Bitcoin (non) è morto (per ora)

Cosa sta succedendo alla criptovaluta più famosa del mondo ad un mese dalle dichiarazioni di Mike Hearn, tra i più prolifici sviluppatori? L'esperimento è fallito, ma Bitcoin è ancora vivo? E, soprattutto, quale futuro gli si prospetta davanti, tra scismi, scetticismi e l'attenzione del Fondo Monetario Internazionale?
di Andrea Bai pubblicato il 16 Febbraio 2016 nel canale WebBitcoin, l'esperimento fallito
Alla metà di gennaio il progetto Bitcoin veniva dichiarato "esperimento fallito" da uno dei suoi sviluppatori più attivi e partecipativi, Mike Hearn. Per riassumere le vicende che hanno portato Hearn a sentenziare la fine dell'esperimento Bitcoin e a chiamarsi fuori completamente dal progetto, vendendo inoltre tutte le sue criptomonete, è necessario risalire allo scorso mese di agosto quando Bitcoin è stato messo dinnanzi ad un bivio proprio dallo stesso Hearn.
Ne parlammo allora approfonditamente in questo articolo, al quale rimandiamo il lettore, e cerchiamo di riassumere brevemente il quadro: Bitcoin soffriva (soffre tuttora) di un problema di scaling che ne mina le potenzialità di crescita. I blocchi che costituiscono la blockchain, ovvero il pubblico registro partecipativo dove vengono registrate tutte le transazioni effettuate con i bitcoin, hanno una dimensione massima di 1MB che limita le capacità del sistema permettendo di processare un massimo di 3 transazioni al secondo.
Poter superare questo limite rappresenterebbe per l'intero sistema Bitcoin la possibilità di arrivare, sul lungo periodo, a competere con sistemi di pagamento più famosi e diffusi: a titolo di confronto basti pensare che una realtà come PayPal può gestire circa 115 transazioni al secondo, mentre il circuito VISA arriva a gestirne fino a 56 mila. La soluzione al problema dello scaling si è dimostrata però tutt'altro che semplice e ha causato una spaccatura nella community dei Bicoin user, che si sono raccolti attorno a due posizioni ben distinte e rappresentate dallo stesso Hearn da un lato (assieme anche a Gavin Andersen) e da Adam Back dall'altro.

Mike Hearn, a metà gennaio dichiarava fallito l'esperimento Bitcoin
Hearn e Andersen propongono la via più immediata ed intuitiva per la soluzione del problema di scaling: rimuovere completamente il limite il prima possibile, mantenendo fede quindi ai principi ispiranti del progetto per il quale il limite dei blocchi fu introdotto solo in forma temporanea. Adam Back è invece di diverso avviso: la rimozione del limite andrebbe ad avvantaggiare in maniera asimmetrica i miner e i mining pool di grandi dimensioni e, per questo motivo, propone un approccio per il quale alcune transazioni potrebbero avvenire al di fuori della blockchain principale allo scopo di mantenere, nel complesso, la decentralizzazione del sistema. Due punti di vista inconciliabili che hanno spinto la community Bitcoin ad un punto di stallo e al vaglio di una prova di democrazia: il giorno 15 agosto Hearn e Andersen forzano la mano, rilasciando l'aggiornamento Bitcoin XT che introduce le caratterstiche non retrocompatibili della proposta di modifica BIP 101, basata sulle loro idee.
E' interessante, però, il meccanismo di attivazione: tali caratteristiche entrerebbero in vigore solamente quando almeno 750 degli ultimi 1000 blocchi "minati" portino la firma del client Bitcoin XT. Tale eventualità sarebbe potuta accadere non prima dell'11 gennaio 2016. Il meccanismo è stato ideato come una sorta di referendum che permettesse ai miner di decidere il futuro del sistema Bitcoin. La fazione opposta si è messa di traverso, ostacolando la buona riuscita del referendum tramite contromisure tecniche. Il risultato è che la soglia dei 750 blocchi non è mai stata raggiunta, le modifiche non sono state implementate e la blockchain ha raggiunto il suo limite di processazione di 3 transazioni al secondo.