Membrane-on-a-chip: una nuova arma contro COVID-19

La collaborazione tra tre prestigiosi atenei, Cambridge, Cornell e Stanford, ha portato alla realizzazione di membrane cellulari con elettrodi e sistemi di monitoraggio che potrebbero rappresentare una risorsa importante nella ricerca contro COVID-19
di Andrea Bai pubblicata il 10 Luglio 2020, alle 16:01 nel canale Scienza e tecnologia"Membrane-on-a-Chip": è questo il nuovo concetto sviluppato, nel concreto, dai ricercatori dell'Università di Cambridge per monitorare con contninuità l'interazione di farmaci ed agenti infettivi con le cellule dell'organismo umano. Secondo i ricercatori questa nuova particolare membrana potrebbe essere presto utilizzata per testare potenziali candidati farmacologici nella lotta contro COVID-19.
"Questo tipo di screening viene in genere eseguito dall'industria farmaceutica con cellule vive, ma il nostro dispositivo offre un'alternativa più semplice. Questo metodo è compatibile con lo screening ad alto rendimento e ridurrebbe il numero di falsi positivi che si incontrano nella pipeline di ricerca e sviluppo" ha spiegato il dottor Róisín Owens del Dipartimento di ingegneria chimica e biotecnologia dell'Università Cambridge e principale autore della pubblicazione su ACS Nano.
Il gruppo di ricerca, che comprende oltre agli scienziati dell'Università di Cambridge, anche i ricercatori degli atenei Cornell e Stanford, afferma che il dispositivo ideato è capace di imitare qualsiasi tipo di cellula, batterica, umana e addirittura vegetale. Si tratta di dispositivi formati su chip, preservando l'orientamento e la funzionalità della membrana cellulare, che sono già stati testati con successo per monitorare l'attività dei canali ionici.
Piccolo, ed estremamente semplificato, excursus di biologia: la membrana cellulare svolge un ruolo fondamentale nello scambio di elementi e sostanze tra la cellula e il mondo esterno. E' una sorta di "frontiera" che controlla tutto ciò che entra ed esce dalla cellula e quindi anche sostanze come le molecole dei farmaci o gli agenti patogeni: i canali ionici sono proteine che nelle cellule fungono da "bersaglio" proprio per queste sostanze.

I ricercatori hanno quindi pensato di creare un dispositivo capace di preservare tutti gli aspetti chiave della membrana cellulare, dalla struttura, alla fluidità e il controllo sul movimento degli ioni, evitando però di dover sostenere tutti quei passaggi necessari per mantenere in vita le cellule. Il dispositivo integra le membrane cellulari con elettrodi e transistor polimerici conduttori: i ricercatori della Cornell University hanno ottimizzato il processo per produrre membrane da cellule viventi, e successivamente hanno collaborato con i ricercatori di Cambridge per integrare gli elettrodi polimerici nelle membrane.
I polimeri conduttori idratati mettono a disposizione un ambiente più naturale per le membrane cellulari e consentono un monitoraggio affidabile della funzione della membrana. Il dispositivo utilizza un chip elettronico per misurare eventuali cambiamenti che possono occorrere nella membrana stessa, consentendo così agli scienziati di comprendere in modo facile e sicuro come la cellula interagisca con il mondo esterno. Il dispositivo quindi non si basa più su cellule vive che sono spesso tecnicamente difficili da mantenere in vita e richiedono un'attenzione significativa e le misurazioni possono durare per un periodo di tempo prolungato. I ricercatori osservano che il dispositivo può avere le dimensioni di una cellula umana, ma con il vantaggio di poter essere fabbricato in array, il che consente di accedere alla possibilità di eseguire più misurazioni contemporaneamente.
Attualmente l'obiettivo della ricerca è stato quello di dimostrare in che modo i virus, come quelli delle influenze più comuni, ingeragiscano con le cellule. La ricerca è finanziata dal DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency) degli Stati Uniti d'America, che ha ora erogato finanziamenti ulteriori per mettere alla prova l'efficacia del dispositivo nelle campagne di screening per potenziali candidati per terapie farmacologiche contro COVID-19.
La ricerca e la sperimentazione su SARS-CoV-2 può porre rischi significativi, al pari di tutte le attività di laboratorio che pur condotte con le corrette misure di sicurezza e salvaguardia della persona. Per ridurre questi rischi gli scienziati della Cambridge, Cornell e Stanford sono in procinto di realizzare membrane virali identiche a quelle del SARS-CoV-2, ma senza l'acido nucleico virale. Ciò permetterà di identificare nuovi farmaci o anticorpi per neutralizzare le proteine spike che i virus usano per aggredire la cellula ospite e introdurre il genoma virale. Questa sperimentazione prenderà il via all'inizio del mese di agosto.
"Si tratta di un progetto che ha messo insieme idee e concetti elaborati nei laboratori di Regno Unito, California e New York e ha dato dimostrazione di un dispositivo che funziona in modo riproducibile in tutti e tre i siti. È un ottimo esempio delle potenzialità di integrazione tra la biologia e le scienze dei materiali nell'affrontare problemi globali ”, ha dichiarato il professor Alberto Salleo di Stanford.
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