliardi, salirà nel 2010 di appena 1,3 miliardi, la situazione potrebbe appunto diventare «devastante». Il caso Calabria Negli ultimi dieci mesi si sono svolte numerose riunioni ai tavoli tecnici tra governo e Regioni sotto osservazione. Alla fine il giudizio è stato del tutto negativo per Molise e Campania, commissariate l'altro ieri dal consiglio dei ministri, e per la Calabria, che potrebbe presto subire la stessa sorte. Questo significa che i piani di intervento decisi dalle istituzioni regionali non sono stati ritenuti dal governo idonei a risanare i conti. In particolare, per la Calabria «risultano non coperti per il 2007 e il 2008 ben 45,89 milioni di euro». I disavanzi, si sottolinea nel rapporto, «non possono essere coperti con ulteriori manovre fiscali» di inasprimento di Irap e Irpef. Le manovre di rientro non paiono inoltre credibili, si aggiunge, a causa della «inaffidabilità dei sistemi contabili regionali e quindi dei sistemi informativi». Mancherebbe insomma un bilancio sanitario attendibile. Due anni per i pagamenti Sugli squilibri contabili delle Regioni sotto osservazione pesa anche il livello di indebitamento nei confronti delle aziende fornitrici delle Asl. Si tratterebbe, solo verso i fornitori di tecnologie, di 5 miliardi di euro. Il debito si accumula anche a causa dei forti ritardi con i quali le aziende vengono pagate. A livello nazionale la media è di 287 giorni, cioè nove mesi e mezzo. Ma in Molise la media è di quasi due anni (668 giorni) e così anche in Calabria (661) mentre in Campania per incassare una fattura le imprese aspettano mediamente 611 giorni. Appena un po' meno nel Lazio (478 giorni) e in Puglia (403). Ospedali scadenti La Calabria e la Campania, scrivono i tecnici, «hanno i case mix (indice che misura la complessità dei casi trattati) più bassi d'Italia, a riprova della scadente qualificazione tecnologica professionale (salvo lodevoli eccezioni, che ci sono) delle strutture ospedaliere». La complessità dei casi trattati nel Centro-Sud è «mediamente del 15-20% inferiore alla Lombardia e del 10% alla media nazionale». Fanno parzialmente eccezione i dati del Lazio, grazie alle strutture ospedaliere e ai policlinici universitari della capitale, e del Molise, grazie ad alcuni ospedali privati. Nelle regioni del Centro-Sud la degenza media pre-operatoria, «che evidenzia la tempestività ed efficacia della diagnosi e degli accertamenti è mediamente superiore del 20-30% al dato nazionale pari a due giorni». Inoltre, sempre in confronto ai dati del Nord, si vede «con chiarezza» nel resto del Paese «il sovradimensionamento della rete ospedaliera e i conseguenti ricoveri anche per pazienti che potrebbero essere tratti con minori costi in strutture extraospedaliere o domiciliari». Carenti, invece, le strutture di riabilitazione e quelle per i lungodegenti. Pochi day hospital e letti per anziani Nel Centro-Sud le prestazioni in regime ambulatoriale o di day surgery (chirurgia giornaliera) sono di un terzo inferiori a quelle effettuate nel Nord in rapporto al totale dei ricoveri. L'altra faccia di questa «iperdotazione ospedaliera generalista», dicono gli esperti, è la «gravissima carenza» di posti letto specifici per gli anziani e di strutture per l'assistenza domiciliare, che consentirebbero di curare i pazienti con minori costi. Scontato che, in conseguenza di un sistema meno efficiente, nel Mezzogiorno (con l'eccezione di Abruzzo e Molise) si registri un «indice di fuga elevato» per farsi curare a Roma o al Nord. Enrico Marro 26 luglio 2009
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