MacBook Air con Apple M1: è l'alba di una nuova Mela. La recensione

La nuova piattaforma hardware Apple M1 sorprende per bilanciamento di consumi, prestazioni e temperature. MacBook Air è il primo assaggio di una nuova era nel mondo computing
di Andrea Bai pubblicato il 22 Dicembre 2020 nel canale AppleAppleMacBook
Risale a maggio 2011 una delle primissime voci di corridoio che indicava un possibile passaggio, da parte di Apple, all’architettura ARM per la realizzazione dei processori per i propri sistemi desktop e notebook. Allora suonò come poco più che una azzardata speculazione: la Mela aveva ormai completato con successo la transizione dai processori Power (di Motorola prima e IBM poi) all’architettura x86 affidandosi ad Intel, annunciata a metà del 2005 e avviata nel concreto a gennaio 2006. I sistemi Apple con i processori Intel si erano dimostrati validi e ben apprezzati dal pubblico, e l’architettura x86 permetteva di installare anche Windows in una partizione dedicata tramite il sistema Boot Camp. Insomma non c’erano ragioni, in quel momento storico, per le quali Apple avrebbe dovuto cambiare nuovamente cavallo soprattutto in così breve tempo dopo un passaggio tecnologico particolarmente importante.
Dal 2011 in poi quell’indiscrezione ha continuato a riproporsi, ciclicamente. Del resto Apple aveva acquisito nel 2008 una piccola realtà, PA Semi, specializzata proprio nello sviluppo di processori basati su architetture ARM. E pian piano aveva iniziato a portarsi in casa competenze e conoscenze per la realizzazione dei processori, anzi dei SoC - System on Chip, per i suoi iPhone e iPad. Insomma, la Mela stava costruendo un know how nello sviluppo e progettazione di processori, e contemporaneamente portando ad un nuovo livello (almeno per i dispositivi iOS) l’approccio che da sempre l’ha contraddistinta: l’integrazione tra hardware e software.

Ecco che quell’indiscrezione, inizialmente una semplice boutade che nel corso del tempo ha però acquisito poco a poco consistenza, diventa realtà nove anni dopo: Tim Cook, attuale CEO di Apple (la precedente transizione da PowerPC a Intel era avvenuta sotto il comando di Steve Jobs) annuncia in occasione della WWDC 2020 i nuovi processori Apple Silicon. Si tratta di SoC progettati in casa, esattamente come le soluzioni A-Series per iPhone e iPad, ma questa volta dedicati a desktop e notebook. L’annuncio trova concretezza lo scorso 10 novembre, con la presentazione di tre nuovi sistemi, MacBook Air, MacBook Pro, Mac Mini, basati sul SoC M1.
Apple Silicon, contemporaneamente un punto di arrivo e di partenza
La parola d’ordine che ha dominato lo sviluppo di M1 è “ottimizzazione”. La base di partenza è l’architettura ARM, come già detto, che dà vita ad un SoC da 16 miliardi di transistor grazie alla realizzazione con processo produttivo a 5 nanometri. Apple sceglie la via del System on Chip integrando quindi in un unico elemento quelli che in precedenza erano chip distinti sulla scheda logica di un sistema: CPU, processore grafico, chip dedicato alle operazioni di sicurezza e crittografia, controller input/output e memoria di sistema.

Nel chip M1 la CPU è composta da 8 core di cui, seguendo un’impostazione molto simile alla big.LITTLE propria di ARM, 4 dedicati a task che richiedono elevate prestazioni (Firestorm Cluster) e i restanti 4 sono invece core ad alta efficienza (Icestorm Cluster), per le operazioni di routine e quindi ottimizzati per consumare il meno possibile nell’esecuzione dei task ordinari. E’ presente inoltre un sistema di bilanciamento dei carichi di lavoro così che sia possibile utilizzare sempre il corretto tipo di core, e nel numero più adeguato, per offrire il miglior bilanciamento possibile tra prestazioni e consumi.
Il numero di core per il comparto GPU integrato in M1 varia, in questa prima iterazione, a seconda del modello di sistema su cui il chip è installato: 8 core nel caso di MacBook Pro 13 e Mac mini, 7 core nel caso della versione entry-level di MacBook Air. In ogni caso, a prescindere dal numero, ciascuno dei core mette a disposizione 128 unità di esecuzione che possono, nel complesso, eseguire poco meno di 25 mila thread con una capacità di calcolo totale che può arrivare fino a 2,6 teraflop in virgola mobile nella versione a 8 core. Sul fronte della pura elaborazione grafica ci troviamo davanti ad un processore capace di esprimere fino a 82 gigatexel al secondo e fino a 41 gigapixel al secondo, che descrivono - almeno sulla carta - un comportamento confrontabile con quello di una GPU mobile come NVIDIA GeForce GTX 1050.

Al pari dei SoC A-Series dedicati ai dispositivi mobile, anche nei chip M-Series troviamo il Neural Engine: è l’acceleratore - qui a 16 core - specificatamente dedicato al Machine Learning che offre la capacità di elaborare fino a 11 mila miliardi di operazioni al secondo. Si tratta di una potenza di calcolo messa a disposizione delle applicazioni di editing e produzione audio, foto, video e grafica per effettuare quelle elaborazioni in tempo reale che risultano particolarmente onerose dal punto di vista computazionale se effettuate con architetture di processore convenzionali. Troviamo poi due acceleratori ML che sono in grado di eseguire mille miliardi di operazioni al secondo e sono dedicati a quei compiti a bassa latenza per i quali il Neural Engine risulterebbe esageratamente sovradimensionato.
Una caratteristica peculiare dei nuovi SoC M1 è l’architettura memoria unificata, che permette cioè la possibilità di accedere ad un unico pool di memoria da parte di tutte le unità di elaborazione all’interno del SoC. Per ciascuna di esse l’accesso è rapido e non si presenta la necessità di dover copiare i dati in diversi pool di memoria: se CPU e GPU hanno, ad esempio, bisogno di accedere allo stesso dato lo possono fare direttamente dallo stesso indirizzo di memoria, senza che i dati siano copiati tra diversi pool di memoria, come avviene normalmente in un sistema con pool di memoria dedicati alle diverse unità di elaborazione. In questo modo si eliminano operazioni ridondanti e si migliorano le prestazioni complessive, guadagnando in latenza e risparmiando energia. A livello di ingegnerizzazione “fisica”, la memoria non si trova all’interno dello stesso silicio delle unità di elaborazione, ma si tratta di chip saldati direttamente sullo stesso die dell’intero chip.

L'implementazione a chip dedicati come avveniva nei precedenti sistemi Mac
Sul SoC M1 si trovano poi gli altri componenti che Apple ha integrato nei sistemi Mac di precedente generazione, ma che allora erano dislocati in chip dedicati. Parliamo ad esempio di Secure Enclave, che gestisce la crittografia e tutte le operazioni riguardanti la sicurezza del sistema compresa la tecnologia di autenticazione TouchID, dell'Image Signal Processor che governa la webcam integrata FaceTime HD, i motori di encoding/decoding per scaricare la CPU dall’elaborazione dei codec video e infine il controller Thunderbolt/USB 4 che gestisce le connessioni I/O fino a 40 gigabit al secondo per le due porte USB-C con Power Delivery fino a 15W.
E’ importante sottolineare che l’approccio “SoC” differisce rispetto a quanto siamo abituati a vedere con le tradizionali CPU Intel o AMD non solo per l’integrazione di numerosi componenti in un solo chip (anzi, in realtà già da tempo sia Intel sia AMD propongono processori con CPU e GPU integrata al loro interno) ma anche per la possibilità di realizzare soluzioni estremamente su misura e specializzate, a differenza degli approcci general purpose di AMD e Intel. Portarsi in casa i processori consente ad Apple di avere un controllo totale sull’integrazione hardware (non solo la logica, ma anche le caratteristiche fisiche dei sistemi, specie i portatili) e software, dandole modo di sfruttare una sinergia che per ora altre realtà non possono avere a disposizione.

Apple Silicon è un punto di arrivo: la Mela è arrivata qui dopo le esperienze e le competenze maturate negli anni di sviluppo e integrazione con iPhone e iPad. Apple Silicon è un punto di partenza: la Mela da qui imbocca un nuovo cammino per dar vita ad un mutamento radicale nella concezione di un sistema personal computer, che potrebbe spingere (anzi, già sta spingendo) anche altre realtà a riconsiderare l'approccio alla realizzazione di un sistema portatile o desktop.
Le prestazioni

Apple ci ha inviato in prova per quest'analisi un sistema MacBook Air equipaggiato con il nuovo chip M1. Sgombriamo allora subito il campo, e in maniera inusuale rispetto a come procediamo solitamente nell’analisi di un sistema portatile, partiamo dall’analisi delle prestazioni di questa nuova piattaforma hardware.
Modello | Apple MacBook Air |
schermo | 13,3 pollici |
risoluzione | 2560x1600 |
SoC (CPU+GPU) | Apple M1 |
memoria di sistema | 8GB LPDDR4X unificata |
storage | SSD 256GB |
porte connessione | 2 USB Type-C (Thunderbolt 3/DisplayPort) |
Bluetooth | 5.0 |
Wi-Fi | 802.11ax |
batteria | 49,9Wh |
Alimentatore | USB Type-C 30 Watt |
webcam | FaceTime HD 720p |
O.S. | macOS "Big Sur" 11.1 |
peso | 1,29kg |
dimensioni | 304x212x16 mm |
Ricapitolando, in questa prova abbiamo a che fare con un sistema MacBook Air, equipaggiato con un System-on-Chip Apple M1, composto da CPU 8-Core (4 core Firestorm ad elevate prestazioni, 4 core Icestorm ad elevata efficienza), GPU 7-Core e 8GB di memoria unificata di tipo LPDDR4X e unità SSD da 256GB.
Il primo test che andiamo ad eseguire è quello di conversione video utilizzando il software Handbrake, con gli usuali parametri che impostiamo per tutte le nostre prove portatili. La versione di Handbrake per Mac è già disponibile in formato Universal app, che contiene i binari per il chip M1 e per i sistemi con processori x86. In altri termini Handbrake può operare nativamente su questo Mac con processore M1 senza alcun degrado prestazionale che può conseguire dall'esecuzione in ambiente Rosetta 2 (parleremo di questo argomento più avanti nella recensione).

Il primo riscontro di questo SoC M1, per quanto concerne la parte CPU, è decisamente interessante. Vediamo che il livello prestazionale espresso colloca il MacBook Air in prova in una fascia dove si trovano sistemi PC-Windows dotati di processori Intel Core i7-8750H e Ryzen 7 4700U. Abbiamo quindi a che fare con un sistema reattivo e scattante, con una buona capacità di calcolo che, non è da dimenticare, viene espressa da un sistema privo di elementi di raffreddamento attivi.
Il secondo test a cui abbiamo sottoposto Apple MacBook Air è il benchmark Cinebench R20. Questa versione non è disponibile in formato Universal App e pertanto viene eseguita sfruttando la traduzione dell'ambiente Rosetta 2. Si tratta di un'analisi interessante per comprendere quali possano essere le ricadute prestazionali del sistema di traduzione/emulazione messo in campo da Apple. Avremmo potuto utilizzare Cinebench R23, disponibile in Universal app, ma attualmente non disponiamo di uno storico sufficientemente nutrito, con questo benchmark, per poter effettuare i confronti opportuni.

Vediamo che anche l'ambiente Rosetta 2 permette di esprimere prestazioni del tutto dignitose: il livello prestazionale si abbassa un po', ma il sistema nel complesso può essere tranquillamente utilizzato per svolgere le attività che ancora non sono disponibili nativamente per la piattaforma M1. Chiaramente si tratta di una situazione che a tendere si verificherà sempre meno, ma è comunque importante sapere che in caso di necessità le ricadute prestazionali con l'uso di Rosetta 2 sono del tutto accettabili.
Abbiamo esplorato ancora di più questo aspetto, eseguendo il benchmark Cinebench R23 (disponibile in Universal App) sia in modalità nativa, sia tramite Rosetta 2 per quantificare meglio le ricadute prestazionali.

Il confronto testa a testa dei risultati ottenuti in modalità nativa e in ambiente Rosetta 2 dimostrano un calo prestazionale, a parità di condizioni, nell'ordine del 30% circa quando un'applicazione viene eseguita in emulazione rispetto alla stessa applicazione eseguita nativamente. Si può quindi astrarre il comportamento e considerare le prestazioni in Rosetta 2 ridotte del 30% circa rispetto a quanto il sistema è in grado di esprimere con applicazioni native. Continuiamo a reputarlo un degrado prestazionale del tutto accettabile: prima di tutto perché è solo temporaneo, e in questo modo Apple consente di utilizzare fin da subito applicazioni che non sono ancora state scritte per le istruzioni della nuova piattaforma M1. Come abbiamo detto in precedenza, la situazione a tendere non può che migliorare, con la disponibilità da parte di sempre più sviluppatori di binari Universal.
Proseguiamo ora con le analisi relative alla GPU utilizzando, di quei titoli che normalmente sfruttiamo per le nostre prove, quelli che sono disponibili per piattaforma Mac. Due premesse importanti: i titoli che abbiamo utilizzato - Shadow of the Tomb Raider, Deus Ex: Mankind Divided - sono tutti disponibili ad ora solamente in versione x86 e vengono pertanto eseguiti in ambiente Rosetta 2. Inoltre, dato che il portatile MacBook Air in prova ha uno schermo in formato 16:10, abbiamo potuto utilizzare le risoluzioni di 1280x800 e 1920x1200 in luogo delle più canoniche 1280x720 e 1920x1080: si tratta, pertanto, di una risoluzione che comporta l'11% in più circa in termini di pixel calcolati per ciascun frame per il sistema Apple.
Shadow of the Tomb Raider - 1280x800
Shadow of the Tomb Raider - 1920x1200
Deus Ex: Mankind Divided - 1280x800
Deus Ex: Mankind Divided - 1920x1200
Da questo punto di vista il comportamento del chip M1 è realmente sorprendente. I test hanno permesso di registrare un livello prestazionale che si pone ai vertici per quanto concerne le GPU integrate che abbiamo potuto provare fino ad oggi, senza dimenticare che questi risultati sono stati ottenuti in ambiente operativo Rosetta 2, quindi con un'incidenza negativa sul piano delle prestazioni, e con il relativo aggravio apportato dalle risoluzioni non convenzionali come abbiamo precisato poco sopra.
Per quanto riguarda invece le prove di trasferimento dati, abbiamo utilizzato Blackmagic Disk Speed test per rilevare le velocità di lettura/scrittura dell'SSD interno e di un SSD esterno collegato tramite porta USB-C (nel grafico qui sotto viene indicato Crystal Disk Mark 6 poiché è lo strumento che usiamo normalmente per l'analisi dei portatili con piattaforma Windows, ma che non è disponibile su piattaforma Mac). Per la prova di trasferimento dati WiFi abbiamo invece usato, come d'abitudine, iperf.
Trasferimento dati SSD interno
Trasferimento dati USB Type-C
Trasferimento dati WiFi
Nella velocità di trasferimento dati interna MacBook Air fa segnare 2,5GB/s in scrittura e 2,8GB/s in lettura: si tratta di prestazioni di buon livello che assicurano una pronta risposta d'uso e una buona reattività del sistema in generale. Restano nella media le velocità di trasferimento dati esterne, su porta USB-C e quelle di trasferimento WiFi, in linea con la destinazione d'uso tipica di un portatile come MacBook Air.
Dopo l'analisi prestazionale diventa molto interessante sondare come questo chip M1 si comporti nel campo delle frequenze di clock, delle temperature d'esercizio e dei consumi. Ancora più interessante è l'analisi con MacBook Air, perché questo sistema è privo di qualsiasi ventola e quindi il raffreddamento delle componenti interne, quando sottoposte a carico di lavoro, avviene solamente in maniera passiva dissipando calore tramite lo chassis in alluminio. Per sondare il comportamento del chip M1 abbiamo quindi approntato uno stress-test utilizzando il benchmark Cinebench 23 eseguito in loop senza interruzione per una durata di 120 minuti, preceduto da circa 15 minuti di sistema "a riposo". Ecco cosa abbiamo scoperto.
Apple M1 - Clock in stress test
Apple M1 - Consumi in stress test
Apple M1 - Temperature in stress test
I grafici sopra riportati mostrano chiaramente come non appena il benchmark prende il via e quindi richiede potenza elaborativa, il sistema spinge "a manetta" tutto ciò che ha: vediamo in particolare il cluster Icestorm aumentare la propria frequenza di clock fino a quasi 2,1GHz e al contempo il cluster Firestorm (quello dedicato alle prestazioni) salire immediatamente fino a quasi 3GHz. Si tratta però di una parentesi abbastanza breve - vedremo meglio nel dettaglio poco oltre - e laddove il cluster Icestorm continua a testa bassa ad operare instancabilmente alla stessa frequenza, il cluster Firestorm va progressivamente a moderare la sua attività soffermandosi per una breve parentesi temporale attorno alla frequenza dei 2GHz per poi scendere ulteriormente a 1,5GHz e stabilizzarsi successivamente a 1,2GHz per tutta la durata dello stress test. Questo comportamento è ovviamente dettato dalle temperature d'esercizio: il cluster Firestorm arriva infatti a toccare i 90 gradi nella fase iniziale, quando gli viene richiesta tutta la potenza di calcolo che può mettere a disposizione. Ma un sistema passivo come questo può sopportare per poco una temperatura del genere. Ecco la necessità di moderare le frequenze operative per arrivare ad una situazione più sostenibile sulla "long run": il cluster Firestorm si stabilizza successivamente sui 65 gradi, mentre il cluster Icestorm mantiene temperature operative leggermente più basse. L'analisi dei consumi mostra invece quanto siano parchi nella loro richiesta energetica i quattro core del cluster Icestorm con, a regime, poco più di 1W, laddove il cluster Firestorm arriva a "bere" fino a 14W nella fase iniziale (e comunque si tratta di un signor consumo) per poi calare e stabilizzarsi tra i 2W e i 3W. Osserviamo ora un po' più da vicino la fase iniziale dello stress test, per cogliere qualche aspetto ulteriore del comportamento del processore M1.
Apple M1 - Clock in stress test - Dettaglio
Apple M1 - Consumi in stress test - Dettaglio
Apple M1 - Temperature in stress test - Dettaglio
I grafici qua sopra sono tratti dal medesimo stress-test svolto in precedenza, isolandone solamente la parte iniziale. Vediamo che il cluster Firestorm mantiene la frequenza operativa di 3GHz per poche decine di secondi, andando a calare velocemente verso i 2GHz, che vengono sfruttati per un periodo di tempo più prolungato, pari a circa 5-6 minuti, dopo il quale la frequenza operativa scende ancora stabilizzandosi a quote ben più basse. Cosa possiamo evincere da questa analisi? Il chip M1 quando viene utilizzato su una macchina con raffreddamento passivo, come il sistema MacBook Air che abbiamo in prova, è capace di fornire potenze di calcolo di picco interessanti, utili per affrontare carichi di lavoro che possano essere eseguiti rapidamente, nello spazio di pochi secondi o pochi minuti. Laddove, però, il carico di lavoro richieda un'esecuzione prolungata nel tempo, il chip M1 si trova nella condizione di dover moderare le proprie esuberanze per rientrare in un profilo termico più gestibile da un telaio e uno chassis senza ventole. Si tratta di un comportamento che conferma quanto ci hanno indicato gli ingegneri della Mela quando abbiamo chiesto loro approfondimenti sulla gestione termica di questi nuovi sistemi. Apple, che come d'abitudine non si dilunga in dettagli tecnici, ci ha però indicato che le capacità di calcolo di picco di un sistema MacBook Air sono confrontabili con quelle del MacBook Pro (sempre con chip M1) e che la differenza tra le due implementazioni è appunto sui carichi di lavoro prolungati.
Apple M1 GPU - Clock in stress test
Apple M1 GPU - Consumi in stress test
Apple M1 GPU - Temperature in stress test
Un'analisi parallela è stata condotta con la GPU integrata del SoC M1: anche in questo caso abbiamo approntato uno stress-test utilizzando il benchmark Unigine Valley e mandandolo in esecuzione ininterrottamente per 120 minuti, sempre precedendo con un periodo di inattività. Il comportamento, come il grafico mostra, è sostanzialmente analogo a quanto visto in precedenza: tutto al massimo per pochi minuti, poi ancora una volta le temperature devono essere moderate per poter garantire un funzionamento stabile per periodi di tempo più prolungati. Anche con questo stress-test notiamo un buon comportamento dal punto di vista dei consumi, con la GPU che chiede fino a 7,5W nella fase iniziale, quella più intensa, per poi collocarsi a regime in un intorno di 3W.
A questo punto verrà naturale chiedersi quale possa essere la ricaduta prestazionale nel momento in cui ci si trova ad eseguire un carico di lavoro prolungato nel tempo. Utilizzare Cinebench R23 ci ha permesso di recuperare il risultato complessivo nella prova di stress-test, per metterlo a confronto con quanto abbiamo registrato in precedenza con il test singolo.

L'abbassamento delle frequenze operative del cluster Firestorm, che abbiamo visto con l'analisi condotta poco sopra, ha ovviamente un impatto prestazionale nei carichi di lavoro prolungati nel tempo. Un impatto che complessivamente è quantificabile con un decadimento del 25% circa rispetto alle prestazioni di picco ottenibili con carichi di lavoro più brevi. Si tratta di un comportamento del tutto fisiologico per un sistema con raffreddamento totalmente passivo, e che comunque rientra anche in questo caso entro l'accettabilità: nonostante l'abbassamento delle frequenze operative le prestazioni espresse sono tali da poter condurre anche carichi di lavoro estesi. Certamente non è l'ambito di impiego primario per questo sistema, ma la possibilità di sostenerli con un compromesso comunque contenuto è di indubbio valore aggiunto.
Rilevazione termica - Idle
Rilevazione termica - Avvio stress test
Rilevazione termica - Stress test 15m
Rilevazione termica - Stress test 30m
L'analisi alla termocamera effettuata durante lo stress test ci permette di verificare la condizione dello chassis esterno: abbiamo effettuato rilevazioni in condizioni di idle, all'avvio del test, dopo 15 minuti e dopo 30 minuti. La parte superiore del portatile raggiunge un picco di 38,2C° dopo mezz'ora di sistema "sotto torchio": una temperatura che è ben percepibile empiricamente anche al tatto, senza risultare però particolarmente fastidiosa. Vediamo che la zona più calda è quella corrispondente alla parte superiore dello chassis, vicino alle giunzioni dello schermo: è in questa zona, infatti, che si trova concentrata la circuiteria logica di questo MacBook Air.
Il portatile: una scocca collaudata
L'impostazione stilistica e costruttiva di questo portatile Apple MacBook Air procede nel solco tracciato con le precedenti generazioni e che in particolare trae origine dalle scelte che Apple ha intrapreso con la realizzazione della linea MacBook Pro da 16 pollici e che sono giù state utilizzate con i sistemi MacBook Air di precedente generazione. Cardine è sempre il tradizionale minimalismo della Mela, che dà vita ad un sistema dalle linee semplici, pulite ed eleganti.

Lo chassis di MacBook Air si sviluppa in un ingombro complessivo di 30,41cm x 21,24cm (è pochissimo di più della superficie di un foglio A4) e uno spessore che parte dagli 1,61cm della parte posteriore per affusolarsi fino a 0,41cm nella parte anteriore. Il peso è di 1,29kg. Lo chassis è interamente in alluminio - realizzato con l'ormai nota tecnica di produzione "Unibody" - con livrea, nell'esemplare in prova, Space Gray. Chi desiderasse può scegliere anche tra altre due colorazioni, la tradizionale "Silver" e la più modaiola "Gold".

La compattezza di questo portatile è dovuta anche alla scelta di utilizzare cornici abbastanza sottili per il display - le cui caratteristiche approfondiremo meglio poco oltre - fatta eccezione per quella superiore che si trova ad ospitare anche il modulo della videocamera FaceTime HD con risoluzione 720p.

Nonostante le dimensioni compatte, Apple non rinuncia ad una tastiera - Magic Keyboard - di dimensioni standard, con tasti a isola ben spaziati e di dimensioni abbastanza ampie, sistema di retroilluminazione automatico e tasti freccia a T invertita. Una novità in questi modelli è rappresentato dai tasti funzione, che includono alcuni comandi nuovi come ad esempio l'accesso rapido alla ricerca Spotlight, alle funzioni di dettatura e Siri, e alla modalità "Non disturbare". Spariscono però, e questo è un po' fastidioso, i tasti per la regolazione dell'intensità della retroilluminazione della tastiera. Presente, infine, il pulsante d'accensione con sensore TouchID integrato, che può governare non solo l'autenticazione del sistema ma anche l'accesso a password ed account.

Il trackpad - Magic Trackpad - è quello collaudato che abbiamo già visto nelle passate generazioni di sistemi portatili della Mela, caratterizzato da un'ampia superficie sensibile che agevola l'uso delle gesture e dagli attuatori elettromagnetici che restituiscono all'utente la sensazione del click pur senza alcuna parte meccanica mobile.


Vi è poco altro da raccontare: il portatile mette a disposizione due porte USB Type-C collocate lungo il lato sinistro e un mini-jack cuffie/microfono situato sul lato destro. Manca un connettore di alimentazione dedicato, poiché per le operazioni di ricarica sono affidate ai connettori USB-C
Uno schermo di alto livello, anche per un entry-level
Il portatile MacBook Air è provvisto di uno schermo che Apple chiama "Retina Display": ci troviamo davanti ad un pannello IPS con risoluzione nativa di 2560x1600 pixel e una definizione di 227 pixel per pollice sulla diagonale di 13,3 pollici. Le specifiche parlando di una luminanza massima di 400 candele su metro quadro e di gamut esteso P3, quest'ultimo utilizzato per la prima volta nella famiglia di portatili MacBook Air.

Lo schermo è inoltre caratterizzato dalla presenza della tecnologia True Tone che già abbiamo conosciuto con iPad e iPhone: si tratta di un sistema per il quale la temperatura colore del display viene automaticamente adeguata alle condizioni della temperatura colore ambientale, così da avere una rappresentazione omogenea tra quanto mostrato a schermo e quanto i nostri occhi osservano nell'ambiente circostante, a tutto vantaggio del comfort visivo. Procediamo come di consueto con la nostra analisi, effettuata disattivando la modalità True Tone e inizialmente anche la modalità Night Shift - utilizzata per "riscaldare" la resa cromatica dello schermo nelle ore serali e moderare così gli effetti che la luce blu può avere sui ritmi sonno-veglia.
Bilanciamento RGB - Out of the box
Gamma - Out of the box
Gamut - Out of the box
Delta E - Out of the box
L'analisi del bilanciamento RGB evidenzia una resa generale abbastanza fredda per questo dispaly - ricordiamo ancora una volta con tutti gli automatismi disattivati - come testimoniato dall'eccedenza di blu e dalla contemporanea carenza di rosso. La progressione tonale, descritta dalla curva di gamma, è corretta e rispecchia quasi alla perfezione la curva di riferimento. Le analisi strumentali rilevano una luminanza massima di 410 candele su metro quadro, e un rapporto di contrasto di 1000:1. Bello ampio il gamut, quasi perfettamente corrispondente con il triangolo di riferimento, ma con un punto di bianco che vira, come abbiamo già visto, verso tonalità più fredde. Questo comportamento vizia un po' la fedeltà cromatica, che si dimostra comunque di livello più che buono con appena due campioni che superano il valore Delta E di 3.

Esaminando le varie impostazioni del display ci siamo accorti di un comportamento interessante: la resa dello schermo migliora sensibilmente quando viene attivata (manualmente) la modalità Night Shift impostandola su "Toni meno caldi". Vediamo di quale misura.
Bilanciamento RGB - Night Shift
Gamma - Night Shift
Gamut - Night Shift
Delta E - Night Shift
In questo caso il bilanciamento RGB migliora notevolmente e, a cascata, la precisione del punto di bianco e la fedeltà cromatica complessiva. Il prezzo - piccolo - da pagare è un lieve abbassamento della luminanza massima a 390 candele su metro quadro, con anche il rapporto di contrasto che scende a 800:1.
Nel complesso si tratta di un monitor di qualità elevata, specie se si pensa che MacBook Air rappresenta comunque la fascia "entry level" delle proposte portatili Apple e che fino alla generazione precedente i display Wide Gamut P3 ancora non avevano trovato posto su questa famiglia. MacBook Air non è una macchina destinata ad impieghi professionali in senso stretto, ma questo display non fa rimpiangere soluzioni di ben più alto lignaggio.
Batteria: si può stare parecchio tempo lontani da una presa

MacBook Air ospita al suo interno una batteria - non rimovibile, suddivisa in tre elementi e integrata direttamente sul telaio interno - da 4380mAh. Il sistema operativo macOS "Big Sur" offre un nuovo pannello di monitoraggio dello stato della batteria che ricorda molto da vicino, per impostazione, quello che gli utenti di iPhone si sono abituati a trovare all'interno di iOS. In questo modo l'utente può più facilmente monitorare lo stato di salute della batteria, che viene mostrato in maniera grafica.


Una carica completa richiede, come si può vedere dallo screenshot pubblicato sopra, un po' più di tre ore quando condotta con l'alimentatore da 30W fornito in dotazione e a sistema acceso e in funzione. Big Sur è inoltre provvisto anche di funzionalità di gestione della ricarica, per preservare quanto più possibile la salute della batteria.
Autonomia - Navigazione web
Autonomia - Riproduzione video Netflix
I consumi contenuti che abbiamo registrato nel corso dell'analisi prestazionale riportata in precedenza hanno una conseguenza diretta sull'autonomia operativa del sistema. E in questo frangente MacBook Air con Apple M1 fa segnare risultati particolarmente rilevanti, distanziando di oltre due ore il miglior portatile che abbiamo avuto modo di provare nei nostri laboratori nel test di navigazione e ponendosi tra i primi posti nella prova di riproduzione video con Netflix. Un sistema che può essere usato lontano da una presa di corrente senza particolari problemi: con un po' di attenzione in alcune situazioni si può anche osare di lasciare a casa l'alimentatore.
Big Sur: il nuovo macOS creato apposta per M1
Big Sur è la nuova major relase del sistema operativo macOS e che ha l’impegnativo compito di concretizzare tutte le potenzialità della nuova architettura hardware dei nuovi sistemi Mac, oltre a traghettare gli utenti nel passaggio dal “vecchio” al “nuovo” mondo. Una transizione architetturale è sempre un processo delicato, poiché è necessario assicurare all’utenza la possibilità di continuare ad usare applicativi non ancora nativi o ottimizzati, accanto a quelli già realizzati per le nuove architetture, e cercare di farlo senza significative ricadute sulle prestazioni.

Apple ha cercato di lavorare a stretto contatto con la community degli sviluppatori per far sì che i naturali inconvenienti di una transizione architetturale possano avere impatto minimo su chi dovesse decidere di adottare fin da subito i nuovi sistemi, e per preparare il terreno ad un completamento della transizione senza soluzione di continuità.
Per quanto concerne le applicazioni, gli utenti si trovano davanti a situazioni differenti. Anzitutto le applicazioni Apple: com’è lecito attendersi tutte le app integrate in macOS e, in generale, le app di Apple sono state realizzate per operare nativamente su M1. Vi sono poi le Universal app: si tratta di programmi che sono stati realizzate per poter funzionare in modo nativo sui nuovi chip M1 ma che includono al loro interno anche il codice compatibile con i processori Intel. Con questa soluzione gli sviluppatori possono distribuire con nuove release e aggiornamenti per i propri programmi, assicurando contemporaneamente il supporto ai nuovi Mac e senza dimenticare quello per le generazioni precedenti o per i Mac attuali e futuri che ancora verranno proposti con processori Intel.

Ci sono poi le app ancora con codice x86, in questo caso entra in gioco l'ambiente "Rosetta": come già più volte illustrato Apple ha deciso di seguire una strada che aveva già intrapreso durante la transizione da PowerPC a Intel, ovvero permettere l’esecuzione delle app che ancora non sono state riscritte anche sui nuovi Mac grazie ad un ambiente di traduzione che si occupa, al primo avvio dell’app, di ricompilare un eseguibile compatibile con le istruzioni ARM. E' interessante notare, come mostra l'immagine qua sopra, che l'utente avrà sempre la possibilità, qualora lo desiderasse per qualche motivo, di avviare un'app universal anche in ambiente Rosetta 2: un quel caso verrà utilizzato il codice x86, esattamente come se si trattasse di un'app nativa x86.
Infine, e questa è la grande novità, le applicazioni per iPhone e iPad: i dispositivi mobile condividono ora l’architettura ARM con i sistemi portatili, quindi è perfettamente naturale consentire questa possibilità. Le app iOS legate all’account Apple potranno essere scaricata sui nuovi Mac e usate con la stessa esperienza d’uso di un’app desktop (quindi con supporto a mouse/trackpad e tastiera): si tratta di uno scenario che apre prospettive nuove, sia per gli sviluppatori, sia per l'utente finale. In ogni caso si tratta di una possibilità che è lasciata alla decisione dello sviluppatore, e alcune app potrebbero non essere mai rese disponibili per la fruizione in ambiente desktop, ad esempio perché pensate specificatamente per un ambiente di utilizzo con touch e gesture.
Tra tutte queste possibilità, quella di maggior attenzione è ovviamente il caso delle app su Rosetta, poiché come abbiamo visto si va incontro ad un -accettabilissimo, a nostro avviso- leggero degrado prestazionale con le app “tradotte”. Si tratta, comunque, di una situazione del tutto temporanea, dal momento che tutta la community degli sviluppatori, grandi e piccoli, ha già avviato o sta avviando la realizzazione delle opportune versioni native delle proprie applicazioni. Incoraggiante è, da questo punto di vista, il pronto supporto ricevuto da alcuni big del settore software, su tutti Adobe e Microsoft che già hanno reso disponibili alcune app, come Lightroom o Edge, e sono al lavoro per renderne disponibili altre, per esempio Photoshop.

Chi sta considerando l'acquisto di uno dei nuovi sistemi Mac, non necessariamente il modello qui recensito, vorrà ovviamente sapere - specie se dovrà essere usato professionalmente, cioè per guadagnarsi il pane - se le app e i programmi che si trova ad utilizzare normalmente sono già compatibili, nativamente o tramite Rosetta, con le nuove architetture. Un'ottima risorsa che viene in aiuto a tal scopo è il sito web isapplesiliconready.com, il quale elenca lo stato di compatibilità di tutte le app suddivise per tipologia d'utilizzo. La buona notizia è che la stragrande maggioranza delle applicazioni esistenti può già funzionare sui nuovi Mac -nativamente o tramite Rosetta 2- e sono poche le app che ancora non hanno alcuna forma di supporto.
Il listino di MacBook Air: si parte da 1159 Euro
La sezione "MacBook Air" del catalogo di Apple è abbastanza semplice e si compone di due configurazioni standard: una entry level con GPU da 7 core e unità di archiviazione SSD da 256GB e una versione un po' più "robusta" con GPU a 8 core e unità di archivazione da 512GB. Il prezzo della configurazione entry level è di 1159,00 Euro, mentre per il modello di fascia superiore è necessario un esborso aggiuntivo di 270 Euro.

Il prezzo della configurazione entry level è di 70 euro più basso rispetto al modello entry level, basato su processori Intel, di precedente generazione e la cui dotazione hardware era stata oggetto di un piccolo aggiornamento nel corso del mese di marzo. Il portatile più accessibile nel listino della Mela diventa ancora più accessibile, e con un'importante differenza rispetto al predecessore: l'adozione di un pannello con gamut esteso P3. Tutto considerato il prezzo di ingresso ci sembra essere ben allineato a quanto offre il dispositivo e adeguato al mercato.
Entrambe le configurazioni sono (poco) personalizzabili e solamente nei domini riguardanti la memoria di sistema (si possono scegliere fino a 16GB di memoria) e l'unità di storage (con opzioni da 512GB, 1TB e 2TB). L'aspetto importante da tenere presente qui, però, è il fatto che tutti i componenti hardware sono saldati direttamente sulla scheda logica o sul chip (come la memoria): in altri termini questi sistemi non offrono alcuna possibilità di upgrade dal punto di vista hardware.
La diretta implicazione di ciò è dover prestare un po' più di attenzione, in fase di acquisto, alle nostre esigenze attuali e anche a quelle in prospettiva negli anni a venire. Dal momento che, inoltre, la piattaforma hardware di questi nuovi Mac si basa sulla memoria unificata, potrebbe rivelarsi saggio scegliere l'opzione da 16GB di memoria che tuttavia non si fa pagare poco: bisogna considerare un esborso aggiuntivo di 230 euro sul prezzo di listino delle configurazioni standard. Anche le opzioni di storage si fanno ben pagare: chi volesse 2TB di spazio deve prepararsi a sborsare altri 920 euro in più.
Conclusioni
Arriviamo al termine di questa lunga analisi cercando di mettere ordine in tutto quanto emerso fin qui. La nuova piattaforma hardware Apple M1 è stata una rivelazione sorprendente. Per la prima volta il pubblico può avere a che fare con sistemi portatili basati su processori ARM (ma in futuro arriveranno anche i desktop, e le aspettative - dopo aver toccato con mano la prima iterazione dei processori Apple Silicon - sono altissime) che siano realmente utilizzabili senza compromessi (o con pochissimi compromessi assolutamente accettabili in sparute situazioni) per la maggior parte delle applicazioni. Su questo fronte Apple ha apportato un'innovazione importante nel panorama tecnologico, tracciando una linea nella sabbia: laddove realtà come Qualcomm da diverso tempo menano il torrone sulla possibilità di realizzare sistemi PC basati su ARM e trovando però da parte dei partner implementazioni che, per quanto visto fino ad oggi, lasciano abbastanza a desiderare, ecco che la Mela dimostra una esemplare capacità di esecuzione mettendo il resto del settore nelle condizioni di inseguire.

Il risultato raggiunto è possibile per via di una posizione attualmente unica di Apple nel panorama tecnologico, ovvero quella capacità di integrazione hardware-software su cui nessun altro può fare leva: è la possibilità di progettare in casa sistemi operativi, processori e macchine che permette alla Mela di ottenere questi risultati. Questo è il vantaggio di un approccio che, inevitabilmente, ha anche i suoi contro: la chiusura del sistema e il rischio di legarsi a doppia mandata ad un ecosistema. Ma questa capacità di integrazione ha permesso alla Mela di realizzare un SoC con un bilanciamento tra prestazioni e consumi che diventa ora punto di riferimento in ambito computing.
E' chiaro che una transizione tecnologica di questo spessore si porta dietro qualche piccolo grattacapo in termini di compatibilità e - per chi utilizza questi strumenti per scopi professionali - di continuità del proprio lavoro. Dobbiamo però riscontrare che sul versante delle applicazioni la reazione della community degli sviluppatori è stata pronta e vivace, e moltissime delle applicazioni esistenti per l'ambiente Mac sono utilizzabili fin da subito - nativamente o in emulazione. Manca ancora qualcosina, ma crediamo sia veramente solo questione di tempo.
Attualmente permangono due mancanze grosse e riguardano entrambe un aspetto piuttosto delicato che riguarda la possibilità di sfruttare l'ambiente operativo Windows: Boot Camp e virtualizzazione. Attualmente queste due strade non sono percorribili e la prima, in particolare, è stato un elemento che in passato ha facilitato a molti il passaggio verso un sistema Mac, con la tranquillità di poter usare nativamente anche l'ambiente Windows. Il futuro, almeno per questi aspetti, è ancora nebuloso: non è chiaro se e quando si potrà avere un supporto ad almeno una delle due opzioni. In questo caso il suggerimento non può che essere uno solo: se l'uso di un ambiente Windows parallelamente all'ambiente Mac è per voi fondamentale in un singolo sistema, i nuovi sistemi Mac con i SoC Apple Silicon al momento non fanno per voi. Se siete particolarmente coraggiosi potete, al massimo, fare una scommessa nella speranza che un domani la situazione possa cambiare, oppure più cautamente attendere se vi saranno buone nuove in tal senso.
Affrontato il tema "Apple Silicon", passiamo ora più nello specifico alle considerazioni maturate nell'uso pratico del sistema MacBook Air che abbiamo avuto in prova. Costruttivamente non si discute: il portatile è solido e robusto, la tastiera ora convince molto di più delle versioni precedenti con meccanismo a farfalla e il display è di pregio e, per la prima volta nella famiglia MacBook Air, con gamut esteso P3. Magari si poteva fare qualcosa in più -tra l'altro proprio in questo momento dove le video-call sono diventate la normalità - sul versante della webcam, con FaceTime HD che ancora resta ferma alla risoluzione di 720p.

Nutriamo tuttavia qualche disappunto su alcune scelte: l'iconico minimalismo Apple, che fu tanto caro a Steve Jobs, qui trova il suo massimo compimento nella decisione di equipaggiare questo portatile con solamente due porte Thunderbolt/USB-C, una delle quali deve essere obbligatoriamente usata per la ricarica del sistema quando necessario. E' una tendenza che stiamo osservando diffusamente nel panorama dei portatili particolarmente compatti, ma continuiamo a ritenerla fortemente limitativa, specie nel momento in cui vi è l'esigenza di utilizzare diverse periferiche (manca anche un lettore di schede di memoria) e che obbliga a dotarsi di soluzioni alternative come hub singoli o integrati in altre periferiche (come ad esempio in un display). Insomma, destreggiarsi tra mouse, magari una tastiera, un monitor esterno, un dispositivo di storage e un lettore di schede può rappresentare un vero e proprio valzer di attacca-stacca a meno, appunto, di inframezzare un hub oppure ove possibile usare soluzioni wireless. Senza dimenticare che le porte sono solamente di tipo USB-C: tutte le vostre vecchie chiavette USB avranno bisogno di un adattatore. Certo, per la condivisione di file "al volo" esiste AirDrop...ma solo tra dispositivi Apple.
Non possiamo poi non esprimere un grande "buuuh!" - e questa non è una novità, ma riteniamo sia opportuno evidenziarla ogni volta - verso la decisione di abbandonare per i sistemi portatili il connettore di alimentazione di tipo MagSafe, che siamo certi abbia salvato moltissimi portatili della Mela da rovinose cadute dovuti a strattoni accidentali del cavo per la ricarica. E' da qualche generazione che non esiste più e non possiamo non considerarla una significativa involuzione nell'esperienza d'uso complessiva che si può avere con questi portatili.
Se, poi, l'approccio di estrema integrazione dei SoC Apple Silicon rappresenta uno dei punti di forza che permettono alla Mela di realizzare soluzioni dalle prestazioni tanto interessanti, come abbiamo potuto vedere, c'è un innegabile e per nulla trascurabile rovescio della medaglia: anche qui non si tratta di nulla di nuovo, ma che prende ora una dimensione più profonda. I nuovi sistemi Mac non possono più in alcun modo essere aggiornati, sul fronte hardware, nell'arco della loro vita: nessun componente è direttamente accessibile all'utente e, in ogni caso, tutto è saldato sulla scheda logica o - come nel caso della memoria RAM - sul die del SoC. Ciò implica una maggiore attenzione in fase d'acquisto per considerare opportunamente quali siano le esigenze da soddisfare e scegliere di conseguenza la soluzione più adatta sapendo che non vi sarà modo di "correggere in corsa", magari aggiungendo un po' di RAM in più. Ripetiamo, non si tratta di una novità in quanto l'approccio della componentistica saldata è già stato adottato da Apple nelle precedenti generazioni, ma che diventa ormai un punto fermo proprio con la nuova piattaforma hardware. Chi desidera avere la possibilità di ritoccare il proprio sistema nel corso del tempo, adeguandolo a poco a poco a mutate esigenze, non avrà altra scelta che stare lontano da questi prodotti.
Apple PC Portatile MacBook Air 2020: Chip Apple M1, Display Retina 13", 8GB RAM, 256GB SSD, Tastiera retroilluminata, Videocamera FaceTime HD, Touch ID - Grigio siderale
875.00€ Compra oraScendendo nello specifico l'implementazione della piattaforma M1 su un portatile come MacBook Air ci è sembrata davvero ben riuscita: le prestazioni ci sono e l'autonomia anche. Per i comportamenti che abbiamo visto nel dettaglio, dettati dall'impostazione fanless, MacBook Air è una macchina che si comporta molto bene nella maggior parte dei task: se si tratta di carichi di lavoro che possono essere eseguiti in brevi periodi di tempo la macchina mette a disposizione tutta la sua capacità di calcolo, se invece l'esecuzione è prolungata nel tempo le prestazioni vengono contenute - ma in misura del tutto accettabile - per gestire le temperature d'esercizio. Per quanto riguarda le normali attività quotidiane, non specifiche, c'è tutta la reattività di cui si ha bisogno. E' una macchina ideale per quei content creator che oggi vogliono avere in mobilità uno strumento leggero, compatto e dalle buone prestazioni.

Insomma, l'analisi da compiere è duplice: da un lato la piattaforma hardware, dall'altro il portatile in sè. Se la prima ci ha convinto, e anche positivamente sorpreso, sul secondo il giudizio è positivo ma con qualche riserva. Ci sono tante cose buone o molto buone, oltre alla piattaforma hardware - robustezza del sistema, ottimo bilanciamento tra prestazioni e autonomia, display di elevata qualità, - ma anche alcune discutibili scelte che facciamo fatica a digerire: in particolare la limitazione sul versante delle porte di connessione, che è poi un aspetto che più incide sull'esperienza d'uso quotidiana che si fa di un sistema portatile. Se, però, l'uso che fate di un portatile non prevede periferiche esterne e schede di memoria, allora il nuovo MacBook Air è un ottimo "everyday computer" che potrebbe far gola non solo agli adepti di Cupertino, ma anche a più di qualche utente Windows.
98 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoSe funzionasse in maniera decente il compilatore potrei anche farci un pensierino, o meglio farlo a mia moglie che ha bisogno di un portatile nuovo e prenderlo "in prestito" ad esempio quando visual studio ha bisogno di collegarsi ad xcode...
Magsafe perchè è stato abbandonato? Potrei cercarlo in rete ma magari qualcuno sa darmi un risposta breve e affidabile
P.S.: grande il gioco di parole!
https://amp.reddit.com/r/apple/comm...rid_of_magsafe/
Sostanzialmente perché con Type-C i motivi dell'introduzione di Magsafe venivano a cadere.
vorrei un mini da attaccare alla tv ma evito. pecunia scarsa.
Pure dal punto di vista del display era un discreto upgrade ma meno del previsto, una cosa che mi lasciava un po' perplesso era il rendering dei font che mi sembravano più sfuocati rispetto al pc, forse per la mancanza del subpixel rendering che pare abbiano tolto e non si possa più riattivare.
Aggiungiamo la mancanza del touch, l'angolo di apertura dello schermo inferiore rispetto a quanto ogni tanto mi fa comodo avere, le cornici del display più larghe rispetto al mio portatile di 4 anni fa, la quantità di applicazioni che non erano ancora state portate su big sur (su windows mai avuto problemi di app rotte dopo un upgrade), il supporto alle app iOS che mi sembrava più una beta, buggetti fastidiosi tipo il volume assurdamente alto usando un dongle bluetooth sulle casse esterne (aumentando di una unità da volume muto tramite tasto era già troppo alto, prima non ho mai avuto problemi a usarlo con windows, linux e android), l'essere inchiodato su mac os senza poter eseguire altri sistemi neanche in virtualizzazione, e il fatto che nel complesso anche dopo il periodo di adattamento mac os mi è piaciuto meno di windows ho quindi deciso per il reso.
Per farlo tornare "pulito" ho reinstallato big sur tramite pennetta usb come indicato da Apple per evitare il famoso bug degli M1, prima reinstallazione andata liscia ma mi sono reso conto che dovevo cancellare la partizione dati, alla seconda è emerso il bug, ho provato a fare il reset via icloud perchè tutti gli utenti che hanno provato questo workaround dicevano di aver avuto successo, sembrava andato tutto bene, con la richiesta iniziale della lingua e lo sblocco icloud andato a buon fine, se non che al partizionamento del disco mi sono ritrovato con due partizioni di un paio di giga o giù di lì e non potevo modificare nulla, me le dava bloccate dal kernel
Naturalmente aveva anche molti lati positivi che non sto qui ad elencare, e nel tempo sarebbe migliorato tra il porting dei programmi su arm e big sur, il miglioramento del supporto alle app ios e lo sfruttamento delle potenzialità come il neural engine, però per quello che mi serviva non mi sembrava giustificare il costo, considerate anche le regressioni rispetto al mio, la scimmia è una brutta bestia
Periodo di adattamento durato quanto? Io ci ho messo anni ad abituarmi ad OSx...
Sostanzialmente perché con Type-C i motivi dell'introduzione di Magsafe venivano a cadere.
Direi proprio di no: il gran bel vantaggio era che se qualcuno inciampava nel cavo del caricabatterie non succedeva nulla al pc.
Un ****** è inciampato nel mio, ed ora ho una porta USB-C che non blocca più i connettori
Pure l'MSI evo non scherza però.
Se cambio lavoro ci farò un pensierino.
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