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Old 12-12-2005, 10:14   #1
LittleLux
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Presunti brogli (rossi) elettorali in Puglia: una risata vi seppellirà!

Ecco in cosa consiste l'operazione verità sui presunti, anzi no, strasicuri brogli elettorali che, secondo la denuncia di FI, sarebbero stati commessi dai soliti comunistacci trinariciuti, e pure un po' frìfrì (almeno, quelli pugliesi, visto il presidente che si son scelti).

A Fitto e ai volontari, pardon, ora son legionari, delle verità che dire, se non che una grassa risata li seppellirà.


Il ricorso dell'ex governatore (370 pagine) messo in crisi da una perizia
Fitto, Vendola e l'autogol del copia-incolla
Le segnalazioni seggio per seggio sembrano un lavoro a tavolino



L'«operazione verità» voluta dalla destra per smascherare «i brogli della sinistra» nelle regionali pugliesi, scelte a simbolo della protervia dei «professionisti della falsificazione», rischia di rivelarsi un autogol. Stando a una perizia, infatti, la pignolesca specificità comune per comune, seggio per seggio, voto per voto imposta dalla legge (che scarta a priori i ricorsi generici), è stata ottenuta non con una meticolosa indagine a tappeto ma col più comodo «copia e incolla» del computer. Strafalcioni compresi.
Una figuraccia. Che potrebbe a questo punto, paradossalmente, rafforzare Nichi Vendola perfino nel caso (da dimostrare) che l'«aggiustatina» dei risultati ci fosse stata davvero come denunciano gli esponenti della CdL. A partire dal candidato sconfitto, l'ex presidente regionale Raffaele Fitto, che subito dopo aver ceduto la poltrona allo sfidante, disse proprio al Corriere che i conti non gli tornavano e voleva un riesame dei voti: «Se non si controllano schede più che sospette è un attentato alla democrazia. Ma insomma, Vendola, i Ds, il centrosinistra, che non perdono occasione per parlare di "casa di vetro" e di "trasparenza", non darebbero una grande lezione se dicessero: "Avanti, apritele quelle schede?"». Spiegarono allora, l'ormai ex governatore e dieci candidati trombati, di avere in mano alcuni casi emblematici.
Schede annullate «anche solo per aver scritto, per esempio, Antonio Cassano (come il calciatore) quando il candidato Cassano si chiamava Massimo». Oppure «casi di cognomi con le "doppie" come De Donno che diventa "De Dono", anche se non c'è nessun altro che si chiama così e non c'è rischio di confusione». O ancora casi di sezioni, come a Taranto o Martina Franca, in cui il numero dei voti validi era inferiore alla somma dei voti ai candidati presidenti. Di più: molti verbali erano stati corretti col «bianchetto». Conclusione: dall'esame di 3.870 verbali i voti di scarto (14 mila) tra vincitore e vinto si riducevano drasticamente. E facevano prefigurare la possibilità, secondo i ricorrenti, di recuperare «circa 40 mila voti a favore del centrodestra». Il Tar, però, diede loro torto. Perché i verbali corretti non necessariamente sarebbero stati falsificati ma anzi avrebbero potuto contenere ora i dati giusti dopo un calcolo inizialmente sbagliato. Perché non c'era una sola contestazione, manco una, supportata dai rappresentanti di lista della destra che mai avevano fatto mettere a verbale che l'attribuzione di questo o quel voto non era stata da loro riconosciuta.
Perché le norme dicono che i rilievi per questo o quel voto devono essere specifici. Altrimenti a ogni elezione, col diluvio di errori materiali da Vipiteno a Lampedusa, la conta e la riconta dei voti, di ricorso in ricorso, impedirebbe a sindaci, governatori, premier e consiglieri circoscrizionali, siano essi bianchi, rossi o neri, di prendere possesso per anni del ruolo. Certi delle loro ragioni, Fitto e i suoi fecero ricorso al Consiglio di Stato. Con un dossier di 370 pagine per seppellire i giudici sotto una grandinata di nomi, numeri, irregolarità. Raggruppati intorno a otto tipi di broglio ripetuti in 200 comuni, come fossero segnalazioni verbali ricevute da cittadini elettori. Esempio: «L'illegittimo annullamento del voto al Presidente Fitto è intervenuto, per la fattispecie di cui al punto 3.1 nel Comune di Bari, Sezioni 2, 4, 21, 35, 36, 40, 41, 43, 44, 51, 66, 72, 78, 80, 87, 89...». E via così, per pagine e pagine. Come se una folla di notai e cancellieri e segretarie assai pignoli si fosse presa la briga di controllare i più minuti dettagli di ogni singolo seggio elettorale. Il tutto, spiegavano gli esponenti della Casa delle Libertà, per tenere alto il vessillo della verità. «Questa è una battaglia di trasparenza, legalità e democrazia», diceva Raffaele Fitto, lagnandosi di come la Puglia sembrasse, «con tutto il rispetto, l'Albania dove sono passati dieci giorni e ancora non si capisce chi ha vinto tra Nano e Berisha». «Faremo chiarezza sul voto pugliese», insisteva Claudio Scajola. Mentre lassù, in alto, batteva e ribatteva sullo stesso tasto Silvio Berlusconi. Che ancora pochi giorni fa è tornato sul tormentone dei «brogli rossi», pugliesi e nazionali, gridando nel microfono: «Secondo mie informazioni i professionisti della sinistra ci hanno sottratto circa un milione e settecentomila voti». Oddio, non è che la destra pensasse davvero di fare annullare le elezioni pugliesi come era successo qualche anno fa in Molise.
E sul Corriere del Mezzogiorno il sottosegretario forzista Luigi Vitali l'ha ammesso chiaro e tondo: «Noi non puntiamo a ribaltare il risultato delle regionali, piuttosto vogliamo che venga meno il principio per cui la Puglia non è più di centrodestra... Ci servirà per le politiche... Noi ci siamo mossi permotivare la nostra base, non per cambiare la guida della Regione, perché sappiamo che per ricontare tutte le schede ci vorranno anni...». Traduzione: l'obiettivo dichiarato era sfregiare col sospetto Vendola e la sua giunta per marciare meglio sulle prossime «politiche» dove con la nuova riforma elettorale le regioni in bilico come la Puglia possono essere determinanti. Ma è qui che quanti invocavano «chiarezza e trasparenza» contro il «broglio rosso» si sono fatti beccare da Gianluigi Pellegrino, difensore dei consiglieri eletti dalla sinistra grazie al premio di maggioranza, con le mani nella marmellata. Dimentichi delle figure fatte da Mauro Pili, l'ex governatore sardo che aveva ricalcato il programma di Formigoni (col risultato di parlare di «11 province» sarde!) o dal senatore aennino Giuseppe Consolo, condannato per avere fatto un concorso universitario presentando un testo «costituito dalla pedissequa riproduzione e dalla trascrizione di interi brani» di opere di altri giuristi, i fustigatori destrorsi hanno giocato come dicevamo col copia e incolla. Nella speranza che i giudici, la cui sentenza è attesa per venerdì, non si accorgessero che quella miriade di segnalazioni precisissime, seggio per seggio, erano in realtà un lavoro fatto a tavolino con «mere ipotesi di errori di scrutinio meccanicamente riprodotti per una serie di volte». Maledetto computer: ha smascherato il giochino copiando anche gli «errori di stompa»!
Gian Antonio Stella
12 dicembre 2005

http://www.corriere.it/Primo_Piano/P.../autogol.shtml
LittleLux è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 12-12-2005, 10:20   #2
Lucio Virzì
Bannato
 
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Messaggi: 1524

Mi ricorda il dossier contro l'iraq targato UK

LuVi
Lucio Virzì è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 12-12-2005, 10:28   #3
LittleLux
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Originariamente inviato da Lucio Virzì

Mi ricorda il dossier contro l'iraq targato UK

LuVi
Oppure la commissione mitrokin o telekom serbia che tante ulcere al povero guzzanti ha e sta provocando.

Un'altra tappa, bruciata, del tour azzurro delle verità.
LittleLux è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
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