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Old 03-08-2005, 10:21   #1
lunaticgate
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In attesa del 60° anniversario.

Seiko Ikeda è una “ibakusha”, una sopravvissuta alla bomba nucleare. Quando la mattina del 6 agosto 1945 alle 8 e 15 «l’arma del diavolo» (come lei stessa la chiama) esplose su Hiroshima, Seiko (oggi 73enne) era solo una ragazzina: faceva la seconda media. Insieme ai suoi compagni di classe si trovava a poco più di un chilometro dall’epicentro dell’esplosione e la bomba le devastò il corpo. Da allora Seiko non ha mai smesso di impegnarsi per la pace ed è stata invitata in Italia dai Beati costruttori di pace per aprire le manifestazioni che celebreranno il 60mo anniversario delle bombe nel segno del disarmo nucleare.

Cosa ricorda di quel 6 agosto di 60 anni fa?
«Era una giornata molto calda, al momento dell’esplosione mi trovavo a 1500 metri dall’epicentro. Noi, ragazzi delle scuole, eravamo stati mobilitati. Io lavoravo alla demolizione degli edifici, un lavoro necessario per ridurre i rischi in caso di disastri. Avevo 13 anni, facevo la seconda media. Ci fu un bagliore fortissimo seguito da un boato. Poi tutto buio. L’onda d’urto mi fece fare un balzo di una quindicina di metri. Quando mi ripresi, mi resi conto che i miei capelli erano tutti bruciati e i vestiti ridotti in stracci. La pelle delle braccia e delle gambe si era staccata e pendeva a brandelli. Si vedeva la carne viva, rossa. Gridai, chiesi aiuto, vagando alla ricerca di qualcuno che mi aiutasse.

Quali furono le prime cose che vide dopo lo scoppio della bomba?
«Ovunque vedevo corpi, singoli o ammucchiati, tutti bruciati. E tante persone coperte di sangue, senza neanche la forza di urlare o chiedere aiuto. Passai accanto a questi corpi, in alcuni casi li calpestai, mentre vagavo alla ricerca di aiuto. Poi vidi il fiume e mi ci buttai dentro, perché tutto il corpo mi bruciava. Il fiume era pieno di persone e non riuscivo a vedere la superficie dell’acqua. Molte di queste persone morivano, andavano a fondo e scomparivano. Molti corpi rimasero senza identificazione nell’acqua per giorni, in balia della corrente.»

Si trovava molto vicino all’epicentro dell’esplosione e, come ha raccontato, il suo corpo fu bruciato dalle radiazioni, cosa le accadde?
«Quando dopo diverse settimane iniziò a diminure la febbre, cominciai ad alzarmi, a fare qualche passo. Le ferite si stavano rimarginando, ma sentivo che c’era qualcosa di strano nella mia faccia. Trovai lo specchio che la mia famiglia aveva nascosto e mi ci guardai. Fu uno shock terribile, rimasi talmente sconvolta che desiderai essere morta sotto il bombardamento. Non riesco neanche a descrivere quanta sofferenza tutto ciò mi abbia causato per tutta la vita. E anche se riuscissi a trovare le parole, forse nessuno potrebbe capire ciò che ho provato. Per ridare alla mia faccia un aspetto simile a come era, ho subito quindici operazioni. Nonostante tutto, però, sono viva. Una nostra vicina riuscì a tornare a casa dopo due giorni e la sua famiglia fu felice di vederla sana e salva. Ma dopo un mese cominciò a star male, talmente male che non riusciva più ad alzarsi da letto. Perse tutti i capelli e poi cominciò a sanguinare dal naso, dalla bocca, dalle orecchie. Pochi giorni dopo morì dei sintomi acuti delle radiazioni. Sono in ogni caso più fortunata di quelle persone che ho visto per strada quel giorno, o di quelli che sono morti vicino a me nel fiume, senza sapere chi incolpare. Non dimenticherò mai quei volti contorti dal dolore...»

Come molti altri sopravvissuti alle bombe, lei oggi è una pacifista, lotta contro la guerra e contro le armi nucleari, da Hiroshima può venire anche un messaggio di speranza?
«Hiroshima non è solo la città che ha subito il bombardamento nucleare, ma che è anche la città della pace. La mia speranza è che si possa riparare un terribile errore del passato, eliminando dalla nostra storia le guerre e le armi nucleari che possono distruggere l’umanità intera. Anche oggi, dopo 60 anni, le persone continuano a morire per le conseguenze del bombardamento atomico. E forse domani toccherà a me. In quanto sopravvissuti, abbiamo parlato con molte persone, per esprimere il nostro sconforto, la nostra rabbia, la nostra speranza in un mondo di pace libero dalle armi nucleari. Hiroshima è un luogo dove si può imparare a capire la dignità umana. La guerra, il terrorismo, le armi nucleari uccidono. Quando penso alla guerra non penso solo alla mia morte, ma alla morte di genitori, figli, fratelli, sorelle, amici. In una guerra nucleare non ci saranno né vincitori né vinti. Ci sarà solo la distruzione dell’umanità e la fine del pianeta terra. Se l’umanità non eliminerà le armi nucleari, le armi nucleari elimineranno l’umanità.

Il sindaco di Hiroshima ha scritto una lettera a Bush per chiedere la messa al bando delle armi atomiche, qual’ è il suo messaggio ai “potenti”?
«L’appello di pace che lanciamo noi, vittime della bomba atomica, è un appello debole, privo di potere. Eppure credo che crescerà in tutto il mondo, grazie alla compassione e alla simpatia delle persone di tutti i paesi. Un giorno diventeremo la voce più forte. E questo è il mio sogno che mi aiuta ad affrontare la paura della morte che mi assale ogni giorno».




"Mai più Hiroshima! Mai più Nagasaki!"
Secondo un'antica tradizione giapponese, a chiunque prepari mille gru di carta origami, gli Dei concedono che si avveri un desiderio. Sadako, che aveva due anni nel 1945 quando la sua città di Hiroshima fu rasa al suolo dalla bomba atomica, piegò le sue mille gru… anzi molte di più. Continuò a piegare foglietti di carta colorata, fino a poco prima della sua morte, a dodici anni, il 25 ottobre 1955. Sadako e le sue gru ci insegnano che non bisogna mai rinunciare, anche quando l’obiettivo sembra irraggiungibile.

Sono passati 60 anni da quei terribili bombardamenti. Non dobbiamo dimenticare, né rinunciare a lottare affinché non ci siano mai più Hiroshima, mai più Nagasaki. Come sostiene il sindaco di Hiroshima, nel suo accorato appello, l’unico modo degno di onorare la memoria di quelle vittime è impegnarci per far mettere al bando per sempre, e in tutto il mondo, le armi nucleari. Ne va del futuro dell'umanità.


PROGRAMMA in ITALIA:

5 agosto 2005

ore 20.30 - Ghedi (BS)
Incontro pubblico con Seiko Ikeda, sopravvissuta all’esplosione nucleare su Hiroshima.

6 agosto 2005

ore 8.15 - Ghedi (BS)
Momento di silenzio e riflessione davanti all’aeroporto militare dove sono stoccate attualmente 40 testate nucleari B-61, da montare su aerei italiani, con la presenza anche dei Sindaci della zona e di altre città italiane.

ore 18 - Padova, Palazzo Moroni - Municipio
Inaugurazione della Mostra “Mai più Hiroshima! Mai più Nagasaki!”
Testimonianza di Seiko Ikeda, sopravvissuta all’esplosione nucleare di Hiroshima.

7 agosto 2005

ore 18.00 - Padova
Preghiera interreligiosa per la pace e contro le armi nucleari

ore 20.30 - Padova, Piazza dei Signori - Municipio
Concerto - Orchestra di Piazza Vittorio

8 agosto 2005

ore 9.30 - Padova, Palazzo Moroni
Convegno - METTERE AL BANDO LE ARMI NUCLEARI - Il Progetto 2020 Vision - Liberare l’Europa dalle armi nucleari - Italia: Paese non-nucleare? Quale ruolo per le Regioni e gli altri Enti locali?

ore 20.30 - Padova, Palazzo Moroni - Municipio
Spettacolo - Reportage Chernobyl di e con Roberta Biaggiarelli

9 agosto 2005

ore 11 Aviano (PN)
Davanti alla Base USAF per ricordare la seconda bomba atomica che distrusse la città di Nagasaki.
Saremo in collegamento con le altre iniziative che si svolgono in contemporanea nel mondo: Giappone, Belgio, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti.


La Campagna è davvero Globale! Nei giorni che ricordano il 60° anniversario del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki saremo in tantissimi in tutto il mondo a rinnovare il nostro impegno per un mondo libero da armi nucleari, nel quadro della Campagna lanciata dal Sindaco di Hiroshima per la messa al bando di questo strumenti di distruzione di massa.

In Giappone si terranno la Conferenza mondiale dei Sindaci per la Pace e la Conferenza internazionale per l’abolizione delle bombe atomiche.
In Belgio, dal 26 luglio al 9 agosto una lunga Marcia per la Pace si snoderà da Ypres a Kleine Brogel. Ypres è il luogo dove 90 anni fa venne usata per la prima volta un’arma di distruzione di massa, il gas che prende il suo nome dalla cittadina. Kleine Brogel, invece, è la base che oggi ospita testate nucleari dell’ombrello protettivo Nato nel quadro degli accordi di “nuclear-sharing”.
In Germania, i giovani che hanno organizzato la scrittura collettiva di un appello ai governi mondiali per la messa al bando delle armi nucleari, manifesteranno davanti alla base di Buechel, un’altra base, come quelle di Kleine Brogel e di Ghedi in Italia, dove armi atomiche USA sono in dotazione a forze armate di Paesi non-nucleari.
In Francia, gli antinuclearisti faranno un digiuno collettivo ed azioni dirette nonviolente davanti ai luoghi della direzione strategica del programma nucleare militare francese. E questi sono solo alcuni.
Negli Stati Uniti le iniziative per commemorare i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki saranno tantissime. Prima di tutto, gli antinuclearisti statunitensi ci tengono a che si affermi sempre che le bombe atomiche sganciate su Hirsohima e Nagasaki furono progettate e costruite negli USA, e che furono gli Stati Uniti ad ordinarne l’uso. A Los Alamos, nel Nuovo Messico, gli attivisti saranno davanti al laboratorio dove furono progettate quelle bombe: è iniziato tutto da qui, scriveranno sugli striscioni, il nostro impegno è che finisca qui! Molte città, a partire da Olympia nello Stato di Washington, approveranno ordini del giorno comunali il 9 agosto per dichiarare il proprio territorio “Zona Libera da Armi Nucleari”.

E con tutte queste iniziative l'Associazione Nazionale di Volontariato "Beati i costruttori di pace" stabilirà collegamenti con Hiroshima, con Nagasaki, con Los Alamos, con Parigi, con la Germania e con il Belgio. E per poter essere in ideale sintonia con tante e tanti che, in Italia, non potranno unirsi fisicamente alla campagna, alle 8.15 del 6 agosto e ancora alle 11 del 9 agosto. Troviamo un gesto che ci unisca, che ciascuno possa compiere nel luogo in cui si trova! I segni che contraddistinguono la Campagna Globale per la Messa al Bando delle Armi Nucleari sono la gru di Sadako e il girasole. E da noi, in Italia - ma ormai anche nel resto del mondo - la bandiera della pace.
Nel comunicare la vostra adesione alle iniziative del 6 – 9 agosto 2005, l'Associazione "Beati i costruttori di pace" ha bisogno della vostra creatività: proponete l’idea di un gesto simbolico che possa essere condiviso da tutti e dovunque.

Per adesioni e informazioni: [email protected] - tel. 049 8070522.


Associazione Nazionale "Beati i costruttori di pace"
Nasce nell'autunno del 1985, vent'anni dopo il Concilio Vaticano II, da un appello che esprime la convinzione che la pace è un obiettivo di fondamentale importanza e va perseguita da ciascuno nella vita di tutti i giorni, con un costante impegno in favore della giustizia, del disarmo e della salvaguardia del creato.
Iscritta al Registro Regionale delle OO.VV. (L. Reg. Veneto n° 40/93) con D.P.G.R. n° 46 del 12/2/98 (N° Classificazione PD0331) Associata al Dipartimento di Pubblica Informazione delle Nazioni Unite.


"Beati i costruttori di pace"
via Antonio da Tempo, n. 2
35131 Padova
Telefono: 049.807.0522 - 049.807.0699
Fax: 049.807.0699
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Old 03-08-2005, 12:07   #2
BountyKiller
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mi ricordo che sul libro di storia che avevo alle elementari, parlando dello sgancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, si poteva leggere una frase del tipo: in fondo quelle bombe sono state un bene perchè hanno contribuito alla fine delle seconda guerra mondiale.......ricordo benissimo che nonostante avessi circa 10 anni rimasi allibito davanti a una simile frase.....da quel giorno la storia per me è SOLO UN MUCCHIO DI CAZZATE
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Old 03-08-2005, 12:23   #3
lunaticgate
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Ci sono tante di quelle cose che sono state modificate che nemmeno ce ne rendiamo conto. Dopotutto la storia viene scritta dai vincitori.

Non c'è nessuna giustificazione a quel terribile atto di criminalità.
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Old 03-08-2005, 12:24   #4
thotgor
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Originariamente inviato da BountyKiller
mi ricordo che sul libro di storia che avevo alle elementari, parlando dello sgancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, si poteva leggere una frase del tipo: in fondo quelle bombe sono state un bene perchè hanno contribuito alla fine delle seconda guerra mondiale.......ricordo benissimo che nonostante avessi circa 10 anni rimasi allibito davanti a una simile frase.....da quel giorno la storia per me è SOLO UN MUCCHIO DI CAZZATE

Non dico che sia stato un bene, ma sai quanto tempo sarebbe andata avanti la guerra (e quanti altri morti in più?)...

Non voglio far polemica, eh!
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Old 03-08-2005, 12:47   #5
gpc
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Non dico che sia stato un bene, ma sai quanto tempo sarebbe andata avanti la guerra (e quanti altri morti in più?)...

Non voglio far polemica, eh!
Se n'era discusso parecchie volte anche qui sul forum. A parte le posizioni dei soliti irriducibili, era chiaro anche dai documenti e dalle analisi portate che il conflitto portato avanti coi mezzi convenzionali contro i giapponesi sarebbe durato molto più a lungo e alla fine avrebbe causato molti più morti di un'azione di forza schiacciante come quella delle bombe atomiche.
Ricordatevi, infine, che dal punto di vista scientifico non si conoscevano assolutamente gli effetti della radioattività nè a lungo nè a breve termine.
Vi porto come esempio Isaac Asimov, che è stato un grande autore di fantascienza ma anche uno scienziato: negli anni 50 (diversi anni dopo quindi le bombe sul giappone) scrisse diversi libri ambientati in una terra del futuro resa radioattiva dalle bombe nucleari; in un altro libro più recente, degli anni '80 se non erro, facente parte dello stesso ciclo di racconti, nella prefazione si scusava per le inesattezze e le incongruenze dei libri precedenti spiegando che all'epoca non si aveva alcuna idea della reale portata dei danni da radiazioni.
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Old 03-08-2005, 12:53   #6
Korn
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con i se e con i ma.... ma l'imperatore e parte suo dell'entourage era per la resa, come certo saprete
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Old 03-08-2005, 12:54   #7
gpc
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Originariamente inviato da Korn
con i se e con i ma.... ma l'imperatore e parte suo dell'entourage era per la resa, come certo saprete
E la bomba atomica era considerata solo una grossa bomba, come certo saprete.
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Old 03-08-2005, 12:56   #8
LightIntoDarkness
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Originariamente inviato da gpc
E la bomba atomica era considerata solo una grossa bomba, come certo saprete.
Come vuoi, ma non c'è alcuna giustificazione all'atomica oggi, che ne conosciamo gli effetti.
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...Grazie caro Lolek!
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Old 03-08-2005, 13:09   #9
Topomoto
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Originariamente inviato da LightIntoDarkness
Come vuoi, ma non c'è alcuna giustificazione all'atomica oggi, che ne conosciamo gli effetti.
Beh ovvio. Non mi pare infatti siano più state utilizzate
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Old 03-08-2005, 13:10   #10
gpc
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Originariamente inviato da LightIntoDarkness
Come vuoi, ma non c'è alcuna giustificazione all'atomica oggi, che ne conosciamo gli effetti.
Infatti, quante ne sono state sganciate oggi?
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Old 03-08-2005, 13:12   #11
gpc
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Tre bei link sulla storia dell'atomica e della fine della IIGM:

http://www.cronologia.it/storia/tabello/tabe1509.htm

http://www.cronologia.it/storia/a1945i.htm
(riporto da questo link:
" La sera, il Presidente Truman annuncia la verità al mondo. Gli Stati Uniti posseggono al momento un'altra bomba atomica - al plutonio. Ma si spera che quella di Hiroshima basterà.
E' una breve illusione. Truman autorizza la U.S.A.A.F. a colpire con la bomba al plutonio una seconda città giapponese.
La bomba al plutonio esplode sulla verticale di Nagasaki alle 11,02 del 9 agosto. L'inferno si ripete. Come a Hiroshima. Le macerie sembrano ruderi di un'età preistorica. Tutto appare fossilizzato.
L'Imperatore rompe ogni indugio e prega la Croce Rossa svizzera di comunicare al Governo degli Stati Uniti che il Giappone si arrende senza condizioni. Il 14 agosto la resa è ratificata. Il 2 settembre entra nella rada di Tokyo la corazzata Missouri e il generale Mac Arthur, riceve i delegati con la resa del Giappone .
La Seconda Guerra Mondiale all'ombra del fungo atomico, è finita."

L'atomica degli USA era in realtà tedesca? http://www.cronologia.it/storia/tabello/tabe1580.htm
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Old 03-08-2005, 13:15   #12
Ewigen
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Originariamente inviato da thotgor
Non dico che sia stato un bene, ma sai quanto tempo sarebbe andata avanti la guerra (e quanti altri morti in più?)...

Non voglio far polemica, eh!
Purtroppo l'errore che si fa è parlare del passato con la mentalità (e quasi sempre mai imparziale) e conoscenze del presente,niente di più sbagliato che si possa fare.
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Old 03-08-2005, 13:19   #13
BountyKiller
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Originariamente inviato da thotgor
Non dico che sia stato un bene, ma sai quanto tempo sarebbe andata avanti la guerra (e quanti altri morti in più?)...

Non voglio far polemica, eh!
nemmeno io...ma questo vallo a dire ai sopravvissuti di Hiroshima e di Nagasaki e alla gente che in quella zona muore ancora oggi a causa della "gloriosa impresa" dei liberatori dell'europa....
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Old 03-08-2005, 13:24   #14
LightIntoDarkness
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Originariamente inviato da Topomoto
Beh ovvio. Non mi pare infatti siano più state utilizzate
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Originariamente inviato da gpc
Infatti, quante ne sono state sganciate oggi?
Ehm... il discorso vale per gli attuali arsenali atomici.
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Old 03-08-2005, 13:26   #15
BountyKiller
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Originariamente inviato da Ewigen
Purtroppo l'errore che si fa è parlare del passato con la mentalità (e quasi sempre mai imparziale) e conoscenze del presente,niente di più sbagliato che si possa fare.
d'accordissimo, noi giudichiamo i fatti avvenuti nella seconda guerra mondiale con la mentalità di oggi che è sicuramente diversa da quella di 60 anni fa (io ho 27 anni) e non possiamo immaginare cosa volesse dire viverla veramente sulla propria pelle.... io mi riferivo a quella abominevole frase sul mio libro di storia delle elementari, che è stata scritta in epoca più recente...e allo "storico" che l'ha scritta....questo dovrebbe spiegare la mia signature.

Light suoni la Gibson Diavoletto??
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Old 03-08-2005, 13:26   #16
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Ehm... il discorso vale per gli attuali arsenali atomici.
Ma li hanno usati?
Gli attuali arsenali atomici sono i resti della guerra fredda, che volente o nolente ha garantito proprio il non uso di armi atomiche. L'equilibrio basato sulla possibilità della distruzione totale è stata l'unica cosa che ha evitato la stessa.
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Old 03-08-2005, 13:29   #17
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d'accordissimo, noi giudichiamo i fatti avvenuti nella seconda guerra mondiale con la mentalità di oggi che è sicuramente diversa da quella di 60 anni fa (io ho 27 anni) e non possiamo immaginare cosa volesse dire viverla veramente sulla propria pelle.... io mi riferivo a quella abominevole frase sul mio libro di storia delle elementari, che è stata scritta in epoca più recente...e allo "storico" che l'ha scritta....questo dovrebbe spiegare la mia signature.
Mah, secondo me non è solo questione di mentalità ma anche di conoscenze.
Come dicevo, il problema è che nessuno sapeva cosa facevano realmente le esplosioni atomiche, tant'è che nei test la gente guardava le esplosioni con gli occhiali da sole...
Sulla frase del tuo libro delle elementari, non è così sbagliata: prova ne sia il fatto che ci sono volute due bombe e non una prima che il Giappone si arrendesse. Se una sola bomba atomica, con i suoi effetti immediati, non aveva portato alla resa, una guerra convenzionale si sarebbe protratta ancora per lunghissimo tempo con un bilancio sicuramente più pesante.
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Old 03-08-2005, 13:44   #18
BountyKiller
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ma....sarà......
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Old 03-08-2005, 15:23   #19
lunaticgate
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So cosa dico quando parlo di mistificazione della realtà.
Conosco molto bene la storia del Giappone e i giapponesi.
Quello fu un atto criminale che poteva essere risparmiato.
Basta sapere che inizialmente le bombe dovevano essere sganciate su obiettivi militari ma hanno voluto testare gli effetti delle bombe sulla povera gente civile.
La resa del Giappone c'era ma non incondizionata, C'era ampia disponibilità da parte della classe militare giapponese di trattare. Il tempo "perso" per procedere per vie diplomatiche avrebbe risparmiato tante vittime innocenti.

Se avete un pò di tempo leggete questo articolo:

Hiroshima, non dovevamo
John Rawls.

Donzelli, supplemento al n° 19 di Reset
a cura di Nadia Urbinati , 28 giugno 1995


Sono passati cinquant'anni dal bombardamento di Hiroshima ed è tempo di riflettere su ciò che dobbiamo pensarne. Si è trattato davvero di un grave torto, come molti ritengono oggi, e come molti pensarono anche allora, o forse dopo tutto è possibile giustificarlo? Io credo che il bombardamento con ordigni incendiari delle città giapponesi iniziato nella primavera del 1945, così come il successivo attacco atomico contro Hiroshima del 6 agosto, furono dei gravissimi torti e che sia giusto considerarli così.

A sostegno di questa mia opinione, vorrei esporre quelli che ritengo siano i principi che governano la conduzione della guerra - jus in bello - per i popoli democratici. Nella conduzione della guerra questi popoli hanno finalità diverse rispetto a quelle degli Stati non democratici e in particolare totalitari, come la Germania e il Giappone di quel tempo, che tentarono di dominare e sfruttare i popoli assoggettati e, nel caso della Germania, addirittura di schiavizzarli, se non di sterminarli.

Sebbene non possa adeguatamente motivarli in queste pagine, vorrei cominciare con l’esporre sei principi e postulati a sostegno di questi miei giudizi. Spero che non appaiano irragionevoli di certo dovrebbero suonare familiari, dal momento che si rifanno strettamente a gran parte della tradizione intellettuale in materia. Ecco dunque i sei principi:

1. Lo scopo di una guerra giusta, condotta da una società democratica decente, è una pace giusta e duratura fra popoli, a cominciare dai nemici del momento.

2. Una società democratica decente combatte sempre contro uno Stato che non è democratico. Ciò discende dal fatto che i popoli democratici non si fanno la guerra fra loro e, dal momento che qui ci occupiamo delle regole della guerra per tali popoli, abbiamo per scontato che la società contro cui si combatte sia una società non democratica, che le sue mire espansionistiche abbiano minacciato la sicurezza e le libere istituzioni; di regimi democratici, e che ciò facendo essa abbia scatenato la guerra.

3. Nella conduzione della guerra, una società democratica deve operare un'attenta distinzione fra tre gruppi: i governanti e i funzionari dello Stato, i soldati e la popolazione civile. Il motivo di questa distinzione poggia sul principio di responsabilità: dal momento che lo Stato contro cui si combatte non è democratico, non possono essere stati i civili di quella società ad organizzare e condurre la guerra. Sono stati i suoi governanti e i suoi funzionari, con assistenza di altre élite che controllano l'apparato dello Stato e ne costituiscono il personale operativo. Sono loro i responsabili, loro hanno voluto la guerra e, proprio per averlo fatto, sono dei criminali. Non così i civili, spesso mantenuti nell'ignoranza e influenzati; dalla propaganda di Stato. E questo vale anche se alcuni civili erano meglio informati e magari hanno sostenuto la guerra entusiasticamente. Nella conduzione della guerra da parte di una nazione, molti di questi casi marginali possono esistere, ma sono irrilevanti. Quanto ai soldati, essi - proprio come i civili, e ad esclusione degli ufficiali di grado superiore - non hanno la responsabilità della guerra, ma vengono arruolati o costretti in altro modo a parteciparvi, e il loro patriottismo è spesso sfruttato con crudeltà e cinismo. La ragione per cui possono venire attaccati direttamente non sta nel fatto che sono responsabili della guerra, ma nel fatto che un popolo democratico non si può difendere in nessun altro modo. E difendersi deve. Su questo non vi è scelta.

4. Una società democratica decente deve rispettare i diritti umani dei membri della parte avversa, sia civili che militari, per due ragioni.
- La prima consiste nel semplice fatto che essi sono titolari di tali diritti in base al diritto dei Popoli.
- L'altra è che il contenuto di tali diritti va insegnato ai soldati e ai civili nemici tramite l'esempio del proprio comportamento.
È questo il miglior modo di far loro comprendere il significato di quei diritti. Ad essi viene riconosciuto un certo status, lo status di componenti di una società umana che posseggono diritti in quanto esseri umani. Quanto ai diritti umani in caso di guerra, lo status dei civili è interpretato in modo restrittivo. Ciò significa, per quanto attiene a queste pagine, che essi non possono essere mai attaccati direttamente salvo che in circostanze di crisi estrema, la cui natura è esaminata più sotto.

5. Sempre in rapporto all'esempio da dare circa il contenuto dei diritti umani, il principio successivo è che i popoli giusti con le loro azioni e prese di posizione debbono prefigurare, durante la guerra, il tipo di pace cui mirano, e il tipo di rapporti fra nazioni che vogliono ottenere.
Ciò facendo mostrano in modo aperto e pubblico qual è la natura dei loro fini e che tipo di popolo essi sono. Questi ultimi doveri ricadono in larga misura sui governanti e i funzionari dei popoli democratici, dal momento che questi ultimi si trovano nella posizione migliore per parlare a nome dell’intero popolo e per agire secondo ciò che il principio richiede. Tutti i principi; elencati; qui; sopra esprimono anche doveri dell'uomo di Stato, ma questo vale in particolar modo per il quarto e il quinto. Il modo di combattere la guerra e le azioni che vi pongono fine permangono nella memoria storica dei popoli e possono porre le premesse per guerre future. Questo dovere dell'uomo di Stato non va mai perso di vista.

6. Infine, prendiamo in esame il ruolo che ha la valutazione pratica mezzi - fini nel giudicare dell'opportunità di un'azione o di una politica atte ad ottenere lo scopo della guerra o a non causare più male che bene. Questo genere di valutazione - che si esprima per mezzo di un (classico) ragionamento utilitarista o di un'analisi costi - benefici, o soppesando gli interessi nazionali;, o in altri modi - dev'essere sempre collocato nel contesto dei principi suesposti e da essi severamente limitato. Le norme dello jus in bello segnano limiti che determinano l'azione giusta. I piani e le strategie militari, la conduzione vera e propria del combattimento, devono stare in questi limiti (con l'unica eccezione, lo ripeto, delle circostanze di crisi estrema).
Per quanto riguarda il quarto e quinto principio della conduzione della ,guerra, ho già detto che essi; sono vincolanti in particolare per i governanti della nazione. Questi si trovano nella posizione migliore per rappresentare con il massimo dell'efficacia le finalità e gli obblighi del loro popolo, e solo talvolta diventano uomini di Stato.

Ma chi è un uomo di Stato? La carica di uomo di Stato, al contrario di quella di Presidente, di Cancelliere, di Primo ministro, non esiste. Quello dell'uomo di Stato è un ideale, come l'ideale dell'individuo onesto o virtuoso. Gli uomini di Stato sono Presidenti o primi ministri che diventano uomini di Stato grazie alla leadership e alla performance esemplare di cui danno prova in tempi duri e difficili e che mostrano forza, saggezza e coraggio. Essi; guidano i loro popoli attraverso periodi turbolenti erti di pericoli, ed è questo che li farà ricordare tra i grandi.

L'ideale dell'uomo di Stato è riassunto nel detto "l'uomo politico pensa alle future elezioni, l'uomo di Stato alle future generazioni". È del resto compito degli studiosi di filosofia esaminare le condizioni permanenti e gli interessi reali; di una società democratica giusta e buona. Ma e nello stesso tempo compito dell'uomo di Stato distinguere queste condizioni e interessi; nella pratica; l’uomo di Stato vede più a fondo e più lontano di molti altri e coglie ciò che occorre fare. L'uomo di Stato deve capire, almeno per l'essenziale, le cose come stanno e attenersi saldamente alla comprensione così raggiunta. Washington e Lincoln erano uomini di Stato. Bismarck no. Egli non seppe vedere gli interessi reali della Germania abbastanza avanti nel futuro, e il suo giudizio e le sue motivazioni; furono spesso distorti; dai suoi interessi di classe e dal suo desiderio di essere lui e lui solo il cancelliere tedesco.

Gli uomini di Stato non sono per forza altruisti, e possono anche coltivare interessi personali, mentre sono in carica, ma debbono essere equilibrati nei giudizi e nelle valutazioni degli interessi della società e non lasciarsi trascinare, specie in tempi di guerra e di crisi, da passioni come la vendetta e la ritorsione contro il nemico. Soprattutto essi; debbono tenere saldamente di vista il fine di conseguire una pace giusta ed evitare tutto ciò che rende più difficile raggiungerla, Sotto questo profilo, le affermazioni pubbliche di una nazione debbono chiarire (e questo è compito dell'uomo di Stato) che, una volta ristabilita una pace solida, al popolo nemico sarà concesso un suo regime autonomo e una vita dignitosa e piena. Qualsiasi cosa possano dirgli i suoi governanti, qualsiasi rappresaglia possa ragionevolmente temere, il popolo nemico non verrà tratto in schiavitù né asservito dopo la resa né gli verranno negate, al momento opportuno, le libertà nel senso più pieno; ed è anche possibile che conquisti libertà di cui non godeva prima, come è accaduto ai tedeschi e ai giapponesi dopo la guerra. L'uomo di Stato sa, anche se non lo sanno gli altri, che qualsiasi rappresentazione del popolo nemico (non dei suoi governanti) che contraddica questa impostazione è impulsiva e falsa.

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Per tornare adesso a Hiroshima e al bombardamento incendiario su Tokyo, osserviamo che nessuno dei due rientra nell'eccezione dovuta a circostanze di crisi estrema. Dal momento che (supponiamo) non esistono diritti assoluti - diritti cioè che vanno rispettati in ogni circostanza - vi sono occasioni in cui i civili possono essere aggrediti direttamente per mezzo del bombardamento aereo. Vi sono stati momenti, durante la guerra, in cui la Gran Bretagna avrebbe voluto a ragione bombardare Amburgo e Berlino? Sì, quando Londra si è trovata disperatamente sola di fronte alla superiorità militare della Germania; per giunta, quel periodo si protrasse fino al momento in cui la Russia, respinto in modo incontrovertibile il primo assalto tedesco tra l'estate e l'autunno del 1941, non mosse una guerra totale contro la Germania. Quel punto di svolta si potrebbe collocare in un momento diverso, diciamo l'estate del 1942, e certamente all'epoca dell'assedio di Stalingrado. Non mi soffermerò su questo punto, poiché l'aspetto cruciale è che a nessuna condizione si sarebbe potuto permettere alla Germania di vincere la guerra, e questo per due motivi fondamentali: primo, la natura e la storia della democrazia costituzionale e il suo posto nella cultura europea; secondo, la peculiare essenza malvagia del nazismo e l'enorme e incalcolabile male morale e politico che rappresentava per la società civile.

È importante comprendere l’essenza malvagia del nazismo, poiché vi sono circostanze in cui un popolo democratico può accettare meglio la sconfitta se le condizioni della pace offerte dall'avversario sono ragionevoli e moderate, non gli infliggono umiliazioni e vanno in direzione di un rapporto politico praticabile e accettabile. Mentre al contrario, era tipico di Hitler rifiutare in blocco qualsiasi possibilità di rapporto politico con i suoi nemici.

Questi andavano invariabilmente intimiditi mediante il terrore e la brutalità e dominati per mezzo della forza. La campagna contro la Russia, ad esempio, fu fin dall’inizio una guerra di distruzione contro i popoli slavi, in cui gli abitanti originari potevano sopravvivere in caso di sconfitta tutt'al più solo come servi. Quando Goebbels e altri obiettarono che in quel modo non si poteva vincere la guerra, Hitler non volle dar loro ascolto.

Eppure, è evidente che l’eccezione dovuta a una crisi estrema, se era applicabile alla Gran Bretagna nelle prime fasi della guerra, non lo è mai stata agli Stati Uniti in nessuna fase della loro guerra contro il Giappone. In questo caso, i principi della conduzione della guerra sono sempre stati applicabili. Anzi, nel caso di Hiroshima financo molti esponenti delle sfere superiori dell'amministrazione riconobbero che il bombardamento era una scelta discutibile, e che si stavano oltrepassando dei limiti. Tuttavia, durante le discussioni fra i leader alleati tenutesi nel giugno e luglio 1945, il peso della valutazione pratica mezzi - fini fu preponderante. Sotto la pressione estenuante della guerra, questa sorta di dubbi morali non riuscì ad emergere in modo appropriato. Con il prosieguo del conflitto,; pesanti bombardamenti incendiari contro la popolazione civile delle capitali nemiche, Berlino e Tokyo, e di altre città furono sempre più accettati da parte degli Alleati. Sebbene Roosevelt, dopo lo scoppio della guerra, avesse esortato entrambe le parti a non macchiarsi di una barbarie inumana come i bombardamenti contro i civili, nel 1945 i leader alleati davano ormai per scontato che il Presidente americano avrebbe usato la bomba su Hiroshima. La bomba fu un portato di tutto quanto era accaduto prima.

Le valutazioni pratiche mezzi - fini per giustificare L’uso della bomba atomica su Hiroshima furono le seguenti.

La bomba venne sganciata per affrettare la fine della guerra. È chiaro che Truman e la maggior parte degli altri leader alleati pensavano che l’effetto sarebbe stato quello. Un altro motivo fu che avrebbe salvato delle vite, dove le vite che contavano erano quelle dei soldati americani. Le vite dei giapponesi - militari o civili - presumibilmente contavano meno.

Qui il conto del tempo da ridurre al minimo e quello delle vite da salvare si sommano. Per giunta, sganciando la bomba si sarebbe fornito all'Imperatore e ai governanti del Giappone un modo per salvare la faccia, aspetto rilevante, considerata la tradizione samurai. In realtà, alla fine alcuni esponenti delle istituzioni giapponesi volevano fare un ultimo gesto sacrificale, ma su di loro prevalsero altri, appoggiati dall'Imperatore, che ordinarono la resa il 12 agosto, dopo aver avuto notizia da Washington che l'Imperatore sarebbe potuto restare, purché avesse accettato di ottemperare agli ordini del comando militare americano. L'ultimo motivo che voglio ricordare è che la bomba fu sganciata Per dare ai russi un'impressionante dimostrazione della potenza americana, onde renderli più inclini ad accogliere le nostre richieste. Quest’ultimo aspetto è molto dibattuto ma alcuni critici e studiosi ne sottolineano l’importanza.

Che queste valutazioni non abbiano rispettato i limiti da imporre alla conduzione della guerra è evidente, quindi preferisco concentrarmi su un altro aspetto: l’assenza di senso dello Stato da parte dei leader alleati e le sue possibili motivazioni. Truman disse una volta che i giapponesi erano bestie e come tali andavano trattati eppure, quanto sembra sciocco chiamare barbari e bestie i tedeschi o i giapponesi al giorno d'oggi! Detto dei militaristi nazisti e di Tokyo può anche andare bene, ma non esiste un'identità totale fra questi e il popolo tedesco o quello giapponese. In seguito, Churchill ammise di esse re andato troppo in là con i bombardamenti, spinto dalla passione e dall'intensità del conflitto. Uno dei doveri dell’uomo di Stato è non permettere che simili sentimenti, per quanto naturali e inevitabili, alterino il comportamento di un popolo democratico nella ricerca della pace.

L’uomo di Stato è consapevole della speciale importanza dei rapporti con il nemico di oggi: infatti, come ho già detto, la guerra dev'essere condotta in modo aperto e pubblico, tale da rendere possibile una pace duratura e amichevole con il paese nemico, una volta sconfitto. Essa deve anche preparare il popolo del paese nemico al modo in cui può aspettarsi d'essere trattato: occorre sedare i suoi timori presenti di essere sottoposto a vendette e ritorsioni; i nemici attuali vanno visti come partner in una pace futura giusta e condivisa.

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Come risulta chiaramente da queste osservazioni, a mio parere sia Hiroshima che il bombardamento incendiario delle città giapponesi sono stati gravi torti, che i doveri che derivano dal senso dello Stato impongono ai leader politici di evitare, ove non si applichi l’eccezione delle circostanze di crisi. Credo anche che questo si sarebbe potuto fare senza pagare un prezzo elevato in termini di ulteriori perdite umane. Un'invasione non era necessaria in quel momento, visto che la guerra era sostanzialmente alla fine. In ogni caso, che questo sia vero o no, non fa differenza. Vista l’assenza delle circostanze di crisi, quei bombardamenti sono stati gravi errori. E tuttavia è chiaro che l’esito non sarebbe cambiato neanche se a quel tempo ci fosse stata un'espressione appropriata dei principi della guerra giusta: era semplicemente troppo tardi. Un Presidente o Primo ministro dovrebbe avere considerato attentamente tali questioni, preferibilmente molto tempo prima, o almeno non appena ne abbia avuto la disponibilità.

Fra il baccano e le pressioni quotidiane degli eventi che accompagnano la fine delle ostilità, le riflessioni sulla guerra giusta non si sentono neppure; troppi sono ansiosi e impazienti, o semplicemente esausti.

Analogamente, la giustificazione della democrazia costituzionale e il terreno dei diritti e dei doveri da rispettare dovrebbero far parte della cultura politica pubblica ed essere discussi nelle varie associazioni della società civile in quanto parte dell'educazione di ciascuno. Anche se non si fanno sentire nella normale politica quotidiana, questi principi devono essere considerati come un presupposto fondamentale e non come argomento della politica di tutti i giorni, tranne che in circostanze speciali. Allo stesso modo, non vi è stata, in precedenza, una sufficiente comprensione dell’importanza fondamentale dei principi della guerra giusta tale da inibire il ricorso alla valutazione pratica mezzi - fini in termini di calcolo delle perdite umane, o del tempo minimo necessario per porre fine alla guerra, o di qualche altra stima dei costi e dei benefici. Questa valutazione pratica, in realtà, giustifica troppo e troppo facilmente, e fornisce al potere dominante un modo per mettere a tacere qualsiasi scrupolo morale possa insorgere. Se in quel momento vengono anteposti i principi della guerra giusta, essi si trasformano facilmente in ulteriori considerazioni da mettere sulla bilancia.

Un'altra prova della mancanza di senso dello Stato e costituita dal mancato tentativo di intavolare trattative con i giapponesi prima che venissero compiuti passi drastici come il bombardamento delle città con ordigni incendiari o lo sganciamento della bomba su Hiroshima.

Sarebbe stato moralmente necessario attuare coscienziosamente un simile tentativo. In quanto popolo democratico, lo dovevamo ai giapponesi: se lo dovessimo anche al loro governo è tutt’altra questione. Infatti, già da diverso tempo si discutevano le varie possibilità di porre fine alla guerra, e il 26 giugno il governo di Tokyo aveva ricevuto dall'Imperatore un ordine in proposito. Doveva certamente essere stato compreso che con la flotta distrutta e le isole periferiche conquistate, la guerra era perduta. È ben vero che i giapponesi erano stati illusi dalla speranza che i russi potessero dimostrarsi loro alleati, ma; negoziati servono precisamente a evitare che la controparte coltivi simili illusioni. Un uomo di Stato non è mai libero di pensare che tali trattative possano attenuare il valore d'urto desiderato di eventuali attacchi successivi.

Per molti aspetti Truman è stato un buon Presidente, a volte ottimo. Ma il modo in cui ha posto fine alla guerra ha dimostrato il suo fallimento come uomo di Stato. Per lui è stata un'occasione perduta, così come è stato un danno per i1 paese e per le sue forze armate. A volte si e detto che porre in questione il bombardamento di Hiroshima è un insulto alle truppe americane che hanno combattuto la guerra. Ciò e di difficile comprensione. Dopo cinquant'anni, dovremmo poter volgere lo sguardo al passato e anche considerare quali sono stati nostri errori. Ci aspettiamo che lo facciano tedeschi e giapponesi: zu vergegenwartigen der Vergangenhait, "rappresentare il passato", come si dice in tedesco. E perché non dovremmo? Non può davvero essere che noi americani pensiamo di aver fatto una guerra senza il minimo errore morale!

Nulla di ciò cambia il fatto che la Germania e il Giappone siano stati responsabili della guerra né muta il giudizio sul comportamento che hanno tenuto durante il suo corso.

Vi sono infatti due dottrine nichiliste da ripudiare energicamente. Una è espressa dalla frase di Sherman "La guerra è l’inferno", come dire che tutti i mezzi sono buoni per finirla prima possibile. L'altra è che tutti siamo colpevoli, quindi siamo tutti sullo stesso piano e nessuno può dare la colpa a nessun altro. Entrambe sono concezioni superficiali che annullano qualsiasi ragionevole distinzione; esse sono falsamente invocate per tentare di giustificare i nostri comportamenti riprovevoli o per tentare di negare la possibilità di essere condannati.

Il vuoto morale di queste teorie nichiliste e manifesto nel fatto che le società civili giuste e accettabili - le loro istituzioni, le loro leggi, la loro vita civile e la cultura e le tradizioni che fanno loro da sfondo - dipendono tutte assolutamente dalla capacità di operare, in tutte le situazioni, distinzioni morali e politiche significative. Certamente la guerra è una sorta d'inferno, ma perché ciò dovrebbe significare che cessano di valere tutte le distinzioni morali?

E ammettendo anche che a volte tutti o quasi tutti possono essere in una certa misura colpevoli, ciò non significa che tutti lo siano in misura uguale. Non esiste un momento in cui siamo svincolati da tutti i principi e da tutte le limitazioni morali e politiche. Teorie nichiliste del genere equivalgono a fingere di essere esenti da quei; principi e da quelle limitazioni che invece ci riguardano pienamente in ogni momento.
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Ultima modifica di lunaticgate : 03-08-2005 alle 15:30.
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Old 03-08-2005, 15:32   #20
evelon
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Originariamente inviato da lunaticgate
So cosa dico quando parlo di mistificazione della realtà.
Conosco molto bene la storia del Giappone e i giapponesi.
Quello fu un atto criminale che poteva essere risparmiato.
Basta sapere che inizialmente le bombe dovevano essere sganciate su obiettivi militari ma hanno voluto testare gli effetti delle bombe sulla povera gente civile.
La resa del Giappone c'era ma non incondizionata, C'era ampia disponibilità da parte della classe militare giapponese di trattare. Il tempo "perso" per procedere per vie diplomatiche avrebbe risparmiato tante vittime innocenti.

Ovviamente ci sarebbe da dire molto ma molto di più ma al momento sono in ufficio..........
Questo non è esatto, o almeno non lo è scritto così

Senza mettere in dubbio la tua indscussa conoscenza della storia giapponese devo dire che la storia della nascita dell'arma atomica la conosco abbastanza anch'io ed inizialmente (anche dopo i due sganci) si ignoravano gli effetti delle radiazioni (solo pochi scienziati ne conoscevano l'esistenza) ed erano considerate "solo" come potentissime bombe (i cui effetti si "limitavano" alla distruzione classica).
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evelon è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
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