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Risultati sondaggio: Rimetteresti la pena? | |||
SI sono favorevole |
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54 | 32.73% |
No non la voglio |
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52 | 31.52% |
Potrebbe essere una buona soluzione |
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18 | 10.91% |
E' disumana una cosa del genere! |
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41 | 24.85% |
Votanti: 165. Non puoi votare in questo sondaggio |
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#81 | |
Senior Member
Iscritto dal: Mar 2002
Città: Agrate B.za (MB)
Messaggi: 11542
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#82 | |
Junior Member
Iscritto dal: Mar 2004
Messaggi: 5
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Quote:
A me sembra che l'unico modo per garantire certezza ed ineluttabilità della pena sia ridurre, se non eliminare, il margine di discrezionalità della magistratura, nella fattispecie, della Magistratura di Sorveglianza, che è l'organo giudiziario preposto al controllo delle modalità dell'esecuzione penale, nella determinazione delle modalità e della durata della pena stessa. E' noto che il diritto (l'insieme di documenti scritti contenenti formulazioni linguistiche dotate di senso, cioè disposizioni) per essere applicato deve essere prima interpretato, individuando il significato e la portata della legge da utilizzare. Analizzando di primo acchito la materia, sembra che il giudice non abbia lo spazio per soluzioni autonome ed individuali. Il giudice che deve applicare una norma ad un certo caso, infatti, non può interpretarla in modo arbitrario ma è sempre vincolato, per legge, da due fattori: il significato delle parole, nel senso che egli non può attribuire ad una norma un senso che non sia quello fatto palese dal significato delle parole stesse secondo la loro connessione, e l'intenzione del legislatore (c.c. art. 12). In quei casi, poi, che non possono essere risolti con norme preesistenti, il giudice deve procedere per analogia, ed applicare la disciplina prevista per un altro caso simile, laddove ritiene che le due fattispecie possano essere accomunate dalla stessa ratio. Se nemmeno così il giudice riesce a saltarci fuori, non può affidarsi alla propria coscienza, ma deve ricorrere ai principi generali dell'ordinamento che sono sanciti dalla Costituzione o che posso essere ricavati dalle norme di legge. A prima vista, insomma, nessun giudice può scappare al diritto positivo. In realtà, i momenti di discrezionalità ci sono, e sono molti. Un esempio che mi viene in mente è quello della liberazione anticipata, che consiste nella detrazione di 45 giorni per ogni singolo semestre di pena scontata per quel detenuto che abbia dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione. L'istituto ha una funzione premiale, non è richiesto che il condannato abbia ragiunto risultati nel trattamento penitenziario cui viene sottoposto e l'unico requisito richiesto è appunto la partecipazione attiva all'opera di rieducazione. Tale istituto è ammesso per tutti i tipi di pena, anche l'ergastolo, e viene valutato solo in base all'impegno profuso dal condananto stesso nel mantenere "corretti e costruttivi rapporti con operatori penitenziari, compagni di carcere, familiari e comunità esterna". Nessun vincolo ulteriore è dato. Il tribunale di sorveglianza, che decide discrezionalemnte sulla concessione del beneficio, si basa sulle relazioni, le opinioni, i pareri di un'equipe composta da: medici, psichiatri, psicanalisti, assistenti sociali, educatori. Ma più in generale, quando all'interno delle varie norme vi sono parole come "il giudice può", "è ammesso che", eccetera, si configura sempre uno spazio di autonomia ed indipendenza nell'esercizio del potere. Se invece che un potere vi fosse un dovere, si ridurrebbe la discrezionalità dell'organo chiamato ad applicare una pena e si realizzerebbe quella certezza che l'opinione pubblica, e non solo, tanto auspica. Sinceramente, però, non so quanto la magistratura sarebbe contenta di questa soluzione; con tutta probabilità griderebbe allo scandalo vedendo in questo una riduzione della propria autonomia e indipendenza nei confronti dell'esecutivo. C'è da dire un'altra cosa, e con questo rispondo a coloro che si sdegnavano nel non vedere comminate pene corporali o lavori forzati. Tutte le norme e gli interventi che dagli anni 50-60 si sono susseguiti in Italia in materia di ordinamento penitenzairio non sono fatte a casaccio, ma sono in linea con le regole minime dell'ONU e del Consiglio d'Europa per quanto riguarda i diritti umani (diritti della personalità, che sono fondamentali ed inalienabili), le quali vietano espressamente ogni forma di tortura o di trattamenti crudeli, inumani e degradanti o atteggiamenti che non siano rispettosi della dignità della persona, e altro ancora coerente con tutto questo. Inoltre, il trattamento penitenziario, che indica l'insieme delle attività organizzate nell'istituto penitenziario a favore dei condannati, è finalizzato alla rieducazione e alla riabilitazione del reo e al suo reinserimento in società, che poi è il fine principale a cui la pena deve tendere secondo l'unanime posizione della dottrina e della giurisprudenza dei paesi europei negli ultimi decenni.
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"Sono ateo, grazie a Dio" - Luis Bunuel Beati i miti, perché erediteranno la terra (Mt 5,5) In quella che per tutti gli esseri è notte, l'uomo compiutamente signore di sé è sveglio (Bh.-g, II) |
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#83 | |
Junior Member
Iscritto dal: Mar 2004
Messaggi: 5
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Quote:
Ah beh, non dirlo a me, non stavo dando un giudizio di merito in proposito ![]() Volevo solo far presente a quel tale sopra che si stava inventando il diritto penale, che la realtà è un po' diversa dalle cose che andava sparando, e cioè l'ordinamento italiano non prevede affatto che l'onere del mantenimento dei carcerati sia a carico dei contribuenti, poichè i condannati sono tenuti al rimborso (se non erro alemno 2/3 del costo reale). Questo non esclude, è ovvio, come in tutte le situazioni di contribuzione per la realizzazione di un fine comune del quale tutti possono beneficiare, che ci siano alcuni fatti di defilaggio dovuti a furboni che fanno i free riders, oppure a extracomunitari clandestini di difficile o impossibile individuazione. Che la cosa dia fastidio è fuori discussione, ma non autorizza a inventarsi cose che non ci sono.
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#84 | |
Senior Member
Iscritto dal: Mar 2002
Città: Agrate B.za (MB)
Messaggi: 11542
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Quote:
Putroppo chi ha i soldi (o il potere, che è lo stesso), vince comunque!
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