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Cina e minoranze islamiche che sognano la jihad
Una “minoranza” di venti milioni di musulmani potrebbe fornire nuove leve al terrorismo
Anche Pechino fa i conti con l’Islam Gli Uiguri repressi sognano la jihad Mirko Molteni Anche la Cina fa i conti coi suoi musulmani, pur esiguo che sia il loro numero. Su 1 miliardo e 300 milioni di abitanti, il colosso asiatico conta 20 milioni di islamici, cioè meno del 2 %. Tra essi primeggiano gli Uiguri (8 milioni), un popolo concentrato nella regione dello Xinjiang, che comprende gli aridi deserti occidentali del Paese. La gente uigura vive da secoli su queste terre, ma è oggetto di una politica di “cinesizzazione forzata” attuata da Pechino. Il governo centrale ha promosso l’immigrazione di milioni di Cinesi Han (i “veri” Cinesi) rendendo gli Uiguri minoranza in casa loro. A ciò si abbina una feroce repressione, segnalata il 12 aprile 2005 da un rapporto dello Human Rights Watch (il noto osservatorio dei diritti umani). Ne emerge che Pechino soffoca la cultura locale usando come pretesto la lotta al terrorismo, che pure esiste. Molte le esecuzioni e le torture ai detenuti. Per il governo, ciò servirebbe a scongiurare una secessione dello Xinjiang, che gli Uiguri chiamano Turkestan Orientale. Il pugno di ferro cinese è però controproducente, perchè spinge questi islamici a lottare ancor di più per l’indipendenza, anche col terrorismo. LA MALEDIZIONE DEL PETROLIO Per la Cina è impensabile rinunciare al dominio dello Xinjiang, soprattutto per motivi economici. La zona è infatti il “Far West” di Pechino, ricco di pozzi di petrolio indispensabili alla crescita industriale. Pochi mesi fa, il 13 giugno 2005, le autorità regionali hanno persino dichiarato che lo Xinjiang si avvia a divenire la prima fonte petrolifera interna della Cina, sorpassando i giacimenti della Manciuria. L’estrazione di greggio “uiguro” nel 2004 è stata di 22 milioni di tonnellate, ma per l’immediato futuro i Cinesi intendono accrescerla fino a 100 milioni di tonnellate annue. I ricavi vanno soprattutto alla comunità di immigrati cinesi Han, ormai maggioritari, mentre gli indigeni subiscono spesso confische di terre. Ad esempio, l’11 giugno 2004 centinaia di contadini e pastori uiguri protestarono contro un piano di sgombero nella Valle del fiume Tekes. Lì doveva sorgere una diga, ma era necessario spostare ben 18 mila persone. A ogni famiglia uigura, le autorità avrebbero dato solo 880 yuan (100 dollari) di risarcimento, anzichè i 38.000 yuan (4600 dollari) promessi. I tumulti si sono però chiusi con l’arresto di 16 persone. Casi come questo si sarebbero moltiplicati negli ultimi anni, gettando benzina su un focolaio di tensione sfruttato sia da Al Qaeda sia dagli Stati Uniti. I GUERRIERI DEL TURKESTAN Attualmente fra i prigionieri della base di Guantanamo, l’esercito americano ha identificato 22 terroristi uiguri, infiltratisi in Afghanistan e Iraq per aiutare i confratelli stranieri. Ed è solo uno dei segnali che indicano l’afflusso uiguro tra le fila dell’integralismo. Bastonati da Pechino, molti indigeni dello Xinjiang cercano la riscossa aderendo all’East Turkestan Islamic Movement, o Etim, gruppo terrorista attivo dal 1990 contro le autorità cinesi e guidato da un tal Hashan Mashum. Addestrati da Al Qaeda, i militanti dell’Etim hanno firmato almeno 200 attacchi, causando circa 170 morti e 500 feriti. Varie le loro tattiche. Nel marzo 1997 fecero esplodere alcuni autobus di Urumqi, capoluogo dello Xinjiang. Nel giugno 2000 spararono su una delegazione del governo centrale, uccidendo un uomo e ferendone due. Nel maggio 2002 fu invece sventato un loro tentativo di far saltare l’ambasciata Usa di Bishkek, capitale del vicino Kirghisistan. Intanto, Hashan Mashum rinforzava i legami dell’Etim con Al Qaeda, tanto che il 9 ottobre 2003 un uiguro veniva ucciso dall’esercito pakistano nella nota area tribale ai confini tra Afghanistan e Pakistan, presunto rifugio di Bin Laden, ammesso che sia vivo. Dopo l’11 settembre 2001, comunque, la repressione cinese ha avuto un pretesto in più per intensificarsi. Al momento attuale, centinaia di arresti paiono aver paralizzato l’Etim, ma è probabile che il gruppo si stia riorganizzando. I SECESSIONISTI “BUONI” Gli Stati Uniti hanno aggiunto l’Etim alla lista nera del terrorismo solo a partire dall’agosto 2002. D’altronde, è chiaro che il governo americano vedrebbe di buon occhio una frantumazione geopolitica della Cina, vero avversario mondiale di domani. Se il problema di Al Qaeda impedisce politicamente di usare dei mujiahidin come negli anni Ottanta, perché non opporre a Pechino degli indipendentisti democratici? Ecco quindi che proprio a Washington è nato lo scorso anno un sedicente “Governo in Esilio del Turkestan Orientale”. Era il 14 settembre 2004 quando, presso Capitol Hill, si aveva la dichiarazione ufficiale di questo organismo. Guidato dal “Primo ministro in esilio” Anwar Yusuf Turani, il gruppo di Uiguri “buoni” sentenziava: «Ci volgiamo agli Usa, come leader di libertà, giustizia e saggezza, sperando che gli Usa riconoscano la giusta causa della libertà e dell’indipendenza di milioni di Turkestani dell’Est (alias Uiguri, n. d. r.)». È impossibile dire in che misura i servizi segreti americani stiano appoggiando l’operazione. Basti aggiungere che già da tempo gli Uiguri dello Xinjiang ascoltano clandestinamente le trasmissioni di Radio Free Asia, sostenuta dal Congresso Usa. Il destino di questo popolo è dunque segnato da una tripla tragedia. Ai soprusi cinesi si aggiungono le strumentalizzazioni politiche del terrorismo islamico e dell’America. [Data pubblicazione: 28/12/2005] (La Padania)
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#2 |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2003
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adric al posto di scrivere "la padania" scrivi il manifesto o l' unità cosi freghi anche lucio
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#3 |
Senior Member
Iscritto dal: Aug 2003
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spero che gli Usa non facciano l'errore di aiutarli.
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