OpenAI stringe un accordo con Condé Nast per l'uso di contenuti su ChatGPT e SearchGPT
In un momento in cui non si placano le tensioni tra le compagnie AI e gli autori ed editori, Condé Nast (Wired, Vogue, The New Yorker) trova un accordo con OpenAI: non sono noti i dettagli economici
di Andrea Bai pubblicata il 21 Agosto 2024, alle 11:11 nel canale WebChatGPTOpenAI
Condé Nast, il colosso mediatico che controlla alcune delle pubblicazioni più influenti al mondo come The New Yorker, Vogue e Wired, ha stretto una partnership pluriennale con OpenAI secondo i termini della quale i contenuti di Condé Nast potranno essere mostrati e usati in ChatGPT e SearchGPT.
Roger Lynch, CEO di Condé Nast, ha sottolineato le difficoltà che il settore dei media digitali ha affrontato negli ultimi dieci anni, soprattutto a causa delle grandi aziende tecnologiche che hanno eroso la capacità degli editori di monetizzare i propri contenuti. "La nostra partnership con OpenAI rappresenta un passo verso il recupero di parte delle entrate perse", ha dichiarato Lynch in una nota interna riportata da Max Tani di Semafor. Non sono stati comunicati i termini economici dell'accordo, e pertanto al momento non è dato sapere quanto OpenAI dovrà corrispondere a Condé Nast per questa collaborazione.
Condé Nast non è l'unico editore ad aver stretto accordi con OpenAI: altri nomi di rilievo come News Corp, Vox, The Atlantic, TIME e Axel Springer hanno già siglato partnership simili.
New: In a memo to staff, Condé Nast CEO Roger Lynch says the company has struck a deal with OpenAI. The deal will allow OpenAi to display content from Condé Nast titles in ChatGPT and enhance the SearchGPT prototype. pic.twitter.com/jVd0BfzBA3
— Max Tani (@maxwelltani) August 20, 2024
Lynch ha avuto modo in diverse occasioni di esprimere apertamente le sue preoccupazioni riguardo all'impatto che l'IA potrebbe avere sul futuro delle aziende di media. Lo scorso mese di gennaio, ha sottolineato che molte società del settore potrebbero andare incontro a gravi difficoltà finanziarie prima che le controversie legali contro le aziende di intelligenza artificiale trovino una risoluzione. Lynch ha anche esortato il Congresso degli Stati Uniti a prendere provvedimenti immediati per chiarire che gli editori devono essere compensati sia per l'utilizzo dei loro contenuti durante la fase di addestramento dei modelli di intelligenza artificiale, sia per il loro impiego negli output generati da questi sistemi.
Qualcosa, tuttavia, si sta muovendo anche a livello politico: tre senatori statunitensi hanno presentato nelle scorse settimane il COPIED ACT, un disegno di legge volto a proteggere giornalisti e artisti dai tentativi delle aziende di IA di utilizzare i loro contenuti senza permesso.
Lo scorso mese Condé Nast ha alzato la voce, non solo in senso figurato, nei confronti di Perplexity, una startup di ricerca basata sull'intelligenza artificiale, inviando una lettera di "cease and desist", dopo che la società ha utilizzato contenuti di Condé Nast senza autorizzazione per generare risposte tramite l'intelligenza artificiale. Successivamente Perplexity ha cercato di porre rimedio proponendo un programma di condivisione dei ricavi pubblicitari con gli editori che aderiscono al suo nuovo Publishers' Program.
In ogni caso, sebbene si stia lentamente assistendo alla nascita di nuovi accordi e collaborazioni, non tutte le realtà editoriali sono ben disposte in tal senso: il New York Times ha intentato una causa contro OpenAI, accusandola di utilizzare i suoi articoli per addestrare ChatGPT senza autorizzazione e al momento le due realtà non hanno ancora trovato un terreno condiviso su cui confrontarsi.










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